mercoledì 29 novembre 2023

Riscoprendo i Colori di Aranciopoli: Una Fiaba Agrumata e la Sfida dell'Agricoltura in Terra di Lecce




"Ecco cosa proposero 14 anni fa nel 2009,  gli alunni delle classi seconde della DIREZIONE DIDATTICA STATALE 3° CIRCOLO "A. DIAZ" - LECCE, via E. Reale n° 59 - tel. e fax: 0832 306011, a proposito del progetto “Cancro, io ti boccio”…

In un castello terrificante viveva una perfida strega di nome Aniraca, conosciuta e temuta da tutti gli abitanti di Aranciopoli. Un brutto giorno, la strega malvagia, sentendo dire da alcuni passanti che Aranciopoli era una città coloratissima, in cui gli abitanti erano felici e tanto amici, decise di intervenire con i suoi poteri. Così, approfittando del profondo buio della notte, rubò tutti i colori di Aranciopoli.

Al mattino, gli abitanti appena svegli si guardarono intorno e si accorsero che il loro meraviglioso mondo era diventato grigio e piansero disperati. Persino gli aranceti, vicino alla città, avevano perduto i loro bei colori dorati. Alcune arance si nascosero, per cui non furono colpite dal terribile incantesimo e seguirono Aniraca fino al suo castello.

La strega entrò nella sua dimora, rinchiuse i colori in uno scrigno e rise: - Ah, ah, ah! - sfregandosi le mani per la cattiveria compiuta. Intanto, le arance erano riuscite a penetrare nel castello e, percorrendo dei corridoi bui e stretti, giunsero nella stanza dei malefici. - Come faremo a trovare lo scrigno dei colori? – esclamarono le arance. Sembrava proprio un'impresa difficile, quando, all’improvviso, sentirono delle voci disperate: - Aiuto! aiuto! Qualcuno venga a salvarci!

Le arance seguirono le voci, arrivarono fino allo scrigno e tentarono di aprirlo, ma inutilmente perché bisognava trovare l'antidoto. Così, i dorati frutti aprirono il librone della strega e lessero che bisognava farle bere una spremuta d’arancia. In un baleno prepararono una gustosa spremuta e la versarono nel calice di Aniraca. Appena la strega bevve il dolce succo, cambiò aspetto e la sua immagine e il suo brutto nome si trasformarono in ARANCIA.

Lo scrigno, d'incanto, si aprì e i colori tornarono a far risplendere la città di Aranciopoli. In Terra di Lecce è ora che tornino a risplendere i colori, così come auspica questa bella fiaba inventata dai bambini della nostra terra.

Nei banchi degli ipermercati, nuovi mercati sotto il tetto, e nelle cassette sui camion dei venditori di frutta agli incroci delle nostre città, sono presenti i frutti di un bel colore arancione che arrivano sulle nostre tavole in questa prima quindicina di novembre, seguiti poi dagli altri: sono i mandarini (Citrus reticolata) che annunciano l’arrivo delle oramai imminenti festività natalizie. Arriveranno nei prossimi giorni le arance.

Gli agrumi sono originari del sud-est asiatico, zone nelle quali la coltivazione iniziò circa quattro mila anni fa. In Italia, le notizie sugli agrumi arrivano attraverso il CEDRO (Citrus Medica L.), di cui si hanno segnalazioni nei testi classici a partire dal III secolo avanti Cristo. Con ogni probabilità, sono stati i Greci che l’hanno fatto giungere nelle coste della penisola oppure il popolo ebraico, sempre in cammino, che potrebbe essere stato l’artefice dell’introduzione da queste parti del primo agrume.

Ma chi ne ha parlato per primo è stato la guida in quel viaggio all’interno di se stesso dello scrittore Dante Alighieri, ossia quel Virgilio che nelle Georgiche, scritte nel 30 avanti Cristo, descrive il Cedro chiamandolo “Melo della Media”. Chi invece ha portato quel bel frutto di un arancione intenso che campeggerà presto sulle nostre mense e che si chiama Arancia? Sono stati i Crociati, ma hanno procurato non pochi segni sulle facce perché portarono l’arancio amaro tra l’XI e il XII secolo. Immaginate il crociato che vede un bambino del Medioevo, un piccolo bambino che assaggia l’arancia amara (Citrus aurantium L.), e immaginate che faccia possa fare! È la faccia dell'inasprimento!

E l’arancio dolce (Citrus sinensis Osbeck)? Arriverà da noi grazie ai navigatori negli anni del 1500; saranno i genovesi e portoghesi, infatti, da noi in Terra di Lecce, le arance le chiamiamo Portucalli. Il limone (Citrus limon (L.) Burm. F.) era conosciuto dai Romani, ma chi l’ha diffuso sono stati i crociati e gli arabi che lo chiamavano “limunha”. E il mandarino (Citrus deliciosa Ten.)? È stato introdotto proveniente da Malta nel 1805 dall’inglese Hume, e solo nel 1810 a diffonderlo è stato l’Orto Botanico di Palermo.

La varietà di cui parliamo è la famosa AVANA che, oltre a produrre un anno sì e uno no (alternanza di produzione), ve la ricorderete per la presenza di moltissimi semi che riempivano la nostra bocca, oltre al gioco che facevamo con le bucce quando strizzavamo in faccia dei nostri compagni di classe gli spruzzi dell’odoroso olio essenziale presente nella buccia. Oggi tutti quei semi del mandarino avana l’hanno ridotto al nostro suolo natio perché gli stranieri non lo vogliono e quindi non possiamo esportarlo; ecco perché oggi coltiviamo le cultivar prive di semi, come il clementine.

Tutti sappiamo che la frutta, prima che giungesse a noi dai banconi degli ipermercati, arrivava sulle tavole dei nostri nonni nell’800 dai Giardini che circondavano i nostri comuni e che avevano l'aranceto e l'agrumeto che in questo periodo forniva la frutta che poi allietava le tavole dell’inverno.

All’inizio, la riproduzione degli agrumi avveniva attraverso il seme, e questa pratica della semina ha comportato la creazione in quegli anni di moltissime varietà, alcune delle quali sono andate perdute, e altre sono ancora presenti e alcune di esse sono state catalogate e conservate nell’Orto Botanico della Università di Lecce, ad opera del competente, paziente e attento lavoro di raccolta e catalogazione del Dott. Francesco Minonne, collaboratore scientifico presso l’Orto Botanico dell’Università di Lecce. Nella Terra di Lecce, ci sono ville, casini, casine, giardini di dimore storiche che hanno all’interno aranci, limoni, mandarini ed altre rarità agrumarie che continuano ad essere coltivate dai proprietari di queste realtà abitative immerse nella campagna della nostra penisola, immersa nel mare verso l’Est.

Questo fatto comporta che si è costituito negli anni un vero e proprio patrimonio varietale di grande valore storico e botanico. Alcuni possono essere ammirati nelle Masserie che sorgono nelle nostre campagne. Come per ogni frutto, non esiste un solo sapore di mandarino o di arancia; piuttosto, esistono tante varietà con sapori diversi. Questa opera dei saperi della nostra terra ha portato alla riscoperta di questi mille gusti dell’arancia.

La Puglia produce mediamente 2 milioni di quintali di agrumi l’anno, una produzione di ottima qualità di “clementine” e arance che stenta ad affermarsi sul mercato. In Terra di Lecce, gli agrumi vengono coltivati in un'area ridotta al riparo dei venti dell'Adriatico: Gallipoli, Taviano, Ràcale, Alliste, Ugento, Nardò, Squinzano, Lecce, Surbo, Copertino, Leverano, Galatina, Cutrufiano, Lequile, Casarano, Matino e Monteroni. In questa area trovano le condizioni ideali i mandarini: clementine e mandarino Avana, Tangelo Mapo. Il clima sembra meno idoneo per la coltivazione dell'arancio e del limone.

La concorrenza agguerrita, di altre regioni italiane ed europee, ha messo in ginocchio il settore. I produttori, infatti, a fronte della drastica riduzione del prezzo di vendita degli agrumi, non riescono più a sopportare gli elevatissimi costi di produzione. I costi di produzione che si aggirano intorno a 0,25 euro al Kg, rispetto a un prezzo di vendita del prodotto in azienda che è di circa 0,15-0,20 euro al Kg. Si stima perciò una perdita complessiva del settore. È paradossale la mancanza del nostro prodotto anche sugli scaffali della Grande Distribuzione pugliese, che preferisce approvvigionarsi e vendere agrumi provenienti da fuori regione.

Ma torniamo alla fiaba dei bambini del Diaz di Lecce: per far tornare i colori alla città è necessario revisionare il piano agrumi regionale, tenendo conto delle varietà raccolte dall’Orto Botanico dell’Università di Lecce, al fine di allungare il periodo di commercializzazione e diversificare l’offerta, incontrando le esigenze dei consumatori. Un approfondimento a parte meriterebbe il successo registrato dal liquore che si ottiene dagli agrumi e che sta facendo rinascere l’industria dell’alcol a San Cesario di Lecce, ma di questo scriverò un’altra volta."

 

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