mercoledì 22 ottobre 2025

“I 70mila agricoltori che costano a tutti noi la rinascita della Puglia”

 


“I 70mila agricoltori che costano a tutti noi la rinascita della Puglia”

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della Provincia di Lecce

 

C’è un numero che racconta molto più di mille discorsi: 70.000. Sono gli agricoltori pugliesi che, con la nuova riforma della Politica Agricola Comune (PAC) 2028–2034, rischiano di restare senza sostegno e senza prospettive. La Commissione europea ha proposto di ridurre i fondi agricoli del 20%, passando da 386 a 302 miliardi di euro complessivi. Per l’Italia, la perdita attesa è attorno ai 4 miliardi; per la Puglia, una delle regioni agricole più esposte d’Europa, significa un colpo potenziale a circa un sesto della forza lavoro rurale regionale.​


Quanto ci costa ogni agricoltore

Facciamo due conti semplici ma impietosi. Il bilancio della nuova PAC — 300 miliardi in sette anni — sarà finanziato da circa 450 milioni di contribuenti europei, su un PIL complessivo di 17.000 miliardi di euro. In media, ogni cittadino europeo “paga” circa 95 euro l’anno per la PAC. Tradotto in scala pugliese, il sostegno medio diretto a ciascun agricoltore pugliese vale tra 2.500 e 3.000 euro annui — meno della metà di quanto serve a garantire un salario agricolo minimo dignitoso.​

Ma cosa accadrebbe se quei soldi, anziché disperdersi in contributi e burocrazia, venissero trasformati in posti di lavoro pubblici per la cura e la rigenerazione del paesaggio rurale?


La proposta: una gestione pubblica del paesaggio

Immaginiamo un piano regionale alternativo: con un investimento medio di 30.000 euro l’anno per ciascun posto di lavoro (tra salario, formazione e strumenti), servirebbero 2,1 miliardi di euro annui per assumere 70.000 lavoratori nella gestione ambientale, nel recupero dei suoli, nella tutela idrogeologica e nella manutenzione delle aree rurali.
Se si dirottasse anche solo il 10% del budget PAC europeo (30 miliardi euro/anno) in un simile programma di “lavoro verde”, si potrebbero garantire oltre un milione di posti di lavoro nel continente, di cui decine di migliaia nel Mezzogiorno italiano.


Analisi di fattibilità economica

Il progetto non è un’utopia contabile. Ogni anno la PAC destina più di 50 miliardi di euro ai sussidi agricoli diretti. Spostarne una parte verso la gestione pubblica del paesaggio rurale, coordinata da enti regionali e cooperative di comunità, aumenterebbe il moltiplicatore economico: da un attuale rendimento stimato di 0,7 euro per ogni euro investito (in termini di PIL agricolo) a 1,5 euro se reinvestito in occupazione e manutenzione ecologica.​
La Puglia, con i suoi 4 milioni di ettari di superficie agricola, potrebbe diventare un laboratorio di “New Deal rurale”, fondato sul lavoro stabile e sulla rigenerazione ambientale.


Oltre la PAC: una politica per la dignità

La vera rivoluzione non sta nel cambiare le cifre, ma nel cambiare la logica. Oggi la PAC paga per “non produrre troppo”; domani deve pagare per “custodire meglio”.
Il paesaggio, l’acqua, la biodiversità, i muretti a secco e gli uliveti monumentali sono beni comuni, non costi. Se un cittadino europeo pagasse lo stesso 95 euro l’anno, ma sapendo che servono a dare lavoro, bellezza e sicurezza ambientale a chi abita le campagne, nessuno griderebbe allo spreco: sarebbe un investimento collettivo nel futuro.

In Puglia, questa visione potrebbe significare 70.000 nuovi lavori utili, stabili e sostenibili, al posto di 70.000 sussidi precari. Sarebbe la prima vera riforma agricola europea del XXI secolo.

Analisi di costi e benefici di un piano pubblico per il lavoro rurale in Puglia

Un piano pubblico per il lavoro rurale in Puglia potrebbe rappresentare una delle politiche più strategiche per coniugare occupazione, gestione ambientale e sviluppo del territorio. L’analisi dei costi e benefici, basata sui dati dei documenti regionali e sui Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) , mostra un potenziale bilancio economico e sociale positivo nel medio periodo, a patto di un’attenta pianificazione finanziaria.​


Stima dei costi

Un programma regionale per la “gestione pubblica del paesaggio rurale” che impieghi 70.000 lavoratori (il numero stimato di agricoltori pugliesi coinvolti dai tagli PAC) avrebbe:

·         Costo medio annuo per addetto: circa 30.000 euro, comprensivi di salario, contributi, formazione e attrezzature.​

·         Spesa totale: circa 2,1 miliardi di euro l’anno, equivalente al 15% del budget PAC italiano o all’1,4% del PIL pugliese.

Il finanziamento potrebbe derivare da:

·         una riconversione parziale dei fondi PAC destinati ai sussidi diretti (attualmente circa 50 miliardi annui in Europa) ;​

·         risorse statali legate alla Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) e al Piano Strategico PAC 2023–2027 ;​

·         fondi europei “Green Deal” e “Next Generation EU” ancora non interamente utilizzati per l’adattamento climatico e la resilienza rurale.


Benefici economici

·         Occupazione diretta e indotta
Ogni euro investito in manutenzione ambientale e rigenerazione paesaggistica genera un moltiplicatore economico tra 1,3 e 1,6. Questo significa un ritorno economico tra 2,7 e 3,3 miliardi di euro l’anno in reddito locale, filiere agricole integrate e servizi rurali.​

·         Riduzione dei costi ambientali
Interventi di tutela del suolo e gestione idrogeologica ridurrebbero del 30–40% i danni legati a erosione, incendi, dissesto e Xylella, che costano oggi oltre 500 milioni di euro annui alla regione.​

·         Rilancio turistico e filiere locali
Progetti simili, come l’intervento “Custodi del patrimonio rurale del Salento di Mezzo” , hanno mostrato un aumento del 20% del turismo rurale e delle attività connesse alla fruizione del paesaggio.​


Benefici sociali e territoriali

·         Riduzione dello spopolamento rurale
Creare lavoro stabile nelle aree interne rallenterebbe l’esodo verso le città, già ridotto del 6% grazie agli interventi dei precedenti PSR.​

·         Valorizzazione culturale e ambientale
La gestione pubblica e partecipata restituirebbe ai cittadini un ruolo attivo nella tutela del paesaggio, considerato “bene comune” dalla pianificazione regionale.​

·         Inclusione e formazione
Il modello potrebbe integrare giovani, donne e migranti in progetti formativi finanziati dalla PAC e dal Fondo Sociale Europeo, favorendo l’innovazione sociale.


Bilancio costi-benefici complessivo

Voce

Stima annua (€ mld)

Note

Costo complessivo del piano

2,1

70.000 occupati, salario e gestione

Benefici economici diretti

2,7–3,3

PIL, domanda interna, filiere

Benefici ambientali e sociali

0,5

minori danni e costi ambientali

Saldo stimato netto

+1,1

ritorno medio del 50% sull’investimento


Conclusione

Il piano pubblico per il lavoro rurale in Puglia è economicamente sostenibile e socialmente lungimirante, purché venga concepito come programma permanente di manutenzione territoriale e non come misura assistenziale.
Non creerebbe solo occupazione, ma un nuovo modello di sviluppo territoriale in cui l’ambiente paga i salari: il paesaggio diventa la fabbrica del futuro pugliese.

 

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