"Ecco cosa proposero 14 anni fa nel 2009, gli alunni delle classi seconde della
DIREZIONE DIDATTICA STATALE 3° CIRCOLO "A. DIAZ" - LECCE, via E.
Reale n° 59 - tel. e fax: 0832 306011, a proposito del progetto “Cancro, io ti
boccio”…
In un castello terrificante viveva una perfida strega di nome
Aniraca, conosciuta e temuta da tutti gli abitanti di Aranciopoli. Un brutto
giorno, la strega malvagia, sentendo dire da alcuni passanti che Aranciopoli
era una città coloratissima, in cui gli abitanti erano felici e tanto amici,
decise di intervenire con i suoi poteri. Così, approfittando del profondo buio
della notte, rubò tutti i colori di Aranciopoli.
Al mattino, gli abitanti appena svegli si guardarono intorno e
si accorsero che il loro meraviglioso mondo era diventato grigio e piansero
disperati. Persino gli aranceti, vicino alla città, avevano perduto i loro bei
colori dorati. Alcune arance si nascosero, per cui non furono colpite dal
terribile incantesimo e seguirono Aniraca fino al suo castello.
La strega entrò nella sua dimora, rinchiuse i colori in uno
scrigno e rise: - Ah, ah, ah! - sfregandosi le mani per la cattiveria compiuta.
Intanto, le arance erano riuscite a penetrare nel castello e, percorrendo dei
corridoi bui e stretti, giunsero nella stanza dei malefici. - Come faremo a
trovare lo scrigno dei colori? – esclamarono le arance. Sembrava proprio
un'impresa difficile, quando, all’improvviso, sentirono delle voci disperate: -
Aiuto! aiuto! Qualcuno venga a salvarci!
Le arance seguirono le voci, arrivarono fino allo scrigno e
tentarono di aprirlo, ma inutilmente perché bisognava trovare l'antidoto. Così,
i dorati frutti aprirono il librone della strega e lessero che bisognava farle
bere una spremuta d’arancia. In un baleno prepararono una gustosa spremuta e la
versarono nel calice di Aniraca. Appena la strega bevve il dolce succo, cambiò
aspetto e la sua immagine e il suo brutto nome si trasformarono in ARANCIA.
Lo scrigno, d'incanto, si aprì e i colori tornarono a far
risplendere la città di Aranciopoli. In Terra di Lecce è ora che tornino a
risplendere i colori, così come auspica questa bella fiaba inventata dai bambini
della nostra terra.
Nei banchi degli ipermercati, nuovi mercati sotto il tetto, e
nelle cassette sui camion dei venditori di frutta agli incroci delle nostre
città, sono presenti i frutti di un bel colore arancione che arrivano sulle
nostre tavole in questa prima quindicina di novembre, seguiti poi dagli altri:
sono i mandarini (Citrus reticolata) che annunciano l’arrivo delle oramai
imminenti festività natalizie. Arriveranno nei prossimi giorni le arance.
Gli agrumi sono originari del sud-est asiatico, zone nelle quali
la coltivazione iniziò circa quattro mila anni fa. In Italia, le notizie sugli
agrumi arrivano attraverso il CEDRO (Citrus Medica L.), di cui si hanno
segnalazioni nei testi classici a partire dal III secolo avanti Cristo. Con
ogni probabilità, sono stati i Greci che l’hanno fatto giungere nelle coste
della penisola oppure il popolo ebraico, sempre in cammino, che potrebbe essere
stato l’artefice dell’introduzione da queste parti del primo agrume.
Ma chi ne ha parlato per primo è stato la guida in quel viaggio
all’interno di se stesso dello scrittore Dante Alighieri, ossia quel Virgilio
che nelle Georgiche, scritte nel 30 avanti Cristo, descrive il Cedro
chiamandolo “Melo della Media”. Chi invece ha portato quel bel frutto di un
arancione intenso che campeggerà presto sulle nostre mense e che si chiama
Arancia? Sono stati i Crociati, ma hanno procurato non pochi segni sulle facce
perché portarono l’arancio amaro tra l’XI e il XII secolo. Immaginate il
crociato che vede un bambino del Medioevo, un piccolo bambino che assaggia
l’arancia amara (Citrus aurantium L.), e immaginate che faccia possa fare! È la
faccia dell'inasprimento!
E l’arancio dolce (Citrus sinensis Osbeck)? Arriverà da noi
grazie ai navigatori negli anni del 1500; saranno i genovesi e portoghesi,
infatti, da noi in Terra di Lecce, le arance le chiamiamo Portucalli. Il limone
(Citrus limon (L.) Burm. F.) era conosciuto dai Romani, ma chi l’ha diffuso
sono stati i crociati e gli arabi che lo chiamavano “limunha”. E il mandarino
(Citrus deliciosa Ten.)? È stato introdotto proveniente da Malta nel 1805
dall’inglese Hume, e solo nel 1810 a diffonderlo è stato l’Orto Botanico di
Palermo.
La varietà di cui parliamo è la famosa AVANA che, oltre a
produrre un anno sì e uno no (alternanza di produzione), ve la ricorderete per
la presenza di moltissimi semi che riempivano la nostra bocca, oltre al gioco
che facevamo con le bucce quando strizzavamo in faccia dei nostri compagni di
classe gli spruzzi dell’odoroso olio essenziale presente nella buccia. Oggi
tutti quei semi del mandarino avana l’hanno ridotto al nostro suolo natio
perché gli stranieri non lo vogliono e quindi non possiamo esportarlo; ecco
perché oggi coltiviamo le cultivar prive di semi, come il clementine.
Tutti sappiamo che la frutta, prima che giungesse a noi dai
banconi degli ipermercati, arrivava sulle tavole dei nostri nonni nell’800 dai
Giardini che circondavano i nostri comuni e che avevano l'aranceto e l'agrumeto
che in questo periodo forniva la frutta che poi allietava le tavole
dell’inverno.
All’inizio, la riproduzione degli agrumi avveniva attraverso il
seme, e questa pratica della semina ha comportato la creazione in quegli anni
di moltissime varietà, alcune delle quali sono andate perdute, e altre sono
ancora presenti e alcune di esse sono state catalogate e conservate nell’Orto
Botanico della Università di Lecce, ad opera del competente, paziente e attento
lavoro di raccolta e catalogazione del Dott. Francesco Minonne, collaboratore
scientifico presso l’Orto Botanico dell’Università di Lecce. Nella Terra di
Lecce, ci sono ville, casini, casine, giardini di dimore storiche che hanno
all’interno aranci, limoni, mandarini ed altre rarità agrumarie che continuano
ad essere coltivate dai proprietari di queste realtà abitative immerse nella
campagna della nostra penisola, immersa nel mare verso l’Est.
Questo fatto comporta che si è costituito negli anni un vero e
proprio patrimonio varietale di grande valore storico e botanico. Alcuni
possono essere ammirati nelle Masserie che sorgono nelle nostre campagne. Come
per ogni frutto, non esiste un solo sapore di mandarino o di arancia;
piuttosto, esistono tante varietà con sapori diversi. Questa opera dei saperi
della nostra terra ha portato alla riscoperta di questi mille gusti
dell’arancia.
La Puglia produce mediamente 2 milioni di quintali di agrumi
l’anno, una produzione di ottima qualità di “clementine” e arance che stenta ad
affermarsi sul mercato. In Terra di Lecce, gli agrumi vengono coltivati in
un'area ridotta al riparo dei venti dell'Adriatico: Gallipoli, Taviano, Ràcale,
Alliste, Ugento, Nardò, Squinzano, Lecce, Surbo, Copertino, Leverano, Galatina,
Cutrufiano, Lequile, Casarano, Matino e Monteroni. In questa area trovano le
condizioni ideali i mandarini: clementine e mandarino Avana, Tangelo Mapo. Il
clima sembra meno idoneo per la coltivazione dell'arancio e del limone.
La concorrenza agguerrita, di altre regioni italiane ed europee,
ha messo in ginocchio il settore. I produttori, infatti, a fronte della
drastica riduzione del prezzo di vendita degli agrumi, non riescono più a
sopportare gli elevatissimi costi di produzione. I costi di produzione che si
aggirano intorno a 0,25 euro al Kg, rispetto a un prezzo di vendita del
prodotto in azienda che è di circa 0,15-0,20 euro al Kg. Si stima perciò una
perdita complessiva del settore. È paradossale la mancanza del nostro prodotto
anche sugli scaffali della Grande Distribuzione pugliese, che preferisce
approvvigionarsi e vendere agrumi provenienti da fuori regione.
Ma torniamo alla fiaba dei bambini del Diaz di Lecce: per far
tornare i colori alla città è necessario revisionare il piano agrumi regionale,
tenendo conto delle varietà raccolte dall’Orto Botanico dell’Università di
Lecce, al fine di allungare il periodo di commercializzazione e diversificare
l’offerta, incontrando le esigenze dei consumatori. Un approfondimento a parte
meriterebbe il successo registrato dal liquore che si ottiene dagli agrumi e
che sta facendo rinascere l’industria dell’alcol a San Cesario di Lecce, ma di
questo scriverò un’altra volta."
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