L’INTERVENTO
Xylella, quanti dubbi dopo parole e operazioni
Giovanni SECLÌ
Articolato il dibattito di “Quotidiano” sulla critici- tà del disseccamento degli ulivi e sulle prospetti- ve di rinascita agro-ecologica ed economica del territorio. Ciò nonostante sono elusi alcuni
aspetti, risuonano affermazioni tanto autorevoli quanto inusuali, per cui la domanda sulla corrispondenza con la realtà.
Su cinque tematiche centrali va fatta chiarezza per fondare su basi solide strategie di contrasto e contenimento della fitopatia del disseccamento e di rigenerazione del Salento.
1- L’assessore Donato Pentassuglia garantisce che le cultivar resistenti - in genere in impianti intensivi-superintensivi -, dimostrano di aver bisogno di meno acqua rispetto alle tradizionali. Per il prof Riccardo Bucci, università di Pisa, l’equilibrio tra parte aerea e radicale degli ulivi con e il fabbisogno idrico è correlato ad un regime semintensivo.
L’alto fabbisogno idrico di favolosa, leccino, lecciana, viene ribadito da quasi la totalità degli esperti; la criticità idrica ne determina (piantagioni intensive in Spagna negli ultimi anni) la moria. Lo scenario idrico della Puglia è simile…! Quale sintonia tra le asserzioni degli esperti e quelle istituzionali? Ma da queste derivano le scelte operative!
2- “Le tre province salentine hanno di fatto azzerato la produzione olivicola” per il presidente regionale di Coldiretti Puglia. Ma nella successiva intervista lo scenario cambia: tale rischio per gli oliveti nel tarantino, ora produttivi anche se “non al cento per cento”, lo teme tra due anni…! I dati registrano al 2023 circa il 25% del disseccamento nel tarantino, 40% nel brindisino, 80% nel leccese (per la Coldiretti qui “sopravvive un’uliva su quattro”). Perché decretare la morte olivicola nelle tre province, se almeno per due di esse è ancora in gran parte solo una prospettiva da scongiurare? Il dottor Donato Boscia (direttore CNR) negli ultimi due anni, dai media, in convegni e audizioni ribadisce che, dal 2021 si registra il rallentamento dell’avanzata della fitopatia di xylella pauca verso il nord, la virulenza del batterio attenuata, nel Leccese una parziale ma significativa rivegetazione produttiva soprattutto delle celline sopravvissute. Che dire poi della reiterata solfa dei 22 milioni (si arriva perfino a 31) di ulivi morti, se nelle tre province si registravano circa 21 milioni di piante, oltre metà ora produttive, le restanti disseccate, ma sovente con l’apparato radicale rigenerante polloni fruttiferi? Da questo scenario reale quali strategie o misure ragionevoli devono derivarne?
3- Il Presidente Coldiretti riconosce alcune criticità di leccino e favolosa, non solo per lui tolleranti, ma non resistenti al batterio. Di conseguenza: è l’unica strategia valida, per convivere con il batterio e favorire la rinascita del territorio, incentivare solo l’espianto degli ulivi tradizionali (spesso anche se vegeti), per sostituirli con cultivar dall’incerta prospettiva; o va incentivata anche la gestione delle piante - soprattutto secolari - con segni di tendenziale resilienza? Servono alla conservazione di aree paesaggistiche collinari: qui, per la frammentazione agricola, i terreni rocciosi, la insostenibilità economica, non è praticabile la riconversione colturale, con altre cultivar o specie!
4- Si afferma che la ricerca ci permette di convivere con il batterio (ma senza, ad ora, poterlo sconfiggere), come avviene da oltre un secolo con la peronospora, con la xylella nelle viti USA e negli agrumi del Brasile. Ma la ricerca, per essere proficua, deve avere una strategia pluridirezionale e un’analisi epidemiologica finora carente (Commissione Lincei). Nonché una memoria storica, che vada oltre il rinvenimento di xylella pauca su olivo 2013, e ora di altre sottospecie per accertarne la pregressa presenza “da lunghissimo tempo” (Infoxylella) nel Mediterraneo, come da fonti già citate dal sottoscritto. È così per la Multiplex, minaccia dell’agricoltura barese? Come e quando è arrivata, se, dopo pauca, le frontiere dovrebbero essere serrate? O era di casa non solo nel Kosovo già a fine XX sec.? Forse si conviveva a nostra insaputa? Come l’ulivo convive con diverse fitopatie funginee, da decenni studiate dall’Università di Foggia, poi rimosse per l’allarme xylella, ultimamente reimputate (pneumococco dal dott. Marco Scortichini).
La ricerca sull’RNA del professor Domenico Bosco di Torino è l’ultimo studio di contrasto al batterio; segue altri ignorati o incompiuti: Argirium SUNc dell’Università di Chieti, l’ANC dall’efficacia acclarata, le nanoparticelle del Disteba Unisalento, solo per la pauca. Inoltre le terapie sul mercato (zinco, batteri antagonisti, micorizie), corroborate spesso da sperimentazioni e pubblicazioni, speranzose per molti, ma non efficaci per tutti. Esiste una valutazione su di esse dei centri di ricerca della Puglia?
Infine la “vis medicatrix naturae” - ossia resilienza, adattamento -, dai tempi più lunghi, che vanno ascoltati e rispettati, senza assecondare solo i più sbrigativi, pur se economicamente motivati: non merita adeguata attenzione, per motivare scelte articolate e virtuose? È vano il messaggio delle “anomalie” della fitopatia (alberi positivi a xylella ma asintomatici e il contrario), per comprender meglio quest’ultima? Ce lo ricordava il compianto professor Giuseppe Fontanazza (padre della Favolosa): non espiantarli ma studiarli a fondo.
5- Che fine ha fatto il Piano organico di rigenerazione agricola, rivendicato da associazioni, promesso da politici, necessario per una strategia lungimirante, agroecologica ed economica, del Salento? Mentre ora si assiste ad una rigenerazione episodica, affidata alle scelte individuali finanziate; manca un piano centrale di guida e sostegno e che intervenga direttamente, emulando quelli di imboschimento del secolo scorso. È sufficiente solo bussare a denari, che tardano ad arrivare e non sono investiti al meglio?
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