lunedì 29 luglio 2024

"La Democrazia come Processo di Riconoscimento: Oltre la Competizione e la Violenza"

 "La Democrazia come Processo di Riconoscimento: Oltre la Competizione e la Violenza"



La democrazia, intesa come un modo di vivere, non è un semplice sistema politico che si può ottenere con una battaglia o un decreto legge. Piuttosto, è un'espressione di un modo di essere e di relazionarsi con gli altri che si basa sul riconoscimento reciproco e sulla legittimazione.


In questo contesto, la democrazia non è una meta da raggiungere attraverso conflitti e competizioni, ma è un processo continuo di costruzione di fiducia e di rispetto tra gli individui. La nozione di "battaglia per la democrazia" suggerisce un paradosso: la democrazia, per sua natura, non può emergere dalla violenza e dalla competizione, ma piuttosto dalla capacità di riconoscere l'altro come legittimo e di costruire relazioni basate sulla cooperazione.


La cultura patriarcale, che domina in molte società occidentali, è basata su principi di competizione, dominanza e sottomissione. Questi principi si riflettono nelle strutture politiche e sociali che spesso mascherano la loro natura conflittuale con la facciata di processi democratici. Tuttavia, come dimostrano le osservazioni fatte sui partiti e sulle istituzioni, la vera democrazia non può fiorire in un terreno impregnato di patriarcato e di esclusione.


La sinistra, come la destra, può anch'essa essere influenzata da dinamiche patriarcali, e i partiti politici, in quanto entità organizzate, spesso riflettono e perpetuano queste dinamiche. La democrazia vera e propria richiede una trasformazione profonda dei nostri modi di pensare e di agire, una trasformazione che va al di là delle semplici riforme istituzionali e che implica una ristrutturazione delle relazioni interumane basata sul riconoscimento e sulla legittimazione reciproca.


In sintesi, la democrazia è un modo di vivere che richiede un impegno costante per il rispetto reciproco e la cooperazione. Non può essere conquistata attraverso la forza o la competizione, ma deve essere costruita attraverso pratiche quotidiane di riconoscimento e di dialogo. La vera sfida per la democrazia è quindi quella di creare spazi in cui il potere non sia un gioco a somma zero, ma un processo dinamico di negoziazione e di co-costruzione di significato condiviso.


Critica del Scenario Politico in Corso

Il dibattito attuale sull’ingresso di nuovi civici nel Partito Democratico (Pd) offre un esempio illuminante di come le dinamiche politiche si interfacciano con i concetti di riconoscimento reciproco e legittimazione, così come li ha descritti Maturana. Questo scenario evidenzia come i partiti, anche quelli che si dichiarano progressisti e democratici, siano spesso influenzati da logiche di competizione e tatticismi che riflettono una mentalità patriarcale.


Le preoccupazioni espresse riguardo ai nuovi ingressi, ai cambiamenti nei rapporti di forza e alle tensioni sui territori sono emblematiche di un processo di "somma algebrica" che, come indicato da Luciano Marrocco, rischia di non connettersi autenticamente con le esigenze e le sensibilità delle comunità locali. La paura di un “scompenso” e il timore di malumori derivanti dall’inserimento di nuovi gruppi riflettono una visione della politica come una gara per il potere, anziché come un processo di riconoscimento e di collaborazione.


Il dibattito sul "civismo" come un elemento da integrare nel Pd senza perdere di vista un’identità chiara e un collegamento con la base elettorale esemplifica il conflitto tra la necessità di evolversi e il desiderio di mantenere un controllo centralizzato e uniforme. Marrocco critica la "somma algebrica di ceto politico" e avverte contro l'inclusione di movimenti civici senza una chiara connessione con valori progressisti e socialisti. Questo suggerisce una visione della politica come un processo di aggiustamenti tattici piuttosto che di costruzione partecipativa e di legittimazione reciproca.


Il rischio di non riuscire a integrare le nuove forze senza compromettere l’identità e l'efficacia del partito rappresenta una manifestazione della difficoltà di superare le logiche competitive e di dominanza insite nelle strutture politiche tradizionali. Il dibattito evidenzia la sfida di non cadere in una logica di esclusione e sottomissione, ma di promuovere una vera inclusione che si basi su valori condivisi e riconoscimento reciproco.


In definitiva, per realizzare una democrazia autentica, è necessario andare oltre i conflitti e i compromessi tattici. I partiti e i movimenti politici devono impegnarsi in un processo continuo di costruzione di fiducia e di dialogo, riconoscendo le diversità e lavorando insieme per obiettivi comuni. Solo così si potrà avanzare verso una vera democrazia, basata non sulla competizione, ma sulla cooperazione e sul rispetto reciproco.

Antonio Bruno






Il Mondo Affascinante delle Dalie: Una Festa di Colori e Forme

 Il Mondo Affascinante delle Dalie: Una Festa di Colori e Forme


Cari lettori, se pensate che le dalie siano semplicemente fiori da giardino, preparatevi a cambiare idea. Entriamo nel meraviglioso universo di queste regine estive, che non sono solo un festino per gli occhi, ma anche un ingrediente sorprendente in cucina.

Immaginate di trovarvi davanti a un mosaico di colori e forme: le dalie offrono esattamente questo spettacolo. Esistono tante varietà quante sono le fantasie di un artista. A fiore grande o piccolo, semplice e aperto come un sorriso solare o doppio e denso come una palla di neve, queste meraviglie si presentano con petali sfrangiati e appuntiti oppure arrotondati come piccole cucchiaiate di colore. Insomma, un panorama che abbraccia oltre 40 specie diverse originarie del Messico, e una varietà di ibridi che sfida l'immaginazione.

Arrivate in Europa verso la fine del Cinquecento grazie ai commercianti e navigatori spagnoli, le dalie hanno conquistato i giardini inglesi nell’Ottocento, dove sono state celebrate come veri e propri trofei di collezionismo. E non è difficile capire il perché: non temono il caldo e fioriscono generosamente per tutta l’estate, fino all’autunno. Un grande dono per chi ama la bellezza e la vivacità dei fiori. Ma attenzione, se il terreno è asciutto e secco, la vostra dahlia potrebbe appassire più velocemente di quanto non si dissolva una risata davanti a un buon vino.

E se pensate che le dalie siano solo una meraviglia per gli occhi, vi sorprenderà sapere che possono anche essere un prelibato ingrediente in cucina. I petali di dalia, se coltivati con metodi biologici, sono commestibili e offrono un sapore delicato che ricorda la liquirizia. Provateli per insaporire lenticchie in piatti etnici, come il “dahl” indiano, o per dare un tocco speciale a biscotti e insalate estive. E se vi viene l’acquolina in bocca, potete trovare i petali essiccati e pronti all’uso su www.fattoriadelleerbe.it.

Infine, non dimenticate che le dalie hanno una marcia in più: il loro tubero, utilizzato a scopo alimentare in Messico, si cucina proprio come le patate. Un vero e proprio tesoro che non solo impreziosisce i giardini ma arricchisce anche le tavole di tutto il mondo.

In sintesi, le dalie non sono solo fiori da ammirare, ma vere e proprie dive che incantano con la loro bellezza e sorprende con le loro qualità culinarie. Allora, cari lettori, non lasciatevi sfuggire l’opportunità di fare amicizia con queste meraviglie della natura. E ricordate: il mondo delle dalie è tanto ricco quanto la vostra immaginazione vi permetterà di esplorare!

Antonio Bruno

giovedì 4 luglio 2024

L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

 









L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

Non so quale impressione abbia prodotto nell'animo dei nostri Allevatori il mio precedente scritto dal titolo "L'Ariete Karakul nel Salento", pubblicato su questa simpatica Rivista, con tanta amorevole cura, diretta dall'Illustre Prof. Cav. Uff. Attilio Biasco. Penso, però, che, nell'interesse di tutti, dopo la rosea esposizione da me fatta, occorra, pure, esaminare attentamente il rovescio della medaglia per evitare possibili e non poche delusioni alle quali si può andare inesorabilmente incontro, se non si terrà giusto conto di quanto sarò ancora per dire.

Agnella all'età di giorni 15-1 Incrocio Karakul Leccese nera

Allevamenti Comm. Dott. Raffaello Garzia

Innanzi tutto, bisogna tenere ben presente che la razza Karakul, traendo origine da regioni a noi molto lontane e costituita da elementi naturali ed atmosferici assai diversi dai nostri, il primo e più grave inconveniente che gli Allevatori dovranno superare sarà quello dell'acclimatazione. Non vi è certo chi non sappia, infatti, come tale fenomeno se non sia trionfalmente superato, rappresenti la causa fondamentale di limitata fecondità, di gravissime malattie e della stessa perdita dei soggetti pagati spesso a peso d'oro!

È, quindi, assolutamente necessario che coloro i quali vogliano darsi a un allevamento qualsiasi, e a questo in modo particolare, siano molto cauti nella scelta dei soggetti e stiano più che attenti sulla provenienza dei loro riproduttori, sulla loro costituzione fisica, sulla loro resistenza organica.

Né ciò basta. È anche necessario che ciascuno ponga al proprio passivo somme non lievi, dipendenti da perdite, a volte dell'intero capitale, il che può costringere, dopo pochi mesi, di dovere ricominciare di bel nuovo, con enorme, incalcolabile dispendio e con l'immensa difficoltà di sostituire i propri riproduttori con altri soggetti che, per quanto apparentemente forti, non danno maggiori garanzie di quelli precedentemente perduti! Il fenomeno dell'ambientamento rappresenta, infatti, un gioco a mosca cieca, per cui l'allevatore, per quanto esperto ed oculato, non sa, il più delle volte, come potrà uscirne.

E passiamo ad altro. Accanto alle gravissime difficoltà dell'ambientamento esistono fatti patologici, non sempre apparentemente constatabili, specialmente nel periodo di incubazione, che possono dar luogo a vastissima mortalità per il loro carattere infettivo e parassitario. Tali malattie, di cui i nostri greggi sono finora esenti, e guai ad introdurle nella nostra regione, provengono principalmente da pascoli infetti messi a disposizione dei greggi esotici. Alcune di esse colpiscono l'apparato gastro-intestinale, altre i bronchi e i polmoni. Tutte sono ugualmente gravi, di difficilissima cura e conducono inesorabilmente alla morte, distruggendo perfino interi greggi. Si richiede, quindi, anche per questo, ogni prudenza nell'acquisto di simili ovini e, più specialmente, grande, ben fondata fiducia nella provenienza.

Altro importantissimo punto da dover tenere ben presente sarà la scelta dei riproduttori. È necessario che essi siano purissimi dal punto di vista della razza, altrimenti ogni somma impiegata per il loro acquisto sarà buttata, senz'altro, al vento! Non è, però, facile assicurarsi della purezza dei soggetti, specialmente se acquistati a distanza, per semplice corrispondenza. Ma anche da vicino si può cadere facilmente in errore, tenendo presente, come già dissi nel mio precedente scritto, che i meticci dalla quinta generazione in poi hanno quasi tutti i caratteri del puro sangue. E se l'apparenza potrà, quasi indiscutibilmente, ingannare, all'amara prova l'acquirente subirà le più dure delusioni e i maggiori danni! Non bisogna dimenticare che l'Ariete Karakul deve essere assolutamente e sicuramente puro sangue. Qualsiasi transazione su questo importantissimo, capitale punto farà tornare sempre più indietro nelle successive generazioni.

Un ultimo consiglio sento di dover dare ai futuri allevatori: quello di non iniziare l'allevamento senza prima aver curato di fornirsi di uno scelto gregge di vere pecore leccesi nere, oggi in buona parte alterate nei loro migliori caratteri da precedenti irrazionali incroci. Agendo diversamente si impiegherebbe inutilmente un capitale non lieve nell'acquisto di un Ariete Karakul, riuscendo a fare soltanto un buco nell'acqua!

Non ho voluto con quanto ho detto scoraggiare completamente i futuri allevatori di razze Karakul nel Salento, ma ho ritenuto mio dovere mettere in guardia sui maggiori e più importanti pericoli coloro che si dessero a importare riproduttori senza i necessari accorgimenti, senza la più sicura perizia. Così facendo, essi sarebbero causa di danni gravissimi a se stessi e alla collettività, invece di contribuire efficacemente a sollevare la nostra bilancia agricolo-commerciale dal peso delle importazioni estere!

Raffaello Garzia


 


Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti

 Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti




In questo periodo in cui facile è l'alzarsi delle lamentele di agricoltori delusi per la mancanza, o la scarsezza, o le deficienti sanità e resa in olio del raccolto, è ben adatto richiamare l'attenzione di essi su alcune delle cause che le determinano e sui rimedi necessari.

Innumerevoli olivicoltori hanno radicata in mente l'idea che l'ulivo non possa produrre se non ogni due anni, bene inteso, quando non vi siano avversità speciali che ne rendano ancor più lunga l'aspettativa. Essi giustificano l'alternanza della produzione come in tutto dipendente dal fatto che in seguito ad un buon raccolto rimangano spossate le piante e perciò le vermene non abbiano la capacità di portarne nuovamente dell'altro copioso e ben nutrito.

A parte le inclemenze stagionali, che nelle Puglie ed in Lucania spiegano la loro nociva azione più che in altre regioni olivicole italiane, l'improduttività, la scarsezza e l'alternanza della produzione di molti oliveti dipendono dal non volere e non saper mettere le piante nelle condizioni di non esaurire le riserve di sostanze da esse elaborate, immagazzinate e distribuite nei diversi organi.

L'opera della potatura ed il sussidio delle concimazioni adeguate, portano in seno alle piante energie eccedenti il bisogno della buona nutrizione dei frutti, siano pur essi abbondanti, energie che vengono anche usufruite dai rametti fruttiferi del venturo anno per il loro normale sviluppo.

In diverse località intercorrono serie di 4, 5, 6 anni prima che si compia la rimonda. Negli ulivi trascurati i rami fruttiferi non sono regolarmente vestiti di rigogliose fronde; essi presentano nuda la base, scarsa anche di gemme e solo la cima, incapace di accrescersi, presenta un ciuffetto di anemiche foglie.

Quivi le piante acquistano il carattere cespuglioso, per il disordinato sviluppo in larghezza anziché in altezza. Con le due cure essenziali della potatura e della concimazione razionali, insieme ai lavori del terreno, annualmente e previdentemente applicate, subito dopo la raccolta delle olive e mai oltre il mese di marzo, si procurerà una più redditizia olivicoltura.

Caso per caso, dall'esame delle condizioni ambientali di clima e terreno, delle varietà coltivate, dello sviluppo delle piantagioni, della esecuzione dei lavori, del valore delle varie sostanze concimanti, calcolato in base al prezzo delle unità fertilizzanti contenute, le Istituzioni agrarie locali ed in ispecie le Cattedre ambulanti di agricoltura, potranno dare i più giusti consigli al premuroso agricoltore.

Numerose esperienze, ripetute anche nei luoghi più ingrati della nostra regione, han chiaramente dimostrato che la potatura razionale e la concimazione fosfo-potassico-azotata, hanno elevato e stabilizzato la produzione degli oliveti trattati.

Non solo, ma hanno anche elevato la resa in olio delle olive e migliorato la qualità di esso ed ancora, hanno reso le piante ed il prodotto più resistenti e meno attaccabili dalle avversità parassitarie.

Il valore medio delle produzioni di tali oliveti è stato sempre molto più alto e remunerativo, da sorpassare spesso del doppio quello della produzione degli oliveti vicini di controllo.

L'olivicoltura è uno dei più importanti settori dell'agricoltura nazionale. Per la nostra regione essa dovrebbe stare molto vicina alla viticoltura e beneficiare analogamente delle attenzioni che a questa si prodigano, specialmente ora che le numerose provvidenze del Governo Nazionale han difeso e valorizzato il prodotto oleario.

Dott. Sava Salvatore

mercoledì 3 luglio 2024

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895

 

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895



Nel 1895, la provincia di Lecce presentava un paesaggio unico e caratteristico, dominato da pianure immense e vaste distese di vigneti. Il Salento, secondo solo alla Sicilia, si distingueva per la sua coltivazione estensiva della vite, una pianta tanto amata per il suo tronco rugoso e serpentino, e per i pampini verdeggianti che profumavano l'aria e producevano un'uva deliziosa. Tuttavia, nonostante questa apparente ricchezza, la realtà economica della viticoltura salentina era ben diversa.

La Crisi Vinicola

La coltivazione intensiva dei vigneti, esplosa dopo la devastazione dei vigneti francesi ad opera della fillossera, era inizialmente motivata dalla speranza di soddisfare la domanda di vino d'oltre Alpi. Tuttavia, quando la Francia riuscì a ricostituire i propri vigneti e cessò le relazioni commerciali con l'Italia, la produzione vinicola salentina si trovò in crisi. Il mercato si saturò e i viticoltori dovettero confrontarsi con la dura realtà di un'offerta che superava di gran lunga la domanda.

La Necessità di Innovazione

Per rispondere a questa crisi, fu chiaro che la produzione vinicola dovesse subire una trasformazione radicale. Il problema principale risiedeva nel fatto che la maggior parte del vino prodotto nel Salento veniva venduto allo stato di mosto o come vino da taglio, senza essere adeguatamente affinato o valorizzato. I produttori locali non possedevano le conoscenze enologiche necessarie né i mezzi per migliorare la qualità del vino e spesso vendevano il prodotto al primo compratore disponibile, generalmente commessi viaggiatori piemontesi o lombardi.

Le Cantine Sociali: Una Soluzione Collettiva

La soluzione proposta era la costituzione di consorzi enologici o Cantine Sociali. Queste associazioni avrebbero avuto il compito di affinare i vini prima di esportarli, producendo vini di alta qualità destinati al consumo diretto. Si sarebbe trattato di un’impresa collettiva, che richiedeva la cooperazione delle individualità più intelligenti e coraggiose della regione, disposte a investire nella nuova industria enologica.

Benefici delle Cantine Sociali

I vantaggi delle Cantine Sociali erano evidenti: la produzione di vini di qualità superiore avrebbe permesso di accedere a nuovi mercati esteri, stabilendo il Salento come un importante centro di produzione vinicola a livello mondiale. I vini salentini, prodotti in condizioni favorevoli di suolo e clima, avevano il potenziale per competere con quelli delle regioni più rinomate come la Borgogna e il Bordeaux.

Problemi Attuali e Potenziali Miglioramenti

Nonostante il grande potenziale, la situazione vinicola nel Salento del 1895 era ancora segnata da pratiche agricole e produttive arretrate. Molti viticoltori, ignorando i principi basilari della chimica enologica e dell’enotecnia, continuavano a utilizzare metodi primitivi per la produzione del vino. La mancanza di strutture adeguate per l'affinamento e la conservazione del vino portava spesso a grandi perdite economiche.

Inoltre, l’epoca della vendemmia non veniva scelta con criterio, il che comprometteva ulteriormente la qualità del prodotto finale. La fermentazione e l'imbottamento seguivano metodi empirici e variabili, con scarsa attenzione alla standardizzazione e alla qualità costante.

Conclusione

L'istituzione delle Cantine Sociali rappresentava una soluzione necessaria e lungimirante per affrontare le sfide della viticoltura salentina. Con l'unione delle risorse e delle competenze, i viticoltori avrebbero potuto migliorare la qualità dei loro vini, accedere a nuovi mercati e trasformare il Salento in una regione vinicola di prestigio internazionale.

Antonio Bruno

 

Bibliografia

La provincia di Lecce (1895:A. 1, apr., 26, fasc. 1)