venerdì 27 maggio 2016

Il compito di chi fa l’agricoltura - World Food Production, facing growing needs and limited resources.


E 'ampiamente riconosciuto che l'agricoltura ha come un obiettivo primario produrre cibo in quantità e qualità sufficiente e adeguata a soddisfare le esigenze presenti e future di tutti gli abitanti del pianeta,.
Inoltre, l'agricoltura ha sempre fornito il no-food grezzo con materiali per la vita di esseri umani, come fibre (lana, seta, cotone, lino, canapa), pelli di animali, le fonti di energia (legno, biomasse, biocarburanti) e altri materiali (per applicazioni industriali ed edili), che hanno tutti il duplice vantaggio di essere rinnovabili e, nel complesso, biodegradabili. Oltre a questo, ci sono due ulteriori aspetti legati alla agricoltura che devono essere menzionati:
- Agricoltura (compresa la gestione delle foreste) rende un importante contributo a rendere 'abitabile' molti territori attraverso i  sistemi di drenaggio, collina e stabilizzazione del pendio della montagna, l'utilizzo di boschi, creazione di piacevoli paesaggi, ecc .;
- L’agricoltura contribuisce a mitigare in maniera rilevante l’impatto delle altre attività umane, contribuendo a generare condizioni di vita più umane, basti pensare alle attività che alterano le proprietà naturali del sistema in modo che non sempre è compatibile con la sua sopravvivenza (quindi nemmeno con quella degli esseri umani). Mi riferisco all'aumento urbano, strade, ferrovie, ponti, porti, dighe e sbarramenti, al taglio giù delle foreste e la distruzione di zone umide, per l'occupazione di suolo, diversione dei corsi d'acqua, la creazione di paesaggi artificiale ecc, attività che contribuiscono a determinare i cambiamenti climatici (tramite emissioni di gas serra) direttamente o indirettamente, che alterano acque superficiali (fiumi, laghi, mari, oceani) e acque sotterranee (falde acquifere) fonti e il terreno perché li inquina, riducendo così il potenziale di produttività (fertilità del suolo è depressa e 'blu' disponibilità di acqua per uso domestico o l'irrigazione si riduce, in girare rischiando la desertificazione o meno le condizioni ideali per la vita acquatica).
L'esaurimento delle risorse energetiche e delle materie prime, inoltre, non deve essere ignorato.
Anche se le attività umane di cui sopra sono solo parzialmente pertinenti quando si parla di agricoltura, è importante sottolineare la loro importanza dal momento che non sono sempre in misura sufficiente riconosciute come una causa di squilibrio ecologico. Per fare un solo esempio; le emissioni di gas serra da agricoltura (in particolare da allevamento) sono spesso in discussione, anche se nel complesso queste emissioni rappresentano circa il 15% delle emissioni totali di gas serra in tutto il mondo (Devono gli impatti della produzione alimentare avere lo stesso peso di quelli delle attività non agricole?).
Tornando all'agricoltura, riteniamo che il titolo di questo libro esprime l'urgenza di ottenere risposte alle seguenti domande: qual’ è il ruolo dell'agricoltura nei sistemi di produzione?, è essenziale per l'umanità?, e in che modo può essere implementata senza mettere l'ecosistema a rischio? Se ben gestita all’agricoltura dovrebbe essere riconosciuta come intrinsecamente sostenibile, non si può negare che oggi gli esseri umani devono assumere il ruolo di garantire la propria sostenibilità in tutte le sue componenti: agroecologiche, economico, etico-sociale (e istituzionale). Se non sarà così, il rischio che il pianeta o la civiltà umana finirà prima o poi. Se Homo sapiens sapiens è sempre stato un semplice custode della terra, negli ultimi due secoli, grazie alla scienza e alla tecnologia è divenuto 'manager' della terra, anche se solo parzialmente, e per questo il pianeta è entrato nel periodo geologico del 'Antropocene'.
Anche se fin dalla sua nascita l'agricoltura (allevamento vegetale e animale) è intervenuta sulla natura, sino a quando le persone umane erano poche si sono evitate alterazioni rapide, ma soprattutto senza molto cibo non si aveva l’esplosione demografica che si è verificato invece solo negli ultimi 150 anni. Questo è stato possibile solo quando la scienza e la tecnologia hanno rivoluzionato l'agricoltura (anche la medicina ha fatto la sua parte); non è un caso che la popolazione è andata da 1,5 miliardi di persone, all'inizio del 1900 a 7,3 miliardi. Se il Papa nell'Enciclica lettera Laudato si '(n. 105) è giusto affermare che la forza degli esseri umani è ormai tale da richiedere un corrispondente capacità di (auto) controllo, è altrettanto vero che le uniche minacce l'equilibrio non è l'avidità e la sete di potere di qualche ricco, ma la società 'dieci volte' aumentata e le richieste della popolazione. Alla luce di questo e di quello che è stato osservato in precedenza, la risposta più ragionevole non è quello di 'tirare il freno a mano', come i sostenitori ecologiche di la si Laudato 'sostenere in una sorta di' sviluppo across-the-board cut ' ovvero facendo tagli, ma per effettuare una razionale 'spending review' (revisione della spesa) imponendo responsabilità su tutta l'umanità, ogni persona che è responsabile della propria azioni (come Papa Francesco chiede nel capitolo 6 del Laudato si '). In altro parole questo significa fare un serio sforzo di prevedere quello che il pianeta è realisticamente in grado di fornire senza crollare (con l'assistenza di Naturalmente da tutti gli strumenti che la scienza e la tecnica promessa ora e in futuro) e, in funzione di questo, regolare le esigenze dell'umanità. Si aggiunge che la sopravvivenza dell'umanità dipenderà dal numero di persone e non solo dalle singole richieste che a volte sono irragionevoli.
Per fare tutto questo, come indicato nell’Enciclica Laudato si ', richiede una autonoma ricerca interdisciplinare (n. 135) e un'interpretazione saggia di il principio di precauzione: "questo non significa essere contrari alla innovazioni tecnologiche che possono determinare un miglioramento della qualità della vita "(n. 187). Negli ultimi mesi tutto questo, insieme un approccio scientifico a Expo 2015, ci ha spinto a compilare il presente volume che ha l'intenzione di guardare obiettivamente i bisogni umani in relazione all’agricoltura, anche se non esclusivamente in relazione agli alimenti, ma anche ad una varietà di materiali e forme di energia. Ciò che è stato difficile per molti di coloro che hanno contribuito a questo volume è stato l'obiettivo di stimare il reale potenziale del pianeta; che ha influito, tra le altre cose, sulle scelte che non sono ancora state fatte come esempio, in termini di fonti di energia del futuro. Tuttavia, l'intenzione è stata che di suggerire il vitale (o probabile) si intende, tramite la quale l'agricoltura può essere sostenibile.
Dal momento che il tema principale di Expo è il cibo, questo volume si concentra in gran parte - ma non esclusivamente - sui criteri con cui definire necessità per la produzione di alimenti e la sostenibilità dei sistemi di produzione.






It is widely recognized that agriculture – as a primary objective – aims
to produce a quantity and quality of food that suffi ciently and adequately
satisfi es the needs of all the planet’s inhabitants, present and future.
In addition, agriculture has always supplied non-food, yet essential raw
materials for the lives of humans such as fi bres (wool, silk, cotton, linen,
hemp), animal skins, energy sources (wood, biomass, biofuels) and other
materials (for industrial and building applications), all of which have
the dual advantage of being renewable and, on the whole, biodegradable.
Apart from this, there are two further aspects related to agriculture
that must be mentioned:
– agriculture (including forest management) makes an important
contribution to rendering many territories ‘inhabitable’ – drainage systems,
hill and mountain slope stabilization, utilization of woods, creation
of pleasant landscapes etc.;
– other human activities, though relevant in so much that they contribute
to generating ‘more human’ living conditions, affect the natural
system in a way that is not always compatible with its survival (thus neither
that of humans). It is enough to think about the increase in urban
areas, roads, railways, bridges, ports, dykes and dams, to the chopping
down of forests and destruction of wetlands, to the occupation of soil,
diversion of water courses, creation of artifi cial landscapes etc., to everything
that affects climate change (via greenhouse gas emission) directly
or indirectly, that alters surface water (rivers, lakes, seas, oceans) and
groundwater (aquifers) sources and the soil because it pollutes them,
thereby reducing the productivity potential (soil fertility is depressed
and ‘blue’ water availability for domestic use or irrigation is reduced, in
turn risking desertifi cation or less than ideal conditions for aquatic life).
The depletion of energy resources and raw materials is also not to be ignored.
Although the above mentioned human activities are only partially
pertinent when talking about agriculture, it is important to point out
their importance since they are not always suffi ciently acknowledged as
being a cause of ecological imbalance. To give a single example; greenhouse
gas emissions from agriculture (particularly from animal farming)
are often spoken about, though overall these emissions represent
approximately 15% of the total greenhouse gas emissions worldwide
(should the impacts of food production be given the same weight as
those of non-agricultural activities?).
Coming back to agriculture, we believe that the title of this book expresses
the urgent need to get answers to the following questions: what
is the effective role of agriculture in production systems, all on the whole
essential for humanity, and how (if at all) can these systems be implemented
without putting the ecosystem at risk. Given that well managed
agriculture should be recognized as being intrinsically sustainable because
of the extensive use of solar energy (a renewable, thus infi nite
source), it cannot be denied that today humans must take on the role
of guaranteeing its own sustainability in all its components: agroecological,
economical, ethical-social (and institutional). If this won’t be so,
the risk that the planet or at the very least human civilization will come
to an end sooner or later will no longer be just a threat, but a very likely
outcome. If Homo sapiens sapiens was a simple ‘dresser and keeper’ of the
earth, in the last two centuries thanks to science and technology he has
also become ‘manager’ of the earth, though only partially, and because
of this the planet has entered the geological period the ‘Anthropocene’.
Although since its birth agriculture (arable and animal farming)
has intervened signifi cantly on nature, the relatively modest human
potential has avoided rapid alterations, but most of all prevented any
demographic explosion which occurred only in the last 150 years. This
was only possible when science and technology revolutionized agriculture
(and medicine); it is not by chance that the population has gone
from being 1.5 billion people at the beginning of the 1900s to the now
7.3 billion. If the papal Encyclical letter Laudato si’ (n. 105) is right to
affi rm that the force of humans is now such as to require a correspondent
ability of (self) control, it is equally true that the only threats to
the equilibrium are not the greed and thirst for power of some rich,
but the now ‘tenfold’ increased demands of the population. In light
of this and of what was observed previously, the most reasonable response
is not to ‘pull the handbrake’ as the ecological supporters of
the Laudato si’ sustain in a sort of ‘across-the-board development cut’,
but to perform a rational ‘spending review’ based on imposing responsibility
on all humanity, each person being responsible for their own
actions (as Pope Francis asks in Chapter 6 of the Laudato si’). In other
words this means making a serious effort to foresee what the planet
is realistically able to provide without collapsing (with assistance of
course from all the tools that science and technique promise now and
in the future) and, as a function of this, adjusts humanity’s needs. We
should add that humanity’s needs depend on the number of people
and not only on the individual demands, demands that sometimes are
unreasonable.
To do all of this, as stated in the Encyclical Laudato si’, requires autonomous
and interdisciplinary research (n. 135) and a wise interpretation
of the principle of precaution: “this does not mean being opposed to
technological innovations that can bring about an improvement in the
quality of life” (n. 187). In the last few months all of this, together with
a scientifi c approach to Expo 2015, drove us to compile the present volume
that has the intention of looking objectively at human needs in relation
to agriculture, though not solely in relation to the foods, but also
to a variety of raw materials and forms of energy. What has been diffi cult
for many of those that have contributed to this volume has been the objective
of estimating the real potential of the planet; which is infl uenced,
among other things, by choices that have not yet been made as an example,
in terms of future energy sources. However, the intention has been
that of suggesting the viable (or probable) means via which agriculture
can be sustainable.
Since the main theme of Expo is food, this volume focuses largely –
though not exclusively – on the criteria with which to defi ne the necessity

to produce foods and the sustainability of the production systems.

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