Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sulla
Terapia Forestale
Intervistatore: Dottor Bruno, si parla sempre più
di terapia forestale come pratica innovativa e benefica per la salute.
Lei, in qualità di esperto agronomo, cosa ne pensa del recente libro del CNR
che approfondisce questo tema?
Antonio
Bruno: Il libro
del CNR rappresenta un passo importante per il riconoscimento scientifico della
terapia forestale. Stare a contatto con la natura è una pratica antica, come
dimostrano le tradizioni celtiche e quelle dei nostri nonni, ma oggi abbiamo
strumenti per analizzare scientificamente i suoi effetti. Le ricerche
evidenziano che queste esperienze possono incidere positivamente, non solo sul
benessere mentale, ma anche su aspetti fisiologici cruciali come il sistema
immunitario e la regolazione dello stress.
Intervistatore: Quali sono, secondo lei, gli
elementi chiave che rendono efficace questa pratica?
Antonio
Bruno: Uno degli
aspetti più interessanti riguarda i composti organici volatili biogenici
(Bvoc), emessi dagli alberi, in particolare dai faggi. Queste sostanze, come i
monoterpeni, interagiscono con il nostro organismo in modo straordinario.
Penetrano facilmente attraverso le membrane lipidiche, influenzando il sistema
circolatorio e il cervello. I loro effetti? Un aumento delle cellule Natural
Killer, essenziali per contrastare infezioni e cellule tumorali, oltre alla
stimolazione di neurotrasmettitori come serotonina e ossitocina, che migliorano
il tono dell’umore e riducono lo stress.
Intervistatore: Quindi parliamo di una pratica che
ha anche un forte impatto economico, giusto?
Antonio
Bruno:
Assolutamente. La terapia forestale rappresenta un’opportunità per integrare
salute e sviluppo economico sostenibile. Secondo il libro del CNR, i benefici
derivanti dalle aree naturali protette incidono per l’8% sul PIL mondiale, una
cifra impressionante di circa 5 trilioni di euro. Investire in questa direzione
non è solo una questione di benessere, ma anche di economia.
Intervistatore: Qual è la situazione in Italia?
Antonio
Bruno: L’Italia è
ancora indietro rispetto ai Paesi orientali, dove la pratica del Shinrin-yoku
è diffusa da decenni. Tuttavia, ci sono segnali incoraggianti, come le “Oasi
del Respiro” del WWF, che hanno dimostrato risultati significativi sulla
riduzione dello stress e sul miglioramento della salute cardiovascolare.
Inoltre, iniziative come il “Parco del Respiro” a Fai della Paganella mostrano
che anche nel nostro Paese si possono creare esperienze certificate e
scientificamente validate.
Intervistatore: Quali consigli darebbe a chi vuole
avvicinarsi alla terapia forestale?
Antonio
Bruno: È
importante praticare la terapia forestale con costanza: sessioni di 4-6 ore,
due volte a settimana, per almeno quattro settimane consecutive. Non serve fare
attività complesse; basta immergersi nella natura, leggere, camminare o
meditare. Inoltre, scegliere boschi adeguati è cruciale: le faggete, ad
esempio, sono particolarmente ricche di monoterpeni. Ma anche le oasi urbane
possono offrire benefici significativi.
Intervistatore: Concludendo, come vede il futuro
della terapia forestale?
Antonio
Bruno: Credo che
diventerà una pratica sempre più diffusa e integrata nei protocolli di salute
pubblica. Abbiamo davanti a noi una straordinaria opportunità: unire la tutela
dell’ambiente al miglioramento del benessere umano, dimostrando come la natura
possa essere il nostro miglior alleato.
Intervistatore: Grazie, Dottor Bruno, per aver
condiviso con noi le sue riflessioni.
Antonio
Bruno: Grazie a
voi, è sempre un piacere parlare di una tematica così affascinante e ricca di
potenzialità.
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