venerdì 4 ottobre 2024

XYLELLA, ALTRO STUDIO: LE NOVITÀ Prof. Luigi Giovanni Bruno. Pubblicato lo studio del ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari

 

XYLELLA, ALTRO STUDIO: LE NOVITÀ


Prof. Luigi Giovanni Bruno. Pubblicato lo studio del ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari

Uno studio, pubblicato di recente, del prof Giovanni Luigi Bruno (il secondo), ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, sulla “Coesistenza tra Xylella fastidiosa Subsp. pauca e piante di olivo sensibili nella penisola salentina”, ci ha spinto ad approfondire ancora una volta da queste colonne quello che è stato un cambiamento epocale per il Salento, con la morte di quegli ulivi che per millenni hanno caratterizzato il nostro territorio e che per decenni sono stati al centro dell’economia della sua gente. La sindrome del disseccamento rapido dell’olivo associata a Xylella fastidiosa è una delle malattie più distruttive degli olivi, in particolare sulle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina: «Trentadue oliveti privati colpiti da OQDS e coltivati seguendo le tecniche agronomiche in uso nella zona sono stati esaminati durante le stagioni olivicole 2019-2023. Sono state considerate le cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Coratina, Ascolana Tenera, Nociara, Leccino e Bella di Cerignola. All’inizio dell’applicazione del protocollo, le piante sensibili mostravano una gravità dei sintomi OQDS del 40-80% e non producevano olive o olio, mentre le cultivar resistenti(?)/tolleranti mostravano una produzione di olive inferiore a 1-2 kg/pianta. Dopo la rimozione dei rami secchi a gennaio-febbraio, le piante sono state irrorate due volte all’anno (preferibilmente a marzo e ottobre) con NuovOlivo®, una miscela di estratti botanici in acqua esterificati con oli vegetali in presenza di idrossido di sodio e attivati al momento dell’uso con bicarbonato di sodio. In tutti gli oliveti è stato distribuito un concime a lento rilascio e le erbe infestanti controllate mediante falciatura o triturazione. Gli olivi trattati hanno prodotto nuova vegetazione, ricostruito la chioma, ridotto i sintomi di OQDS e prodotto infiorescenze e drupe. La produzione di olive è stata da 6,67 a 51,36 kg per pianta, con una resa media del 13,19% in olio extravergine di oliva (acidità libera 0,01–0,2%)».

Secondo il ricercatore, «anche il paesaggio e l’economia pugliese, basati sulla presenza e la produzione di olivi, potrebbero essere salvaguardati».

UN PO’ DI STORIA

Nella sua introduzione, il prof. Bruno ricorda come l’olivo sia «il simbolo del paesaggio mediterraneo, dove è coltivato per i suoi frutti e il suo legno fin dalla preistoria. Fenici, Greci e Romani introdussero la coltivazione dell’olivo nel bacino del Mediterraneo soprattutto in Italia, Grecia, Tunisia, Spagna e Portogallo. L’Impero Romano favorì la produzione di olio d’oliva in Puglia, compreso il Salento. Le cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina producono olio di alta qualità e rappresentano la storia del Salento. Catone (234 a.C.–149 a.C.) fa riferimento alla Ogliarola Salentina, mentre i Saraceni diffusero la Cellina di Nardò durante i secoli IX e XVIII. Alla fine del 1700 la brusca rallentò la diffusione della cv Ogliarola Salentina, preferendo la cv Cellina di Nardò, resistente a questa malattia. Dal 2013, nella penisola salentina, gli olivi sono affetti dalla sindrome del disseccamento rapido dell’olivo causata dalla Xylella, che si presenta con necrosi dei margini fogliari, avvizzimento e disseccamento di rametti e piccoli rami, principalmente nella parte superiore della chioma. Nel tempo, i sintomi diventano più severi e si diffondono su tutta la chioma. Le drupe mummificano. Le foglie con e le drupe mummificate rimangono attaccate ai rami. Sono inoltre presenti crescita stentata e avvizzimento della chioma. Rami, branche e tronchi mostrano una decolorazione irregolare dei vasi xilematici. Gli alberi colpiti infine muoiono».

Continuando nel suo excursus storico il ricercatore ribadisce come elevate perdite economiche, danni al paesaggio e danni socioculturali ed ecologici siano associati alla Xylella: «Gli 8-10mila ettari di oliveti infetti del 2013 sono diventati 750mila nel 2018. Quasi 22 milioni di olivi sono stati colpiti nel 2018, riducendo la produzione di olio d’oliva a 329 e 208 milioni di kg rispettivamente nelle stagioni olivicole 2021-2022 e 2022-2023».

 

NUOVOLIVO® TORNA ALLA RIBALTA

Xylella, lo studio. Il prof. G. L. Bruno: «Con il trattamento NuovOlivo® confermati riduzione della gravità dei sintomi fogliari, produzione di nuova vegetazione, infiorescenze, fiori e drupe»

La Xylella fastidiosa è uno dei patogeni dei vegetali più distruttivi al mondo e colpisce molte specie botaniche tassonomicamente diverse, coltivate (anche uva, agrumi, mandorle, oleandri, noci pecan, caffè), specie forestali e piante selvatiche e ornamentali. «Questo batterio», si legge nello studio del professor Giovanni Luigi Bruno, ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, «colonizza i vasi xilematici delle piante ospiti, ne limita il movimento dell’acqua e, di conseguenza favorisce il disseccamento delle parti della chioma correlate ai vasi occlusi […]. Nell’area infetta del Salento, l’eradicazione della Xylella, al momento della prima segnalazione ufficiale, è stata considerata impossibile a causa della presenza di circa un milione di olivi colpiti, del continuum di oliveti coltivati nell’area; dell’attività alimentare dell’insetto vettore; e delle possibilità di trasporto del vettore con automobili, motociclette, biciclette, trattori, autobus, treni e altri mezzi di locomozione, comprese le scarpe degli agricoltori. Inoltre, la rapida diffusione in Puglia è stata associata ad eventi di siccità associati al cambiamento climatico, che, alterando la fisiologia delle piante, innescano un generale indebolimento dei meccanismi di difesa e aumentano la suscettibilità ai patogeni». In Puglia, a causa degli effetti limitati del controllo dei vettori e dell’eradicazione delle piante infette, sono state utilizzate diverse misure per gestire l’emergenza ma tutte senza fortuna.

Oggi molti agricoltori della penisola salentina sembrano orientati verso la coltivazione di nuove colture caratterizzate da resistenza a fattori biotici e immunità alla Xylella. Il prof. Bruno, però, insiste sulla validità dei protocolli NuovOlivo® che, a suo dire, «riducono la gravità dei sintomi e la concentrazione di Xylella nelle piante di olivo trattate. In una precedente sperimentazione, NuovOlivo® è stato saggiato in un esperimento biennale considerando l’indice di malattia, il contenuto in fenoli totali e il danno alla membrana cellulare tra le piante trattate e non trattate di Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. In questo lavoro, gli effetti del protocollo NuovOlivo® su olivi adulti affetti sono stati valutati in base alla produzione di olive e alla resa in olio extravergine di oliva. […] La metodologia di gestione dell’oliveto proposta potrebbe supportare le cultivar di olivo suscettibili a Xylella, mantenere elevata la produzione di drupe e di olio anche in presenza di inoculo del batterio patogeno, salvaguardare il paesaggio naturale pugliese associato alle due cultivar storiche di olivo Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina, mitigare gli effetti di un microrganismo patogeno da quarantena».

Dopo il trattamento, sostiene il prof. Bruno, «le piante sensibili alla Xylella hanno ripreso a vegetare, ridotto i sintomi e ricostruito le loro chiome. Dopo due trattamenti, gli alberi presentavano numerosi giovani germogli lungo i rami principali, ad indicare il recupero dalla malattia. Negli oliveti di Veglie, Supersano e Maglie è stata registrata l’assenza di rametti secchi sulle piante delle cultivar Leccino e Bella di Cerignola».

Nessuna produzione di olive è stata riscontrata dalle piante non trattate utilizzate come controllo […], negli altri «la resa in olive è stata fortemente influenzata dal numero di trattamenti, dai frutteti e dalla composizione della cultivar. Il contenuto in olio delle olive dopo molitura varia ad Ugento dall’8,67% del 2022 al 26,62% del 2023. L’olio extravergine di oliva è stato prodotto dagli oliveti sottoposti al protocollo. Il grado di acidità dell’olio è stato compreso tra 0,1 e 0,3%, ad eccezione dell’olio ottenuto delle olive molite a Melendugno e Supersano durante la stagione olearia 2023 e a Casamassella nel 2021 e 2023, che ha raggiunto un valore di acidità dello 0,8%».

Il protocollo all’attenzione del ricercatore «associa le buone pratiche agricole. Il trattamento con NuovOlivo® conferma precedenti osservazioni: riduzione della gravità dei sintomi fogliari, produzione di nuova vegetazione, infiorescenze, fiori e drupe. Come conseguenza della crescita e dello sviluppo della pianta, la densità del patogeno all’interno di vasi e foglie è diminuita».

E ancora: «La formulazione del NuovOlivo®®, oltre la miscela di estratti biologicamente attivi, agenti tensioattivi potrebbero abbassare la tensione superficiale, facilitare la penetrazione dello strato ceroso delle foglie e consentire alle molecole bioattive di interagire con le cellule vegetali ed entrare negli spazi intercellulari. Considerata l’età delle piante utilizzate in questi esperimenti, ovvero 25-250 anni, i trattamenti documentati in questa prova sono adatti a tutte le età delle piante, compresi i monumentali olivi secolari».

Sui nuovi impianti intensivi di olivi delle cultivar Favolosa e Leccino: «Stanno mostrando fallanze nel trapianto probabilmente a causa dello stress da siccità e della mancanza di supporto idrico o dell’applicazione di acqua salmastra. […]. In queste piante il trattamento con NuovOlivo® potrebbe ripristinare la funzione fisiologica e stimolare la differenziazione di fiori e frutti».

Secondo lo studioso «dati alla mano, per le piante affette da Xylella ed appartenenti alle cultivar suscettibili Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Ascolana Tenera e Nociara sottoposte al protocollo sperimentato, è possibile invocare il fenomeno della guarigione e il ripristino della normalità vegetativa e produttiva della pianta malata». Lo studio pubblicato si basa su «esperimenti di successo in un approccio di gestione e coesistenza di X. fastidiosa subsp. pauca negli oliveti, supportando le cultivar di olivo suscettibili nel ritornare/continuare a vegetare e produrre olive e olio. In particolare, le cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina continueranno a fornire il loro olio unico al mondo e seguiteranno ad essere monumenti naturali, simboli del paesaggio, della storia, dell’identità culturale e dell’attrazione turistica per la Puglia e le altre regioni olivicole d’Italia, anche se sono interessate dal patogeno».

Infine, «le strategie proposte potranno ridurre l’impatto economico dei patogeni sulle piante di olivo, mantenere un’elevata produttività anche in presenza di inoculo e rispettare la raccomandazione della CE c». Il protocollo, insiste il prof. Bruno, «associa buone pratiche agricole e trattamenti con estratti vegetali, oli vegetali e tensioattivi. Le buone pratiche agronomiche, come potatura regolare, rimozione dei polloni, concimazione, falciatura delle erbe infestanti e la rimozione dei rametti secchi, preservano la produttività degli alberi. […]. Il protocollo applicato stimola la formazione e lo sviluppo di nuova vegetazione e promuove, supporta e ripristina la produzione di fiori, frutti e olio senza alterare la biodiversità botanica, causare squilibri ambientali, modificare l’ecosistema o indurre il cambiamento del paesaggio. Questa pratica potrebbe assumere importanza significativa per gli olivi più vecchi, indissolubilmente legati alla cultura, alla nutrizione, alla biodiversità dell’ecosistema, al paesaggio e all’economia di questa regione. Gli ecosistemi degli olivi monumentali contribuiscono alla conservazione dei suoli, migliorano la sostenibilità delle risorse naturali e rappresentano un elemento di identità culturale nel bacino del Mediterraneo. La perdita della coltivazione dell’olivo con strategie tradizionali avrebbe conseguenze devastanti per l’ambiente e l’economia, soprattutto nelle aree marginali, fragili e povere della Puglia»

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