“I 70mila agricoltori che costano a tutti
noi la rinascita della Puglia”
Autore: Antonio Bruno
Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze
Forestali della Provincia di Lecce
C’è un numero che racconta molto
più di mille discorsi: 70.000. Sono gli
agricoltori pugliesi che, con la nuova riforma della Politica Agricola Comune
(PAC) 2028–2034, rischiano di restare senza sostegno e senza prospettive. La
Commissione europea ha proposto di ridurre i fondi agricoli del 20%, passando
da 386 a 302 miliardi di euro complessivi. Per l’Italia, la perdita
attesa è attorno ai 4 miliardi; per la Puglia, una delle regioni agricole più
esposte d’Europa, significa un colpo potenziale a circa un sesto della forza lavoro rurale regionale.
Quanto ci costa ogni agricoltore
Facciamo due conti semplici ma
impietosi. Il bilancio della nuova PAC — 300 miliardi in sette anni — sarà
finanziato da circa 450 milioni di contribuenti europei,
su un PIL complessivo di 17.000 miliardi di euro. In media, ogni cittadino
europeo “paga” circa 95 euro l’anno per la
PAC. Tradotto in scala pugliese, il sostegno medio diretto a ciascun
agricoltore pugliese vale tra 2.500 e 3.000 euro annui —
meno della metà di quanto serve a garantire un salario agricolo minimo
dignitoso.
Ma cosa accadrebbe se quei soldi,
anziché disperdersi in contributi e burocrazia, venissero trasformati in posti di lavoro pubblici per la cura e
la rigenerazione del paesaggio rurale?
La proposta: una gestione
pubblica del paesaggio
Immaginiamo un piano regionale
alternativo: con un investimento medio di 30.000 euro l’anno per
ciascun posto di lavoro (tra salario, formazione e strumenti),
servirebbero 2,1 miliardi di euro annui per
assumere 70.000 lavoratori nella gestione ambientale, nel recupero dei suoli,
nella tutela idrogeologica e nella manutenzione delle aree rurali.
Se si dirottasse anche solo il 10% del budget PAC
europeo (30 miliardi euro/anno) in un simile programma di “lavoro
verde”, si potrebbero garantire oltre un milione di posti di
lavoro nel continente, di cui decine di migliaia nel Mezzogiorno
italiano.
Analisi di fattibilità economica
Il progetto non è un’utopia
contabile. Ogni anno la PAC destina più di 50 miliardi di euro ai
sussidi agricoli diretti. Spostarne una parte verso la gestione pubblica del paesaggio rurale, coordinata da enti
regionali e cooperative di comunità, aumenterebbe il moltiplicatore economico:
da un attuale rendimento stimato di 0,7 euro per ogni euro
investito (in termini di PIL agricolo) a 1,5 euro se reinvestito in occupazione e manutenzione
ecologica.
La Puglia, con i suoi 4 milioni di ettari di superficie agricola, potrebbe
diventare un laboratorio di “New Deal rurale”,
fondato sul lavoro stabile e sulla rigenerazione ambientale.
Oltre la PAC: una politica per la
dignità
La vera rivoluzione non sta nel
cambiare le cifre, ma nel cambiare la logica. Oggi la PAC paga per “non
produrre troppo”; domani deve pagare per “custodire meglio”.
Il paesaggio, l’acqua, la biodiversità, i muretti a secco e gli uliveti
monumentali sono beni comuni, non costi. Se un
cittadino europeo pagasse lo stesso 95 euro l’anno, ma sapendo che servono
a dare lavoro, bellezza e sicurezza ambientale a chi
abita le campagne, nessuno griderebbe allo spreco: sarebbe un investimento
collettivo nel futuro.
In Puglia, questa visione
potrebbe significare 70.000 nuovi lavori utili,
stabili e sostenibili, al posto di 70.000 sussidi precari. Sarebbe la
prima vera riforma agricola europea del XXI secolo.
Analisi di costi e benefici di un piano pubblico per il
lavoro rurale in Puglia
Un piano pubblico per il lavoro
rurale in Puglia potrebbe rappresentare una delle politiche più strategiche per
coniugare occupazione, gestione ambientale e sviluppo del territorio.
L’analisi dei costi e benefici, basata sui dati dei documenti regionali e sui
Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) , mostra un potenziale bilancio economico e
sociale positivo nel medio periodo, a patto di un’attenta pianificazione
finanziaria.
Stima dei costi
Un programma regionale per la
“gestione pubblica del paesaggio rurale” che impieghi 70.000 lavoratori (il numero stimato di agricoltori
pugliesi coinvolti dai tagli PAC) avrebbe:
·
Costo
medio annuo per addetto: circa 30.000 euro, comprensivi di salario,
contributi, formazione e attrezzature.
·
Spesa
totale: circa 2,1 miliardi di euro l’anno,
equivalente al 15% del budget PAC italiano o all’1,4% del PIL pugliese.
Il finanziamento potrebbe
derivare da:
·
una riconversione parziale dei fondi PAC destinati ai
sussidi diretti (attualmente circa 50 miliardi annui in Europa) ;
·
risorse statali legate alla Strategia Nazionale Aree
Interne (SNAI) e al Piano Strategico PAC
2023–2027 ;
·
fondi europei “Green Deal” e “Next Generation EU” ancora non interamente
utilizzati per l’adattamento climatico e la resilienza rurale.
Benefici economici
·
Occupazione
diretta e indotta
Ogni euro investito in manutenzione ambientale e rigenerazione paesaggistica
genera un moltiplicatore economico tra 1,3 e 1,6. Questo significa un
ritorno economico tra 2,7 e 3,3 miliardi di euro l’anno
in reddito locale, filiere agricole integrate e servizi rurali.
·
Riduzione
dei costi ambientali
Interventi di tutela del suolo e gestione idrogeologica ridurrebbero del 30–40%
i danni legati a erosione, incendi, dissesto e Xylella, che costano oggi oltre 500 milioni di euro annui alla regione.
·
Rilancio
turistico e filiere locali
Progetti simili, come l’intervento “Custodi del patrimonio rurale del Salento
di Mezzo” , hanno mostrato un aumento del 20% del turismo rurale e delle
attività connesse alla fruizione del paesaggio.
Benefici sociali e territoriali
·
Riduzione
dello spopolamento rurale
Creare lavoro stabile nelle aree interne rallenterebbe l’esodo verso le città,
già ridotto del 6% grazie agli interventi dei precedenti PSR.
·
Valorizzazione
culturale e ambientale
La gestione pubblica e partecipata restituirebbe ai cittadini un ruolo attivo
nella tutela del paesaggio, considerato “bene comune” dalla pianificazione
regionale.
·
Inclusione
e formazione
Il modello potrebbe integrare giovani, donne e migranti in progetti formativi
finanziati dalla PAC e dal Fondo Sociale Europeo, favorendo l’innovazione
sociale.
Bilancio costi-benefici
complessivo
|
Voce |
Stima annua (€ mld) |
Note |
|
Costo complessivo del piano |
2,1 |
70.000 occupati, salario e gestione |
|
Benefici economici diretti |
2,7–3,3 |
PIL, domanda interna, filiere |
|
Benefici ambientali e sociali |
0,5 |
minori danni e costi ambientali |
|
Saldo stimato netto |
+1,1 |
ritorno medio del 50% sull’investimento |
Conclusione
Il piano pubblico per il lavoro
rurale in Puglia è economicamente sostenibile e socialmente lungimirante, purché venga concepito come programma permanente di manutenzione territoriale e
non come misura assistenziale.
Non creerebbe solo occupazione, ma un nuovo modello di sviluppo territoriale in
cui l’ambiente paga i salari: il paesaggio diventa la fabbrica
del futuro pugliese.

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