Xylella, la verità che
non possiamo più ignorare
Autore:
Antonio Bruno
Istituzione:
Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della
Provincia di Lecce
Dodici
anni fa, un batterio invisibile ha cambiato per sempre il volto del Salento.
Gli ulivi, patrimonio millenario, hanno cominciato a disseccarsi uno dopo
l’altro, mentre l’incertezza e la disinformazione frenavano ogni azione
efficace. Oggi possiamo dirlo senza giri di parole: alcuni errori del passato
non devono più ripetersi.
Non
tutte le semplificazioni diffuse in questi anni hanno rispecchiato la realtà
scientifica. Non tutte le varianti del batterio sono innocue, e parlare di un
pericolo “quasi ininfluente” per alcune colture è una banalizzazione che
rischia di ingannare. Allo stesso modo, indicare il suolo come causa diretta
della malattia dimostra una comprensione incompleta del problema: la Xylella si
trasmette principalmente attraverso insetti vettori, e solo una gestione
attenta dell’ambiente e delle piante può contenerne la diffusione.
E
non possiamo permetterci ambiguità sulle varietà “resistenti”: alcune colture
tollerano il batterio, ma nessuna è immune. Confondere tolleranza con immunità
è un errore che può costare caro agli agricoltori.
Il
passato ci insegna anche che la disinformazione è stata un nemico potente
quanto il batterio stesso. Paure, teorie complottistiche e comunicazioni
imprecise hanno rallentato interventi mirati, aggravando perdite economiche e
sociali. La lezione è chiara: la scienza c’è, le conoscenze ci sono, i
protocolli ci sono. Quello che serve ora è coraggio, rigore e chiarezza.
Ma c’è un altro
insegnamento che non possiamo ignorare: la monocoltura è un rischio sistemico.
Il Salento, prima dell’arrivo della Xylella, era caratterizzato da un modello
olivicolo estremamente concentrato: nella sola provincia di Lecce,
l’olivicoltura occupava 97.329 ettari, pari al 60,4%
della Superficie Agricola Utilizzata (SAU), con 65.738
aziende dedite quasi esclusivamente a questa coltura. Questa
straordinaria specializzazione, se da un lato ha reso il territorio un simbolo
dell’olio extravergine di qualità, dall’altro ha creato le condizioni ideali
per la diffusione rapida di un patogeno come Xylella fastidiosa. Un paesaggio
agrario omogeneo, con scarsa diversificazione colturale e una rete
fitosanitaria fragile, è un ecosistema vulnerabile per definizione.
Oggi, il Piano
straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia ha
già finanziato la rigenerazione di circa 22.000 ettari
(tra espianto, reimpianto con varietà tolleranti e coltivazioni alternative),
su un totale di quasi 97.000 ettari interessati dalla
malattia. Tuttavia, come ho evidenziato in un mio studio, i
restanti 80.000 ettari — appartenenti a decine di migliaia di piccole
aziende non iscritte alla Camera di Commercio e quindi escluse dai bandi —
rischiano di essere lasciati indietro o, peggio, di essere rigenerati in modo
uniforme, replicando il modello monocolturale che ha reso il territorio così
suscettibile all’epidemia.
Spingere oltre gli
ettari già finanziati una rigenerazione basata esclusivamente sulla
sostituzione degli ulivi malati con nuovi impianti — anche se di varietà
tolleranti — senza una ristrutturazione profonda del sistema
agricolo salentino, significherebbe ignorare la lezione più importante
che Xylella ci ha impartito: la resilienza nasce dalla diversità.
Il mio documento richiama
con forza la necessità di un “piano agricolo-alimentare per il Salento”,
capace di integrare la rigenerazione olivicola in una visione più ampia,
coerente con il Green Deal europeo, la strategia Farm to
Fork e gli obiettivi di biodiversità 2030.
In particolare, in quel documento propongo:
·
la conversione al biologico
di tutta la SAU entro il 2030,
·
il blocco del consumo di suolo,
·
la promozione di distretti biologici
e di filiere agroalimentari diversificate,
·
il passaggio dall’economia circolare alla
bioeconomia circolare,
·
il rafforzamento del ruolo delle masserie
come presidi di tutela del paesaggio e della biodiversità.
Queste non sono
mere opzioni ideologiche: sono misure di sicurezza
fitosanitaria. Un territorio in cui coesistono oliveti, vigneti,
orticole, cerealicoltura e agrumicoltura — magari in sistemi agroforestali o
colture intercalari — è un territorio meno esposto a shock biologici. La
diversificazione non solo riduce la pressione selettiva sui patogeni, ma
aumenta la capacità di adattamento degli agricoltori ai cambiamenti climatici e
di mercato.
La Xylella non è
più solo una malattia da combattere: è un banco di prova per la nostra capacità
di ascoltare la scienza, di trasferirne i risultati sul territorio e di
costruire una resilienza reale. Non possiamo più permetterci mezze verità o
semplificazioni: il futuro dell’agricoltura, dell’ambiente e della nostra
identità dipende da quanto saremo capaci di applicare conoscenza e rigore,
finalmente senza alibi — e soprattutto, senza tornare alla
monocoltura che ci ha reso fragili.
Bibliografia
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olivicola della Puglia con considerazioni metodologiche e proposte concrete da
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Regione
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Recuperato da https://www.regione.puglia.it/web/rigenerazione-olivicola
Agronotizie
– Image Line Network. (2020, 24 agosto). Xylella, il piano di
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Governo
Italiano – Dipartimento per le Politiche Europee. (s.d.). Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Recuperato da http://www.politicheeuropee.gov.it/it/comunicazione/approfondimenti/pnrr-approfondimento/
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Commissione
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2030 – Riportare la natura nella nostra vita [COM(2020) 380 final].

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