sabato 21 settembre 2019

Interpetando Humberto Maturana "Io ho ragione"


Io ho ragione
Ognuno di noi vede il mondo secondo i propri modelli mentali . Ognuno di noi ha i propri presupposti, opinioni, interpretazioni, inferenze, ecc. Sia chiaro che ognuno di noi non ha nulla di sbagliato.
Il problema arriva quando le persone credono che il loro modo di vedere le cose sia l'unico corretto , o che è lo stesso, abbiano ragione . Queste persone attraversano la vita con la pretesa arrogante di credersi padroni della verità. Chi vive immerso nel paradigma di " Ho ragione " trascorre gran parte del suo tempo preoccupato di notare coloro che non vedono il mondo come lo vede lui, e quanto le altre persone sbagliano nel vedere le cose in maniera diversa.

Le mie opinioni negative o squalificanti verso i diversi punti di vista dai miei non sono né più né meno dei meccanismi di difesa del mio modello mentale. E quegli altri, quelli che hanno torto, ora sono esponenti dell'errore.
Humberto Maturana  ha affermato che quando compaiono persone sbagliate, è anche quando l'odio appare prevalendo sull'amore. E come conservo l'amore? Maturana ti ricorda che non importa quello che hanno detto mentre sei consapevole che " tutto ciò che viene detto è detto da qualcuno ".
Convincere l'altro dei tuoi motivi, non ti dà il motivo

Ma lo è davvero !
A questo punto dovresti immaginare, approssimativamente, da dove proviene la cosa. Se dovessi scegliere una frase che riassuma tutto quanto sopra, sarebbe così: non siamo in grado di percepire la realtà così com'è, ognuno di noi fa ciò che può e ognuno di noi vive nella sua realtà.

Ora, questa visione sembra scontrarsi con quelle frasi che devi aver sentito più volte, ad esempio, quando un collega ti dice "No, in questo modo non otterrai nulla, dovresti davvero dire a Gianni di aiutarti", o "questo che hai detto è tutto molto bello in teoria, ma in realtà non funziona." La parola veramente o il riferimento alla realtà, quando vogliamo esprimere il nostro punto di vista, è una risorsa retorica, dicono Maturana e Varela, che invocano l'obbedienza dell'altro, in modo che chi vede le cose diversamente da noi, smetta di farlo e si convinca di adottare il nostro modello mentale. Possiamo vederlo quando un manager dice ai lavoratori di aver parlato con il cliente e davvero le modifiche devono essere consegnate entro lunedì, invece di riconoscere che non ha avuto la possibilità di negoziare un'altra data o che ciò che desidera deve essere consegnato lunedì.
Lo vediamo quando un lavoratore afferma che è davvero impossibile fare qualcosa per una certa data, invece di dire che non vede come raggiungerlo.
Lo vedo in particolare nei seminari, quando un assistente dice che, nel suo lavoro, non puoi davvero lavorare così, invece di dire che non trova un modo per generare il cambiamento culturale che questo implica.
Discutere riferendosi alla "realtà" è una risorsa retorica, in modo che l'altro adotti il ​​nostro modello mentale

Quando qualcuno non pensa come te, quale percorso scegli?
Ti preoccupi di capire quanto hai sbagliato o accetti che gli altri vedano le cose secondo i loro modelli mentali?
Ti preoccupi di esplorare altre alternative al modo in cui vedi il mondo?

Rispetto alla squadra con cui lavori, ci sono situazioni in cui i membri discutono per vedere chi ha ragione?
Cosa succede in quelle conversazioni?
Qual è l'emozione che li domina?
Queste domande ti aiuteranno a generare un contesto più inclusivo o almeno a identificare quanto sia inclusivo il contesto in cui stai lavorando.



venerdì 20 settembre 2019

Quello che mi è piaciuto de “Resilienza la ricerca Xylella parla al pubblico” Matino 19 e 20 settembre 2019


Quello che mi è piaciuto de “Resilienza la ricerca Xylella parla al pubblico” Matino 19 e 20 settembre 2019


Queste giornate in cui ho ascoltato le relazioni dei ricercatori che si occupano di Xylella mi hanno lasciato un pensiero che continua a girarmi nella testa e che me la fa grattare al punto da costringermi a scrivere quello che segue.
Ho riflettuto sulla circostanza che i diversi cloni di leccino e la varietà FS17 riescano a vivere nel Salento leccese, anche in presenza della pressione fortissima di infezioni del batterio Xylella fastidiosa ad opera dei vettori “Philaenus spumarius”; “Neophilaenus campestris” e “Philaenus italosignus”.
Le piante dei cloni di leccino hanno lo stesso inoculo rispetto alle altre cultivar di olivo Ogliarola salentina e Cellina di Nardò che sono tipiche del Salento leccese e che sono quasi totalmente secche se colpite dall’infezione. Detti cloni della cultivar leccino, nonostante questa fortissima pressione dell’infezione, riescono a vegetare e produrre senza avere grossi problemi.
Ciò che mi fa grattare la testa è la relazione di una scienziata dell’Università del Salento. Specificamente sono rimasto fortemente suggestionato da una relazione in particolare: "Differenze nel microbioma endofitico della cv Leccino, resistente a Xylella fastidiosa, rispetto alla cv sensibile Cellina di Nardò" tenuta da Marzia Vergine - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Università del Salento.
Io penso che il confronto tra i due macrobiomi endofitici e quindi tra i due olobionti possa essere il punto di partenza per una soluzione “definitiva” di questa fitopatia.
E’ mia opinione che attraverso lo studio quali -quantitativo del macrobioma endofitico dei cloni di olivo leccino (che appunto ha al suo interno anche Xylella) si potrebbe costituire, in ambiente controllato, tale microbioma, per poi installarlo sulle altre varietà suscettibili a Xylella in maniera da ottenere un olobionte (*) di Ogliorola salentina o Cellina di Nardò che, essendo in grado di convivere con il batterio Xylella fastidiosa, permetterebbe alle stesse di produrre olive (olobionte è l’organismo ospite e i suoi microrganismi simbionti ovvero il suo microbiota Margulis 1991).
Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione.
Antonio Bruno Ferro


(*) Il concetto di olobionte, per indicare l’organismo ospite e i suoi microrganismi simbionti (il suo microbiota), introdotto da Margulis nel 1991, ha assunto oggi un significato generale con il riconoscimento della universale presenza di microrganismi variamente associati ad organismi eucarioti pluricellulari, che ha portato ad indicare nell’olobionte e nel suo ologenoma uno dei livelli fondamentali della selezione evolutiva.
Oltre ad essere stato un promotore dell’evoluzione delle piante terrestri 700 milioni di anni fa (insieme ai funghi micorrizici), il microbiota rappresenta un elemento costitutivo e determina salute e produttività proprio delle piante.
Tutti i tessuti delle piante ospitano comunità microbiche endofitiche che ne influenzano il funzionamento. Grazie ai progressi della genomica e della metagenomica siamo adesso in grado di decifrare in grande dettaglio i componenti delle comunità microbiche endofitiche e iniziare a comprenderne il ruolo e le interazioni tra loro e con la pianta ospite. C’è ancora molto da conoscere in questo campo, ma già adesso si apre la straordinaria prospettiva di valorizzare il microbioma delle piante in agricoltura.
Comprendere e sfruttare i microrganismi per la coltivazione delle piante è una parte rilevante dei rapidi sviluppi delle biotecnologie agrarie.
I benefici potenzialmente apportati dai microrganismi del microbiota vanno dalla difesa dai patogeni e dagli stress abiotici all’apporto di elementi nutritivi, al contributo al metabolismo e alla crescita, alla produzione di molecole di interesse biotecnologico.