Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
lunedì 27 gennaio 2025
Decalogo della Complessità - Inaugurazione A.A 2022/2023 Centro Studi per l' Alta Difesa, 09/11/2022
Al lettore auguriamo di sorprendersi. Come diceva Aristotele: la meraviglia è il principio della conoscenza.
Decalogo della Complessità - Inaugurazione A.A 2022/2023 Centro Studi per l' Alta Difesa, 09/11/2022
Prolusione tenuta con questo titolo dall’autore a
Roma il 9 novembre 2022 alla cerimonia di inaugurazione
dell’anno accademico 2022/23 del Centro Alti Studi della
Difesa, svoltosi nell’Auditorium Andreatta di Palazzo Salviati. Erano presenti, tra gli altri, il Ministro della Difesa Guido
Crosetto, il Capo di Stato Maggiore Giuseppe Cavo Dragone e il presidente del CASD Giacinto Ottaviani.
L’indirizzo del sito YouTube
Prende la parola il professor Alberto Felice De Toni, professore ordinario di ingegneria economico-gestionale presso l'Università di Udine, presidente del comitato ordinatore della scuola superiore ad ordinamento speciale della Difesa, direttore scientifico della Culture Open Action Business School. È già presidente della conferenza dei rettori delle università italiane, il quale terrà una lectio magistralis dal titolo Decalogo della complessità.
Bene, buongiorno. Bentrovati a tutti. Io ringrazio di questo onore che Giacinto Taviani ha voluto riservarmi e ringrazio dell'attenzione il nostro ministro Crosetto e il Capo di Stato Maggiore Capodragone.
Mi trovo appunto a condividere con il cast questo percorso di joint venture tra la difesa e l'università. Credo che sia stata una grande idea e sono convinto che in questo modo siamo anche tra i primi in Europa a fare un'azione di questo tipo.
Bene, allora, il titolo l'avete sentito: Decalogo della complessità, 10 idee sulla complessità. Cercherò di essere sintetico perché il tempo che mi è stato dato è ovviamente di 20 minuti.
Prima idea: la complessità è sempre esistita.
Quando la vita scorreva lenta come un pigro fiume, la complessità esisteva ma non veniva percepita. Oggi tutti la sentono addosso perché il ritmo si è fatto serrato come un torrente vorticoso. Pensate: il primo SMS fu spedito nel 1992 e oggi girano miliardi di SMS.
Pensate che ci vollero 38 anni per la radio per raggiungere 50 milioni di persone. La televisione ci mise tredici anni, Internet quattro, l’iPod tre, Facebook due. Gli utenti collegati a Internet nel 1984 erano mille, nel 1992 un milione, nel 2008 un miliardo. Oggi siamo più di 5 miliardi collegati.
I dispositivi IoT collegati oggi sono più di 20 miliardi. Viviamo in tempi esponenziali: il presente è sfuggente, il passato è lontano, e il futuro è sempre più vicino. Citando Alice nel Paese delle Meraviglie: “Ora qui, per restare nello stesso posto, devi correre più veloce che puoi; se vuoi arrivare da qualche altra parte, devi correre due volte il più veloce”.
Secondo concetto: la complessità aumenta sempre.
Parisi, insignito del Nobel per i suoi studi sulla complessità, ha scritto un bellissimo libro, In un volo di storni. Gli storni volano in maniera auto-organizzata: non c'è un capo, ma applicano quattro micro-regole che danno vita a comportamenti eleganti e bellissimi.
Le regole sono:
1. I singoli sono consapevoli solo di chi sta loro vicino.
2. Ognuno va nella direzione media.
3. Si mantiene una distanza pari a circa quattro volte la propria dimensione.
4. Quando arriva un predatore, si salva chi può.
Queste regole, ormai cablate nel DNA, generano voli complessi che aumentano la sopravvivenza. La complessità non è una cattiva parola: regole semplici generano comportamenti complessi.
Terzo concetto: esiste un lato chiaro e un lato oscuro della complessità.
Il lato chiaro è quello degli storni; il lato oscuro è quello del falco che li subisce. La complessità è amica quando generata, nemica quando subita. Pensate ai moscerini che zigzagano per sfuggire alla rana: il loro comportamento complesso è fonte di sopravvivenza.
Quarto concetto: la firma della complessità è la legge di potenza.
Un fenomeno semplice segue la campana gaussiana; un fenomeno complesso segue una legge di potenza. Piccole variazioni possono generare grandi effetti: è l'effetto farfalla.
Quinto concetto: la complessità si manifesta in modelli ricostruibili ex post.
In un sistema semplice, causa ed effetto sono chiari. In un sistema complicato, bisogna individuare la causa dominante. In un sistema complesso, il modello emerge solo a posteriori: servono azione, apprendimento e adattamento.
Sesto concetto: esiste il dilemma della complessità.
La legge della varietà necessaria di Ashby afferma che, per controllare un sistema, è necessario un livello di complessità interna pari a quella esterna. Tuttavia, il filosofo Sloterdijk sostiene che l'inseguimento della varietà è insostenibile. Entrambi hanno ragione: fino a un certo punto, aumentare la complessità interna paga; oltre, diventa controproducente.
Settimo concetto: la complessità del mondo sociale è la più elevata. Noi siamo immersi in tre mondi: quello fisico della materia, quello biologico della vita e quello sociale delle relazioni umane. Bene, abbiamo tre livelli di emergenza. Nel primo mondo c'è l'emergenza della materia, nel secondo mondo c'è l'emergenza della vita e nel terzo mondo c'è l'emergenza dell'autocoscienza, che è uno dei più grandi misteri. Abbiamo tre classi di evoluzione: l'evoluzione fisica dell'universo, l'evoluzione biologica quella da Bignana, e poi l'evoluzione la marchiana socio-culturale che è intenzionale.
Il grande matematico americano Wiva diceva che i sistemi passano da complessità disorganizzata, quella fisica, a sistemi sempre più organizzati. Quindi i sistemi sociali hanno la complessità più elevata. E perché? Perché vedete, ci sono tre classi di comportamenti: il mondo fisico è un comportamento che è necessario, segue le leggi della fisica e della chimica, mentre nel mondo biologico abbiamo che il comportamento è istintivo, legato ormai a esperienze codificate. Nel terzo mondo, invece, abbiamo il libero arbitrio e quindi il mondo delle possibilità diventa infinito. Ecco perché il tema sociale è il più complesso. Ecco perché la politica è la cosa più complessa.
Ottavo concetto: complessità, paradossi e metamorfosi. L'intreccio nascosto. Qual è questo intreccio? Quando noi abbiamo due polarità, il primo modo di scegliere è il dilemma: o uno o l'altro. Ok, quindi partiamo con due elementi, A e B, e terminiamo con uno, A o B. Il secondo modo per confrontarci è la dialettica hegeliana: abbiamo A e B che coinvolgono in C. Ma abbiamo anche un terzo modo di operare, ed è quello del paradosso. Il paradosso è la persistenza degli opposti. Quando siamo di fronte a un paradosso, possiamo utilizzare il concetto della metamorfosi di Ovidio. Nelle Metamorfosi, Ovidio illustra la metamorfosi come risposta alle tensioni generate dai soggetti in gioco.
Consideriamo ad esempio il mito di Dafne e Apollo. Dafne, la cui verginità è minacciata dalle offerte amorose di Apollo, chiede aiuto al padre Peneo, e questo trasforma Dafne in un albero di alloro. Quando Ovidio descrive le Metamorfosi come somma di tanti tipi di cambiamenti, il busto si trasforma in tronco, i capelli in foglie, le braccia in rami, i piedi in radici. L'unica cosa che si conserva è la luce del volto che migra nella lucentezza delle foglie nella nuova forma. Dafne ha preservato la propria verginità, ma Apollo continuerà ad amarla, usando la corona di alloro per incoronare i poeti.
Quindi, nei paradossi, seguendo la logica di Ovidio, dobbiamo lavorare con la metamorfosi: cioè verso forme nuove che però mantengono all'origine le due polarità. Pensate alla politica: destra e sinistra. È nata la Lega, è nata il 5 Stelle, è nato il Terzo Polo, ma c'è sempre destra e sinistra. Quindi, sono sempre configurazioni nuove dove i paradossi rimangono persistenti. E quindi gli attori sociali, siano persone, gruppi, organizzazioni o istituzioni, sono tutte a metà forme, cioè forme che si basano su elementi in perenne mutamento. Gli attori sociali sono sempre immersi in un campo di tensione e l'equilibrio è sempre provvisorio. Le tensioni salienti, le più importanti, possono lacerare in qualsiasi momento l'equilibrio e innescare una dinamica imprevedibile. Vi è sempre una soluzione, una nuova forma più appropriata, e le nuove forme emergono intorno a punti singolari che agiscono come elementi ordinatori e attrattori.
Nono concetto: autonomia e cooperazione, il mix per navigare nella complessità. Qui partiamo dal tema del potere. Noi abbiamo un'idea negativa del potere, il potere dello sfruttamento sul prossimo, eccetera. In realtà, ogni persona ha bisogno di un piccolo pezzo di potere per se stesso, per la sua sopravvivenza, per la sua autonomia. Quindi, ciascuno di noi ha bisogno di una minima quota di potere per esercitare la propria soggettività. Il potere è alla base dell'autonomia. Quando la complessità aumenta centralmente, non riesci più a governarla. Bisogna decentrarla, bisogna puntare sull'autonomia. Ma questa autonomia non deve sfociare nel secessionismo, perché porterebbe al conflitto tra autonomie locali.
Ecco che serve la cooperazione. Ma perché la cooperazione è tanto difficile da costruire e così facile da distruggere? Perché la cooperazione ha bisogno sostanzialmente di un equilibrio. Mi spiego: quando due persone, due unità o due imprese devono collaborare, alla fine il risultato è di entrambe, ma il contributo non è mai uguale, perché i poteri cognitivi, relazionali, finanziari delle due persone sono sempre diversi. Quindi, se c'è troppa simmetria, alla fine uno dice: "Ma perché io devo mettere di più, se poi il risultato è per due?" E quindi, se volete favorire la cooperazione, bisogna aumentare i poteri, in questo caso di chi ne ha di meno, e lavorare sull'equilibrio.
Possiamo dire che, come Ashby aveva introdotto la legge della varietà necessaria, la varietà contrastava la varietà nella complessità. Abbiamo l'interdipendenza, l'incertezza, l'indeterminazione, e quindi possiamo coniare una legge del potere necessario. Se vogliamo veramente affrontare la complessità, dobbiamo distribuire potere e cercare l'equilibrio. Solo capito l'aumento del potere, il suo equilibrio può generare cooperazione che dà molti risultati e quindi aumenta la fiducia, innescando un circolo virtuoso.
Decimo e ultimo concetto: pensiero complesso, azione semplice. Giuseppe Mazzini, nel 1858, fece la rivista a Londra intitolata Pensiero e Azione. Il pensiero senza l'azione è vano, e l'azione senza pensiero è cieca. Quindi, se vogliamo arrivare alla semplicità, dobbiamo prima affrontare la complessità. Dobbiamo avere un pensiero complesso e poi un'azione semplice. E quindi, come dice Giorgio Parisi nel suo ultimo libro, in fisica e matematica è impressionante la sproporzione tra lo sforzo per capire una cosa nuova per la prima volta e la semplicità e la naturalezza del risultato, una volta che i vari passaggi sono stati compiuti. Abbiamo bisogno di un pensiero complesso, che è un pensiero fluido, che esplora e connette luoghi lontani. Ogni porto è solo una tappa provvisoria di una navigazione incessante.
Conclusioni: siamo pronti. Risponde Shakespeare: ogni cosa è pronta, se anche i nostri cuori lo sono. Vi ringrazio per l'attenzione.
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