Autore:
Antonio Bruno
Istituzione:
Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della
Provincia di Lecce
È stato
pubblicato il Rapporto 2025 sullo sviluppo del verde pubblico, redatto
dal Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico, organismo di supporto
al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Siamo alla
quinta edizione di un documento che, anno dopo anno, racconta l’evoluzione
delle politiche del verde in Italia, ma anche i ritardi strutturali e le
disuguaglianze che ancora segnano il Paese.
Un’Italia che cresce… ma troppo lentamente
Dal 2014 al
2023 la superficie di aree verdi urbane accessibili è cresciuta, passando da 8,3
a 8,9 metri quadrati ogni 100 di superficie urbanizzata. Un progresso, sì,
ma a passo di lumaca. Dietro la media nazionale si celano forti differenze: si
passa dai 44 m² di Monza ai meno di 2 m² di Imperia e Crotone.
Un dato,
questo, che evidenzia come il “diritto al verde” resti un privilegio
geografico. E se sempre più Comuni monitorano il rischio di cedimento delle
alberature – dal 38,5% del 2014 al 68,8% del 2023 – persistono squilibri
tra Nord e Sud, a conferma di un’Italia divisa anche sul piano ambientale.
La forestazione urbana: da tema ambientale a questione
sociale
Il Rapporto
sottolinea come la forestazione urbana sia ormai riconosciuta quale
strumento strategico per contrastare i cambiamenti climatici, migliorare la
qualità dell’aria, ridurre le isole di calore e rafforzare l’equità sociale.
Una visione che trova eco anche nel nuovo Regolamento europeo sul ripristino
della natura, che impone agli Stati membri di mappare entro il 2030 le
aree da rinaturalizzare, comprese quelle urbane.
Le criticità: una legge ancora incompiuta
A oltre
dieci anni dall’entrata in vigore della Legge 10/2013, che avrebbe
dovuto porre le basi per una gestione moderna e sostenibile del verde urbano,
il quadro che emerge resta insoddisfacente.
Molti Comuni non hanno ancora adottato o aggiornato i Piani del verde,
le procedure di gestione risultano spesso poco trasparenti, la documentazione
tecnica è lacunosa e, soprattutto, il verde urbano non è ancora integrato
sistematicamente nei processi di pianificazione territoriale.
Il risultato
è un mosaico disomogeneo: Nord virtuoso, Sud e Isole in ritardo cronico.
🌿 Focus: la Provincia di Lecce, tra
potenzialità straordinarie e ritardi strutturali
Nel quadro
delle disuguaglianze territoriali descritte dal Rapporto 2025, la Provincia
di Lecce rappresenta un caso emblematico del Mezzogiorno: un territorio
ricco di biodiversità, patrimonio rurale e identità paesaggistica, ma
ancora debole nella governance del verde urbano e periurbano.
Secondo i
dati del Comitato, la superficie media di aree verdi fruibili per abitante
nella provincia si attesta attorno ai 4,5 m² pro capite, inferiore sia
alla media nazionale (8,9 m²) sia agli standard europei consigliati, che
oscillano tra 10 e 15 m² per abitante.
Un verde “diffuso”, ma poco connesso
La frammentazione
amministrativa – 97 Comuni distribuiti in un territorio ampio e articolato –
rende complesso costruire una strategia unitaria del verde. Lecce città
capoluogo mostra segnali di miglioramento: negli ultimi anni ha avviato
interventi di riqualificazione come il Parco delle Cave di Marco Vito,
la rigenerazione del Parco Tafuro e il potenziamento del verde lungo la Tangenziale
Est, in coerenza con i principi di forestazione urbana.
Tuttavia,
secondo il Rapporto, permane una carenza di pianificazione organica:
- solo il 35% dei Comuni
salentini ha adottato un Piano del verde;
- meno del 40% dispone di un
censimento arboreo aggiornato;
- in molti casi la manutenzione
del verde è ancora gestita in modo emergenziale o per affidamenti
diretti, senza visione di lungo periodo.
Le sfide della rigenerazione e del clima
Il Salento
vive in prima linea gli effetti del cambiamento climatico: estati sempre più
torride, suoli secchi, ondate di calore che si abbattono sui centri storici e
sulle aree urbanizzate.
L’assenza di infrastrutture verdi ombreggianti amplifica le criticità.
Come sottolineano i tecnici intervistati nel Rapporto, “ogni metro quadro di
verde pubblico in provincia di Lecce vale doppio”, per il suo ruolo nel
mitigare le temperature e migliorare la qualità dell’aria in un contesto
fortemente cementificato.
L’arboricoltura
urbana, inoltre, è stata duramente colpita dalla xylella fastidiosa,
che ha devastato milioni di ulivi, impoverendo il paesaggio e riducendo la
copertura vegetale anche nelle aree periurbane. Da qui nasce la necessità di ripensare
il paesaggio salentino, puntando su nuove specie autoctone resistenti e su
progetti di riconnessione ecologica.
Progetti e prospettive
Negli ultimi
tre anni, grazie a fondi PNRR e POR Puglia, sono stati avviati
diversi progetti pilota:
- la “Green Belt Lecce Sud”,
un sistema lineare di parchi e percorsi ciclo-pedonali che unisce
quartieri e periferie;
- interventi di forestazione
urbana a Nardò, Galatina e Casarano, con la messa a dimora di circa 15.000
nuovi alberi;
- iniziative di educazione
ambientale e cittadinanza attiva promosse dalle scuole e da
associazioni come Legambiente Lecce e Salento 2030.
Tuttavia, il
Rapporto sottolinea che “senza una cabina di regia provinciale e una regia
tecnica stabile”, questi interventi rischiano di rimanere episodici. La
proposta del Comitato è chiara: istituire un Tavolo Verde Salentino, in
coordinamento con la Regione Puglia, per uniformare criteri, standard e strategie
di gestione del verde pubblico.
Un laboratorio di rinascita
Nonostante
le criticità, Lecce e la sua provincia hanno tutte le carte per diventare un laboratorio
di rinascita verde nel Sud Italia. La ricchezza di spazi dismessi, la
presenza di un patrimonio rurale diffuso e la crescente sensibilità civica
potrebbero trasformarsi in una rete di micro-parchi di prossimità, orti
urbani e corridoi ecologici intercomunali.
Come evidenzia una nota del Comitato: “La sfida del Salento è passare da un
verde ornamentale a un verde funzionale: infrastruttura di salute, inclusione e
resilienza”.
Il diritto al verde come diritto di cittadinanza
«Il verde
urbano non è più un ornamento, ma una vera infrastruttura ambientale e sociale»,
sottolinea Barbara Negroni, consigliera del CONAF.
Eppure, ammonisce Negroni, il diritto al verde in Italia è ancora profondamente
iniquo: chi vive in una città del Nord gode di fino a venti volte più
aree verdi rispetto a chi risiede al Sud.
Per colmare
il divario serve, spiega, «uno scatto politico, amministrativo e tecnico.
Pianificare, progettare e curare il verde urbano con competenza scientifica e
visione sistemica è l’unica via per evitare che le città si limitino a
interventi frammentari».
Verso una nuova cultura della cura
Nelle parole
di Marco Visconti, presidente del Comitato per lo Sviluppo del Verde
Pubblico, emerge un invito alla responsabilità: «La Strategia nazionale del
Verde Urbano, avviata nel 2018, resta un riferimento prezioso. Ma serve
integrarla nei documenti di pianificazione locale per costruire un quadro
operativo multilivello».
La Legge
10/2013, pur restando il cardine normativo, va aggiornata per:
- chiarire gli obblighi degli
enti locali;
- introdurre criteri tecnici
omogenei e standard minimi di qualità ecologica urbana;
- promuovere i Criteri
Ambientali Minimi (CAM) e le buone pratiche di arboricoltura;
- attivare monitoraggi
permanenti e incentivi mirati;
- prevedere, dove necessario, sanzioni
proporzionate.
«La sfida –
conclude Visconti – non può più ridursi alla manutenzione, spesso frammentaria
o emergenziale: serve una cultura della cura, fondata sulla
pianificazione continua, la gestione consapevole e una progettualità di lungo
periodo».
🌱 Lecce laboratorio del Sud Verde
Nel mosaico
di un’Italia ancora divisa dal punto di vista ambientale, il Salento può
diventare un laboratorio di innovazione verde, un modello per le altre
province meridionali.
Qui, la sfida non è solo tecnica, ma culturale: trasformare il paesaggio
ferito dalla xylella in un nuovo ecosistema urbano e rurale, capace di
generare valore ambientale, economico e sociale.
Il futuro
verde del Salento passa da tre parole chiave: visione, rete e partecipazione.
Visione, per immaginare una città che integri verde e mobilità sostenibile;
rete, per unire Comuni, università, ordini professionali e cittadini;
partecipazione, perché la cura degli spazi verdi nasce dal senso di
appartenenza delle comunità.
Se Lecce
saprà guidare questa trasformazione, potrà diventare il simbolo di un Sud che
non insegue il Nord, ma propone un proprio modello di sviluppo ambientale
mediterraneo, fatto di sobrietà, bellezza e resilienza.
L’Italia verde che vorremmo
Il Rapporto
2025 ci ricorda che il verde pubblico non è un lusso, ma un diritto. E che
dietro ogni albero, ogni parco, ogni metro quadrato di terra restituito alla
natura, si gioca una parte della democrazia ecologica del nostro tempo.
Un’Italia
più verde non è solo più bella: è un’Italia più giusta, più sana, più viva.

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