Il fagiolo dall’occhio o dolico dall’occhio nero è
appartenente al genere Dalichos, d’origine afro-asiatica.
La più antica ricetta con i fagioli con l’occhio che
conosciamo risale addirittura al I secolo dopo Cristo; nel “De re coquinaria”
di Marco Gaio Apicio.
La storia del fagiolo dall’occhio è molto più antica
dell’epoca Romana, tracce sicure testimoniano, infatti, che Egizi e Greci ne
facevano uso ed era largamente coltivato nel Salento leccese ma, col passare
del tempo, è stato progressivamente trascurato per la perdita di importanza
economica. Ciò ha causato la scomparsa di molte varietà, tanto che solo alcune
di esse sono rintracciabili presso agricoltori che le hanno mantenute in
coltivazione per il consumo familiare o il mercato locale. In questa nota una
proposta indirizzata alle Istituzioni per scongiurare il rischio di estinzione
delle varietà superstiti.
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I proverbi, già! “Li uai te la pignata li sape sulu la
cucchiara ca la ota” che tradotto significa “I guai della pentola li conosce il
cucchiaio che li gira.” E nel Salento leccese la “pignata” è un recipiente in
terracotta per la cottura dei cibi. La “pignata te pasuli cu n’ecchiu”. Che bel
ricordo!
Era mio padre che chiedeva a mia madre la sera se l’indomani
fosse il caso di fare questa “pignata” che indicava genericamente la pentola ma
che si riferiva a ciò che la pentola doveva cuocere e inoltre significava che
per poter mangiare i legumi era necessario che gli stessi fossero posti a bagno
in acqua la sera precedente al giorno della cottura.
La pignata è una pentola che serve a cuocere i legumi che
gli artigiani “figuli” del Salento leccese realizzano a mano e che smaltano
esternamente fino ai manici. Ha due manici a forma di nastro che sono uno
vicino all’altro e questo accorgimento permette si avere una buona presa
inoltre la pignata può in questo modo essere avvicinata al fuoco sino
all’inizio della smaltatura esterna, invece la parte della pignata che non è
smaltata permette che possa trasudare il contenuto mantenendolo nello stesso
tempo caldo.
La cottura dei legumi alla pignata ha un lungo procedimento
che, come ho scritto, inizia la sera, che è il tempo in cui i legumi vengono
messi a “bagno” con acqua e sale. Devono cuocere per un lungo tempo e comunque
non meno di cinque ore. Attenzione quando li mettiamo nel camino perché vanno
messi sulla brace, ma distanti dalla fiamma.
Le pignate devono essere due, una con i legumi, ricoperti di
acqua, con l’aggiunta di sale, cipolla e pomodori e l’altra con sola acqua.
L’acqua nella pignata coi legumi si scalda fino alla soglia dell’ebollizione,
bisogna stare attenti però che non raggiunga mai l’ebollizione, in questo modo
lentamente evapora e per questo motivo deve essere aggiunta acqua utilizzando
la seconda pignata, ed è in questo modo che i legumi saranno sempre ricoperti
di acqua.
Ma cos’è ”il fagiolo con l’occhio (Vigna unguiculata)?
E’ una leguminosa coltivata principalmente in Africa come la
principale sorgente di proteine, ma presente anche in Italia con il nome di
fagiolo dall’occhio. Originaria della Nigeria, si caratterizza per la spiccata
resistenza ai climi desertici. E’ una ottima fonte di proteine e può diventare
una valida alternativa alla soia nei mangimi zootecnici.
In Puglia sono coltivate molte varietà di fagiolo
dall’occhio o dolico, sono apprezzatissimi come fagiolini mangiatutto, meno
come fagioli secchi.
Ma perché si chiama “Vigna unguiculata”?
Il nome generico Vigna è stato attribuito in onore del
botanico pisano del XVII secolo Bartolomeo Vigna che ha descritto questi
fagioli, “unguiculata” sta per “con un’unghia”, “con uno zoccolo” e “con dita
ad artiglio”. Unguicola (piccola unghia) caratterizza in zoologia le scimmie
antropomorfe e l’uomo, in quanto ” a forma appiattita o incurvata solo
trasversalmente, con punta rotonda e sporgente dal polpastrello”.
Ma la definizione esatta è quella botanicamente accettata
che dice: “petalo che reca alla base un prolungamento con forma di unghia umana
all’inserzione del ricettacolo fiorale”. Allora abbiamo capito perché il
fagiolo con l‘occhio si chiama Vigna Unguiculata? Soddisfatti?
Se il fagiolo con l’occhio viene dall’Africa, allora perché
mai coltivare il Fagiolo con l’occhio del Salento leccese se invece si possono
acquistare a prezzi stracciati tutti i semi che si vogliono dal mercato
globale?
Intanto possiamo senz’altro dire che siccome è diffusissimo
il consumo allo stato fresco come “fagiolini mangiatutto”, è bene coltivarlo in
zona! Hai capito bene! Quei gustosi piatti di fagiolini, lunghi come spaghetti,
che non vedi l’ora di mangiare, altro non sono che i fagioli con l’occhio
appena colti!
Ma anche se si raccolgono allo stato secco il fagiolo con
l’occhio del Salento leccese, anzi quello di quel proprietario di un pezzetto
del Paesaggio rurale del Salento leccese, è il risultato di una sapienza che
gli è stata trasmessa sotto forma di seme dai suoi antenati!
Infatti a Perugia Negri, Floridi e Montanari hanno
effettuato uno studio per la valutazione di quattro antiche varietà di Fagiolo
con l’occhio (Vigna unguiculata). La valutazione è stata effettuata per
caratteri organolettici come l’attrattiva visuale, la prima impressione in bocca,
la durezza dei tegumenti del seme e per i caratteri chimici come la percentuale
di ceneri sulla sostanza secca, l’azoto totale, i carboidrati, la fibra e i
lipidi.
La cosa sorprendente è che sono state scientificamente
riscontrate differenze significative per tutti i caratteri organolettici ad
eccezione per la durezza dei tegumenti del seme e sono state riscontrate
differenze significative anche nei caratteri chimici sia per le proteine che
per i carboidrati totali.
La conclusione a cui sono giunti gli studiosi è stata che
con la selezione operata dalle singole famiglie che hanno coltivato il fagiolo
con l’occhio nel corso di centinaia di anni si sono avute varietà con enormi
differenze tra i vari semi anche se ci si trova in una zona piuttosto ristretta.
La differenza tra varietà locali di fagiolo con l’occhio e
varietà commerciali, offre un fondamento scientifico per richiedere marchi di
tipicità e unicità della qualità come la Denominazione di origine protetta che
potrebbero contribuire ad estendere l’area di coltivazione delle varietà locali
ottenendo la salvaguardia della biodiversità “in situ”.
Per quanto riguarda il nostro territorio, sulla base delle
informazioni disponibili risulta che la coltivazione di varietà locali
appartenenti a questa specie è ormai limitata a piccoli areali del Salento
leccese.
Ma come ho già scritto esiste il modello dell’attività
condotta dall’Università di Perugia che ha permesso un dettagliato monitoraggio
della zona intorno al lago Trasimeno dove sono coltivate numerose varietà
locali di quella che è localmente denominata “fagiolina del lago”.
L’Università di Perugia per la conservazione ex situ del
materiale raccolto nella zona intorno al lago Trasimeno ha creato una struttura
ad hoc gestita dal Dipartimento di Biologia Applicata dell’Università di
Perugia in collaborazione con la Provincia e situata sull’isola Polvese (PG),
nel Parco Scientifico Didattico del Lago Trasimeno.
La stessa collezione è duplicata presso il Dipartimento
dell’Università. E l’Università del Salento non potrebbe “imitare” questa buona
pratica facendo qualcosa di simile per le varietà di Vigna unguiculata (L.)
Walpers del Salento leccese?
Cosimo De Giorgi scrisse nel 1879 all’allora Ministro
dell’Agricoltura circa l’alimentazione a base di cereali e di civaje della
popolazione del Circondario di Lecce. Tra le civaje c’è il fagiolo con l’occhio
(Vigna unguiculata) e quindi mi chiedo e vi chiedo: che aspettano gli
scienziati dell’Orto Botanico di Lecce a mettere in moto la macchina così come
hanno fatto gli scienziati di Perugia?
Le varietà commerciali di fagioli con l’occhio, che con ogni
probabilità provengono dalla Nigeria, vengono vendute sul Web 2.0 dai 3 sino a
4 euro al chilo. Siccome è considerata “buona” la produzione di 2000 chili di
fagioli per ettaro già se fosse garantito il prezzo delle varietà commerciali,
si avrebbe una produzione lorda vendibile dai 6mila agli 8mila euro per ettaro.
Ma se la mia proposta fosse accolta, con gli studi
dell’Università e con la legge Regionale, i fagioli con l’occhio del Salento
leccese potranno ottenere la Denominazione di origine protetta e, in tale
ipotesi, è probabile che i prezzi emuleranno quelli che spunta il pisello nano
di Zollino che viene venduto sul Web 2.0 a 7 euro al chilo e se ciò si
verificasse, la produzione lorda vendibile salirebbe a 12- 14mila euro per
ettaro. Vale la pena di coltivarlo vero?
Antonio Bruno
Agronomo
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