Le ricerche scientifiche hanno definitivamente chiarito che l'olivo
o ulivo (Olea europaea L., 1753) è tra le specie vegetali più efficienti in grado di valorizzare le risorse ambientali attraverso la produzione di Olio.
Sempre in letteratura scientifica è facile ottenere la
produttività teorica, che risulta si sia attestata su rese di 2 tonnellate per
ettaro, in questo eguagliando la produttività della palma da olio (Elaeis
guineensis Jacq.).
Intanto per sgombrare il campo da qualunque equivoco posso
affermare, senza paura di smentita, che l’olivo è in possesso dei requisiti
fondamentali che gli consentono di poter essere una coltivazione moderna. Infatti grazie alle tecniche agronomiche della nebulizzazione e della micropropagazione
è possibile ottenere una grande disponibilità di materiale vegetale, senza
sottacere il fatto che se la pianta dell’olivo è posta in buone condizioni
idriche e nutrizionali presenta una buona adattabilità alla intensificazione
(aumento del numero delle piante per ettaro) a patto e condizione che si realizzano
impianti con criteri che valorizzino la luce, il suolo e le risorse.
Oramai per motivi facilmente intuibili i nuovi impianti di
olivo vengono realizzati in modo da ottenere la meccanizzazione integrale di
tutte le operazioni colturali soprattutto quelle della raccolta delle olive da
olio.
La scelta che ha l’imprenditore agricolo del Salento
leccese, in virtù delle ricerche e sperimentazioni pubblicate sino ad oggi
nelle riviste scientifiche, è tra due modelli che possono integrarsi a seconda
dell’azienda agricola che dovrà essere interessata da un impianto moderno di
oliveto.
Il primo modello è quello dell’oliveto con sistema di
allevamento intensivo che prevede la messa a dimora di 400 – 600 piante per
ettaro che si adatta a cultivar vigorose di olivo da olio e a quelle di olivo
da mensa.
Il secondo modello è quello dell’oliveto con sistema di
allevamento superintensivo che prevede la messa a dimora di un numero più che doppio
di piante di olivo rispetto all’intensivo ovvero 1000 – 2000 piante per ettaro.
In questo sistema di allevamento superintensivo dell’olivo le piante vengono
poste in filari ed è assolutamente necessario creare particolari accorgimenti
per il controllo della crescita e della fruttificazione per permettere la
raccolta con macchine scavallatrici che danno una elevatissima efficienza
in termini di riduzione dei costi per
tutte le operazioni colturali.
Sino ad oggi la ricerca scientifica ha
selezionato solo poche cultivar do olivo che possono essere utilizzate per
questo sistema di allevamento.
Non faccio un confronto tra i due modelli perché sarebbe
inutile. Questo perché sono applicabili in situazioni diverse che comunque
prevedono aziende che abbiano una grande superficie da investire a oliveto.
Di una cosa però sono certo che tali modelli, applicabili
nelle diverse situazioni del paesaggio rurale del Salento leccese, sono
risolutivi in vista dell’espansione della coltivazione dell’olivo permettendo
al nostro territorio di riguadagnare posizioni nel panorama produttivo mondiale.
Antonio
Bruno Dottore Agronomo
Bibliografia
1) AYERZA
R., SIBBETT G.S. (2001): Thermal adaptability of olive (Olea europaea L.) to
the Arid Chaco of Argentina, «Agriculture, Ecosystems and Environment», 84, pp.
277-285.
2) BESNARD
G., BARADAT P., CHEVALIER D., TAGMOUNT A., BERVILLÉ A. (2001): Genetic
differentiation in the olive complex (Olea europaea) revealed by RAPDs and
RFLPs in the rRNA genes, «Genet. Resources and Crop Evolution», 48, pp.
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3) BESNARD
G., KHADARI B., BARADAT P., BERVILLÉ A. (2002): Olea europaea (Oleaceae)
phylogeography based on chloroplast DNA polymorphism, «Theor. Appl. Genet.»,
104, pp. 1353-1361.
4) BESNARD
G., GARCIA-VERDUGO C., RUBIO DE CASAS R., TREIER U.A., GALLAND N., VARGAS P.
(2007a): Polyploidy in the Olive Complex (Olea europaea): Evidence from Flow
Cytometry and Nuclear Microsatellite Analyses, «Annals of Botany», pp. 1-6.
5) BESNARD
G., RUBIO DE CASAS R., VARGAS P. (2007b): Plastid and nuclear DNA polymorphism
reveals historical processes of isolation and reticulation in the olive tree
complex (Olea europaea), «J. Biogeogr.», 34, pp. 736-752.
6) BRETON
C., TERSAC M., BERVILLÉ A. (2006): Genetic diversity and gene flow between the
wild olive (oleaster, Olea europaea L.) and the olive: several Plio-Pleistocene
refuge zones in the Mediterranean basin suggested by simple sequence repeats
analysis, «J. Biogeogr.», 33, pp. 1916-1928.
8) BRETON
C., GUERIN J., DUCATILLON C., MÉDAIL F., KULL C.A., BERVILLÉ A. (2008): Taming
the wild and “wilding” the tame: Tree breeding and dispersal in Australia and
the Mediterranean, «Plant Science», 75, pp. 197-205.
10) DENNEY
J.O. MCEACHERN G.R. (1983): An analysis of several climatic temperature
variables dealing with olive reproduction, «Journal of the American Society for
Horticultural Science», 108, pp. 578-581.
11) FIORINO P. (1999): Miglioramento genetico in olivo (Olea
europaea L.), Seminario Internazionale “Innovazioni scientifiche e loro
applicazione in olivicoltura ed elaiotecnica”, Accademia dei Georgofili,
Firenze, 10-12 maggio.
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