giovedì 31 ottobre 2024

Il dramma della Xylella e l’appello disperato di una terra amata

 


Il dramma della Xylella e l’appello disperato di una terra amata

di Antonio Bruno

C’è un’immagine che resta scolpita nella mente di chiunque abbia avuto la fortuna di vedere gli ulivi pugliesi: il mare argenteo delle chiome secolari, distese senza fine che attraversano i millenni, la loro bellezza intatta nel tempo. Oggi, però, questo quadro immutabile scricchiola, minacciato dalla Xylella, un batterio subdolo e tenace che ha già piegato il cuore della Puglia, e rischia di cancellare per sempre uno dei simboli identitari di questa terra. Gli ulivi, custodi silenziosi di storia e tradizione, sono oggi in ginocchio, e con loro l’economia, il paesaggio e l’identità di un popolo.

In una scena che sembra uscita da un film drammatico, imprenditori, associazioni e sindaci si uniscono per chiedere aiuto a gran voce, sperando che la premier Giorgia Meloni, forte del legame che ha con questi luoghi, ascolti il grido di una comunità ferita. È una lettera aperta, una supplica collettiva che si rivolge non solo al governo italiano, ma anche alle istituzioni europee, perché quella che si gioca tra i campi aridi della Puglia è una battaglia cruciale per l'intero bacino del Mediterraneo.

A guidare questa iniziativa è Alessandra Testa, una donna che si è innamorata di questa terra e che ha avuto il coraggio di dire "Basta". Non ci si può arrendere alla devastazione, non si può accettare l’idea che questa malattia sia il destino inesorabile degli ulivi. Con lei, sono tanti a voler alzare la testa: "Serve unità – dice Alessandra – perché solo insieme possiamo avere una speranza."

E in effetti è un coro unanime, quello che si leva da Ostuni, Carovigno, Fasano e tutti gli altri comuni pugliesi. Amministratori locali, imprenditori, semplici cittadini, gridano la loro amarezza. Ogni ulivo che cade sotto l'attacco della Xylella è un pezzo di storia che scompare, un frammento di bellezza che si sgretola. Gli ulivi non sono solo alberi, sono testimoni silenziosi di un passato glorioso, della fatica e della perseveranza di generazioni. Come si può pensare che il mondo resti indifferente?

Questa lettera non è solo un grido di dolore; è anche un’invocazione alla responsabilità. Chi può aiutare a fermare la Xylella? Chi ha i mezzi per farlo? Certamente lo Stato, certamente l’Europa, e il messaggio è chiaro: non c’è più tempo. Le parole del sindaco di Carovigno sono definitive: “Mai come in questo momento abbiamo bisogno di chiarezza e tempi certi, non di promesse.” La produzione di olio extravergine è un’eccellenza italiana conosciuta nel mondo, un “biglietto da visita” che parla di autenticità e qualità. E perdere questa risorsa non significherebbe solo danneggiare l’economia, ma privare il nostro Paese di una delle sue identità più profonde.

La realtà, però, è dura. Ci sono voluti anni per arrivare a questa consapevolezza, e nel frattempo la Xylella si è fatta strada, inesorabile. Le istituzioni hanno forse reagito tardi, e questo è uno dei punti dolenti, ma oggi non è il tempo delle polemiche. Oggi, la priorità è salvare ciò che è rimasto. Il mondo della ricerca sta studiando metodi di intervento, le nuove tecnologie agrarie offrono soluzioni, ma le risorse scarseggiano.

Questa è una battaglia per il presente e il futuro. Come sarà la Puglia fra dieci anni, se non si agisce subito? Cosa resterà da ammirare, da raccontare ai nostri figli? Ogni ulivo abbattuto è una memoria persa, ogni pianta secca è una ferita aperta. La rassegnazione, parola pesante e dolorosa, aleggia su questi luoghi, ma i firmatari della lettera dicono "No". C’è ancora speranza, c’è ancora voglia di lottare. Non ci si può arrendere davanti a un patrimonio inestimabile, davanti a un’identità costruita nel corso dei secoli. Perché, come ricorda Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda e firmatario della petizione, “rassegnarsi significa perdere la propria storia.”

Questa lettera, dunque, è molto di più di un appello. È un atto di amore verso una terra generosa che, come una madre, ha dato tutto senza chiedere mai nulla in cambio. I suoi figli, ora, le devono la vita.

Dopo aver assistito all’incapacità dei contadini e degli imprenditori agricoli di affrontare questo flagello, che ha portato al fallimento di un intero territorio, è opportuno chiedere loro di farsi da parte e lasciare spazio a chi può e sa risolvere il problema: i giovani tecnici agricoli assunti dallo Stato, che, con adeguati mezzi finanziari, potranno affrontare e risolvere definitivamente la questione.

Non c’è tempo da perdere, Signora Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: istituisca subito l’Ente pubblico per la gestione del paesaggio rurale!

Antonio Bruno

 

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