martedì 31 maggio 2016

I legumi di Zollino del Salento leccese

COSA SONO I LEGUMI?
I LEGUMI sono un tipo di piante coltivate per lo più per i loro semi essiccati. Fagioli, lenticchie e piselli sono i tipi di legumi più comunemente conosciuti e usati.
PERCHÉ SONO IMPORTANTI?
ANNO INTERNAZIONALE DEI LEGUMI 2016
I legumi hanno importanti proprietà benefiche per la salute Sono raccomandati per prevenire malattie croniche e obesità.
I legumi contribuiscono alla sicurezza alimentare a tutti i livelli Vengono ampiamente prodotti e consumati nei paesi in via di sviluppo.
I legumi hanno un alto valore nutritivo Sono risorse energetiche ricche di proteine vegetali, amminoacidi ed altri elementi nutritivi essenziali.
I legumi promuovono un’agricoltura sostenibile e contribuiscono alla riduzione del cambiamento climatico Le loro proprietà di fissaggio dell’azoto nel suolo migliorano la fertilità dei terreni e riducono le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
OBIETTIVI CHIAVE
Promuovere il miglioramento della ricerca
Incoraggiare la cooperazione per far avanzare la produzione globale dei legumi
Aumentare la consapevolezza circa i benefici dei legumi, dall’agricoltura sostenibile all’alimentazione
Promuovere il valore e l’utilizzo dei legumi nel sistema alimentare
Affrontare le sfide nel commercio dei legumi
Sostenere un migliore utilizzo dei legumi nella rotazione delle coltivazioni
Alla 68a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2016 è stato ufficialmente dichiarato "Anno Internazionale dei Legumi" (IYP). La FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) è stata incaricata della promozione dell’IYP 2016 in collaborazione con governi e organizzazioni del settore, organizzazioni non governative e altri partner di rilievo.
L’Anno Internazionale dei Legumi aumenterà la consapevolezza riguardo queste coltivazioni, che sono essenziali per un’agricoltura e una nutrizione sostenibili.
José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO
Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura Viale delle Terme di Caracalla – 00153, Roma Italia pulses-2016@fao.org







Ferdinando Vallese, La Patata, L'Agricoltura salentina 1903



200 anni fa il tabacco a Lecce



domenica 29 maggio 2016

Masseria Giammatteo di Frigole Lecce



Situata nel Parco del Rauccio, sulla costa adriatica salentina,  a 800m dalle spiagge leccesi di  Frigole e Torre Chianca, e ad 8 km da Lecce,  Masseria Giammatteo è una piccola fattoria abitata da una sola comunità familiare, i Corrado, in tutto 7 o 8 famigli discendenti dal capostipite (massaro Donato) che nella prima metà del secolo scorso vi si trasferì proveniente da Supersano - paese d'origine del ceppo familiare- a seguito di un orgoglioso alterco con il nobile del posto di cui era fattore.
Massaro Donato, reduce pluridecorato della Grande Guerra, vi si insediò quale assegnatario di circa 40 ettari di terreni  a seguito della riforma fondiaria che  lo vide artefice, insieme ad un'altra trentina di assegnatari, della bonifica ai fini agricoli di tutta quell'area precedentemente preda di macchia mediterranea, boschi di leccio e paludi.

La sua esperienza di fattore risultò preziosa nell'organizzazione di una vera e propria azienda agricola in cui i numerosi figli (10 in tutto) ebbero assegnati compiti e responsabilità ben precise (chi l'allevamento, chi i pascoli, chi gli uliveti, chi la semina ed il raccolto, ecc.);
La preparazione culturale per l'epoca ampiamente superiore alla media (leggeva e scriveva correntemente, studiava trattati di agronomia e componeva poesie per lo più ispirate dalla sua esperienza bellica e dalla vita agreste), la passione per la vita di campagna, le capacità  organizzative gli consentirono in breve di sviluppare l'azienda e di garantire condizioni di benessere a tutta la famiglia.

Masseria Giammatteo divenne il principale centro agricolo della frazione di Frigole e fu sede di diversi servizi agricoli comuni; Vi era attivo un Frantoio cooperativo cui i coltivatori dell’area conferivano la produzione della raccolta olivicola e tramite il quale potevano commerciare l’olio ed espletare le pratiche per i contributi comunitari, disponeva di Forno collettivo che i residenti potevano utilizzare per la cottura di  pane e “friselle”, aveva una grande e bella Aia per la trebbiatura comune atta ad ospitare i covoni dei vari coltivatori e fu  anche sede di scuola rurale;
la Masseria visse il periodo di maggiore sviluppo tra il finire degli anni ‘50 ed i primi anni ‘70;
La vita della comunità era intimamente connessa agli eventi e ritmi dei lavori nei campi che  impegnavano tutti i componenti delle famiglie;
Il periodo autunnale vedeva sciamare per giorni e giorni verso gli uliveti numerose  e gioiose comitive di donne – braccianti agricole - di tutte le età che si muovevano in gruppi per la raccolta a mano delle olive;  il duro lavoro era in qualche modo mitigato dalle occasioni di socialità che si creavano-  la raccolta era momento di incontro più o meno clandestino tra fidanzati, di convivialità, occasione per stringere amicizie, di fare nuove conoscenze, o di complicità in un mondo in cui le occasioni di incontro erano poche, molto codificate e controllate;
Gli uomini si incontravano al frantoio, ed era occasione per capire come era andato il raccolto in quantità e qualità, ma anche di commercio, di discussione politica o di consiglio;
I ragazzi di varie età partecipavano ai lavori con compiti precisi, spesso accompagnavano gli adulti e ne costituivano l’attendente, il messaggero, o il servitore; ma i giochi si mescolavano ai compiti;


In primavera ed estate pascolavano le mandrie, mietevano i foraggio quotidiano per gli allevamenti, i più grandi montavano e smontavano gli impianti mobili delle linee per l’irrigazione o si occupavano del trasporto in fienile di paglia e foraggi secchi;

L’estate era molto intensa per la trebbiatura o la raccolta di foraggi secchi  e di  pomodori e la produzione della salsa, ma anche la raccolta del mais ed il presidio dei frequenti incendi nei campi.

In inverno la cura della stalla scandiva  i tempi di giornate spesso piovose e perciò inattive, lunghe e noiose. Le serate, frequentemente oscurate da un servizio elettrico sempre precario in inverno,  non di rado trascorrevano alla luce di un lume a petrolio o di una lucerna ad olio ;

la compagnia discreta di un focolare crepitante era il luogo istituzionale di svolgimento, insieme a tutta la famiglia, di qualunque discussione e consulto;




La ripartizione ereditaria del podere ai figli non provocò nei primi anni, particolari problemi, ma Masseria Giammatteo cominciò a svilupparsi in maniera meno armoniosa;
Dalla fine degli anni ‘70 l’economia rurale legata al mondo dei piccoli coltivatori diretti e piccoli allevatori fu travolta da una profonda crisi non garantendo più ai discendenti di Massaro Donato redditi sufficienti a motivare la continuazione dell’attività

 La graduale scomparsa per vecchiaia dei primi assegnatari che avevano condiviso le stesse esperienze e bisogni contribuì a far scomparire quel mondo di rapporti umani e di produzione che aveva dato vita in pochi decenni alla magia del sorgere e svilupparsi dal nulla di una intera comunità

Furono abbandonate le strutture di produzione collettiva come frantoio, Aia e forno, via via chiusi gli allevamenti e le produzioni di foraggio correlate, quindi furono ridotte anche le produzioni agricole praticamente solo ai prodotti assistiti da integrazioni contributive statali e Masseria Giammatteo assunse l’aspetto di un agglomerato di residenze di campagna.




Oggi solo pochi discendenti di seconda generazione dedicano la loro attività principale alla Fattoria ed alle produzioni agricole ed allevamenti per lo più intenti  a valorizzare prodotti tipici locali artigianali;

E' da qualche anno attivo un "FURNU DE PETRA" artigianale e molto apprezzato per le produzioni delle tipiche "pucce" e "frise" ; inorno al  forno si presentano  sempre più frequentemente altre specialità agricole artigianali della campagna leccese ivi prodotte;

La fattoria conserva la sua struttura originale, e numerosi stabili di Masseria Giammatteo sono stati recentemente recuperati con splendidi restauri facendo forse intravedere una rinascita della Masseria  secondo una vocazione agrituristica.
Frantoio: il  Piazzale durante la stagione olivicola sede naturale di attività carico e scarico ma anche di trattative e commerci


Frantoio: il Deposito delle olive  macchine per la cernita e la preparazione alla molitura 
Frantoio: l'Elevatore  per il sollevamento dei sacchi di iuta contenenti le olive all'area di stoccaggio situato al 1° piano

Frantoio: il Separatore punto finale della catena di produzione dell'olio

Fonte: http://www.giammatteo.le.it/Home

Ogni coccinella puó mangiare fino a 1000 afidi al giorno.



É affascinante vedere come la natura fa il suo corso, le coccinelle difendono i carciofi dagli afidi.
Ogni coccinella puó mangiare fino a 1000 afidi al giorno.

sabato 28 maggio 2016

Ricerche sulla Xylella mediante la tecnica della q-pcr: la tesi di Laurea di un salentino

TESI DI LAUREA SULLA XYLELLA DEL DOTT. UMBERTO CAPUTO

Attualità 28/05/2016 | 10:47
Il dott. Umberto Caputo - originario di Porto Cesareo - ha scritto una tesi di Laurea sulla Xylella Fastidiosa, laureandosi in Scienze Biologiche all'Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro di Alessandria. 'Cosa mi ha spinto? L'amore per la mia terra'
Dal Salento. L’impatto sul territorio dell’emergenza xylella ha, lo scorso marzo, oltrepassato i confini locali, giungendo nelle aule universitarie del nord Italia. Un case study ‘ad hoc’ analizzato dal dott. Umberto Caputo, originario di Porto Cesareo e laureatosi lo scorso marzo in Scienze Biologiche presso il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro di Alessandria. La tesi in fisiologia vegetale con il titolo di “ricerca di xylella fastidiosa in estratti fogliari di olivo mediante la tecnica della q-pcr” è stata, peraltro, anticipata da uno stage effettuato in compagnia degli esperti dell’Università del Salento. Un vero e proprio monitoraggio dello stato fisiologico di piante di olivo in uliveti sperimentali assieme a COPAGRI Puglia. Stamattina, la redazione di LecceNews24.it è riuscita a contattare telefonicamente l’autore della medesima tesi:«Essendo per me un argomento particolarmente familiare – dice Umberto Caputo in una brevissima intervista alla nostra testata – ho ritenuto interessante farlo conoscere ai professori e ai membri della Commissione presenti al mio esame finale».

«Una tesi – spiega – divisa in diversi capitoletti che descrive la situazione venutasi a creare in seguito al ritrovamento del patogeno da quarantena ‘xylella fastidiosa’ sugli alberi di olivo affetti da CodiRo.  Non poteva, insomma, lasciarmi indifferente. L'amore per la mia terra, il desiderio di contribuire in qualche modo alla salvaguardia del nostro patrimonio paesaggistico, mi ha spinto a elaborare una tesi sull'argomento al fine di sensibilizzare docenti, ricercatori e studenti di un’altra università».

Queste le tematiche affrontate:

microbiologia del batterio;
sviluppo della malattia;
trasmissione del batterio;
gli insetti vettori;
misure agronomiche;
ed infine diagnosi della malattia, così come tecniche di diagnosi per l’identificazione in real time PCF della Xylella Fastidiosa.
Nella completissima relazione, spazio anche alle Buone Pratiche effettuata da COPAGRI, le cui ricerche sono tese a limitare l’azione del vettore.
   

venerdì 27 maggio 2016

Ecologia, ecosistemi e agricoltura

La parola ecologia è oggi sulla bocca di tutti. Nei più svariati contesti questo termine viene usato ora per rappresentare una visione romantica di un modo di vivere più vicino alla natura, ora per fare catastrofiche previsioni sulle conseguenze delle varie attività dell'uomo. L'agricoltura è sul banco degli imputati. Ma è possibile lo sviluppo senza un'agricoltura adeguata? Nelle prossime pagine verranno lanciate alcune proposte, a cominciare dalla necessità di una conoscenza scientifica del problema.
In qualunque luogo della Terra, a parte poche eccezioni, le piante costituiscono una componente immancabile del paesaggio molto più evidente e percepibile di qualsiasi presenza animale. Perché tutto ciò? Qual è la funzione che le piante svolgono nell'ambiente?
Per rispondere a queste due semplici domande si può eseguire uno studio d'ambiente in un luogo facilmente accessibile, nel quale si possa far ritorno anche in periodi diversi dell'anno per poter raccogliere dati relativi alle stagioni successive.
Ecosisterna
Generalizzando i dati raccolti durante uno studio d'ambiente si evidenzia che in un determinato luogo è sempre presente una varietà di comunità animali e vegetali, definite nell'insieme biocenosi; l'habitat di queste biocenosi è di solito indicato col termine biotopo.
L'insieme di una biocenosi e del relativo biotopo costituisce un ecosistema, termine introdotto per evidenziare l'interazione che si viene ad instaurare tra un ambiente fisico e le forme viventi che lo popolano.
Si definiscono elementi abiotici di un ecosistema tutti quei fattori che dipendono dall’ambiente fisico quali il clima, la diponibilità idrica, la composizione del suolo, la quantità di energia solare ricevuta e così via.
Sono invece elementi biotici tutte le diverse forme viventi che popolano un determinato ambiente il comportamento che esse assumono e le modificazioni che realizzano per sopravvivere.
Catene e reti alimentari
Analizzando un ecosistema, il primo aspetto che ci colpisce è il fitto intreccio di rapporti esistenti fra le varie componenti, e soprattutto fra gli esseri viventi che lo popolano.
Osservando  le comunità animali si nota che ogni essere per procurarsi il cibo indispensabile per vivere, dipende da un altro vivente sia esso animale o vegetale; proprio per questo fatto che gli animali sono definiti  erotrofi (che si nutrono di altri viventi). Tale termine viene esteso anche a tutte quelle forme viventi incapaci di organicare autonomamente gli elementi minerali. Gli animali vengono poi suddivisi in base alla propria fonte di cibo; alcuni si nutrono di altri animali e sono detti carnivori  altri si nutrono di organismi vegetali, e sono  erbivori, ed infine ne esistono alcuni ad alimentazione mista (onnivori) come la specie umana.
Lo studio delle relazioni trofiche permette di evidenziare che ogni animale si nutre di un altro vivente, e a sua volta sarà il nutrimento di un terzo; un erbivoro viene mangiato da un carnivoro, mangiato a sua volta da un altro carnivoro, definito in genere predatore. L'insieme degli organismi collegati fra loro in questo modo viene definito catena alimentare poiché ognuno di essi è paragonabile ad un anello di una catena, legato cioè strettamente sia all'anello che lo precede che a quello che lo segue.
In qualunque catena alimentare si può notare come il primo anello sia sempre costituito da una pianta, che viene mangiata da un erbivoro, a sua volta nutrimento di un carnivoro, e così via fino all'ultimo anello.
Proprio per questo motivo le piante vengono definite produttori; esse infatti, mediante la fotosintesi, riescono a trasformare acqua ed anidride carbonica in glucosio, una sostanza nutritiva che poi esse stesse utilizzano per il loro metabolismo.. Per la stessa ragione le piante vengono definite anche organismi autotrofi (che fabbricano da soli il proprio nutrimento ).
Gli anima i vengono detti consumatori in quanto si nutrono della  sostanza organica già prodotta dagli altri organismio. E si limitano quindi a trasformarla.
Tra i consumatori si possono distinguere: consumatori primari, rappresentati dagli erbivori, consumatori secondari, rappresentati dai carnivori, e così via, fino a giungere all'ultimo anello della catena. Studiando attentamente una catena alimentare non si può fare a meno di notare che un singolo individuo può nutrirsi di più organismi diversi, e può essere cibo per più di un predatore. Ciò porta a concludere che in uno stesso ecosistema esistono più catene alimentari porta alla formazione della cosiddetta rete alimentare. Entro una catena alimentare è presente un continuo trasferimento di materia organica da un anello a quello successivo fino all'ultimo consumatore, il cui corpo, dopo la morte, fungerà da nutrimento per una fitta rete di microrganismi, definiti decompositori. Questi ultimi hanno l'importante compito di trasformare la materia organica in materia inorganica, restituendo in tal modo all'ambiente fisico le sostanze che i produttori avevano sottratto. Grazie all'importante ruolo svolto dai decompositori la materia compie un ciclo continuo entro gli ecosistemi (ciclo della materia).
Piramide alimentare
Le catene e le reti alimentari danno solo un'idea qualitativa del tipo dei rapporti trofici presenti in un ecosistema; per poter eseguire anche un'analisi quantitativa si devono definire due nuovi termini: biomassa, cioè la quantità di materia organica presente in un dato livello trofico, e produttività, cioè la velocità, riferita all'unità di superficie (ettaro, m.q.), con cui la biomassa viene prodotta. Esistono vari tipi di produttività, ognuno riferito ad un determinato livello trofico, come per es. la produttività primaria e la produttività secondaria. Se si va a riportare su un grafico la biomassa o la produttività di ciascun anello della catena alimentare, si ottiene la piramide alimentare, strumento utile per evidenziare come, passando da un livello trofico ad un altro, gran parte della biomassa (circa il 90% in media) venga perduta. Ciò dipende dal fatto che un organismo trae dal cibo di cui si nutre non solo i materiali per costruire e mantenere funzionale il proprio corpo, ma anche l'energia necessaria al proprio metabolismo. In altre parole ogni organismo trasforma buona parte della biomassa in energia; l'energia una volta prodotta non può più essere riciclata ma solo dispersa, sotto forma di calore o di lavoro, in perfetta sintonia con le leggi della termodinamica.
Il processo attraverso il quale avviene tale trasformazione è la respirazione cellulare, che utilizza come materiale di partenza proprio il prodotto finale della fotosintesi, il glucosio, e lo trasforma in sostanze inorganiche, quali acqua ed anidride carbonica, liberando energia. Si può notare, quindi, che in una catena alimentare l'energia presente nella biomassa si riduce drasticamente via via che si passa da un livello trofico a quello successivo; proprio per questo motivo non si può parlare di ciclo bensì solamente di flusso dell'energia.
Ancora una volta sono le piante gli unici organismi in grado di rifornire continuamente di energia gli ecosistemi, e ciò è possibile solo grazie al processo di fotosintesi clorofilliana, attraverso il quale l'energia luminosa di provenienza solare viene trasformata in energia chimica. Una volta eseguita questa trasformazione, l'energia risulta disponibile per qualunque tipo di organismo: in primo luogo per le piante stesse, che la utilizzano per le esigenze del proprio metabolismo, in secondo luogo per gli erbivori, che si nutrono dell'energia che le piante conservano sotto forma di strutture cellulari, successivamente per i carnivori, che si nutrono degli erbivori, e così via.
L'uomo non è escluso da questi meccanismi, anzi, in quanto onnivoro, è al vertice di ogni piramide.
Uomo e agricoltura
Fin dalla sua comparsa sulla Terra, l'uomo è entrato in un rapporto del tutto peculiare con l'ambiente. Finché le attività umane furono limitate alla caccia e alla raccolta dei frutti selvatici, in un contesto di esistenza nomade, al seguito delle migrazioni dei grossi mammiferi, la presenza dell'uomo non interferì nei delicati equilibri dell'ambiente. Le cose cambiarono in modo determinante quando egli scoprì che, ponendo nel terreno alcuni semi, poteva riprodurre quel ciclo naturale che vedeva ripetersi di anno in anno. Da quel momento nell'ambiente furono provocati cambiamenti di immensa portata, quasi più grandi di tutti i naturali sconvolgimenti climatici e geologici che per quattro miliardi di anni si erano ripetutamente abbattuti sulla Terra.
I luoghi di origine dell'agricoltura vanno individuati in aree geografiche fra loro molto distanti, nel cosiddetto Medio Oriente e probabilmente in Asia centrale e in Centroamerica. Non a caso per moltissimo tempo, prima dell'avvento dei commerci su vasta scala e dei relativi traffici, il principale alimento energetico a base glucidica fu sempre un cereale: il frumento in Europa, Nord Africa, Asia occidentale; il riso in Asia; il mais in America; il sorgo e il miglio in molte zone dell'Africa. Si potrebbe, in altri termini, parlare di civiltà del frumento, del riso, del mais, tanto è stata l'importanza di queste colture per lo sviluppo delle società umane, pur tra loro diverse e lontane.
Per quanto concerne la nostra civiltà "occidentale", le prime tracce di agricoltura sono state trovate in Medio Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna fertile, ove tuttora crescono spontaneamente orzo e frumento selvatici. Fra i resti archeologici di alcuni villaggi sono stati rinvenuti semi tostati, che hanno evidenziato come l'uomo fosse in grado di sfruttare le piantagioni e conservare deliberatamente il raccolto. Le prime specie di cereali coltivate furono due frumenti, il Triticum monococcum e il Triticum dicoccum, e l'orzo, Hordeum vulgare disticum .
La sostituzione dell'economia di caccia con una di tipo agricolo non avvenne improvvisamente, ma in modo progressivo, fra il IX e il V millennio a.C.. Con la fine delle glaciazioni i cambiamenti climatici trasformarono, anche se lentamente, i territori dove vivevano le antiche popolazioni: le fredde steppe divennero foreste ricche di vegetazione, non più in grado di ospitare i grossi mammiferi migratori, al seguito dei quali si era svolta fino a quel momento l'esistenza umana, mentre con buona probabilità la stessa "mezzaluna fertile" divenne siccitosa e poco produttiva. Un altro aspetto va individuato nella crescita della popolazione umana che era divenuta tale da alterare l'equilibrio tra il numero degli individui e la possibilità di alimentazione attraverso la raccolta di vegetali selvatici.
Gli antichi cacciatori impararono a diffondere i semi delle piante selvatiche di cui si erano nutriti e a selezionare quelli che erano in grado di dare origine a piante più rigogliose o resistenti. In questo modo privilegiarono lo sviluppo delle prime varietà, utilizzando anche le mutazioni che di tanto in tanto apparivano, come processo naturale, fra i ceppi selvatici. E' noto, ad esempio, che la specie coltivata Triticum monococcum, a spiga dura e indeiscente e quindi trasportabile a distanza senza che se ne perdano i semi, è derivata dalla specie spontanea Triticum boeoticum, che presenta spiga tenera e spighette facilmente deiscenti.
Si stabilì così un nuovo rapporto, più attivo, con la natura. La monotonia del lavoro, che costrinse ad una attività confinata in luoghi ben definiti e stabili nel tempo e ad una occupazione sedentaria, diede il via alla nascita di società basate sulla distribuzione dei compiti e sul rafforzamento dei nuclei familiari.
Ricercando una sempre maggiore produzione agricola furono apportate notevoli modifiche all'ambiente, come il disboscamento, la rimozione del terreno per l'irrigazione e il drenaggio, la manutenzione e la reintegrazione delle sostanze nutritive del terreno. Tali modifiche ambientali richiedevano capacità progettuale e di proiezione nel tempo futuro. Così il pensiero dell'uomo, legato alla terra e al villaggio, acquistò astrazione; l'individuo prese sempre più coscienza di sè e di ciò che lo circondava, rendendosi sempre più artefice del cambiamento della natura. La maggior disponibilità di cibo ebbe come conseguenza immediata e diretta un aumento della popolazione, una progressiva limitazione degli ambienti naturali, la nascita dei villaggi stabili e poi delle città. Oggi, uno dei problemi maggiori con cui deve fare i conti l'umanità, è quello della sovrappopolazione e dello stato di fame e denutrizione in cui si dibatte più di un terzo di essa. All'agricoltura di sussistenza, che fornisce materie di prima necessità, si è sostituita un'agricoltura commerciale. La ricerca di maggior produzione ha privilegiato la tecnica della monocoltura, mediante la quale notevoli estensioni di terreno sono coltivate per ottenere un solo tipo di raccolto. Ciò facilita lo sviluppo di una tecnologia avanzata, che ricorre ad una maggiore meccanizzazione ed all'uso di prodotti chimici artificiali per la fertilizzazione e la lotta contro infestanti e parassiti. Il rapido incremento attuale della popolazione mondiale, rende le richieste alimentari sempre più pressanti. Nasce l'esigenza di una produzione agricola ancor più estesa, più intensiva ed industriale, ma essa, a sua volta, pone non pochi problemi, primo fra tutti quello della tutela dell' ambiente naturale, che rischia di essere completamente alterato dagli ecosistemi artificiali creati dall'uomo.
L'agroecosistema
Accanto agli ecosistemi naturali esistono anche ecosistemi artificiali, creati dall'uomo per far fronte alle proprie necessità alimentari, di studio e di svago: ne sono un esempio i campi coltivati, le serre, gli orti botanici, i giardini, i parchi, ed anche le città stesse. In termini ecologici il campo coltivato viene definito agroecosistema ager, e rispetto ai corrispondenti ecosistemi naturali si mostra estremamente semplificato. Risulta chiaro, infatti, come la ricca fitobiocenosi naturale venga sostituita da un'unica specie, scelta in base a motivi di carattere economico e produttivo, tanto che le poche piante naturali che riescono a sopravvivere nell' ager sono considerate infestanti, e quindi combattute e distrutte attraverso il diserbo. Anche le biocenosi animali risentono di questa semplificazione, pur se in maniera molto meno evidente. In una agricoltura che privilegia poche specie, o addirittura una sola (monocoltura), pochi Insetti vegetariani Fitofagi)prendono ben presto il sopravvento su qualunque altra presenza animale compresi i loro predatori naturali, divenendo in breve tempo numerosissimi. Gli operatori agricoli sono, così, costretti a proteggere la produzione ricorrendo a sostanze tossiche, che distruggono anche gli Insetti utili: la biocenosi risulta sempre più semplificata e la produzione agricola sempre più esposta ad attacchi di fitofagi sopravvissuti ed ulteriormente resistenti. Si verifica una tipica selezione artificiale o chimica, operata dagli stessi prodotti usati per sterminare i fitofagi.
In questa situazione le catene e le reti alimentari vengono enormemente ridotte e limitate a pochi anelli, poiché diminuisce il numero di carnivori e predatori, gli unici in grado di controllare il proliferare eccessivo dei fitofagi. Questi dovranno perciò essere ancora combattuti per mezzo di un ulteriore ricorso ai pesticidi.
Nell'ager anche il ciclo della materia subisce una netta modificazione, in quanto solo una parte minima della biomassa vegetale ritorna all'ambiente attraverso la catena dei decompositori; infatti la maggior parte della produzione primaria viene prelevata dall'agricoltore ed utilizzata per i fabbisogni umani, spesso in luoghi a volte molto distanti dalla zona di produzione. In questa realtà sarebbe meglio parlare non di ciclo, bensì di flusso della materia, dato che, a lungo andare, il continuo prelievo di biomassa determina un impoverimento dell'ambiente stesso. Il continuo sfruttamento dell'ager deve quindi essere compensato artificialmente mediante apporti di sostanze minerali ed organiche di sintesi, i concimi.
Uno degli inconvenienti maggiori dell'ager consiste nel fatto che l'uomo per mantenere una elevata produttività deve continuamente intervenire, modificando e a volte sovvertendo la naturale evoluzione dell'ambiente stesso. Il concetto di evoluzione è importantissimo per l'ambiente, in quanto ogni biocenosi tende ad adattarsi alle condizioni che via via si instaurano in un territorio in modo da giungere ad un reciproco equilibrio. In un agroecosistema, invece le condizioni devono essere sempre mantenute costanti, ricorrendo a volte anche a pratiche colturali che possono danneggiare l'ambiente stesso, come una eccessiva irrigazione, con conseguente dilavamento del terreno, oppure una concimazione massiccia, e così via. In queste condizioni, per cause artificiali, le piante perdono la loro naturale capacità di adeguarsi alle disponibilità dell'ambiente e diventano sempre più dipendenti dall'uomo; si giunge, così, al caso limite di cultivar incapaci di disseminazione autonoma, come accade ad esempio, per il mais o per certe varietà di frumento.
Un'agricoltura più equilibrata
L' agroecosistema, pur presentando caratteristiche generali proprie degli ecosistemi naturali, se ne differenzia per alcuni importanti aspetti. Tutto ciò permette una buona produttività, ma al tempo stesso costi ambientali ed indiretti piuttosto elevati: l'inquinamento delle falde, la rarefazione degli organismi utili, la dispersione nelle catene alimentari di sostanze chimiche pericolose, la contaminazione degli stessi prodotti ortofrutticoli, rappresentano solo alcuni tra i più macroscopici aspetti di una tale situazione. Per ovviare a questi inconvenienti, o per lo meno per ridurli al più basso livello di impatto ambientale, l'agricoltura dovrebbe essere:
Polifunzionale, producendo beni alimentari, ma al tempo stesso realizzando una sostanziale protezione dell'ambiente. Non si dimentichi, infatti, che in molte zone fortemente antropizzate gli agroecosistemi risultano gli unici ecosistemi presenti.
Risparmiatrice, limitando al minimo essenziale il flusso di energia fossile costosa inquinante  presente in quantità limitata favorendo invece l'energia solare che non costa nulla, non inquina e durerà fino alla morte del sistema solare.
Sana, cioè capace di dare prodotti naturali non solo privi di residui di antiparassitari o altre sostanze estranee, ma dotati di un particolare equilibrio fra le sostanze nutritive, con particolare riferimento ad elementi minerali e vitamine. Volendo riunire in una sola parola questi concetti si parla di un'agricoltura equilibrata.
Per attuare una conversione dall'agricoltura tradizionale degli ultimi decenni ad un nuovo modo di produrre che assecondi i cicli energetici naturali sono state intraprese strade diverse.
Un primo approccio al problema nacque negli anni '70 con il nome di lotta guidata, poi evolutosi in difesa integrata, mentre negli ultimi anni ci si sta indirizzando verso una produzione integrata. Questo progetto, essenzialmente basato sulla razionalizzazione degli interventi antiparassitari, è stato in seguito allargato ad altri aspetti agronomici, quali concimazioni, scelta di varietà più resistenti, ricorso a lotta biologica (cioè ad Insetti ed Acari utili) e microbiologica (batteri entomoparassiti). Questa strategia diffusa essenzialmente nelle zone ortofrutticole più fertili, particolarmente in vaste aree del Trentino-Alto Adige e dell'Emilia-Romagna, ha permesso una diminuzione sensibile dei trattamenti, producendo frutta e verdura certificata e garantita. Una seconda strada, percorsa in una direzione di maggiore rispetto ambientale, anche se molto minoritaria rispetto alla precedente, è rappresentata dall'agricoltura biologica, con numerose varianti e scuole di pensiero (organici, biodinamici ...); essa viene detta anche compatibile o sostenibile, con riferimento all'integrità dell'ecosistema. In questo caso l'approccio al problema appare diverso: qui non si modifica lentamente e gradualmente il sistema produttivo tradizionale, ma si determina una conversione rapida eliminando da subito pratiche e prodotti ritenuti incompatibili con la salubrità dell' ager. Principi dell'agricoltura biologica sono l'eliminazione di fertilizzanti di sintesi, che vengono sostituiti con quelli naturali, meglio se di origine animale, l'esclusione di antiparassitari chimici, fatta eccezione per quelli minerali a base di zolfo e rame, e l'eliminazione degli erbicidi, sostituiti con diserbo meccanico o pirodiserbo.
Altre pratiche importanti riguardano la reintroduzione dell'allevamento di animali, con ripristino del secondo livello della catena trofica, la consociazione, per meglio sfruttare l'energia solare e trarre beneficio dai rapporti favorevoli tra diverse specie, la riduzione delle lavorazioni del suolo, per favorire la naturale formazione di un orizzonte organico naturale o lettiera.
In tale tipo di agricoltura viene inoltre praticato l'inerbimento, per ridurre l'erosione superficiale, e si limitano gli interventi solo a quelli di soccorso. Vengono inoltre favoriti sia gli organismi superiori che gli Artropodi utili (Insetti ed Acari), predisponendo all'interno dell'azienda agraria alcune aree di rifugio e di riproduzione per questi organismi, quali boschetti e siepi, i quali esplicano inoltre un'importante funzione frangivento e di protezione nei confronti di sostanze inquinanti.
Entrambe le strade accennate, pur partendo da concezioni e necessità diverse, rappresentano importanti risultati produttivi, che riscoprono "l'agricoltura di un tempo" alla luce delle moderne tecnologie e di un nuovo equilibrio con la natura.

Analizzando la struttura di un ecosistema si è evidenziato come gli organismi dipendono per la loro sopravvivenza da un continuo rifornimento di materia organica e di energia. Le piante sono gli unici viventi in grado di rifornire gli ecosistemi di entrambe, e quindi svolgono un ruolo essenziale ed insostituibile. Ogni essere vivente dunque dipende dalle piante, sia direttamente, come gli erbivori, che indirettamente, come i carnivori. Anche l'uomo, nella sua qualità di organismo onnivoro, non può sottrarsi a questa dipendenza, per cui lo studio della Botanica è indispensabile in un periodo in cui la gestione dell'ambiente sta diventando ,una questione di sopravvivenza, non solo delle varie specie animali e vegetali in via di estinzione, ma di noi stessi e delle nostre società

Il compito di chi fa l’agricoltura - World Food Production, facing growing needs and limited resources.


E 'ampiamente riconosciuto che l'agricoltura ha come un obiettivo primario produrre cibo in quantità e qualità sufficiente e adeguata a soddisfare le esigenze presenti e future di tutti gli abitanti del pianeta,.
Inoltre, l'agricoltura ha sempre fornito il no-food grezzo con materiali per la vita di esseri umani, come fibre (lana, seta, cotone, lino, canapa), pelli di animali, le fonti di energia (legno, biomasse, biocarburanti) e altri materiali (per applicazioni industriali ed edili), che hanno tutti il duplice vantaggio di essere rinnovabili e, nel complesso, biodegradabili. Oltre a questo, ci sono due ulteriori aspetti legati alla agricoltura che devono essere menzionati:
- Agricoltura (compresa la gestione delle foreste) rende un importante contributo a rendere 'abitabile' molti territori attraverso i  sistemi di drenaggio, collina e stabilizzazione del pendio della montagna, l'utilizzo di boschi, creazione di piacevoli paesaggi, ecc .;
- L’agricoltura contribuisce a mitigare in maniera rilevante l’impatto delle altre attività umane, contribuendo a generare condizioni di vita più umane, basti pensare alle attività che alterano le proprietà naturali del sistema in modo che non sempre è compatibile con la sua sopravvivenza (quindi nemmeno con quella degli esseri umani). Mi riferisco all'aumento urbano, strade, ferrovie, ponti, porti, dighe e sbarramenti, al taglio giù delle foreste e la distruzione di zone umide, per l'occupazione di suolo, diversione dei corsi d'acqua, la creazione di paesaggi artificiale ecc, attività che contribuiscono a determinare i cambiamenti climatici (tramite emissioni di gas serra) direttamente o indirettamente, che alterano acque superficiali (fiumi, laghi, mari, oceani) e acque sotterranee (falde acquifere) fonti e il terreno perché li inquina, riducendo così il potenziale di produttività (fertilità del suolo è depressa e 'blu' disponibilità di acqua per uso domestico o l'irrigazione si riduce, in girare rischiando la desertificazione o meno le condizioni ideali per la vita acquatica).
L'esaurimento delle risorse energetiche e delle materie prime, inoltre, non deve essere ignorato.
Anche se le attività umane di cui sopra sono solo parzialmente pertinenti quando si parla di agricoltura, è importante sottolineare la loro importanza dal momento che non sono sempre in misura sufficiente riconosciute come una causa di squilibrio ecologico. Per fare un solo esempio; le emissioni di gas serra da agricoltura (in particolare da allevamento) sono spesso in discussione, anche se nel complesso queste emissioni rappresentano circa il 15% delle emissioni totali di gas serra in tutto il mondo (Devono gli impatti della produzione alimentare avere lo stesso peso di quelli delle attività non agricole?).
Tornando all'agricoltura, riteniamo che il titolo di questo libro esprime l'urgenza di ottenere risposte alle seguenti domande: qual’ è il ruolo dell'agricoltura nei sistemi di produzione?, è essenziale per l'umanità?, e in che modo può essere implementata senza mettere l'ecosistema a rischio? Se ben gestita all’agricoltura dovrebbe essere riconosciuta come intrinsecamente sostenibile, non si può negare che oggi gli esseri umani devono assumere il ruolo di garantire la propria sostenibilità in tutte le sue componenti: agroecologiche, economico, etico-sociale (e istituzionale). Se non sarà così, il rischio che il pianeta o la civiltà umana finirà prima o poi. Se Homo sapiens sapiens è sempre stato un semplice custode della terra, negli ultimi due secoli, grazie alla scienza e alla tecnologia è divenuto 'manager' della terra, anche se solo parzialmente, e per questo il pianeta è entrato nel periodo geologico del 'Antropocene'.
Anche se fin dalla sua nascita l'agricoltura (allevamento vegetale e animale) è intervenuta sulla natura, sino a quando le persone umane erano poche si sono evitate alterazioni rapide, ma soprattutto senza molto cibo non si aveva l’esplosione demografica che si è verificato invece solo negli ultimi 150 anni. Questo è stato possibile solo quando la scienza e la tecnologia hanno rivoluzionato l'agricoltura (anche la medicina ha fatto la sua parte); non è un caso che la popolazione è andata da 1,5 miliardi di persone, all'inizio del 1900 a 7,3 miliardi. Se il Papa nell'Enciclica lettera Laudato si '(n. 105) è giusto affermare che la forza degli esseri umani è ormai tale da richiedere un corrispondente capacità di (auto) controllo, è altrettanto vero che le uniche minacce l'equilibrio non è l'avidità e la sete di potere di qualche ricco, ma la società 'dieci volte' aumentata e le richieste della popolazione. Alla luce di questo e di quello che è stato osservato in precedenza, la risposta più ragionevole non è quello di 'tirare il freno a mano', come i sostenitori ecologiche di la si Laudato 'sostenere in una sorta di' sviluppo across-the-board cut ' ovvero facendo tagli, ma per effettuare una razionale 'spending review' (revisione della spesa) imponendo responsabilità su tutta l'umanità, ogni persona che è responsabile della propria azioni (come Papa Francesco chiede nel capitolo 6 del Laudato si '). In altro parole questo significa fare un serio sforzo di prevedere quello che il pianeta è realisticamente in grado di fornire senza crollare (con l'assistenza di Naturalmente da tutti gli strumenti che la scienza e la tecnica promessa ora e in futuro) e, in funzione di questo, regolare le esigenze dell'umanità. Si aggiunge che la sopravvivenza dell'umanità dipenderà dal numero di persone e non solo dalle singole richieste che a volte sono irragionevoli.
Per fare tutto questo, come indicato nell’Enciclica Laudato si ', richiede una autonoma ricerca interdisciplinare (n. 135) e un'interpretazione saggia di il principio di precauzione: "questo non significa essere contrari alla innovazioni tecnologiche che possono determinare un miglioramento della qualità della vita "(n. 187). Negli ultimi mesi tutto questo, insieme un approccio scientifico a Expo 2015, ci ha spinto a compilare il presente volume che ha l'intenzione di guardare obiettivamente i bisogni umani in relazione all’agricoltura, anche se non esclusivamente in relazione agli alimenti, ma anche ad una varietà di materiali e forme di energia. Ciò che è stato difficile per molti di coloro che hanno contribuito a questo volume è stato l'obiettivo di stimare il reale potenziale del pianeta; che ha influito, tra le altre cose, sulle scelte che non sono ancora state fatte come esempio, in termini di fonti di energia del futuro. Tuttavia, l'intenzione è stata che di suggerire il vitale (o probabile) si intende, tramite la quale l'agricoltura può essere sostenibile.
Dal momento che il tema principale di Expo è il cibo, questo volume si concentra in gran parte - ma non esclusivamente - sui criteri con cui definire necessità per la produzione di alimenti e la sostenibilità dei sistemi di produzione.






It is widely recognized that agriculture – as a primary objective – aims
to produce a quantity and quality of food that suffi ciently and adequately
satisfi es the needs of all the planet’s inhabitants, present and future.
In addition, agriculture has always supplied non-food, yet essential raw
materials for the lives of humans such as fi bres (wool, silk, cotton, linen,
hemp), animal skins, energy sources (wood, biomass, biofuels) and other
materials (for industrial and building applications), all of which have
the dual advantage of being renewable and, on the whole, biodegradable.
Apart from this, there are two further aspects related to agriculture
that must be mentioned:
– agriculture (including forest management) makes an important
contribution to rendering many territories ‘inhabitable’ – drainage systems,
hill and mountain slope stabilization, utilization of woods, creation
of pleasant landscapes etc.;
– other human activities, though relevant in so much that they contribute
to generating ‘more human’ living conditions, affect the natural
system in a way that is not always compatible with its survival (thus neither
that of humans). It is enough to think about the increase in urban
areas, roads, railways, bridges, ports, dykes and dams, to the chopping
down of forests and destruction of wetlands, to the occupation of soil,
diversion of water courses, creation of artifi cial landscapes etc., to everything
that affects climate change (via greenhouse gas emission) directly
or indirectly, that alters surface water (rivers, lakes, seas, oceans) and
groundwater (aquifers) sources and the soil because it pollutes them,
thereby reducing the productivity potential (soil fertility is depressed
and ‘blue’ water availability for domestic use or irrigation is reduced, in
turn risking desertifi cation or less than ideal conditions for aquatic life).
The depletion of energy resources and raw materials is also not to be ignored.
Although the above mentioned human activities are only partially
pertinent when talking about agriculture, it is important to point out
their importance since they are not always suffi ciently acknowledged as
being a cause of ecological imbalance. To give a single example; greenhouse
gas emissions from agriculture (particularly from animal farming)
are often spoken about, though overall these emissions represent
approximately 15% of the total greenhouse gas emissions worldwide
(should the impacts of food production be given the same weight as
those of non-agricultural activities?).
Coming back to agriculture, we believe that the title of this book expresses
the urgent need to get answers to the following questions: what
is the effective role of agriculture in production systems, all on the whole
essential for humanity, and how (if at all) can these systems be implemented
without putting the ecosystem at risk. Given that well managed
agriculture should be recognized as being intrinsically sustainable because
of the extensive use of solar energy (a renewable, thus infi nite
source), it cannot be denied that today humans must take on the role
of guaranteeing its own sustainability in all its components: agroecological,
economical, ethical-social (and institutional). If this won’t be so,
the risk that the planet or at the very least human civilization will come
to an end sooner or later will no longer be just a threat, but a very likely
outcome. If Homo sapiens sapiens was a simple ‘dresser and keeper’ of the
earth, in the last two centuries thanks to science and technology he has
also become ‘manager’ of the earth, though only partially, and because
of this the planet has entered the geological period the ‘Anthropocene’.
Although since its birth agriculture (arable and animal farming)
has intervened signifi cantly on nature, the relatively modest human
potential has avoided rapid alterations, but most of all prevented any
demographic explosion which occurred only in the last 150 years. This
was only possible when science and technology revolutionized agriculture
(and medicine); it is not by chance that the population has gone
from being 1.5 billion people at the beginning of the 1900s to the now
7.3 billion. If the papal Encyclical letter Laudato si’ (n. 105) is right to
affi rm that the force of humans is now such as to require a correspondent
ability of (self) control, it is equally true that the only threats to
the equilibrium are not the greed and thirst for power of some rich,
but the now ‘tenfold’ increased demands of the population. In light
of this and of what was observed previously, the most reasonable response
is not to ‘pull the handbrake’ as the ecological supporters of
the Laudato si’ sustain in a sort of ‘across-the-board development cut’,
but to perform a rational ‘spending review’ based on imposing responsibility
on all humanity, each person being responsible for their own
actions (as Pope Francis asks in Chapter 6 of the Laudato si’). In other
words this means making a serious effort to foresee what the planet
is realistically able to provide without collapsing (with assistance of
course from all the tools that science and technique promise now and
in the future) and, as a function of this, adjusts humanity’s needs. We
should add that humanity’s needs depend on the number of people
and not only on the individual demands, demands that sometimes are
unreasonable.
To do all of this, as stated in the Encyclical Laudato si’, requires autonomous
and interdisciplinary research (n. 135) and a wise interpretation
of the principle of precaution: “this does not mean being opposed to
technological innovations that can bring about an improvement in the
quality of life” (n. 187). In the last few months all of this, together with
a scientifi c approach to Expo 2015, drove us to compile the present volume
that has the intention of looking objectively at human needs in relation
to agriculture, though not solely in relation to the foods, but also
to a variety of raw materials and forms of energy. What has been diffi cult
for many of those that have contributed to this volume has been the objective
of estimating the real potential of the planet; which is infl uenced,
among other things, by choices that have not yet been made as an example,
in terms of future energy sources. However, the intention has been
that of suggesting the viable (or probable) means via which agriculture
can be sustainable.
Since the main theme of Expo is food, this volume focuses largely –
though not exclusively – on the criteria with which to defi ne the necessity

to produce foods and the sustainability of the production systems.