sabato 26 novembre 2016

Un modello innovativo per la programmazione integrata e partecipata dello sviluppo locale


L’agricoltura nel nostro Paese ma soprattutto in Puglia in particolare nel Salento è l’attività economica che meglio rappresenta la tradizione, al punto da trasmettere, implicitamente, un senso di staticità riguardo tutto ciò che le gravita attorno.

L’attenta osservazione dell’agricoltura contemporanea offre, invece, la possibilità di prendere atto di uno spaccato piuttosto complesso di quella che è la società contemporanea, sempre più orientata alla multifunzionalità. Da qui prende vita la nuova concezione dell’agricoltura, intesa come vera e propria rivoluzione di matrice culturale, da cui nascono esperienze e prodotti altamente innovativi, riconoscibili, confezionabili e, soprattutto, adatti a rispondere alle esigenze dei nuovi mercati. Si rende necessario individuare un modello di sviluppo basato su un processo di acquisizione e condivisione dei valori del territorio, supportato dalla messa a sistema degli operatori locali della filiera agricola, agroalimentare, del benessere, turistica e culturale attraverso l’attuazione di azioni di sensibilizzazione, informazione, organizzazione e promozione finalizzate al raggiungimento di obiettivi specifici concreti e importanti per il territorio, ciascuno caratterizzato da altissimo livello di innovazione.


In estrema sintesi, queste le motivazioni da cui è scaturita l’idea di dare vita a un modello di sviluppo locale su base rurale finalizzato alla programmazione integrata e partecipata, con l’intento di proporre un assetto alternativo ed efficace, funzionale alle esigenze del mondo agricolo, attualmente in crisi. L’intervento previsto da Copagri, infatti, intende integrare strategie e metodi per la valorizzazione dei prodotti e dei territori della tipicità. Più precisamente esso nasce come proposta per la realizzazione sperimentale di un modello orientato a valorizzare il patrimonio culturale, paesaggistico e le tipicità, secondo un chiaro ambito strategico di intervento nell’ottica di un più ampio programma di valorizzazione dei territori, da perseguire attraverso una molteplicità di azioni, tra cui si inserisce la volontà di recupero e valorizzazione delle tipicità enogastronomiche e artigianali, rilette e proposte in rapporto con la riqualificazione dell’attività rurale ma, più in generale, con l’obiettivo di stimolare competitività e sviluppo socio-economico equilibrato all’interno del territorio pugliese.

È storicamente dimostrato che ogni periodo di crisi porta con sé la spinta verso l’evoluzione. In tal senso, esaminata con occhio critico e approccio multifunzionale quella che è stata la più recente storia agricola pugliese e salentina, mi sembra evidente la necessità di proporre una capillare azione di informazione e comunicazione dei prodotti di qualità, esaltandone la loro intrinseca connessione con la natura dei territori di produzione. Si tratta di un patrimonio di riconosciuta e indiscussa eccellenza, da leggere e conoscere dal punto di vista del profilo agricolo e agroalimentare, ma con occhio di riguardo per gli aspetti culturali, storici, imprenditoriali e del wellness. Inteso in tale complessa dimensione, è chiaro che l’intero comparto abbisogna di una trasformazione strutturale dell’offerta, orientata a esaltare le specificità territoriali anche al fine di determinare un paniere di prodotti non più esclusivamente agricoli, ma chiaramente connotati da plusvalore culturale ed esperienziale.

Allo stato attuale diventa opportuno attivare un collegamento diretto e strategico tra produzioni tipiche e territorio di riferimento, al fine di sostenerne uno sviluppo integrato e intimamente connesso: una strategia, questa, tesa a sviluppare azioni basate sulla valorizzazione della conoscenza dal punto di vista culturale, in stretta connessione con il territorio e le peculiarità paesaggistiche, storico-culturali, ambientali, etnoantropologiche che ne costituiscono le specificità, puntando a una sinergia tra tipicità e promozione territoriale. Le sinergie che si possono attivare sono numerose, a partire dalla necessaria messa in rete delle iniziative già in essere in questo campo: promozione e valorizzazione prodotti e territori della tipicità; creazione e gestione di reti/pacchetti; reazione di percorsi enogastronomici- culturali-esperienziali; creazione di un marchio certificato di tipicità del Salento; messa in rete dei comparti alberghiero e ristorazione con i produttori di prodotti tipici; interventi di alta formazione settore enogastronomico; incentivazione delle sinergie con il sistema fieristico congressuale; incentivazione diffusione punti vendita prodotti tipici e artigianato locale; incentivazione utilizzo prodotti a km 0; utilizzo del prodotto tipico nelle mense scolastiche e ospedaliere; attività di marketing per la commercializzazione dei prodotti tipici e artigianali; valorizzazione delle attività legate ai comparti olivicolo e vitivinicolo di eccellenza; attività di ricerca e consulenza altamente specialistica (Osservatorio della Tipicità, nuovi prodotti, biodiversità, nuove imprese).

In questa direzione, ad esempio, anche le destinazioni turistiche hanno percepito l’importanza di valorizzare il territorio nella sua globalità, associando alle motivazioni tradizionali quelle apparentemente minori; pertanto il prodotto – sia esso agricolo, turistico o di altra natura - si arricchisce e diviene complesso; tale complessità richiede un’azione di management più incisiva e permanente, per coordinare risorse e attori al fine di costruire prodotti sempre più funzionali e integrati.
Se a ciò si associa la questione “autenticità” - che diventa argomento piuttosto delicato dato che il processo che porta a una fruizione culturale dei beni territoriali presuppone la necessità di una valorizzazione della cultura dei luoghi - si coglie l’importanza del fattore identitario delle comunità.

Stupisce e amareggia il dover assistere a una diffusa mancanza di informazioni, soprattutto, di informazioni corrette: in tal senso si ritiene opportuno intervenire con serietà, impegno, consapevolezza ed efficacia.

L’intervento, così modulato, rappresenta una sperimentazione basata sull’ipotesi che gli itinerari/prodotti della tipicità possano costituire un potente strumento di valorizzazione per l’intero contesto territoriale, oltre che rappresentare un efficace strumento di inclusione sociale, in coerenza con l’impianto delle politiche dell’Unione Europea finalizzate ad incrementare l’efficienza dell’uso delle risorse e la coesione sociale. In tal senso, inoltre, anche alla luce di analisi di contesto, emerge la necessità di azioni preliminari finalizzate a: ottenere una interpretazione univoca da parte degli attori locali del valore del territorio e delle potenzialità delle risorse ivi inserite; acquisire maggiore e più dettagliati standard di qualità nella cultura dell’accoglienza; conoscere meglio le opportunità offerte dall’innovazione e delle tecniche di organizzazione territoriale.

Nell’ottica di attivare un percorso multifunzionale e interdisciplinare, tra gli obiettivi primari nella definizione del modello sperimentale rientra il coinvolgimento di una comunità di ricerca open source, già attiva e qualificata, che contempla al proprio interno diversi background culturali e professionali al fine di pensare, discutere e creare progettualità finalizzate a stimolare la diffusione di modelli sociali improntati sul bene comune e sul benessere sostenibile.

L’esigenza di fondo è sempre riconducibile alla definizione di dettagliate analisi di contesto da cui costruire un dettagliato quadro di risorse tradizionali da impiegare in maniera innovativa, attraverso le opportunità offerte dalla scoperta di un plusvalore sociale ed ambientale in grado di restituire nuovi paradigmi per una migliorata percezione collettiva della ruralità.

Innovazione, ricerca, tradizione, ruralità, società, dialogo, interconnessione, intermodalità: quasi a definire un Rural Hub modalità bottom up, ove discutere di Rural Social Innovation, innovazione sociale applicata alla ruralità. Ne scaturisce un modello economico particolare, che recupera dalla tradizione contadina valori imprescindibili e li ripropone, attualizzandoli: rispetto, solidarietà, sostenibilità, semplicità, tutela della biodiversità. Un percorso multi-livello attraverso cui si pongono le basi per la definizione di un sistema di conoscenze da indirizzare per lo sviluppo collaborativo dei territori. Il tentativo è ambizioso se si pensa che si mira a creare una serie di strumenti di open governance per proporre soluzioni e stimolare il diffondersi di una mentalità di collaborazione tra autorità locali e/o centrali, fino a giungere ad un punto di svolta in cui le pratiche collaborative diventano gli elementi chiave dello sviluppo strategico territoriale.

In particolare, sarà importante definire, volta per volta, caso per caso, un adeguato modello di sviluppo, frutto di processi di progettazione tecnica qualificata integrati con esperienze di partecipazione dal basso tra gli attori dello sviluppo rurale - interlocutori a diverso livello – al fine di individuare un insieme di strumenti utili agli innovatori sociali per conoscere meglio i modelli economici basati sulla condivisione e la coproduzione, oltre che per applicare un approccio collaborativo alle politiche di sviluppo territoriale.

La società contemporanea, inoltre, con i suoi diversi gradi di innovazione, presuppone la conoscenza e la padronanza delle potenzialità di ibridazione tra “permacultura” e fabbricazione digitale, tradizione e innovazione: il presente interconnesso “rurale” non può più riduttivamente identificarsi quale sinonimo di isolamento o, peggio, immobilismo, ma deve svilupparsi secondo modelli “smart rurality oriented”, in cui i concetti chiave sono autosufficienza, sostenibilità, biodiversità ed eco-compatibilità.

Ciò presuppone la necessità di definire i concetti di bio-valore e bio-capitale, al fine di pensare il “vivente” e l’innovazione nel campo delle scienze della vita come “beni comuni” ad accesso aperto e contribuire a definirne i codici etici, giuridici e operativi.

Nella costruzione dei diversi percorsi è stato ampiamente utilizzato il principio della logica moltiplicativa di effetti economici-sociali, in quanto si reputa fondamentale che il progetto debba rendersi veicolo di un messaggio ben definito, che si sviluppa lungo l’intero percorso attuativo.


In forza di ciò, si intende superare le difficoltà materiali e immateriali e, quindi, produrre atti e comportamenti concordati al fine di organizzare servizi e prodotti, qualitativamente elevati, per una fruizione completa e unica delle peculiarità territoriali, tutelando, valorizzando e promuovendo un’idea di AgriCultura dinamica e innovativa.

mercoledì 23 novembre 2016

La moringa farà bene anche al Salento?


A tutte le latitudini pare scoppiata la moringa-mania. Quella che molti esperti del settore definiscono “la pianta più nutriente della terra”.

Curerebbe circa 300 malattie: contiene tutte le vitamine presenti nel parco completo di frutta e verdura ed anche in proporzione maggiore. Allo stesso modo non ha effetti collaterali ed è stata provata, testata, documentata con prove a sostegno della stessa. Può essere consumata da bambini ed adulti.

Oggi milioni di persone hanno iniziato ad utilizzare prodotti a base di moringa nella zuppa, nella pasta, nel pane, ecc., per raccoglierne i benefici per la salute. La moringa, infatti, contiene 92 sostanze nutritive, 46 antiossidanti, 36 antinfiammatorie oltre a 18 amminoacidi di cui 9 essenziali.

Per questo rafforza il sistema immunitario, favorisce la circolazione sanguigna, supporta i livelli di glucosio normali, funge da naturale anti-invecchiamento, è un ottimo antiinfiammatorio naturale, favorisce una digestione sana, promuove ed accresce la chiarezza mentale, aumenta l’energia pur senza caffeina, incoraggia l’equilibrio del metabolismo, rende la pelle più morbida, è curativa per l’acne e regola i livelli ormonali.


Le sue foglie contengono tutti gli amminoacidi per la costruzione di corpi forti e sani, prevenendo disturbi al fegato, problemi renali, diabete ed anche malattie cardiache.

È utilizzato sia come salutare alimento che nella cosmesi per la realizzazione di creme, shampoo, ecc.

Prezioso anche l’olio ricavato dal suo frutto, al quale alcune multinazionali stanno già mirando per sostituire l’ormai famigerato olio di palma.

“Contatti con importanti società per grossi progetti”
Un unico problema: la Moringa è una pianta originaria delle regioni dell’Himalaya, abbisogna di particolari condizioni climatiche e di un terreno adatto e quindi non attecchisce dappertutto. Qui interviene Pierluigi Forcella, 61enne agronomo (o meglio, come si autodefinisce, “tecnico progettista agrario, la qualifica che avevo quando ero alle Canarie, in Spagna”) di Montesano Salentino.
“Nel 2002”, racconta Pierluigi, “mi sono proposto per lavorare in una coltivazione di banane alle Isole Canarie, in Spagna. Ottenuto il lavoro mi sono trasferito e lì ho scoperto delle piccole piantagioni di Moringa, sulle cui coltivazioni nessuno voleva o era in grado di darmi spiegazioni. Si limitavano a dirmi che il suo habitat naturale era quello indiano. In quel periodo non c’erano molte informazioni in merito, neanche su internet. La lampadina, però, mi si era accesa e destino ha voluto che potessi recarmi in India per studiarla, incuriosito com’ero da tutti i suoi effetti benefici per la salute. Sono stato anche in Thailandia e in altri paesi vicini dove la pianta cresce ovunque, anche spontaneamente ed in grandi quantità. Guardando gli indigeni ho imparato tutte le tecniche della coltivazione e della raccolta. Sempre con un chiodo fisso: come poter coltivare questa pianta portentosa anche a casa mia, nel Salento? Il problema sembrava insormontabile perché, se le condizioni climatiche potevano più o meno andare bene, il terreno si presentava poco adatto. Ecco perché ho pensato di arricchirlo di azoto (con coltivazioni di fagioli, fave, ecc. e liquami). La cosa ha funzionato alla grande. Anzi: se in India un chilo di foglie ti dà 70-80 grammi di secco qui si arriva a 350 grammi, quasi 5 volte di più!”.

Prova e riprova, il nostro agronomo pare aver trovato la formula giusta e insieme ad Enzo Scarcia ed alla sua famiglia, che hanno messo a disposizione dei terreni in zona “Pesco” a Specchia, ha dato inizio alla coltivazione di moringa… nel Salento! Il progetto è ancora in fase sperimentale ma le premesse sono più che incoraggianti. È stata messa su una società, la “Domenica Scupola” e solo nell’ettaro della zona Pesco oggi ci sono 5mila alberi, che possono arrivare a produrre anche 8 quintali l’anno di preziosa polverina (prezzo medio di 3 euro ogni 10 grammi). Inoltre Forcella & Co. sono già pronti a coltivare “un altro ettaro confinante con il primo, più  altri due ettari e mezzo in un’altra zona di Specchia. Non solo: abbiamo già individuato altri terreni adatti allo scopo”. E Forcella anticipa: “Già ci hanno contattato società importanti per un grosso progetto, per il quale richiedono 300 ettari di terreno, prendendosi la responsabilità di affittarli, della loro manutenzione ecc. Il tutto nel Salento, perché solo le nostre condizioni climatiche sono favorevoli alla Moringa. Ed ogni ettaro necessita di almeno 2-3 persone che vi lavorino.  Tra impiegati diretti e tutti quelli che lavorerebbero nell’indotto non è un’utopia prevedere minimo 4-500 posti di lavoro. Nel suo complesso è un progetto che prevede un investimento sul territorio di 5 milioni di euro”.

Forcella mira anche alla realizzazione dell’olio “per utilizzare i nostri frantoi in quei periodi in cui restano fermi dopo la raccolta delle olive. L’olio, però, si può ricavare solo dalle cornule della Moringa, che qui da noi non riescono a maturare perché il caldo non dura così a lungo. Per questo stiamo coltivando la pianta anche in Africa da dove importeremo i frutti dopo la raccolta. Si tratta di un olio eccellente e salutare che non inaridisce mai, ha durata eterna. I faraoni, nell’antico Egitto, già lo utilizzavano come emolliente per la pelle”. La cosa più allettante, però, è “la richiesta pervenutaci attraverso una società milanese, dalla Ferrero che vorrebbe utilizzare l’olio di moringa per i suoi prodotti al posto dell’olio di palma, ormai messo al bando”.

Ulteriore risvolto quello della “tintura madre della moringa che stiamo producendo per primi in Italia. Si tratta di un estratto della pianta realizzato trattandola con l’alcol per 30-40 giorni. Poi si torchia il tutto e si ricava il contenuto. Ingerirne un cucchiaino è come mangiare due bistecche. Nutrimento, protezione da tante malattie, tanta vitamina C, ecc. Vi lascio immaginare i benefici che potrebbero derivarne”. La coltivazione massiccia di moringa, non certo una pianta autoctona, potrebbe rappresentare un pericolo per il nostro equilibrio biologico? “Assolutamente no. È una pianta che si auto protegge dalle malattie, guarisce l’uomo figurarsi se stessa. Non rappresenta alcun tipo di pericolo”. Anzi Forcella ci tiene ad evidenziare come nelle coltivazioni vengano utilizzati solo “insetticidi naturali con allevamenti di coccinelle, che tengono lontani gli afidi, e alberi di Neem sparsi tra quelli di Moringa per tenere lontani ospiti indesiderati senza ricorrere ad alcuna sostanza chimica. È tutto naturale come comprovato dalle analisi già effettuate”.

È ancora presto per dire se, dopo il tabacco, il grano e le olive, la moringa possa diventare nuova fonte di lavoro e reddito per il Salento. Certo è un’opportunità ed in un periodo di vacche magre come quello che stiamo vivendo non possiamo permetterci di sottovalutarla. L’eventuale investimento di 5 milioni di euro sul territorio e gli agognati 500 posti di lavoro sarebbero una bella boccata di ossigeno. Nei periodi di difficoltà bisogna aguzzare l’ingegno e Pierluigi Forcella pare esserci riuscito tracciando una strada percorribile. Ovviamente seguiremo l’avventura sua e della “Domenica Scupola” e solo il tempo ci dirà se avranno avuto ragione.

Giuseppe Cerfeda

23 novembre 2016


lunedì 21 novembre 2016

La Xylella salentina è al confine tra Francia e Liguria

Il ceppo di Xylella fastidiosa che ha colpito gli olivi in Salento è alle porte della Liguria. E' arrivato a Mentone, in Francia, già lo scorso anno, ma solo le nuove analisi effettuate nel 2016 hanno confermato che è la stessa sottospecie. E sebbene il territorio ligure oggi risulti libero dal parassita, le autorità francesi non hanno ancora inviato alcuna comunicazione ufficiale all’Europa né preso iniziative specifichedi Beatrice Mautino         




È ufficiale, il ceppo ST53 della sottospecie pauca di Xylella fastidiosa che ha infettato gli olivi pugliesi è arrivato in Francia un anno fa, a Mentone, a una decina di chilometri dal confine con la Liguria.

Che il territorio francese ospitasse numerosi focolai di Xylella è noto da tempo. I primi ritrovamenti risalgono all’estate del 2015 in Corsica e all’autunno dello stesso anno in Costa Azzurra, tra i quali proprio quello di Mentone.

Il servizio fitosanitario ligure ne era al corrente, tant’è che le attività di monitoraggio sono state effettuate fin da subito anche nei comuni di Ventimiglia e Olivetta San Michele che ricadono nei dieci chilometri della zona tampone attorno al focolaio di Mentone (Qui la mappa interattiva con le aree demarcate in territorio italiano) come ci conferma Moreno Guelfi, funzionario e ispettore sanitario della Regione Liguria. “A oggi – spiega Guelfi -  abbiamo effettuato 700 ispezioni visive e circa 200 analisi di laboratorio sulle specie ospiti. Contiamo di arrivare a 1000 entro la fine dell’anno. Ma per il momento, fortunatamente, sono risultate tutte negative”.
Tutti i dati diagnostici diffusi dall’ANSES, l’agenzia francese per la sicurezza alimentare, dell’ambiente e del lavoro, attribuivano le infezioni in Corsica e in Costa Azzurra alla sottospecie multiplex di Xylella fastidiosa. 

Multiplex, per quanto sia considerata organismo di quarantena per l’Unione Europea e preveda l’attivazione di tutte le procedure di contenimento attuate per le altre sottospecie, attacca piante tipiche della macchia mediterranea come 
la poligala, il rosmarino e la lavanda, ma, a differenza di pauca ST53salva piante ad alto interesse commerciale come olivo, oleandro, mandorlo e ciliegio.

Infatti, l'olivo non compare nella lista delle quindici specie eliminate dai giardinieri comunali nel raggio di 100 metri dai giardini di Palazzo Carnolès a Mentone, sede del focolaio, anche se di olivi, nel giardino e nei dintorni, ce ne sono.
 
Per quasi un anno la situazione è stata questa: alto livello di attenzione ma relativa tranquillità per le colture commercialmente interessanti come l’olivo. O, almeno, questa era la posizione pubblica delle autorità francesi e di conseguenza di quelle italiane.
 
In realtà, quello che succedeva davvero e che "Le Scienze" è riuscita a ricostruire, restituisce uno scenario diverso, più complesso e preoccupante.Nei primi mesi del 2016, l’Istituto Nazionale francese per la Ricerca in Agricoltura (INRA) ha preso in mano i campioni analizzati dall’ANSES e li ha riesaminati con nuovi test scoprendo che in Corsica e in Costa Azzurra i ceppi di multiplex presenti sono due, geneticamente distinti.

Inoltre, in Corsica è presente un nuovo ceppo, mai incontrato prima, probabilmente frutto dell’incrocio spontaneo fra quei due. A questo si aggiungono una decina di piante con infezioni multiple, che sono state quindi colpite da entrambi i ceppi.

Avvicinandoci all’Italia, si è scoperto che le quattro piante di un arbusto fiorito ornamentale, la poligala, trovate nel giardino di Palazzo Carnolès a Mentone nel novembre del 2015  erano state infettate non da multiplex, bensì da pauca ST53, cioè dallo stesso ceppo che ha infettato gli olivi della Puglia.
 
Se sembra complicato è perché lo è davvero. “La situazione in Francia è disastrosa” ci racconta Moreno Guelfi, “e la nostra impressione è che gli sia completamente sfuggita di mano.”

L’impressione di Guelfi sembra confermata da quello che ha raccontato una ricercatrice dell’INRA al meeting di lancio del progetto europeo XF-Actors tenutosi dal 14 al 16 novembre a Bari.Dopo aver scoperto che si trattava di pauca ST53 e non di multiplex, i ricercatori dell’INRA avrebbero voluto isolare i batteri, metterli in coltura, farli crescere ed effettuare i test di patogenicità, ma non hanno potuto farlo perché tutte le piante infette sono state distrutte e sono stati conservati solo campioni congelati, utili per i test genetici, ma inutilizzabili per le colture cellulari. Le autorità francesi hanno ispezionato i dintorni alla ricerca di altre piante potenzialmente infette, ma non hanno trovato nulla.
 
Tutto questo succedeva nell’agosto 2016, quindi otto mesi dopo il ritrovamento del focolaio.

Il 29 settembre scorso il Ministero dell’agricoltura francese comunicavache “alcuni risultati ottenuti dall'INRA suggeriscono la presenza di altre sottospecie ricombinanti e non. Come la sottospecie pauca identificata nel focolaio di Mentone nelle Alpi Marittime”.

Tuttavia, il Ministero ci teneva a precisare che “allo stato attuale delle conoscenze, nulla permette di concludere che i batteri identificati siano identici a quelli che infettano gli olivi della Puglia”. In realtà, i dati per concludere che si trattasse proprio dello stesso ceppo c’erano almeno da un mese, ma da allora il Ministero tace, anche di fronte alle nostre richieste specifiche di chiarimento.
 
L’INRA ha esaminato anche un centinaio di piante di caffè importate da Paesi sudamericani trovandone una ventina positive per almeno cinque ceppi diversi di Xylella appartenenti a diverse sottospecie, tra le quali anche pauca ST53.Quindi, ricapitolando: Xylella è arrivata in Francia più volte e continua ad arrivare. Si è insediata in Corsica occupando buona parte del territorio dell’isola e incrociandosi con la produzione di nuovi ceppi che potrebbero attaccare piante diverse da quelle attaccate dai ceppi genitori.

È presente in Costa Azzurra con 15 focolai, uno dei quali, il più pericoloso per l’olivicoltura, sconfina in territorio italiano.

Ma a oggi, non risultano comunicazione ufficiali delle autorità francesi all’Europa sul ritrovamento di pauca ST53, né provvedimenti specifici nel focolaio di Mentone che è stato trattato dalle autorità come se invece fosse provocato da multiplex.
 
Dobbiamo preoccuparci? Sì, anche se non è il caso di fare facili allarmismi. A oggi, il territorio ligure è stato dichiarato "xylella-free" e non ci sono elementi per sostenere il contrario.

“Siamo aiutati dalla barriera fisica tra noi e la Francia” ci spiega Guelfi. “Nelle aree alpine ci sono moltissime zone senza piante ospiti. Queste si concentrano soprattutto nelle aree di pianura, ma quelle siamo riusciti a monitorarle tutte capillarmente e le teniamo sotto controllo”.Inoltre, ci spiega Guelfi che anche se i francesi hanno avuto molta difficoltà a bloccare la movimentazione di piante dai territori infetti (una delle misure imposte dalla UE) è difficile che queste entrino nel nostro territorio perché l’importazione di piante dalla Francia è molto scarsa. È più probabile che il traffico di merci viaggi in senso opposto, anche se “l'unica cosa che dà un po' da pensare sono gli insetti vettori che potrebbero attaccarsi a qualche camion e arrivare da noi”.
 
Insomma, una situazione complicata che fa riflettere sul cambio di prospettiva di una storia che abbiamo considerato fin dall’inizio molto locale, legata al solo territorio pugliese, ma che sta pian piano diventando di interesse nazionale e internazionale.

Abbiamo già parlato dell’inadeguatezza dei controlli europei sulle piante importate. Adesso dobbiamo aggiungere alla lista di cause anche le difficoltà di comunicazione fra gli Stati membri e l'assenza di un laboratorio di riferimento comune a tutta l’Unione Europea o, perlomeno, di protocolli condivisi che evitino il ripetersi di errori gravi come quelli descritti in questo articolo.

Se alla scienza spetta il compito di completare il quadro delle conoscenze, sono le istituzioni a dover prendere le decisioni e agire.
 Fonte: http://www.lescienze.it/news/2016/11/21/news/xylella_fastidiosa_pauca_francia_inra_anses-3320063/




Xylella 21 novembre 2016

XYLELLA / L’ INCHIESTA DELLA PROCURA DI LECCE VA AVANTI E APRE UN NUOVO FRONTE: L’ ABUSO DI PRODOTTI CHIMICI. LO RIVELA IN UN’ INTERVISTA CONCESSA A leccecronaca.it IL PROCURATORE CATALDO MOTTA. CHE SPERA DI RESTARE ANCORA UN ANNO AL SUO POSTO: “Non voglio andare via!”

(g.p.)______”Non voglio andare via!”. Il viso del procuratore capo della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, si illumina di un sorriso, e le labbra pronunciano lievi una serena confessione, quando gli chiedo: “Andrà in pensione a fine dicembre?”. Lui, dice no. E spiega: “Il governo ha promesso che subito dopo il referendum estenderà anche a tutti i magistrati il provvedimento, emanato per decreto la scorsa estate, che concedeva la proroga ai pensionamenti solamente ai vertici della Suprema Corte, del Consiglio di Stato, e della Corte dei conti“.
D.) – Procuratore, è passato più o meno un anno dal clamoroso annuncio delle dieci persone indagate per vari e pesanti reati, sul fronte della questione, tanto dibattuta e tanto al centro dell’ attenzione di tutti i Salentini, così detta della ‘Xylella’. Perdoni l’ ignoranza, ma quanto tempo avete, per chiudere un’ inchiesta, in un senso o nell’ altro?
R.) – Sei mesi, rinnovabili per due volte. Avevamo già chiesto i primi sei mesi, e ne abbiamo chiesto adesso altri sei.
D.) – E, mi permetta, perché?
R.) – Perché c’è una novità. Stiamo puntando l’ attenzione sulle situazioni di cui siamo venuti a conoscenza attraverso l’ elaborato di una ricercatrice universitaria, che ha segnalato un uso abnorme di pesticidi, insetticidi, diserbanti in provincia di Lecce, nettamente superiore alla media nazionale e pugliese.
D.) – Quindi l’ inchiesta sulla ‘Xylella’ non si è arenata, ma va avanti e anzi apre un nuovo fronte. Ho capito bene?
R.) – Sì, l’ inchiesta continua. Adesso stiamo accertando la corrispondenza dei dati contenuti nella ricerca universitaria…
D.) – Scusi, ci può dire qual è e chi ne è l’ autrice?
R.) – No.
D.) – Va bene. Prego, ci faccia capire che cosa state facendo adesso, alla luce di questi dati…
R.) – Stiamo accertando presso i singoli Comuni l’ uso effettivo di questi prodotti, presso i registri che ogni amministrazione deve avere e dove sono annotati i consumi nei campi.
L’ ipotesi su cui ci muoviamo è che l’ uso abnorme di questi prodotti abbia depauperato i terreni delle loro caratteristiche essenziali, incidendo così sulla dispersione delle difese immunitarie degli ulivi. Perché le piante hanno lo stesso meccanismo immunitario degli esseri umani.
La situazione, nelle zone verso Gallipoli e Ugento, è disastrata. Va meglio a Nord di Lecce e in provincia di Brindisi, e dove gli agricoltori hanno ripristinato le buone pratiche agricole con sistemi naturali. Gli ulivi poi spesso sono stati abbandonati a sé stessi..
Poi vorrei evidenziare un altro elemento…
D.) – Prego…
R.) - Questo filone di indagine sull’ uso dei prodotti chimici è molto complesso, perché, al di là della loro influenza sugli ulivi, sicuramente si innesca un intervento della Xylella, però noi crediamo che le condizioni perché attecchisca il batterio siano determinate dalle modalità di coltivazione degli alberi.
Poi, abbiamo notato che alcuni alberi presentano il fenomeno del così detto disseccamento rapido pur non avendo il batterio; e altri che, pur avendo il batterio, non hanno il disseccamento.
Comunque, al di là degli ulivi, l’ uso dei prodotti chimici in agricoltura è particolarmente pericoloso per la salute umana, perché essi entrano o direttamente, attraverso frutta o verdura, o indirettamente, contaminando il pascolo degli animali, nel corpo umano.
Adesso vogliamo accertare il loro consumo abnorme in provincia di Lecce, e capirne il perché.
D. ) – Chiarissimo, procuratore, grazie. Se mi concede ancora un minuto, mi permetta di chiederle, in conclusione, ancora una cosa, come mi ripromettevo di poter fare, prima o poi. Mi ero segnato una sua frase, detta qualche mese fa in sede di audizione al consiglio regionale della Puglia, che mi aveva particolarmente colpito. Lei che, da servitore dello Stato, ha dedicato la sua vita alla lotta alla criminalità organizzata, con l’ impegno e gli straordinari risultati che le vengono riconosciuti in maniera unanime, qualche mese fa in quell’ occasione ebbe a dire: ‘Il welfare lo fa solo la Sacra Corona Unita’. Ce la spiega, per favore, sia pur in estrema sintesi? Ci fa una mini-lezione?
R.) – La spiegazione, l’ ambizione, la finalità della criminalità organizzata è quella di prendere il posto dello Stato, di sostituirsi alle istituzioni. Il fenomeno dell’ usura prende il posto del sistema bancario, per esempio; o la richiesta del pizzo, per garantire sicurezza, prende il posto delle attività delle forze di polizia, e così via. La criminalità organizzata crea consenso intorno a sé. La lotta alla criminalità organizzata deve partire dal contrastare ed eliminare proprio questo.
 Fonte: http://www.leccecronaca.it/index.php/2016/11/19/xylella-l-inchiesta-della-procura-di-lecce-va-avanti-e-apre-un-nuovo-fronte-l-abuso-d-prodotti-chimici-lo-rivela-in-un-intervista-concessa-a-leccecronaca-it-il-procuratore-cataldo-motta-che/

domenica 20 novembre 2016

I paesaggi dell'olivo pugliese e le minacce dei tempi moderni Mostra - fotografica Campi Salentina 25-28 novembre 2016 Istituto Calasanzio

I paesaggi dell'olivo pugliese e le minacce dei tempi moderni
Mostra - fotografica
Campi Salentina 25-28 novembre 2016 Istituto Calasanzio

La diffusione dell’infezione di Xylella fastidiosa in Salento sta portando nel volgere di pochi anni, alla trasformazione del paesaggio, attraverso la perdita di una coltura caratterizzante per la storia del Salento, della Puglia e dell'intero Mediterraneo. Le minacce del paesaggio dell’olivo non provengono solo dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa, ma vi sono altre minacce non di minore importanza: la costruzione d’infrastrutture spesso troppo invasive, il consumo indiscriminato di suolo agricolo per nuove costruzioni, una tecnica agricola non sempre rispettosa del paesaggio e dell’ambiente.
 
Collettiva fotografica diFernando Bevilacqua, Carlo Bevilacqua, Pino Cavalera, Mauro Minutello, Giovanni Resta, Rosanna Merola, Antonio Ottavio Lezzi, Francesco Tarantino.
 
 
     
 
 
Sabato 26 novembre 2016, ore 11.30-13,30  Sala Consiliare Comune di Campi Salentina
 
Saluti Egidio Zacheo Sindaco di Campi Salentina
           Cosimo Durante Presidente Fondazione città del Libro 
 
Interventi
 
La tutela e valorizzazione dei paesaggi dell’olivo Pugliese 
Anna Maria Curcuruto -Regione Puglia Assessore alla Pianificazione territoriale-
- Urbanistica, Assetto del Territorio, Paesaggio, Politiche abitative
 
Gianni Ippoliti  in video messaggio
 
Paesaggio dell’olivo ed agricoltura
Vittorio Marzi –Accademia dei Gerorgofili Firenze –Presidente Sezione Sud- Est 
Giovanni Mercarne  Olivicoltore Agronomo
 
Tutela del paesaggio ed infrastrutture
Lorenzo Ciccarese, in video messaggio, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).  
 
 
Coordinamento
Francesco Tarantino, Agronomo paesaggista

21 novembre 2016



che è la somma che fa il totale

Giovanni Melcarne ha aggiunto 3 nuove foto.
1 h
 altri campi, trattati con prodotti "miracolosi" purtroppo non sono a vostra disposizione, chissà perché, forse perché sono già secchi?
Inoltre gli innesti di piante tolleranti su piante infette possono diventare anche un'azione di contenimento del batterio perché la pianta di Leccino ha una quantità di batterio 20 volte inferiore di quella della Cellina/Ogliarola.
Riguardo alla politica.....tenete presente e ricordate che in tre anni non ha fatto nulla! Ah si hanno estirpato una pianta infetta a Ostuni e una a Martina Franca, e hanno fatto i campionamenti nelle zone dove erano quasi certi di non trovare il batterio, ancora. Si insomma tanto per prendere per il culo gli ispettori dell'UE.
Di noi agricoltori non se ne sta fottendo nessuno praticamente.
Mi dispiace solo che Emiliano sta dando retta solo, fino a prova contraria, al partito dei comici/complottisti e agli imbecilli, che dell'agricoltura non ne conoscono neanche il significato della parola!
Comunque sono sempre dell'idea, come diceva Totò, che è la somma che fa il totale e al totale ci stiamo arrivando!

Mostra Fotografica 25 - 27 novembre 2017


Stampa 20 novembre 2016







venerdì 18 novembre 2016

Stampa 18 novembre 2016


Oggi a Salve (Lecce)

A Salve, relatore Prof. Salvatore Camposeo, docente di arboricoltura università Aldo Moro, Bari.

Si parla anche di innesti.



Nuova frontiera. IDRODISERBO. 

mercoledì 16 novembre 2016

Stampa 16 novembre 2016



EMERGENZA Xylella, focolaio a Martina  è allarme rosso in Puglia
di MARCO MANGANO

Un focolaio a Martina Franca: la Xylella Fastidiosa assesta un altro colpo doloroso agli uliveti di Puglia. Trema la valle d’Itria: dopo Ostuni, crocevia fra le province di Brindisi e Bari, lo sbarco nell’elegante città tarantina suscita non solo preoccupazioni ma anche imbarazzo. L’individuazione di un ulivo colpito dal batterio, infatti, anticipa di 24 ore la visita (di oggi) in Puglia degli ispettori dell’Ue, mentre all’Iam di Valenzano (alle porte di Bari) gli esperti studiano il fenomeno. La regione si presenta tutt’altro che in buona salute: la batteriosi avanza da più fronti.
E se all’indomani della scoperta del focolaio di Ostuni, ci si chiedeva come avesse fatto l’insetto vettore a compiere un salto così lungo (da Cerano alla «città bianca»), ora ci si domanda perché mai l’avanzata venga compiuta in direzioni diverse. Sembra quasi che la sputacchina, insomma, sia ferrata anche sul piano della «tattica militare». Dopo aver distrutto il territorio di Gallipoli (negli uliveti pare siano stati appiccati incendi), il batterio mina non soltanto l’intera regione, ma anche la sua immagine, il suo paesaggio e il suo emblema: l’ulivo, indiscusso «guardiano» del territorio. Per dirla in due parole, la Xylella non riguarda solo il Salento. Allarme rosso fra gli olivicoltori del Barese. La preoccupazione non risparmia gli operatori turistici: non si può concepire un uliveto «slegato» dal turismo.
Martina Franca ha un peso enorme sul piano turistico: la città del Festival della Valle d’Itria in estate pullula di vacanzieri. Ed è per questo che si teme che il batterio di lì possa conquistare gli angoli più remoti della regione. Ostuni e Martina hanno un denominatore comune: sono aree in cui si compie uno scambio enorme di gente proveniente da qualsiasi zona. Non si dimentichi che il batterio è approdato fra i villaggi di Monticelli e Rosa Marina di Ostuni, dopo essere stato trasportato - con estrema probabilità - a bordo di un camion (la sputacchina si posiziona sopra o sotto i teloni). E sono proprio i mezzi di trasporto a intimorire maggiormente i proprietari di ulivi (non solo gli olivicoltori).
Viene invocata da più parti una strategia attuata su più fronti: preventivo e repressivo. E lo scontro fra chi sostiene che le misure contenute nei piani Silletti (che recepivano la volontà comunitaria) e chi si oppone a spada tratta ai trattamenti con fitofarmaci e agli sradicamenti, è destinato a farsi più cruento. Il rischio - al di là di ogni scuola di pensiero - è che Bruxelles decida il blocco della movimentazione dei prodotti agroalimentari pugliesi in ritorsione al mancato rispetto delle misure ordinate. Non è inutile sottolineare che i ricorsi al Tar, così come le inchieste giudiziarie, per Bruxelles non costituiscono ragioni valide per la mancata osservanza della volontà comunitaria. E, mentre scriviamo, rimbalza in redazione la notizia della scoperta di due nuovi focolai in Costa Azzurra.