Per salvare gli olivi e la biodiversità ci vogliono gli Ogm (Organismi geneticamente modificati) e sempre la ricerca Ogm ha salvato il “bimbo farfalla”
Il dibattito sugli Ogm da mesi è arenato su un falso problema. La tecnica del genome editing, insieme alla cisgenesi, viene definita più sostenibile (termine improprio per una tecnologia).
Si dice che permetterebbe di andare “oltre” i “vecchi” Ogm (il transgenico) e di intervenire sulle piante senza ricorrere a geni di specie diverse. Non è esatto.
Questa tecnica usata in laboratorio serve anche per tagliare in modo mirato un preciso punto del DNA del topo e inserire un gene esogeno, cioè di un’altra specie. Quindi con il genome editing si modifica il DNA di un organismo, come si vuole, anche inserendo o togliendo una sola lettera o un intero gene.
Il dibattito sugli Ogm da mesi è arenato su un falso problema. La tecnica del genome editing, insieme alla cisgenesi, viene definita più sostenibile (termine improprio per una tecnologia).
Si dice che permetterebbe di andare “oltre” i “vecchi” Ogm (il transgenico) e di intervenire sulle piante senza ricorrere a geni di specie diverse. Non è esatto.
Questa tecnica usata in laboratorio serve anche per tagliare in modo mirato un preciso punto del DNA del topo e inserire un gene esogeno, cioè di un’altra specie. Quindi con il genome editing si modifica il DNA di un organismo, come si vuole, anche inserendo o togliendo una sola lettera o un intero gene.
Supponendo, poi, che genome editing e cisgenesi siano andati “oltre” gli Ogm, dal punto di vista giuridico, si dovrebbe allora consentire la loro sperimentazione in pieno campo, in quanto indistinguibili da incroci o mutanti spontanei. Se non possono andare in campo allora non si è andato “oltre” nulla e si resta nell’oscurantismo.
I “vecchi” Ogm (transgenici), sono più studiati e più sicuri anche di piante biologiche perché è l’unica agricoltura che analizza i prodotti finali e non solo i processi di produzione. Ben vengano le innovazioni come il genome editing, ma senza imporre il ricatto di abbandonare tecniche precedenti e ancora valide, anche perché sappiamo poco della resa e dell’efficacia delle nuove tecnologie e delle relative proprietà intellettuali in gioco. Per la prima volta nel 2015 si sono ridotti gli ettari mondiali coltivati con Ogm: il declino è solo dell’1%. Forse è dovuto all’arrivo sui mercati di nuove piante modificate con genome editing che non devono sottostare alla costosissima burocrazia messa in campo per vietare la coltivazione (ma non l’importazione) di Ogm, come il fungo ottenuto con genome editing che negli USA può essere coltivato e venduto senza ulteriori controlli.
Bisogna riaprire i campi sperimentali, qualunque sia la tecnologia usata, sulle piante tipiche italiane che con il miglioramento genetico si potrebbero salvare, evitando ulteriori perdite di biodiversità.
I “vecchi” Ogm (transgenici), sono più studiati e più sicuri anche di piante biologiche perché è l’unica agricoltura che analizza i prodotti finali e non solo i processi di produzione. Ben vengano le innovazioni come il genome editing, ma senza imporre il ricatto di abbandonare tecniche precedenti e ancora valide, anche perché sappiamo poco della resa e dell’efficacia delle nuove tecnologie e delle relative proprietà intellettuali in gioco. Per la prima volta nel 2015 si sono ridotti gli ettari mondiali coltivati con Ogm: il declino è solo dell’1%. Forse è dovuto all’arrivo sui mercati di nuove piante modificate con genome editing che non devono sottostare alla costosissima burocrazia messa in campo per vietare la coltivazione (ma non l’importazione) di Ogm, come il fungo ottenuto con genome editing che negli USA può essere coltivato e venduto senza ulteriori controlli.
Bisogna riaprire i campi sperimentali, qualunque sia la tecnologia usata, sulle piante tipiche italiane che con il miglioramento genetico si potrebbero salvare, evitando ulteriori perdite di biodiversità.