domenica 24 gennaio 2021

Carciofi del Salento leccese: nero a calice e tricasino spinoso

 Ed ecco il Nero a calice del Salento.




Benché quasi sconosciuta al di fuori dell’area di produzione, questa varietà di carciofo è coltivata da decenni nel territorio di Lecce e provincia: pochi esemplari in piccoli orti di famiglia, seguendo una tradizione tramandata da padre in figlio. La pianta è alta circa 120 cm, ha diametro di circa 1,5 m ed elevata attitudine pollonifera. Le foglie sono di colore verde scuro, semierette e lunghe intorno a 80 cm. Produce 8-10 capolini poco compatti. Le brattee interne sono di colore bianco-verdastro con lievi sfumature violette ed hanno una densità media. È un carciofo dalle forme molto particolari; infatti, le brattee esterne sono rivolte verso l’esterno e gli conferiscono l’aspetto di un fiore. Anche il colore viola molto intenso del capolino è piuttosto insolito.
Questa varietà locale di carciofo spesso prende il nome dalle diverse località in cui è diffuso (ad esempio, Nero di San Foca, Nero di Castrignano, Nero di Parabita, ecc.). Grazie ai piccoli agricoltori e alle famiglie che negli orti continuano a coltivare da molto tempo questa antica varietà di carciofo, oggi possiamo preservarla e tramandarla alle generazioni future.
Questa varietà locale, conservata ex situ nel campo catalogo dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (IBBR) del CNR di Bari, è stata caratterizzata dal punto di vista agronomico, morfologico e molecolare mediante marcatori SNP (variazione dei singoli nucleotidi del DNA) dall’IBBR-CNR.
Fonte: Biodiverso @BiodiverSO https://www.facebook.com/BiodiverSO/
  College pubblico



Le varietà Tricasino spinoso e Nero del Salento. In entrambi gli ecotipi, le squame si presentano dischiuse anche nelle primissime fasi vegetative e non solo a tarda maturazione come avviene per altre varietà. Questa caratteristica li rende particolarmente adatti ad essere consumati ripieni.

Ad oggi sopravvivono alcuni esemplari di queste piante negli orti privati, attestati sia nella cintura leccese, che nella zona di Tricase, ma anche nella Grecìa salentina e in altre zone.

"Nci ole pacenza cu mangi la scarcioppula" - Ci vuole pazienza per mangiare il carciofo

 

Francesca Casaluci © All rights reserved Salento Km0 2017 

fonte: https://www.salentokm0.com/it/antiche-varieta/carciofi-del-salento 


Coltura tradizionale dell’area mediterranea, il carciofo è stato presumibilmente domesticato in Italia meridionale o nord Africa e alcune evidenze scientifiche individuano in particolare la Sicilia come regione in cui si sarebbe passati dalla forma selvatica (il cardo selvatico) a quella che conosciamo e consumiamo oggi.

L’Italia è ricca di germoplasma di carciofo, infatti numerose sono le varietà diffuse dal sud al centro-nord e che, in base alla morfologia del capolino (l’infiorescenza immatura che mangiamo), sono state raggruppate in quattro tipologie principali: ‘Spinosi’, ‘Catanesi’, ‘Romaneschi’ e ‘Violetti’. I primi due tipi, dal capolino piccolo e di forma allungata, sono precoci o rifiorenti, cioè producono infiorescenze dall’autunno fino alla primavera inoltrata. I ‘Romaneschi’ (dai capolini grandi e tondeggianti o ellittici) e i ‘Violetti’ (con capolini piccoli e allungati) sono invece tardivi e la loro produzione è limitata al periodo primaverile.
A parte questi gruppi facilmente riconoscibili, ci sono poi altre varietà che non ricadono in tali tipologie e che presentano caratteri intermedi o differenti. Tra questi riscontriamo il ‘Carciofo nero del Salento’, che può prendere il nome dalle diverse località in cui è diffuso (ad es. ‘Nero di San Foca’, ‘Nero di Castrignano’, ecc.).

È un carciofo dalle forme molto particolari, infatti le brattee (foglie trasformate) che compongono il capolino sono estroflesse, cioè rivolte verso l’esterno, anche a maturità commerciale, e gli conferiscono un insolito e grazioso aspetto di fiore. L’abbondanza di pigmenti antocianici attribuisce a questo carciofo una intensa colorazione viola scuro.
Grazie ai piccoli agricoltori e alle famiglie che negli orti continuano a coltivare da molto tempo questa antica varietà di carciofo, oggi possiamo preservarla e tramandarla alle generazioni future. Così come altre varietà di cui la Puglia è ricca e che con il progetto BiodiverSO contribuiremo a salvaguardare.

Fonte: https://biodiversitapuglia.it/carciofo-nero-del-salento-varieta-locale-tutto-particolare/

il carciofo Tricasino spinoso. È presente nel Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase. Il colore del capolino va dal viola scuro al verde scuro. Le brattee, che terminano con una spina più o meno evidente, sono dischiuse già nelle prime fasi vegetative e non in avanzato stato di maturazione come avviene per altre varietà soprattutto quando le temperature sono alte (come nell'altra foto del carciofo Brindisino). Questa peculiarità lo fa prediligere per essere consumato ripieno. La pianta ha un habitus ampio e vigoroso, di tipo semi-assurgente. È denominato anche Carciofo nero a calice.

Questo è il carciofo Tricasino spinoso. È presente nel Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Sant…



Pubblicato il 8 gennaio 2020

Questo è il carciofo Tricasino spinoso. È presente nel Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase. Il colore del capolino va dal viola scuro al verde scuro. Le brattee, che terminano con una spina più o meno evidente, sono dischiuse già nelle prime fasi vegetative e non in avanzato stato di maturazione come avviene per altre varietà soprattutto quando le temperature sono alte (come nell'altra foto del carciofo Brindisino). Questa peculiarità lo fa prediligere per essere consumato ripieno. La pianta ha un habitus ampio e vigoroso, di tipo semi-assurgente. È denominato anche Carciofo nero a calice.

Fonte: https://biodiversitapuglia.it/fbpost/questo-e-il-carciofo-tricasino-spinoso-e-presente-nel-parco-naturale-regionale-costa-otranto-sant/ 

https://www.facebook.com/701832259841341/posts/2886010581423487 

RECUPERO DEL GERMOPLASMA DEL CARCIOFO TRICASINO.

10 Dicembre 2015, 1:02

 

di Concetta Lotti

 

TRICASE – Durante le ricognizioni territoriali effettuate dal DiSSPA, in collaborazione con i Partner diretti collaboratori nel progetto BiodiverSO, si incontrano donatori di germoplasma che, con passione e amore per l’antico, le tradizioni e le culture popolari, la campagna e la natura, sono riusciti, anche inconsapevolmente, a salvaguardare e conservare le risorse genetiche agrarie. Essi, di fatto, pongono in essere la possibilità per i genetisti agrari ed i miglioratori vegetali di recuperare geni coinvolti nel controllo di caratteri morfologici, bio-agronomici e di resistenza agli stress biotici ed abiotici, che potranno essere valorizzati con la conduzione di futuri programmi di miglioramento genetico realizzati per vari scopi.

 

È nostra intenzione presentarvi questi personaggi, le loro convinzioni e idee sull’agricoltura, mostrandovi il loro attaccamento ai luoghi in cui loro e i loro avi hanno realizzato per decenni l’orticoltura pugliese.

 

 

 

È bene evidenziare come non sempre detti orticoltori siano dei biopatriarchi; anzi, durante una missione di esplorazione condotta nel Salento con i tecnici dell’Agriplan S.r.l abbiamo avuto il piacere di incontrare a Tricase i Sigg. Irene e Carlo Panico, professionisti che gestiscono con orgoglio e fierezza di altri tempi un agriturismo con annesso orto ereditato dal nonno.

 

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Nella “Masseria di Nonno Tore”, oltre a gustare alcuni prelibati e antichi piatti tipici salentini, è stato possibile rintracciare e acquisire genotipi di meloncella salentina e ceci neri. Ma, fatto più importante, è che dopo qualche giorno dal nostro primo incontro abbiamo ricevuto una richiesta di nuovo intervento da parte di Irene e Carlo poichè questa gentile coppia aveva maturato l’intenzione di farci una sorpresa mostrandoci un piccolo e prezioso scrigno segreto nascosto nella loro masseria.

 

 

 

Infatti, in essa permane un clone di carciofo tricasino spinoso pervenuto a Carlo e Irene dal loro bisnonno, quindi datato all’incirca al 1846, che noi abbiamo fotografato, raccogliendo gli ultimi capolini e ricevendo la promessa ed il loro permesso a che il DiSSPA possa propagare il clone, ricoverandolo e conservandolo “in vivo” presso l’Azienda Sperimentale Martucci dell’Università di Bari sita a Valenzano (Ba).

 

Foto-5

                         Trapianto carducci

Ai nostri simpatici e gentili amici Irene e Carlo vanno i nostri complimenti per come gestiscono la loro azienda e le coltivazioni in essa presenti e un ringraziamento per la loro collaborazione, semplicità, fiducia e amicizia che ci hanno voluto concedere e che noi salvaguarderemo e conserveremo gelosamente: grazie!

 

 

 

Foto-2

                      Prelievo carducci

Fonte: biodiversitapuglia.it

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