venerdì 8 aprile 2011

Una nuova consapevolezza di ciò che rappresenta il territorio

Una nuova consapevolezza di ciò che rappresenta il territorio




L’ambiente naturale in Italia è ambiente agricolo. Basta dare uno sguardo a Google Earth per rendersi conto che tutto il territorio è pieno di alberi piantati dall’uomo e da terre coltivate. Siccome l’agricoltura è anche la produttrice di un bene comune ovvero il paesaggio, svolge una rilevante funzione “pubblica” a tutela dell’ambiente e del territorio.

Il territorio rurale ed il paesaggio sono stati fortemente interessati, se non sconvolti, in questo dopoguerra, dall’urbanizzazione, dalla industrializzazione e dalle grandi infrastrutture connesse allo sviluppo. Proprio per questi motivi la difesa del territorio è oggi anche una via etica.

Il territorio rischia la distruzione e ciò accade perché viene percepito male e utilizzato peggio. Infatti è sfruttato come luogo per l'industrializzazione, per la residenza o per lo svago. Manca nell’immaginario collettivo la percezione della campagna come luogo dell’armonia e dell’equilibrio.

Ci sono però delle contro tendenze anche se non rilevate dall’ISTAT, infatti osservando i risultati dell’indagine svolta da Nomisma (società di studi economici) in collaborazione con Vita in Campagna e Fieragricola di Verona, che rivela come  le aree rurali siano sempre più interessate dalla presenza di persone che decidono di vivere in campagna e di svolgere attività di tipo agricolo.

Nelle campagne si sta sempre più diffondendo una figura particolare, che potremmo definire l’agricoltore amatoriale (hobby farmer), che si caratterizza per il possesso di un piccolo terreno agricolo che coltiva nel tempo libero, in quanto la sua attività principale, dal punto di vista lavorativo (e di tempo), è al di fuori del settore agricolo stesso.

Se solo questa tendenza fosse fatta propria dai Comuni , si potrebbero espropriare aree agricole nei pressi dei centri urbani lottizzandole in piccoli appezzamenti di 500 – 1.000 metri quadrati affidandoli in uso ai cittadini per essere utilizzati come Orto Urbano. Sino a pochi anni fa, l’Orto Urbano, era l’ultima moda delle feste dei divi di Hollywood che infatti invitavano gli ospiti a cena per offrire le primizie coltivate sulla propria terrazza o veranda, tanto che nel 2005 un’inchiesta del settimanale “L’Express” ha incluso l’orticoltura tra le settanta pratiche dell’odierno snobismo.

Questa pratica spingerebbe, le famiglie che hanno in uso gli Orti, alla produzione del compost dai rifiuti contribuendo alla soluzione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani attraverso la raccolta differenziata.

Il suolo non è risorsa illimitata che possa consegnarsi esclusivamente all’interesse individuale o settoriale, soprattutto in un territorio come quello della Provincia di Lecce, ad alta densità di popolazione e con 100 Comuni che distano pochi chilometri uno dall’altro.

Al di fuori di qualsiasi preconcetto ideologico, dovremmo essere consapevoli che solo gestendo da subito il suolo potremo scongiurare il pericolo della dipendenza alimentare dall’estero, dei paesaggi degradati, della depressione dello sviluppo turistico e della crescita dell’inquinamento ambientale.

C’è uno strumento immediatamente a disposizione dei Sindaci che consente di adeguare rapidamente l’attuale quadro della pianificazione urbanistica, mettendo al centro della politica per il territorio la difesa dei terreni agricoli dal proliferare di insediamenti e infrastrutture che emarginano l’agricoltura ed il sostegno alle zone agricole in declino demografico e agricolo?

E se c’è qual è?

Come si può rompere l’incantesimo generato dall’affermazione pronunciata dalla moderna urbanistica che ha comportato la convinzione da parte dei Sindaci della Provincia di Lecce, convinzione (rivelatasi tragicamente sbagliata) anche di molti architetti principalmente Le Corbusier, che le sorti e i destini della città e delle persone che lavorano dentro di essa, siano autonomi e distinti da quelli della campagna?

Eppure vogliamo gustare i piatti tipici, quelli che venivano prodotti dalla terra dai nostri antenati e io mi chiedo come possiamo pensare di averli se nei territori si impiantano specie e varietà di moda, richieste dal mercato? Ecco le due logiche contrapposte. Quella del rispetto delle tradizioni del territorio e delle tipicità e quella della corsa alla moda, al prodotto di moda richiesto dal mercato.

Ma prima di dare le risposte alle domande c’è da mettere in atto il principale livello di difesa del territorio che è il modo di coltivare. L'agricoltura convenzionale è un modo assurdo di coltivare che i contadini italiani negli anni Cinquanta e Sessanta hanno acquisito perché gli risultava più comodo rispetto al modo precedente, però è importante essere consapevoli l’ agricoltura convenzionale non esiste perché fa ricorso alla chimica! E la Chimica non è tradizionale perché non tiene conto di millenni di tradizione che hanno stabilito il modo in cui la terra da i suoi frutti, li regala, li mette a disposizione delle donne e degli uomini.

Ma se io non voglio coltivare come si coltiva oggi, non voglio la chimica, che cosa faccio? Devo tenere conto che il terreno va fecondato, va vissuto, va mandato avanti, su quel terreno non ci può essere sempre solo il grano oppure solo le rape, il terreno ha bisogno di vita, di persone che ci vivono sopra.

Ma c’è di più, come dicono i miei amici avvocati, infatti se impediamo la devastazione del territorio, se lo viviamo noi, ecco che miracolosamente le nostre terre ci regaleranno in cambio una vita qualitativamente interessante, fatta di rapporti, di persone, di incontri, di socialità, di profondità, di centralità dell'analisi, un'analisi sociale quale quella che oggi viene fatta dai Dottori Agronomi e Dottori Forestali rappresentano un movimento che germina in campagna. In questa fase i Dottori Agronomi e Dottori Forestali sono a contatto con la concretezza dei problemi e hanno in consegna una risorsa che non può andare perduta. E' nella terra che ci sono le risorse prime, queste risorse prime sono in pericolo, sono aggredite, sono aggredite da una confusione di segnali che purtroppo oggi domina la nostra informazione e la nostra politica.

Chi può operare una consulenza professionale che salvaguardi il territorio naturale che come abbiamo detto è territorio agricolo è il professionista Dottore Agronomo e Dottore Forestale che su incarico del Sindaco formulerebbe le prescrizioni da mettere nel PUG a salvaguardia del territorio.

Mi spiace dover prendere atto che invece i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali non vengono interpellati con la conseguenza che la nostra assenza dai luoghi in cui si decidono i destini del Territorio può provocare DANNI ENORMI come quelli del territorio pugliese, connotato da un’alta valenza paesaggistica e naturalistico - ambientale.

Ma voglio dirla tutta la mia verità ricollegandomi all’esordio di questa mia nota in cui ho affermato, senza paura di essere smentito e sfidando chiunque a dimostrarmi il contrario, che l’agricoltura è anche la produttrice di un bene comune ovvero il paesaggio e, per questo motivo, svolge una rilevante funzione “pubblica” a tutela dell’ambiente e del territorio. Anche gli Ospedali e i Medici svolgono una rilevante funzione pubblica, così come le nostre caserme dei Carabinieri, i Magistrati dei Tribunali, le maestre e i maestri della scuola materna ed elementare e le Professoresse ed i Professori delle medie, delle superiori e dell’Università, solo che queste persone vengono retribuite con i soldi che noi versiamo allo Stato, le loro prestazioni professionali vengono pagate con le nostre tasse proprio perché svolgono una rilevante funzione pubblica.

Gentile Signora o Signore che sei giunto sino in fondo a questo mio scritto tu sei consapevole che il territorio va difeso e presidiato? Tu che stai leggendo queste parole lo sai che l’agricoltura per la sua rilevante “funzione pubblica” deve essere un costo di tutti noi? E quindi perché non possiamo pensare alla consulenza in tutti i territori di tutti i Comuni dei professionisti Dottori Agronomi e Dottori Forestali?

La presenza del Dottore Agronomo della ASL sarebbe il primo passo verso la salvaguardia e sviluppo del nostro territorio affidando loro l’incarico della VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA per l’elaborazione della lettura e valutazione del paesaggio in maniera tale da definire scientificamente il sistema ambientale di ogni comune del nostro Paese.

Ti sto vedendo sai! si! vedo il sorrisetto, e lo so che pensi: “E va bene stanno cercando lavoro per loro”, ma anche alla tua aria sorniona ho una risposta.

Se il medico ti dice che hai un tumore che fai? Ridi?

Non penso, credo che ti fai subito ricoverare in Ospedale dove dei professionisti medici potranno prescriverti una cura per farti guarire. Quei medici tenteranno di farti guarire. Ecco io ti dico che il territorio è malato, che rischia di morire e deve essere oggetto delle amorevoli cure dei professionisti Dottori Agronomi e Dottori Forestali ! Se dei daccordo, se sei proprietario di una porzione di Paesaggio rurale, allora chiedi al più presto la consulenza.



di Antonio Bruno, Dottore Agronomo (Esperto in diagnostica urbana e territoriale titolo Universitario International Master's Degree IMD in Diagnostica Urbana e territoriale Urban and Territorial Diagnostics).

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