IL SALENTO DOPO LA XYLELLA
Prof. Luigi De Bellis. «C’è ancora un futuro. A patto che opportuni finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e sostenibile agricoltura sul territorio»
Ci sono prospettive per una agricoltura Salentina postXylella? Lo abbiamo chiesto al prof. Luigi De Bellis del Dipartimento di Scienze e Tecnologia Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.
«Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera
olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole
importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in
particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne
pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben
pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso.
Ultimamente si assiste a proposte molto contraddittorie quali, ad esempio, la
sponsorizzazione – perché di sponsorizzazione si tratta, non di divulgazione
scientifica - di prodotti curativi quasi “magici”, la cessazione delle
procedure fitosanitarie di abbattimento delle piante potenzialmente ospiti del
batterio nel raggio di 50 metri da una pianta infetta, o l’introduzione di
piattaforme tecnologiche che forniscano all’agricoltore cose che conosce già,
come le colture che possono essere coltivate (moltissime, eccetto quelle che
hanno un fabbisogno di freddo invernale o molte specie tropicali) insieme alle
caratteristiche del suolo e dell’acqua che ha a disposizione.
RITORNO ALLA CURA
Unica iniziativa di buon senso, portata avanti da alcuni
potatori ed esperti di olivicoltura, quella di un ritorno alla “cura” –
stavolta intesa non come terapia ma come gestione accorta e razionale dei
bisogni agronomici - degli olivi salentini affetti da Xylella ma ancora vivi,
attraverso potature dei rami che manifestano i primi sintomi, il controllo
dell’insetto vettore (la ormai ben nota “sputacchina”), la difesa da altri
patogeni, la corretta gestione dell’acqua e delle concimazioni, che certamente
non potranno garantire la produttività e la vitalità degli olivi per molti
anni, ma che sembrano, rispetto agli oliveti abbandonati, condurre a qualche
rallentamento del declino, così come avviene per gli animali o le persone: chi
è ben curato vive più a lungo di chi non riceve alcuna assistenza. Allo stesso
tempo si assiste al reimpianto di oliveti superintensivi, strategia
potenzialmente efficace sotto il profilo della sostenibilità economica come
sembra indicare anche l’esperienza spagnola, realizzati soprattutto con la
cultivar Favolosa, che richiedono, però, ogni anno una significativa quantità
di acqua per ettaro, acqua che è sempre stato un fattore limitante nel Salento
e lo sarà sempre di più (o avrà costi proibitivi o sarà necessaria una
desalinizzazione su larga scala). La conseguenza è che occorre un aiuto per
mantenere una agricoltura degna di questo nome nel Salento. Aiuto che deve
venire soprattutto dai decisori politici a livello nazionale e regionale e da
parte dei sindaci del Salento che vedono il loro territorio degradare, così da
continuare a supportare la ricerca e proporre il finanziamento (e
successivamente un adeguato controllo) di progetti di filiera. È, infatti, ben
poco efficace indicare agli agricoltori cosa coltivare per poi non garantire
una prospettiva di remunerazione del loro lavoro, ovvero lasciarli soli di
fronte alle difficoltà del mercato; nel XXI secolo non occorre semplicemente
conseguire una elevata qualità del prodotto, ma raggiungere una massa critica
del prodotto stesso, accompagnata da una solida azione di promozione e
marketing. Questo può essere anche realizzato associando i produttori tra loro
(OP o Distretti poco importa) così da organizzare una assistenza e formazione
continua, oltre che una efficace e centralizzata promozione per una serie di
filiere adatte al Salento. Non è possibile ipotizzare un reimpianto di tutti
gli oliveti affetti da Xylella, perché è risultato evidente come la quasi
monocoltura di olivo abbia favorito la diffusione del batterio e i danni
conseguenti, mentre sarebbe da sostenere il finanziamento di 3-4 filiere in
grado di dare origine ad una agricoltura sia sostenibile che remunerativa per
gli agricoltori e, in funzione economica, far ritornare i giovani nel settore.
Questo approccio si rende necessario anche per ragioni ecologiche ed
ambientali: tutti gli olivi morti o in via di disseccamento hanno cessato di
immagazzinare CO2 e traspirare acqua, così da non contribuire più alla
riduzione degli inquinanti ambientali ed a mitigare gli effetti della
temperatura, generando un poco percettibile quanto insidioso cambiamento
climatico a livello locale. Tutti i cittadini del territorio insieme agli
agricoltori e politici dovrebbero discutere apertamente, senza pregiudizi,
all’interno di una solida cornice fatta di conoscenze scientifiche ed analisi
di dati fattuali, allo scopo di concordare iniziative per il futuro del
Salento. Ciò anche alla luce di uno scenario di convivenza con il batterio
Xylella nella zona infetta ed il suo andamento epidemico verosimilmente
variabile: dopo la morte di decine di migliaia di olivi, la presenza del
batterio potrebbe risultare ridotta, una condizione apparentemente favorevole
alle attività di reimpianto ma che potrebbe essere soggetta a non perdurare con
l’eventuale introduzione di piante ospiti, pur resistenti.
LE POSSIBILI SOLUZIONI
Mantenendo attive le buone pratiche agricole (lavorazioni
dei terreni, taglio della vegetazione erbacea, eliminazione delle piante
compromesse, lotta diretta agli insetti vettori) in grado di limitare l’impatto
e la diffusione di Xylella, evitando di importare specie altamente
suscettibili, semplici basi di discussione e di intervento sono: individuare
nuove fonti irrigue (nuovi invasi, impianti di depurazione in grado di fornire
acqua idonea all’agricoltura, miglioramento delle reti irrigue ecc.) così da
fornire acqua agli agricoltori a basso costo, perché solo con la disponibilità
di questa essenziale risorsa potrà essere sviluppata nel Salento una moderna e
remunerativa agricoltura e gli imprenditori potranno scegliere liberamente cosa
e come coltivare; analisi critica delle filiere tradizionali e dei relativi
sottoprodotti, con particolare attenzione sulle filiere olivicola-olearia,
viti-vinicola, e orto-frutticola; realizzazione di campi prova/esperienze
pilota di coltivazione e/o di trasformazione per realizzazione di (nuovi)
prodotti agroalimentari da sottoporre alla attenzione di imprenditori agricoli
e cittadini; analisi economica delle potenzialità di mercato delle varie
filiere così che queste possano essere supportate da finanziamenti regionali o
nazionali; finanziamento costante negli anni della ricerca indirizzata allo
studio di efficaci strumenti per il contrasto alla Xylella e l’individuazione
di germoplasma resistente o tollerante ai fini della convivenza con il batterio
in area infetta. Per la filiera olivicola, che ha la maggiore necessità di un
rapido intervento allo scopo di prevenire errori che il territorio potrà pagare
caro negli anni futuri, è utile e necessario definire un progetto o più
progetti di filiera per il territorio gestiti da Organizzazioni di Produttori
(OP) o distretti del cibo riconosciuti dalla Regione Puglia con lo scopo di:
garantire e migliorare la qualità dell’olio; aumentare la produzione attraverso
nuovi impianti e migliore gestione degli oliveti; programmare i reimpianti con
più varietà di olivo in modo da evitare la ricostituzione di una (quasi)
monocoltura varietale limitando per quanto possibile impianti superintensivi
che richiedono notevoli disponibilità di acqua; creare un marchio collettivo
allo scopo di portare sul mercato nazionale ed estero la gran parte del
prodotto del territorio così da ottenere una maggiore remunerazione; promuovere
la costituzione di una Elaioteca Regionale sia fisica che di promozione e
vendita “on-line” partendo da una sede a Lecce (la Legge Regionale 29 luglio
2008, n. 20 “Costituzione dell’Enoteca/Elaioteca regionale”, mai attuata,
prevede una sede in ogni capoluogo di provincia della Puglia) quale vetrina dei
prodotti olivicoli; promuovere contributi per l’insediamento di giovani
agricoltori.
C’È ANCORA UN FUTURO
La risposta alla domanda posta è quindi positiva, a patto di
partire dal fatto che la scarsa disponibilità di acqua è il fattore limitante
per molte scelte aziendali e territoriali, insieme alla necessità che opportuni
finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e
sostenibile agricoltura sul territorio».
Prof. Luigi de Bellis
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