XYLELLA, ALTRO STUDIO: LE NOVITÀ
Prof. Luigi Giovanni Bruno. Pubblicato lo studio del
ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli
alimenti dell’Università di Bari
Uno studio, pubblicato di recente, del prof Giovanni Luigi Bruno (il secondo), ricercatore del Dipartimento di Scienze
del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, sulla “Coesistenza tra Xylella fastidiosa Subsp. pauca e
piante di olivo sensibili nella penisola salentina”, ci ha spinto ad approfondire ancora una volta da
queste colonne quello che è stato un cambiamento epocale per il Salento, con la
morte di quegli ulivi che per millenni hanno caratterizzato il nostro
territorio e che per decenni sono stati al centro dell’economia della sua
gente. La sindrome del disseccamento rapido dell’olivo associata a Xylella fastidiosa è
una delle malattie più distruttive degli olivi, in particolare sulle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola
Salentina. Lo studio del prof. Bruno propone il
protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e
produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e
dell’Ogliarola Salentina: «Trentadue oliveti
privati colpiti da OQDS e coltivati seguendo le tecniche agronomiche in uso
nella zona sono stati esaminati durante le stagioni olivicole 2019-2023. Sono
state considerate le cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Coratina,
Ascolana Tenera, Nociara, Leccino e Bella di Cerignola. All’inizio dell’applicazione
del protocollo, le piante sensibili mostravano una gravità dei sintomi OQDS del
40-80% e non producevano olive o olio, mentre le cultivar
resistenti(?)/tolleranti mostravano una produzione di olive inferiore a 1-2
kg/pianta. Dopo la rimozione dei rami secchi a gennaio-febbraio, le piante sono
state irrorate due volte all’anno (preferibilmente a marzo e ottobre) con
NuovOlivo®, una miscela di estratti botanici in acqua esterificati con oli
vegetali in presenza di idrossido di sodio e attivati al momento dell’uso con
bicarbonato di sodio. In tutti gli oliveti è stato distribuito un concime a
lento rilascio e le erbe infestanti controllate mediante falciatura o
triturazione. Gli olivi trattati hanno prodotto nuova vegetazione, ricostruito
la chioma, ridotto i sintomi di OQDS e prodotto infiorescenze e drupe. La
produzione di olive è stata da 6,67 a 51,36 kg per pianta, con una resa media
del 13,19% in olio extravergine di oliva (acidità libera 0,01–0,2%)».
Secondo il
ricercatore, «anche
il paesaggio e l’economia pugliese, basati sulla presenza e la produzione di
olivi, potrebbero essere salvaguardati».
UN PO’ DI STORIA
Nella sua introduzione, il prof. Bruno
ricorda come l’olivo sia «il simbolo del
paesaggio mediterraneo, dove è coltivato per i suoi frutti e il suo legno fin
dalla preistoria. Fenici, Greci e Romani introdussero la coltivazione
dell’olivo nel bacino del Mediterraneo soprattutto in Italia, Grecia, Tunisia,
Spagna e Portogallo. L’Impero Romano favorì la produzione di olio d’oliva in
Puglia, compreso il Salento. Le cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina
producono olio di alta qualità e rappresentano la storia del Salento. Catone
(234 a.C.–149 a.C.) fa riferimento alla Ogliarola Salentina, mentre i Saraceni
diffusero la Cellina di Nardò durante i secoli IX e XVIII. Alla fine del 1700
la brusca rallentò la diffusione della cv Ogliarola Salentina,
preferendo la cv Cellina di Nardò, resistente a questa malattia. Dal 2013,
nella penisola salentina, gli olivi sono affetti dalla sindrome del
disseccamento rapido dell’olivo causata dalla Xylella, che si presenta con
necrosi dei margini fogliari, avvizzimento e disseccamento di rametti e piccoli
rami, principalmente nella parte superiore della chioma. Nel tempo, i sintomi
diventano più severi e si diffondono su tutta la chioma. Le drupe mummificano. Le
foglie con e le drupe mummificate rimangono attaccate ai rami. Sono inoltre
presenti crescita stentata e avvizzimento della chioma. Rami, branche e tronchi
mostrano una decolorazione irregolare dei vasi xilematici. Gli alberi colpiti
infine muoiono».
Continuando nel suo excursus storico il
ricercatore ribadisce come elevate perdite economiche, danni al paesaggio e
danni socioculturali ed ecologici siano associati alla Xylella: «Gli 8-10mila ettari di oliveti infetti del 2013 sono
diventati 750mila nel 2018. Quasi 22 milioni di olivi sono stati colpiti nel
2018, riducendo la produzione di olio d’oliva a 329 e 208 milioni di kg
rispettivamente nelle stagioni olivicole 2021-2022 e 2022-2023».
NUOVOLIVO® TORNA ALLA RIBALTA
Xylella, lo studio. Il prof. G. L. Bruno: «Con il
trattamento NuovOlivo® confermati riduzione della gravità dei sintomi fogliari,
produzione di nuova vegetazione, infiorescenze, fiori e drupe»
La Xylella
fastidiosa è uno dei patogeni dei vegetali più
distruttivi al mondo e colpisce molte specie botaniche tassonomicamente
diverse, coltivate (anche uva, agrumi, mandorle, oleandri, noci pecan, caffè),
specie forestali e piante selvatiche e ornamentali. «Questo batterio»,
si legge nello studio del professor Giovanni
Luigi Bruno, ricercatore del Dipartimento di
Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, «colonizza i vasi xilematici delle piante ospiti, ne
limita il movimento dell’acqua e, di conseguenza favorisce il disseccamento
delle parti della chioma correlate ai vasi occlusi […]. Nell’area infetta del
Salento, l’eradicazione della Xylella, al momento della prima segnalazione
ufficiale, è stata considerata impossibile a causa della presenza di circa un
milione di olivi colpiti, del continuum di oliveti coltivati nell’area;
dell’attività alimentare dell’insetto vettore; e delle possibilità di trasporto
del vettore con automobili, motociclette, biciclette, trattori, autobus, treni
e altri mezzi di locomozione, comprese le scarpe degli agricoltori. Inoltre, la
rapida diffusione in Puglia è stata associata ad eventi di siccità associati al
cambiamento climatico, che, alterando la fisiologia delle piante, innescano un
generale indebolimento dei meccanismi di difesa e aumentano la suscettibilità
ai patogeni». In Puglia, a causa degli effetti
limitati del controllo dei vettori e dell’eradicazione delle piante infette,
sono state utilizzate diverse misure per gestire l’emergenza ma tutte senza
fortuna.
Oggi molti agricoltori della penisola
salentina sembrano orientati verso la coltivazione di nuove colture
caratterizzate da resistenza a fattori biotici e immunità alla Xylella. Il
prof. Bruno, però, insiste sulla validità dei protocolli NuovOlivo® che, a suo
dire, «riducono la gravità dei sintomi e la
concentrazione di Xylella nelle piante di olivo trattate. In una precedente
sperimentazione, NuovOlivo® è stato saggiato in un esperimento biennale
considerando l’indice di malattia, il contenuto in fenoli totali e il danno
alla membrana cellulare tra le piante trattate e non trattate di Cellina di
Nardò e Ogliarola Salentina. In questo lavoro, gli effetti del protocollo
NuovOlivo® su olivi adulti affetti sono stati valutati in base alla produzione
di olive e alla resa in olio extravergine di oliva. […] La metodologia di
gestione dell’oliveto proposta potrebbe supportare le cultivar di olivo
suscettibili a Xylella, mantenere elevata la produzione di drupe e di olio
anche in presenza di inoculo del batterio patogeno, salvaguardare il paesaggio
naturale pugliese associato alle due cultivar storiche di olivo Cellina di
Nardò e Ogliarola Salentina, mitigare gli effetti di un microrganismo patogeno
da quarantena».
Dopo il trattamento, sostiene il prof.
Bruno, «le piante sensibili alla Xylella hanno
ripreso a vegetare, ridotto i sintomi e ricostruito le loro chiome. Dopo due
trattamenti, gli alberi presentavano numerosi giovani germogli lungo i rami
principali, ad indicare il recupero dalla malattia. Negli oliveti di Veglie,
Supersano e Maglie
è stata registrata l’assenza di rametti
secchi sulle piante delle cultivar Leccino e Bella di Cerignola».
Nessuna produzione di olive è stata
riscontrata dalle piante non trattate utilizzate come controllo […], negli
altri «la resa in olive è stata fortemente
influenzata dal numero di trattamenti, dai frutteti e dalla composizione della
cultivar. Il
contenuto in olio delle olive dopo molitura varia ad Ugento dall’8,67% del 2022
al 26,62% del 2023. L’olio extravergine di oliva è stato prodotto dagli oliveti
sottoposti al protocollo. Il grado di acidità dell’olio è stato compreso tra
0,1 e 0,3%, ad eccezione dell’olio ottenuto delle olive molite a Melendugno e
Supersano durante la stagione olearia 2023 e a Casamassella nel
2021 e 2023, che ha raggiunto un valore di acidità dello 0,8%».
Il protocollo all’attenzione del
ricercatore «associa le buone pratiche agricole. Il
trattamento con NuovOlivo® conferma precedenti osservazioni: riduzione della
gravità dei sintomi fogliari, produzione di nuova vegetazione, infiorescenze,
fiori e drupe. Come conseguenza della crescita e dello sviluppo della pianta,
la densità del patogeno all’interno di vasi e foglie è diminuita».
E ancora: «La formulazione del NuovOlivo®®,
oltre la miscela di estratti biologicamente attivi, agenti tensioattivi
potrebbero abbassare la tensione superficiale, facilitare la penetrazione dello
strato ceroso delle foglie e consentire alle molecole bioattive di interagire
con le cellule vegetali ed entrare negli spazi intercellulari. Considerata
l’età delle piante utilizzate in questi esperimenti, ovvero 25-250 anni, i
trattamenti documentati in questa prova sono adatti a tutte le età delle
piante, compresi i monumentali olivi secolari».
Sui nuovi impianti intensivi di olivi
delle cultivar Favolosa e Leccino: «Stanno
mostrando fallanze nel trapianto probabilmente a causa dello stress da siccità
e della mancanza di supporto idrico o dell’applicazione di acqua salmastra.
[…]. In queste piante il trattamento con NuovOlivo® potrebbe ripristinare la
funzione fisiologica e stimolare la differenziazione di fiori e frutti».
Secondo lo studioso «dati alla mano, per le piante affette da Xylella ed appartenenti
alle cultivar suscettibili Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Ascolana
Tenera e Nociara sottoposte al protocollo sperimentato, è possibile invocare il
fenomeno della guarigione e il ripristino della normalità vegetativa e
produttiva della pianta malata».
Lo studio pubblicato si basa su «esperimenti
di successo in un approccio di gestione e coesistenza di X. fastidiosa subsp.
pauca negli oliveti, supportando le cultivar di olivo suscettibili nel
ritornare/continuare a vegetare e produrre olive e olio. In particolare, le
cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina continueranno a fornire il loro
olio unico al mondo e seguiteranno ad essere monumenti naturali, simboli del
paesaggio, della storia, dell’identità culturale e dell’attrazione turistica
per la Puglia e le altre regioni olivicole d’Italia, anche se sono interessate
dal patogeno».
Infine, «le strategie proposte potranno ridurre
l’impatto economico dei patogeni sulle piante di olivo, mantenere un’elevata
produttività anche in presenza di inoculo e rispettare la raccomandazione della
CE c». Il protocollo, insiste il prof.
Bruno, «associa buone pratiche
agricole e trattamenti con estratti vegetali, oli vegetali e tensioattivi. Le
buone pratiche agronomiche, come potatura regolare, rimozione dei polloni,
concimazione, falciatura delle erbe infestanti e la rimozione dei rametti
secchi, preservano la produttività degli alberi. […]. Il protocollo applicato
stimola la formazione e lo sviluppo di nuova vegetazione e promuove, supporta e
ripristina la produzione di fiori, frutti e olio senza alterare la biodiversità
botanica, causare squilibri ambientali, modificare l’ecosistema o indurre il
cambiamento del paesaggio. Questa pratica potrebbe assumere importanza
significativa per gli olivi più vecchi, indissolubilmente legati alla cultura,
alla nutrizione, alla biodiversità dell’ecosistema, al paesaggio e all’economia
di questa regione. Gli ecosistemi degli olivi monumentali contribuiscono alla
conservazione dei suoli, migliorano la sostenibilità delle risorse naturali e
rappresentano un elemento di identità culturale nel bacino del Mediterraneo. La
perdita della coltivazione dell’olivo con strategie tradizionali avrebbe
conseguenze devastanti per l’ambiente e l’economia, soprattutto nelle aree marginali,
fragili e povere della Puglia»
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