Oramai siamo tutti abituati a sentire parlare di intolleranze
alimentari tanto che è molto probabile, arrivando in un ristorante, sentirsi
chiedere dal cameriere se c’è qualcuno che ha intolleranze alimentari. Tra le
intolleranze alimentari vi è la celiachia che si manifesta dopo aver ingerito
alimenti a base di grano duro o tenero, orzo e segale. L’avena si è riscontrato
che nella maggior parte dei soggetti celiaci non è tossica mentre si stanno
studiando alcuni cereali minori tra cui il farro per verificarne la tossicità.
Lo riferisce il Dr. Mauro Rossi 1° Ricercatore dell’Istituto di Scienze dell'
Alimentazione – CNR in una nota pubblicata dall’Accademia dei georgofili.
Sino a vent’anni fa la diagnosi di celiachia veniva fatta
nei primi tre anni di vita ma in questi ultimi anni è noto a tutti che è molto cresciuto il numero
dei casi che si manifestano in età adulta.
Non si sa quali cause facciano passare un adulto da celiaco latente
a celiaco anche dopo anni che ha tranquillamente mangiato farine contenenti il
glutine.
I celiaci soffrono di gravi sindromi da malassorbimento
quali la diarrea, la perdita di peso, il ritardo nella crescita, anemia
sideropenica che è l’anemia causata da mancanza di ferro nell’organismo e da steatorrea
che è una condizione patologica caratterizzata da presenza di notevoli quantità
di sostanze grasse non digerite nelle feci.
Nelle persone celiache l’intestino tenue presenta delle
lesioni, una dimensione maggiore delle cripte oltre che l’atrofia dei villi
intestinali che è l’alterazione degenerativa degli stessi.
Gli studiosi hanno scoperto che queste lesioni sono derivate
dall’infiammazione causata dal glutine che viene considerato tossico dall’individuo
celiaco e che quindi provoca una risposta immunitaria. La prova che l’intestino
dei celiaci considera il glutine come un agente tossico è data dalla fortissima
presenza dei linfociti che sono cellule presenti nel sangue che costituiscono
tra il 20 e il 40% dei globuli bianchi che come tutti sappiamo hanno la
funzione di proteggere il nostro corpo.
La prova definitiva che sia il glutine il responsabile di
queste sindromi è fornita dai celiaci che non si nutrono più con cibo contenente
glutine che non presentano più le sindromi e le lesioni dell’intestino tenue.
Questa ultima evidenza dimostra che il glutine attiva i linfociti T nella
mucosa. I linfociti T sono un particolare tipo di globuli bianchi che hanno uno
specifico recettore presente sulla loro superficie chiamato recettore delle
cellule T (T cell receptor, TCR).
Come abbiamo detto sino alle scoperte che poi illustrerò l’unica
cosa da fare per un celiaco era quella di non mangiare alimenti che contengono
glutine, né pane, né pasta, niente pizza. Ma anche così facendo piccole
quantità di glutine sono presenti in alimenti che non sembrerebbero contenerne.
La ricerca per risolvere il problema si è concentrata nell’individuazione
di un antigene che è una sostanza in grado di essere riconosciuta dal sistema
immunitario per rendere tollerante la persona celiaca.
Sta lavorando in tal senso l’americana ImmusanT (Cambridge,
Massachusetts) che sta facendo uno studio clinico, ovvero un tipo di ricerca
condotto per raccogliere dati sulla sicurezza e sull'efficacia di una
somministrazione controllata e ripetuta attraverso il derma di tre peptidi
identificati come principali agenti immunostimolatori.
Il glutine contiene la gliadina che è una proteina che ha un
elevato contenuto in glutammine e proline.
Nel nostro intestino la scomposizione delle proteine a
livello dei residui di prolina è estremamente lenta, perché non abbiamo gli
enzimi specifici che ne renderebbero veloce la digestione. Quindi succede che grossi
frammenti peptidici di glutine passano integri nella mucosa intestinale
attivando la risposta immuno infiammatoria nei celiaci che sono soggetti
geneticamente predisposti.
Se noi immettiamo artificialmente questi enzimi che ci
mancano riusciremo a risolvere il problema. Su questo principio si basa l’impiego
di enzimi microbici, le prolil-endopeptidasi, in grado di idrolizzare ovvero
scomporre completamente le molecole di glutine presenti nell’alimento.
Questi enzimi microbici possono essere assunti contemporaneamente
al pasto e questa modalità è ancora in fase di sperimentazione.
Invece vi è una produzione commerciale di innovativi
prodotti da forno per celiaci presenti sul mercato nazionale derivate dal trattamento
diretto delle farine con enzimi microbici.
Solo recentemente si è scoperto che solo determinate
porzioni delle molecole di glutine, nell’intestino del celiaco, attivano i
linfociti infiammatori.
Questa scoperta ha dato luogo a una ricerca per verificare la
possibilità di bloccare preventivamente il processo attraverso un trattamento
enzimatico della farina e della semola di grano.
Questa metodologia, sviluppata e validata dai laboratori del
CNR, consiste nel legare covalentemente ed in maniera selettiva esteri di
lisina ai residui di glutammina coinvolti nell’attivazione dei linfociti,
bloccando così la risposta infiammatoria.
Sulla base di questi recenti risultati della ricerca, non
appare più improbabile che possa essere definitivamente superata in tempi brevi
la completa dipendenza da cibo privo di glutine.
Antonio Bruno
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