Il dramma
della Xylella e l’appello disperato di una terra amata
di Antonio Bruno
C’è
un’immagine che resta scolpita nella mente di chiunque abbia avuto la fortuna
di vedere gli ulivi pugliesi: il mare argenteo delle chiome secolari, distese
senza fine che attraversano i millenni, la loro bellezza intatta nel tempo.
Oggi, però, questo quadro immutabile scricchiola, minacciato dalla Xylella, un
batterio subdolo e tenace che ha già piegato il cuore della Puglia, e rischia
di cancellare per sempre uno dei simboli identitari di questa terra. Gli ulivi,
custodi silenziosi di storia e tradizione, sono oggi in ginocchio, e con loro
l’economia, il paesaggio e l’identità di un popolo.
In una scena
che sembra uscita da un film drammatico, imprenditori, associazioni e sindaci
si uniscono per chiedere aiuto a gran voce, sperando che la premier Giorgia
Meloni, forte del legame che ha con questi luoghi, ascolti il grido di una
comunità ferita. È una lettera aperta, una supplica collettiva che si rivolge
non solo al governo italiano, ma anche alle istituzioni europee, perché quella
che si gioca tra i campi aridi della Puglia è una battaglia cruciale per
l'intero bacino del Mediterraneo.
A guidare
questa iniziativa è Alessandra Testa, una donna che si è innamorata di questa
terra e che ha avuto il coraggio di dire "Basta". Non ci si può
arrendere alla devastazione, non si può accettare l’idea che questa malattia
sia il destino inesorabile degli ulivi. Con lei, sono tanti a voler alzare la
testa: "Serve unità – dice Alessandra – perché solo insieme possiamo avere
una speranza."
E in effetti
è un coro unanime, quello che si leva da Ostuni, Carovigno, Fasano e tutti gli
altri comuni pugliesi. Amministratori locali, imprenditori, semplici cittadini,
gridano la loro amarezza. Ogni ulivo che cade sotto l'attacco della Xylella è
un pezzo di storia che scompare, un frammento di bellezza che si sgretola. Gli
ulivi non sono solo alberi, sono testimoni silenziosi di un passato glorioso,
della fatica e della perseveranza di generazioni. Come si può pensare che il
mondo resti indifferente?
Questa
lettera non è solo un grido di dolore; è anche un’invocazione alla
responsabilità. Chi può aiutare a fermare la Xylella? Chi ha i mezzi per farlo?
Certamente lo Stato, certamente l’Europa, e il messaggio è chiaro: non c’è più
tempo. Le parole del sindaco di Carovigno sono definitive: “Mai come in questo
momento abbiamo bisogno di chiarezza e tempi certi, non di promesse.” La
produzione di olio extravergine è un’eccellenza italiana conosciuta nel mondo,
un “biglietto da visita” che parla di autenticità e qualità. E perdere questa
risorsa non significherebbe solo danneggiare l’economia, ma privare il nostro
Paese di una delle sue identità più profonde.
La realtà,
però, è dura. Ci sono voluti anni per arrivare a questa consapevolezza, e nel
frattempo la Xylella si è fatta strada, inesorabile. Le istituzioni hanno forse
reagito tardi, e questo è uno dei punti dolenti, ma oggi non è il tempo delle
polemiche. Oggi, la priorità è salvare ciò che è rimasto. Il mondo della
ricerca sta studiando metodi di intervento, le nuove tecnologie agrarie offrono
soluzioni, ma le risorse scarseggiano.
Questa è una
battaglia per il presente e il futuro. Come sarà la Puglia fra dieci anni, se
non si agisce subito? Cosa resterà da ammirare, da raccontare ai nostri figli?
Ogni ulivo abbattuto è una memoria persa, ogni pianta secca è una ferita
aperta. La rassegnazione, parola pesante e dolorosa, aleggia su questi luoghi,
ma i firmatari della lettera dicono "No". C’è ancora speranza, c’è
ancora voglia di lottare. Non ci si può arrendere davanti a un patrimonio
inestimabile, davanti a un’identità costruita nel corso dei secoli. Perché,
come ricorda Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda e firmatario
della petizione, “rassegnarsi significa perdere la propria storia.”
Questa
lettera, dunque, è molto di più di un appello. È un atto di amore verso una
terra generosa che, come una madre, ha dato tutto senza chiedere mai nulla in
cambio. I suoi figli, ora, le devono la vita.
Dopo aver assistito all’incapacità dei contadini e degli imprenditori
agricoli di affrontare questo flagello, che ha portato al fallimento di un
intero territorio, è opportuno chiedere loro di farsi da parte e lasciare
spazio a chi può e sa risolvere il problema: i giovani tecnici agricoli assunti
dallo Stato, che, con adeguati mezzi finanziari, potranno affrontare e
risolvere definitivamente la questione.
Non c’è tempo da perdere, Signora Presidente del Consiglio Giorgia Meloni:
istituisca subito l’Ente pubblico per la gestione del paesaggio rurale!
Antonio Bruno
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