Il
futuro del sistema agricolo salentino
audizione
pubblica per programmare lo sviluppo rurale 2014-2020
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Innanzitutto buona sera a tutti,
benvenuti nel nostro Istituto Agrario, Presta Columella.
Grazie
per aver accolto l'invito a partecipare a questa iniziativa
concordata con l'Assessorato alle politiche agricole della Regione.
Ringrazio
in modo particolare la presenza dell'Inea nella persona della
dottoressa Valentino, che è qui al mio fianco, e del dottore
Pallara.
Prima
di introdurre i lavori, volevo passare la parola al preside Livraghi
dell'Istituto che vorrà porgere il suo saluto e io approfitto per
ringraziarlo la disponibilità per la concessione dell'aula magna di
questo Istituto. Abbiamo ritenuto opportuno svolgere questo incontro
all'interno dell'unico Istituto Agrario di questa città proprio
perché è nell'interesse dell'incontro di questa sera fare in modo
che i giovani siano presenti e sentano più da vicino la problematica
di cui discuteremo e che rappresenterà sicuramente una opportunità
per il loro futuro.
Per
cui la scelta di una scuola viene dettata da questo, dalla necessità
di avvicinare il mondo della scuola con il resto della società sulle
tematiche che chiaramente riguardano gli aspetti di ogni famiglia.
Per
cui, ringraziando nuovamente il Presidente gli passo la parola per il
suo saluto. Grazie.
Preside
LIVRAGHI (Istituto Agrario Presta – Columella) – Sono Walter
Livraghi, da qualche anno sono il dirigente di questo Istituto. Uno
degli obiettivi che ero posto all’inizio, e per questo abbiamo
composto un Comitato Tecnico Scientifico, era quello di aggiornare un
po' tutta la didattica all'interno della scuola.
Gli
argomenti che verranno trattati, ne discutevo con i docenti, sono
veramente interessanti. Queste priorità di intervento per lo
sviluppo saranno oggetto di discussione nell'ambito del Comitato
Tecnico Scientifico per introdurre una nuova didattica all'interno e
per collegarsi maggiormente al territorio. È uno sforzo perché poi
bisogna passare attraverso le problematiche dell’insegnamento.
I
ragazzi delle classi quinte, in questi giorni in particolare, si sono
interessati a un problema che è stato trattato sui giornali, il
Quotidiano, che riguardava l'olivo. Quest'anno, se non erro, abbiamo
scelto come coltura particolare da trattare all’interno delle
classi terminali la coltura dell'olivo. Era stato già scelto da noi
attraverso il Comitato Tecnico Scientifico. Ci siamo interessati di
questa problematica.
C'è
un docente della scuola, il professore Mello, che vorrebbe avere un
piccolo spazio che esporre queste osservazioni che abbiamo fatto sul
campo, giusto per comunicare che la scuola si muove sul territorio e
cerca di stare al passo con le problematiche dello stesso.
Vi
ringrazio per la presenza. Spero che venga segnalata anche per altre
occasioni, sarò sempre disponibile perché l'apertura al territorio
è anche questo.
Stanno
intervenendo i ragazzi, stanno entrando in aula, li farò venire
tutti su. Me ne aspettavo un po' di più, però al pomeriggio è un
po' più pesante anche per loro. Vi ringrazio anticipatamente di
questa presenza. Diamo inizio ai lavori.
Ci
sarà la possibilità che venga l'assessore Del Vino, solo che era
impegnato a Bari questa mattina, non sa se riuscirà a venire. È
affezionato anche lui alla scuola, ci tiene.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, Preside.
Chiaramente
noi cogliamo l'invito di realizzare altri incontri ed altri eventi
all'interno della vostra scuola perché ritengo che sia fondamentale
questo coinvolgimento.
È
il caso di entrare nel merito dell'incontro di questa sera. Molto
probabilmente arriveranno altre persone. Vedo una buona presenza.
Vedo la presenza in modo particolare delle organizzazioni di
categoria, che ringrazio per aver colto questo invito, ma ritengo che
il mondo dell'agricoltura oggi stia attraversando un momento
importante che è quello di doversi presentare in maniera coesa per
imprimere coraggio, speranza, in modo particolare alle nuove
generazioni che saranno il futuro delle programmazioni su cui tra
l'altro andremo a discutere da qui a breve.
Dicevo
un incontro importante voluto chiaramente nell'ambito della
programmazione regionale proprio per evitare nello specifico quelli
che sono stati gli errori del passato, nonché ancora attuale
programmazione, per ragionare su quelli che sono stati i punti di
debolezza e di forza e quindi affrontare la nuova programmazione con
quelle che sono le reali esigenze che abbiamo qui nel territorio
salentino.
Per
questo abbiamo invitato le associazioni a contattare i loro aderenti
per fare in modo che ci sia una buona presenza di produttori in sala,
mi auguro che ne arriveranno altri, perché è fondamentale. Capisco
che farlo su Lecce non è sempre facile. Lecce è il nostro
capoluogo, abbiamo pensato di trasferirci qui non solo per l’aspetto
del coinvolgimento della scuola, ma per aspetti logistici. Molto
spesso se si fa nel centro della città si ha difficoltà ad arrivare
per le problematiche relative ai parcheggi.
Molta
parte del mondo della produzione, che magari si trova nel Capo di
Leuca, spesso ha difficoltà a raggiungere il capoluogo. Si era
pensato di fare l'incontro in un'altra località, ci auguriamo di
poterlo fare in una seconda fase. Oggi abbiamo organizzato presso
l'Istituto Presta, ci auguriamo che buona parte del centro e del nord
Salento possa essere qui presente. Come mi auguro che ci siano i
produttori della zona che in giorni sono preoccupati, ma credo che
sia una preoccupazione di tutto il mondo agricolo salentino, con
riferimento alla zona di Parabita, Taviano, Alezio, Matino, che vede
sotto i propri occhi una estensione preoccupante di circa 8.000
ettari di oliveto attaccato da un “male oscuro”, così viene
definito.
Siccome
chiaramente quest'oggi avevamo già programmato questo incontro
perché questo era un incontro che deve, mi auguro, soffermarsi nello
specifico nella nuova programmazione, non è un caso che abbiamo qui
con noi i rappresentanti dell'Inea, che è l'Istituto che in avuto
l'incarico da parte dell'Assessorato regionale insieme allo Iam di
Valenziano di redigere il documento. È un documento che dovrà
essere condiviso con i territori.
Loro
hanno creato il layout, la cornice su cui chiaramente noi dovremmo in
qualche maniera dare dei nostri suggerimenti, mettere in evidenza
quelle che sono le nostre esigenze, quello che noi vogliamo nel
prossimo futuro nel comparto olivicolo e non solo, del Salento.
In
questi giorni siamo sotto pressione, sotto tensione. Con grande ansia
molti produttori vivono questo momento con riferimento al problema di
questo killer che sta si fatto distruggendo buona parte della nostra
olivicoltura, che rappresenta per questo territorio una ricchezza.
Quest’oggi abbiamo ritenuto opportuno produrvi un libro sul lavoro
che abbiamo svolto nell'ufficio statistica della nostra Provincia
insieme all'Istat durante l'ultimo censimento, il sesto censimento
dell'agricoltura del 2010. Da questo censimento si evincono dati
importanti da cui partire per la discussione eventuale di quello che
questo territorio si auspica con la prossima programmazione.
Questi
dati evidenziano che la Provincia di Lecce continua a investire in
olivicoltura. Il 92% circa del nostro territorio è olivetato. Il che
significa che i produttori ci credono, la Regione ci crede
altrettanto, non è un caso che la Regione partecipi con circa 50
milioni di proprie risorse, oltre alle altre risorse provenienti dai
fondi comunitari, per far sì che questo prodotto non soltanto
rappresenti una presenza del nostro paesaggio, del nostro territorio,
sia per la salvaguardia dello stesso ma anche per quello che
rappresenta in termini di economia del Salento stesso, ma questo
settore, questo comparto necessita in qualche maniera di avere
maggiori attenzioni sulla base di quella che potrà essere la
prossima programmazione. I dati del censimento evidenziano questo
aumento in controtendenza da altre parti anche della stessa Regione
Puglia.
Ulteriore
dato che evidenzia il censimento è chiaramente la conduzione
familiare per la maggior parte dei casi. L'altro elemento
preoccupante a mio avviso che mette in evidenza il censimento è che
l'età media dei nostri agricoltori è di circa 65 anni. Questo è un
ulteriore elemento su cui dobbiamo ragionare per capire quale
direzione dare a un comparto che è fondamentale per questo nostro
territorio.
Un
ulteriore aspetto che viene messo in evidenza in questo lavoro che
abbiamo prodotto è quello che è quasi totalmente assente la
zootecnia, c'è una molto lieve produzione di ortaggi. A mio avviso
questo territorio deve iniziare a ragionare sullo sviluppo coeso,
cioè quello di creare un sistema imprenditoriale che diventa
necessario e fondamentale per lanciare quel messaggio alle nuove
generazioni di credere nel settore, nel comparto, di avere coraggio
nell'investire per sperare di poter insieme a un altro segmento
fondamentale del Salento, che è rappresentato dal turismo, creare i
presupposti per una opportunità occupazionale e di tranquillità per
quanto riguarda le famiglie stesse.
Questa
problematica del male oscuro. In questi giorni, vi do le notizie
dell'ultima ora, la preoccupazione è condivisa un po' da tutti,
chiaramente sapete che l'assessorato regionale ha istituito un
tavolo, una cabina di regia, che sta lavorando insieme
all'Osservatorio Fitosanitario della Regione, insieme alle Università
di Foggia, a quella di Bari, so che è stata coinvolta l'Università
del Salento nella persona del professor De Bellis. Hanno già avuto
degli incontri in tal senso, però dai dati e dalle notizie
dell'ultima ora so che hanno fatto diversi prelievi, non soltanto ma
di rami e quant'altro. Sono venuti circa due settimane fa sul
territorio colpito da questo problema e stanno vagliando le diverse
ipotesi. A quest'ora vi posso dire che ancora non si è certi di
quello che può essere, né di si sa da che cosa sia provenuto e come
si potrà eventualmente affrontare il problema.
Molto
probabilmente - l'unica cosa che mi hanno detto - potrebbe essere un
aspetto fitopatologico, con riferimento a insetti e quant'altro, però
di questo ancora non hanno certezza proprio perché vogliono
confrontare i vari dati che i vari a laboratori stanno elaborando. Mi
hanno detto pure che il 3 ottobre l'assessore Nardoni ha convocato
qui su Lecce, e sta facendo in queste ore le convocazioni, il tavolo
per ragionare sui risultati delle analisi perché per quella data
dovrebbero avere una idea più chiara e quindi potrebbero esprimersi
in maniera più trasparente. Questo è quello che posso dirvi con
riferimento a questa materia. Capisco benissimo che molti sono qui
presenti anche per questo problema.
È
un aspetto molto serio di cui dobbiamo chiaramente tenere conto su
quelle eventualmente saranno le nostre ipotesi per quanto riguarda la
nuova programmazione con riferimento a queste problematiche.
In
tutti questi anni le varie Op hanno avuto opportunità di combattere
contro le varie malattie (lebbra, mosca), di questo fenomeno ci si è
accorti solo di recente. Va capito esattamente quello che è accaduto
e come mai di questa problematica non si sia avuto riscontro in
maniera immediata, evidentemente è un qualcosa che è sfuggito al
controllo. Saranno gli esperti che ce ci diranno esattamente il
problema e di come poterlo affrontare. L'unica cosa che mi hanno
detto è che dai loro primi riscontri sanno già come poter
prevenire. Questa è l'unica notizia positiva che ho avuto per
cercare di tranquillizzare un po' l'ambiente perché in questi giorni
sicuramente si è creato allarmismo, non dico che non vada creato,
per carità, il problema è abbastanza serio, ma prima di poter
esprimere, prima di poter dire che cosa è aspettiamo che la scienza
ci dica quello effettivamente è per poter fare congetture o
interventi vari che nel mondo del commercio suggerisce in maniera
errata.
Da
questo punto di vista io ritengo e riterrei, poi chiaramente i vari
interventi entreranno su questo aspetto, ma per quanto mi riguarda
questa sera non voglio aggiungere altro, anche perché non ho altro
da aggiungere a quello che vi ho detto poco fa.
Entro
nel vivo dell'argomento di quest'oggi. Sapete benissimo che la
programmazione futura rappresenta sicuramente una grossa opportunità
per quanto riguarda il rilancio dell'agroalimentare salentino. È il
momento di creare quel governo necessario che spesso ha
caratterizzato una azione non poco efficiente del comparto agricolo.
Dico questo proprio perché comunque nel passato ci sono stati
ritardi, eccessi di burocrazia, mancanza di strategie. È
fondamentale, invece, puntare e fare delle scelte per la crescita e
la ripresa del settore, che chiaramente le linee, le priorità che
vengono evidenziate dal documento programmatico, su cui meglio di me
si soffermeranno i rappresentanti dell'Inea, individua in sei
priorità. Sei priorità che sono fondamentali e che nascono da una
necessità di coinvolgimento territoriale per poter elaborare le
opportunità.
C'è
la necessità di perseguire una strategia di sistema basata su una
visione più ampia, più lungimirante che consenta un utilizzo
ottimale delle risorse, non più quella necessità di erogare le
risorse a pioggia. Quello che dobbiamo comprendere come territorio è
che dobbiamo puntare su quello che può favorire lo sviluppo di una
intera filiera che deve puntare al mondo della produzione nello
specifico, all'aggregazione del mondo della produzione. Quello che
abbiamo visto e che vediamo tutt'oggi con le risorse della
programmazione in atto è aver favorito opportunità importanti,
molto spesso il singolo ma non il comparto per quello che rappresenta
nella sua complessità, nella sua unicità. Da qui nasce la
possibilità di individuare forme diverse di progettazione che
possono creare queste opportunità.
C'è
stato un limite di visione nella programmazione precedente su cui
chiaramente questa programmazione deve puntare. Quando dico un limite
di previsione è perché effettivamente sono mancate le strategie di
sviluppo dell'intera filiera, dell'intero comparto agricolo, che non
è esclusivamente il settore olivicolo.
Noi
dobbiamo iniziare a ragionare su tutto quello che rappresentano i
prodotti di questa terra e ce ne sono tanti, molti sono in via di
estinzione, ma c'è un richiamo fortissimo a un ritorno di alcuni
prodotti, anche perché, non è un caso, molti dei nostri ristoratori
o dei nostri istituti alberghieri e agrari propongono come prodotto
importante di questo nostro territorio. La necessità, quindi, di
creare una efficienza, di fare in modo che l'intera filiera del
comparto agricolo possa ottenerne dei vantaggi.
Purtroppo
ciò non è avvenuto nella passata programmazione, tutto si è
tradotto nella consueta corsa alla spesa, soprattutto dei residui
delle risorse. Noi sappiamo che a fine anno ogni anno chi ottiene dei
finanziamenti viene sollecitato, sia il privato che i gruppi di
azione locale, che gli enti pubblici vengono sollecitati a fare
spesa. Questo purtroppo a scapito della qualità della spesa.
Ecco
su questa tematica a mio avviso vi è una necessità di soffermarci
per far sì che la spesa possa essere efficace e che possa produrre
risultati al territorio nel suo complesso.
Altro
aspetto. Nell'ambito delle priorità vengono intraviste quella della
competitività che passa attraverso l'innovazione, attraverso
l'organizzazione delle filiere e attraverso gli investimenti
produttivi. Questo è fondamentale perché nella sfida in cui ci
troviamo della globalizzazione questo è un territorio che deve
dialogare non soltanto con i vari segmenti e con i vari addetti ai
lavori, ma deve puntare su quello che oggi viene richiesto in modo
specifico dal mercato. Purtroppo siamo in un mercato libero e
dobbiamo ragionare in questi termini, dobbiamo ragionare chiaramente
anche in termini di profitto. Sicuramente è un territorio vocato a
far sì che si salvaguardino molte parti nel nostro territorio, che
ci sia una difesa del nostro paesaggio. Nell'ambito di questo
dobbiamo trovare delle politiche innovative che non soltanto
salvaguardino questo nostro territorio ma che creino quelle
opportunità, quelle politiche di sostenibilità per poter
chiaramente creare e profitti e delle opportunità.
La
necessità di trovare sistemi organizzativi, commerciali,
comunicativi, quindi innovare questi stessi sistemi con una visione
integrata, con ricerca, formazione e conoscenza diventa oggi un
aspetto su cui chiaramente dobbiamo puntare per rilanciare il nostro
territorio. Come anche la riorganizzazione delle filiere per avere
opportunità di sviluppo in quello che oggi definiamo tutti
internazionalizzazione, diventa un altro obiettivo e scopo. Ma questo
lo si raggiunge se il mondo della produzione volta pagina, punta a un
ricambio culturale e quindi all'aggregazione.
Non
è un caso che le priorità del PSR finanziano nello specifico le
organizzazioni di produttori, gli organismi interprofessionali. Per
cui sono aspetti su cui sicuramente questo territorio è chiamato a
ragionare per poter avere una opportunità.
L'altro
aspetto è il ruolo dei giovani. Abbiamo visto nella scorsa
programmazione circa duemila imprese di giovani sono nate grazie ai
Pif. Chiaramente vi è la necessità per i nostri giovani di avere
facilitazioni per acquistare terreni. Purtroppo non molti sono
proprietari. Volendo investire in agricoltura hanno difficoltà
perché non sono proprietari di terreni. Per cui l'invito, la
necessità degli enti, dei Comuni di mettere a disposizione di
giovani che si costituiscono in cooperative delle aree dismesse. Può
essere anche questa una opportunità per fare in modo che le
politiche e il ruolo dei giovani possano essere determinanti nello
sviluppo dell’agricoltura regionale e salentina nello specifico.
Ho
parlato di ambiente e ho parlato di paesaggio. Non è un caso che la
tematica che ci vede questa sera con riferimento al male oscuro
diventa fondamentale. Vediamo da troppo tempo un abbandono delle
nostre campagne a causa sicuramente dell'età nei nostri agricoltori
che hanno difficoltà a continuare quel lavoro di manutenzione che
nel passato riuscivano a fare e a portare aventi, sia difficoltà di
età che difficoltà economiche, con riferimento alla notevole
parcellizzazione del nostro territorio, che quindi non produce
reddito. Da qui la necessità delle aggregazioni per creare economie
di scala nell'ambito della produzione perché il mondo della
trasformazione è riuscito ad ottenere dei risultati. È il mondo
della produzione che ha difficoltà e su quello credo e ritengo che
vadano fatti tutti gli sforzi per scommettere sulla possibilità di
coniugare produttività e sostenibilità valorizzando le filiere
agricole del nostro Salento.
La
diversificazione è un'altra priorità su cui chiaramente già
qualcosa si è visto, ma molti aspetti della diversificazione non
sono stati di successo.
Gli
aspetti che riguardano l'aspetto sociale dell'agricoltura. Io ritengo
che bisogna insistere, ma questo può ottenere un certo risultato se
si parla, si dialoga, si fanno vedere e best practice che ci sono in
questo ambito.
Abbiamo
avuto uno sviluppo enorme di masserie didattiche, importanti
sicuramente, ma che qui da noi non hanno attecchito come hanno
attecchito in altre parti della Regione Puglia. Abbiamo avuto un
exploit straordinario di agriturismi. Anche su questo io ho notevoli
perplessità, è una mia opinione personale chiaramente, non abbiamo
una legge regionale sugli agriturismi, tutti lo sanno, molti
agriturismi non sono del tutto agriturismi, nel senso che la legge
che è ancora in commissione regionale prevede la necessità che gli
agriturismi per almeno una buona percentuale diano da mangiare
prodotti che di fatto vengono prodotti all'interno dell'azienda
agrituristica, ciò che come tutti sappiamo non avviene. Anche su
questo concetto dobbiamo iniziare a ragionare e fare in modo che
questi interventi possano produrre risultati reali, concreti che
possano fare bene e diano valore aggiunto al produttore e non a chi
crea agriturismo per fare esclusivamente ristorazione o ricettività,
perché è diverso dal discorso di una struttura aziendale che punti
nello specifico a creare valore al suo lavoro della terra. Questo è
un mio pensiero su cui non voglio soffermarmi oltre perché capisco
che posso creare qualche difficoltà a chi ascolta.
Un
altro aspetto sul quale voglio soffermarmi è quello che in questi
anni nel mondo agricolo, grazie anche alle Op, abbiamo avuto risorse
importanti per quanto riguarda la difesa della qualità, la difesa
delle malattie; risorse ingenti sono state investite su questo
territorio. Noi ci auguriamo che anche su queste si possa fare una
analisi, una verifica sul reale utilizzo, sui benefici che hanno
prodotto e se ciò è avvenuto cerchiamo di chiedere un aumento di
quelle risorse; se ciò non è avvenuto ritengo che vada rivisto e
quindi puntare su quello che è necessario per questo territorio in
termini di investimento. Attraverso le associazioni di categoria, il
Consorzio di difesa con i vari professionisti, gli agronomi di questo
territorio, si possa tessere questa necessità di aggregazione per
fare in modo che tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo.
Su
questa continua frammentazione, non soltanto nel mondo della
produzione ma anche nel mondo delle organizzazioni e delle
professioni, credo sia giunta l'ora che dobbiamo metterci una pietra
per cercare di dare un rilancio - questo è il messaggio e l'auspicio
che voglio lanciare a conclusione del mio intervento di introduzione
ai lavori di quest'oggi – proprio perché io credo che questa terra
abbia sotto mano una ricchezza importante, che è rappresentata dal
prodotto agricolo e dal prodotto turistico. Ma per far sì che il Pil
aumenti per coloro che investono in questo settore vi è la necessità
che il territorio dialoghi, che ci sia una visione più ampia, più
omogenea tra i vari attori per creare questo connubio importante che
possa dare valore a quello che questi due comparti rappresentano per
il Salento.
Finisco
qui, semmai cercherò di intervenire dopo. Volevo ancora una volta
ringraziarvi per la vostra attenzione. Mi auguro che i lavori di
questa sera possano produrre risultati tangibili, importanti che
possano servire al gruppo di lavoro dell'Inea e dello Iam per
concretizzare quello che questo territorio vuole per quanto riguarda
la nuova programmazione.
In
questo mi avvarrò non soltanto del contributo che le organizzazioni
tutte vorranno darmi. Come sapete abbiamo un tavolo agricolo in
Provincia dove avremo modo di incontrarci e di ragionare su questo.
Ringrazio
i rappresentanti delle organizzazioni che mi daranno un contributo
molto valido. Ho voluto coinvolgere come consulente gratuito – lo
voglio specificare – il dottore Ferro, che tutti conoscete essere
stato il dirigente dell'assessorato regionale di recente. Insieme
elaboreremo un documento. Mi auguro che qualcosa possa uscire fuori
da questa sera soprattutto perché ho ritenuto fare assistere ai
lavori la nostra società che lavora per la Provincia per quanto
riguarda i nostri Consigli provinciali, una società di stenotipia,
quindi vi informo già che tutto quello che sto dicendo e che direte
voi sarà elaborato attraverso un verbale stenotipato che sarà a
conoscenza di tutti noi.
Ancora
una volta grazie. Cedo la parola alla dottoressa Valentino.
Dott.ssa
VALENTINO (Inea) – La ringrazio, Assessore, per averci chiesto di
partecipare a questo momento di incontro.
A
tengo a precisare che il nostro, come Inea, è un ruolo di
facilitatori di un processo che evidentemente deve nascere e
svolgersi assolutamente sul territorio con i soggetti del territorio.
Aggiungerei
poche cose a quello ha detto in modo abbastanza efficace l'Assessore.
Siamo in un momento di programmazione delle politiche agricole
relativamente al periodo 2014/2020. Il soggetto a cui è delegato
questo è la Regione, che ha inteso dare avvio a questo momento di
inizio programmazione con una metodologia partecipata, che
evidentemente vede le province come soggetti di assoluta importanza e
quindi da ascoltare e con i quali condividere anche eventualmente una
identificazione di strategie rispetto alle quali andare ad orientare
gli strumenti di attuazione.
Detto
questo noi come Inea diamo semplicemente supporto alla
predisposizione di questa metodologia, di questo momento partecipato.
Pertanto possiamo trasferirvi l'esperienza fatta dalla Regione fino a
questo momento.
La
Regione fino a questo momento che cosa ha fatto? Una serie di
incontri a livello regionale su alcune tematiche che sono quelle di
cui parlava anche l’Assessore prima, quindi la competitività, la
diversificazione, il ruolo dei giovani in agricoltura, l’ambiente,
la governance, e rispetto a queste tematiche ha organizzato dei
momenti di incontro attraverso la metodologia del workshop, quindi ha
sollecitato diversi soggetti che in qualche modo lavorano in
agricoltura, quindi danno una partecipazione diversa al comparto sia
perché imprenditori, sia perché istituzioni, sia perché soggetti,
comunque quelli che vengono più generalmente definiti stakeholder,
ha ascoltato le diverse esigenze relative anche a una situazione
esistente sul territorio e abbiamo fatto sintesi rispetto ad alcune
questioni. Il prodotto di questi momenti di incontro è stato un
documento strategico regionale, a cui faceva riferimento l'Assessore,
che è consultabile, si può scaricare dal sito dell’attuale PSR,
quindi sul link Programmazione 2014/2020.
Questo
documento sostanzialmente vuole essere l'avvio di una discussione da
fare a livello territoriale, quindi con il coinvolgimento dei
soggetti più specificatamente locali.
Questo
documento si articola nelle tematiche di cui vi parlavo ed elabora
alcuni obiettivi, elabora alcune modalità di risolvere questi
obiettivi e dà degli spunti di riflessione in termini di strategie
da attuare.
È
una proposta, quella Regione, che andrà articolandosi, lo speriamo
tutti, noi che lavoriamo su questo processo ma probabilmente anche la
Regione Puglia che ha in qualche modo dato avvio al processo, si
andrà ad arricchire con le specificità che proverranno dai
territori, quindi attraverso questi momenti di incontro.
La
Regione Puglia oltre a redigere questo documento strategico, che è
un po' propedeutico a tutto quello che dovrà essere inserito
all’interno del prossimo programma di sviluppo rurale, in questo
momento sta elaborando il capitolo iniziale del prossimo programma,
che è quello di definizione del contesto, cioè dello stato
dell'arte che riguarda il comparto agricolo e più in generale il
sistema agricoltura in Puglia, che è poi il punto di riferimento da
cui partire per stabilire una serie di bisogni, una serie di esigenze
le quali dovranno portare alla definizione di strategie. Siamo a
questo punto e anche in questo momento è evidente che l'apporto che
può avvenire da parte di soggetti locali è assolutamente
arricchente, assolutamente importante.
In
questo momento io procederei a un inizio di discussione
sull'argomento perché per noi è fondamentale comprendere le
esigenze del territorio, quindi capire po' quali sono i fabbisogni
che probabilmente tante volte non emergono neanche dai dati
statistici. Quando si procede a una messa a punto di contesto
rispetto al quale l'unico riferimento sono informazioni statistiche,
tante volte non riescono a emergere i fabbisogni più importanti per
il territorio. Io penso, quindi, che l'avvio di una discussione in
questo momento possa essere di assoluto interesse.
Non
so se il dottor Pallara intendere aggiungere qualcosa rispetto alla
metodologia che come Inea abbiamo adoperato per questo tipo di
intervento.
Dott.
PALLARA (Inea) – Grazie. Buona sera a tutti. La cosa su cui vorrei
concentrare un attimo l’attenzione, oltre alla metodologia
partecipata, l’ascolto, la condivisione è soprattutto il confronto
perché la condivisione intesa come eguaglianza di pensiero non
arricchisce nessuno. Il confronto nell'analisi di contesti dei
problemi e l'individuazione anche di livelli nuovi per superare le
problematiche diventa l'elemento distintivo di questo processo
partecipato.
Considerando
che noi stiamo facendo un percorso logico nella costruzione del PSR,
che è un percorso logico elementare: “Chi sono?” l'analisi di
contesto; “Quali sono le cose che posso far meglio? Quali sono cose
che mi posso dare problemi?” Punti di forza e punti di debolezza;
“I rischi che corro per un serie di elementi e le opportunità che
il mondo mi propone” a questo punto, considerate queste cose,
“quale fabbisogno di intervento?”.
Attenzione,
il fabbisogno di intervento non è il bisogno del soggetto o del
territorio in senso stretto inteso come elenco della spesa di
interventi a farsi, ma il fabbisogno per rispondere a questa
tipologica di problematiche. Se la problematica “il killer
dell'olivo” è il sintomo di una problematica, però ancora che la
risposta è la commercializzazione dell’olio di oliva, banalizzo il
concetto, per arrivare a una riflessione di identificare obiettivi,
strategie e strumenti pratici che siano coerenti con questo percorso
logico.
In
qualsiasi momento di confronto che noi abbiamo attivato,
indipendentemente dalla tradizionale e assolutamente legittima lista
dei fabbisogni o bisogno di, ecc., spostare l'attenzione su un
momento di autocoscienza per avere anche la capacità di proporre
delle soluzioni alternative rispetto a quelle che ordinariamente
abbiamo messo in piedi sino ad ora. Anche per uscire dei meccanismi
cui faceva riferimento ottimamente l’Assessore, quello della logica
qualità/quantità come elementi antitetici rispetto all’utilizzo
delle politiche pubbliche di sviluppo, ma sono politiche pubbliche di
sviluppo che in questo momento obbediscono più a logiche di bilancio
e di finanza piuttosto che a logiche di sviluppo effettivo. Però è
anche l'elemento torbido che non aiuta, in questo tipo processo,
nello spendere bene, non è solo l’efficienza amministrativa o la
capacità di spesa o andare in banca a prendere i soldi, ma proprio
quello che stiamo facendo qui oggi. È lo sforzo grande su cui
misurarsi: fare delle cose che servono e che qualcuno utilizzerà. Se
si pensano a priori delle cose che servono, di cui qualcuno
effettivamente ha bisogno e che gli danno un bisogno effettivo di
impresa, di territorio, di paesaggio e di ambiente, quelle cose si
faranno anche nei tempi debiti. Se quelle cose non servono e c'è
poca risposta, ci sono tanti numeri che ci raccontano di cose a cui
si rispondono in questo PSR più facilmente perché c'è un
contributo al 100%, perché sono meno impegnative, ma non è detto
che siano più efficaci, e altre cose cui non si risponde non perché
siano difficili ma perché non importa nulla a nessuno, quindi alcuni
difetti concettuali di programmazione, di comunicazione a monte.
La
qualità della programmazione. E ricordo come fatto importante che
questo processo lo concluderemo ragionevolmente entro l’estate
prossima, quello della definizione del Programma di Sviluppo Rurale,
quindi non stiamo facendo un lavoro sine
die che finirà nel 2050. A novembre
dovrebbero uscire i regolamenti del Parlamento sul nuovo sviluppo
rurale, che è semplificato rispetto a quello che abbiamo avuto in
passato in termini di lacci e lacciuoli, che ci consente libertà di
azione. Ma per assurdo la libertà di azione non ci dà neanche gli
alibi che ci sono delle regole che qualcun altro ha scritto e che noi
dobbiamo rispettare, ci dà la possibilità di scegliere con più
libertà. Probabilmente qualcun altro ci porterà in strade un po'
più strette. Comunque ci dà l'opportunità di fare delle scelte
migliori possibili rispetto alla strumentazione che abbiamo. E là
c'è lo sforzo di creatività, di fantasia, ma soprattutto di
cogliere le problematiche essenziali.
Il
discorso dell’integrazione di filiera - la mia esperienza nasce nel
1985 – sono una reiterazione la sua riproposizione dà l’idea che
tutti questi anni o non si è fatto niente o quello che si è fatto
non è stato efficace e si continua ragionevolmente a discutere,
giustamente a discutere. Forse, a ogni inizio di programmazione è
l’autoprovocazione che ci si fa, questa è la volta buona per
parlare di questo così come di tante altre cose.
Mai,
forse, come questa volta questo approccio partecipato e condiviso,
questo venire in giro per le Province, non fare il solito tavolo di
pochi in un luogo centrale, un lavoro dietro la scrivania, il fatto
che siamo qui a prendere appunti, diciamola in maniera banale, su
quello che si dirà qui dentro, diventa veramente importante.
L'importante è, appunto, anche condividere il fatto che non dobbiamo
fare la lista della spesa, ma individuare le cose che più di ogni
altra ci servono. Grazie.
Dott.ssa
VALENTINO (Inea) – Volevo aggiungere una cosa. Continuando il
discorso di Pallara, è evidente che noi qui stiamo lavorando per una
programmazione regionale e stiamo in un contesto più locale.
Dobbiamo, quindi, tutti avere nella testa che poi bisognerà fare
sintesi rispetto a quello che verrà dalle Province. Da qui
l'esigenza di individuare - questo era stato un passaggio che avevo
sottolineato dell'Assessore - di individuare i fabbisogni davvero
importanti, quelli che possono diventare volano di sviluppo. Non
possiamo immaginare, infatti, che tutte le esigenze, tutti i bisogni
legittimi, perché l'agricoltura è fatta di tanti comparti, in tutte
le nostre province abbiamo una rappresentatività di questi comparti
che hanno le loro eccellenze, però non si può immaginare che tutte
queste esigenze possano trovare spazio all’interno di un programma
regionale, che tra l’altro ha risorse che sono comunque limitate.
Il
concetto di riuscire a identificare problematiche, emergenze e
interesse porta poi a capire come concentrare queste risorse e fare
in modo di aumentarne l'efficacia nel momento della spesa.
Questo
era un passaggio che Lei aveva detto, ma che mi premeva sottolineare
anche per dare una indicazione. Non ci raccontiamo favole, non
diciamo che tutto quello che verrà qui poi sarà inevitabilmente
trasferito all'interno del programma.
Se
lavoriamo in modo concreto, probabilmente molto di quello che questo
tavolo riuscirà a produrre potrà trovare una corrispondenza, se non
altro in termini di strategie accolte all’interno del PSR.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Credo che possiamo iniziare questo
dibattito-dialogo. C’è un signore che ha alzato la mano per primo.
Se
gentilmente si avvicina e si presenta per fare in modo che tutti
sappiamo chi sia.
Ivano
GIOFFREDA – Mi chiamo Ivano Gioffreda e sono il portavoce di Spazi
Popolari, che tra poco diventeranno cooperativa. Abbiamo avuto il
piacere di avere l’assessore Pacella a Sannicola insieme a Paolo De
Castro e tanta bellissima gente perché c'erano delle idee nuove.
Spazi
popolari non nasce dalle associazioni di categoria, nasce da un
gruppo di giovani, dall'esigenza di voler dare a questa terra e da
questa terra ricevere.
L'anno
scorso abbiamo iniziato a fare un seminario di agricoltura organica,
che non è il biologico va oltre in biologico. Abbiamo detto:
“Mettiamo in pratica quello che l'amico Jairo ci ha insegnato”.
In questi giorni, oggi, c'è un corso di formazione a Tuglie, in
quelle sale accreditate dalla regione. Ma, attenzione, io voglio fare
un lieve passaggio sulla formazione. Noi abbiamo circa 9 o 10, tra
cui il qui presente, che si è assentato dalla formazione, come
operaio agricolo perché ho potuto accedere alla formazione perché
il mio datore di lavoro mi ha consentito di accedere alla formazione.
Alla formazione così come è stata nel passato, la misura 111,
possono accedervi soltanto imprenditori agricoli e coltivatori
diretti e soltanto se il padrone vuole, cioè con delega e al di
fuori dalla scuola ci sono circa 40 ragazzi che stanno spiando delle
finestre perché vogliono imparare queste nuove tecniche che noi
stiamo pubblicizzando sul territorio. Come diceva Luigi Veronelli “I
saperi vanno diffusi”.
Noi
non riusciamo a cacciare via i ragazzi. Capisco che sono leggi
comunitarie a escludere. Vi parlo di studenti, vi parlo di giovani
che studiano nelle facoltà di agraria e che non hanno accesso solo
perché sono disoccupati, studenti o semplici cittadini che vogliono
imparare.
L'anno
scorso il corso lo abbiamo fatto privatamente, cioè dalle tasche
nostre. Abbiamo appreso queste bellissime tecniche, abbiamo avviato
un percorso. Abbiamo trovato un amico che ci affittasse il terreno.
Abbiamo fatto un bellissimo orto. Agricoltura organica rigenerativa.
Ci siamo staccati completamente dalla chimica e dalle multinazionali.
Abbiamo dimostrano che i nostri prodotti, lo stiamo dimostrando…
lavorano già due ragazzi, il terzo ha iniziato a lavorare la
settimana scorso, a gennaio da cinquemila metri passeremo a tre
ettari perché le richieste sono tantissime. Alle 7 e mezza di
mattina finisce già tutta la bancarella. Perché questa tecnica ci
consente a sano, naturale e a prezzo popolare come dice il nostro
slogan, quindi diamo da mangiare sano a tutti, non soltanto all'elite
così come accade con il biologico perché noi andiamo oltre il
biologico. Molto oltre.
La
nostra tecnica ci consente di produrre quantità e qualità.
Il
dottore Antonio Bruno è stato uno dei primi amici a venire a
visitare il nostro orto.
Dall'anno
prossimo noi saremo in cinque, escluso il sottoscritto, a lavorare in
quella terra.
Già
dalle scuole, da quelle scuole steineriane, ci chiedono di poter
accedere, di poter dare un supporto. Ci chiedono i nostri prodotti
per fare mangiare sano i figli che vanno in quelle scuole. La
tracciabilità non è quella che ci chiedono le istituzioni. Noi
abbiamo fatto delle proposte a De Castro, Lei lo ricorda benissimo,
la tracciabilità deve essere partecipata. Deve essere una
tracciabilità insieme alle università, perché lì si è
competitivi. Se io devo dare cento euro non le voglio dare a un ente
privato, ma a una istituzione pubblica, a una università e poi
magari sulla mia etichetta ci metto “Prodotto controllato
dall'Università del Salento”. Così si fa grande un territorio.
Ritorno
alla competitività. Noi abbiamo dimostrato e lo stiamo dimostrando
tutti i giorni: la gente viene perché vuole mangiare sano. Peccato,
non riusciamo al momento a soddisfare tutti. Ma c'è gente che viene
perché ci guadagna in salute e in denaro. Poi mi sono acquistato
tutte le antipatie di tutti fruttivendoli, è fesseria perché il
nostro progetto è togliere la speculazione del cibo.
Il
cibo è come l’aria, è come l’acqua. Sulle mie fatiche, sulle
nostre fatiche, sulle fatiche dei ragazzi non ci deve speculare
nessuno perché noi distribuiamo salute.
La
Regione Puglia, che spende tanto in sanità, queste cose le dovrebbe
prendere sul serio perché la sanità è materia e il meeting non a
caso lo abbiamo intitolato “Terra e salute”.
Ripristinando
che cosa? La biodiversità. Anche lì il mio seme non lo compro. Il
seme me lo faccio come me lo ha insegnato mio nonno. Non vado a
comprare il seme F1 ibrido dal quale non posso estrarre altro seme.
La
vita di un contadino, la libertà di un contadino è finita davanti a
un seme. Un contadino senza semi è un contadino morto, senza
libertà.
Semi,
prodotti autoctoni, semi naturali, sovranità alimentare. Questo è
il nostro slogan. Ma non è uno slogan, è quello che stiamo
applicando, è quello che noi vi chiediamo. Noi vi chiediamo
attenzione nei confronti dei giovani, non solo degli imprenditori
agricoli, sennò lì finirà che ci lavoreranno i figli degli
imprenditori agricoli. Venite insieme a noi, noi vi invitiamo nel
nostro Spazio Popolare.
Quando
noi clicchiamo su facebook si mobilita una provincia. Perché questo?
Perché stiamo offrendo un indirizzo. La gente ci segue perché
abbiamo offrendo degli indirizzi. E in un periodo di crisi siamo in
grado di creare lavoro, di creare occupazione. Ma da una agricoltura
sana, naturale, oltre il biologico.
Stiamo
dimostrando che con quello che facciamo, con le sostanze organiche
che usiamo produciamo quantità superiori al convenzionale e stiamo
rigenerando il suolo.
Qui
avrei da dire qualcosa sulle facoltà di agraria, ma lasciamo stare
perché questi sono abituati a fare i seminari nella Bayer. Questi
vanno a fare i seminari nella Bayer, non nelle campagne. Si seminari
si fanno nella Bayer.
Abbiamo
studenti che stanno dietro la porta a Tuglie, dove il corso finirà
alle otto di questa sera. Domani sera si farà la parte pratica.
Ragazzi
che studiano all’università mi dicono: “Ivano, quello che mi hai
insegnato in dieci minuti all'università ci ha impiegato sei mesi e
ancora non siamo usciti dalle aule. La terra ancora non la conosco.
Mi hanno fatto un seminario alla Bayer”. Vogliamo veramente uscire
dalle stanze della burocrazia e fare i seminari all'aperto?
Conoscendo non soltanto le associazioni di categoria, non solo le
associazioni di categoria che, per quanto siano rappresentative, non
lo sono nei confronti dei giovani. I giovani nostri escono dalle
scuole, dalle università.
Quando
a Sannicola ho lanciato quell’appello, il primo anno – mi
dispiace che avevi forato la gomma, mi dispiace, e ci credo che avevi
forato la gomma - quando abbiamo presentato il primo progetto Spazi
Popolari invitando l'ex assessore regionale Stefàno, io ci sono
rimasto male, i ragazzi ci sono rimasti male. Quando abbiamo
presentato il progetto abbiamo detto: “Noi non vogliamo dei soldi,
gestite tutto voi. Noi vi diciamo che ci serve questo, questo e
questo. Non vogliamo niente”, eppure erano venute professionalità,
che ci sono ancora, Stefano Pepe, Word Foot Program, a sostenere il
nostro progetto.
Università
della Sapienza di Roma, Facoltà di Biologia Molecolare, non quella
del Salento, ma da Roma addirittura sono partiti per sostenere questi
progetti.
Intanto
vi ringrazio per l'invito e vi ringrazio per le modalità, di come
questa sera sia partita questo accogliere proposte.
Io
non voglio dilungarmi, vorrei lasciare la parola agli altri, però
chiedo attenzione verso i giovani. A Sannicola nessuno ci credeva, ma
come Sannicola tutti i paesi, i giovani alla terra non si avvicinano,
tranne qualcuno che è figlio di imprenditore che ripiega usando
sempre la solita pompa alla spalla dimetoato per le olive, lifosate a
quantità. Quello hanno imparato.
A
Sannicola siamo riusciti, attraverso i social network, abbiamo fatto
un piccolo progetto, cinquemila metri di terra, seimila metri, ci
servono una ragazza e un ragazzo possibilmente giovani, ne sono
venuti due. L'altro giorno è entrato Carlo, ha bussato alle porte
Luca, Federico entrerà a gennaio. Ci servono altri tre ettari di
terra perché quello non ci basta. Adesso stiamo aspettando che il
Comune di Sannicola finisca il Farmal Market, cioè l'area mercatale,
per mettere un altro punto vendita.
I
Presidi delle scuole bussano alla nostra porta, quelle persone più
sensibili. Vogliamo dare da mangiare sano ai bambini, ai figli
nostri.
Io
ho detto: “Non siamo una cooperativa, non possiamo partecipare ai
bandi. Nel momento in cui saremo cooperativa lo faremo”. La Preside
ci ha risposto: “Lo vincerete senz'altro, basta che io metta che i
bambini devono sano e naturale, qui non produce sano e naturale”.
Vi
ringrazio, ma accettate queste proposte. Vi invito a visitare i
nostri orti, vi invito a vedere cosa facciamo nel nostro terreno, vi
invito a vedere cosa sono i biofertilizzanti, vi invito a vedere
quali sono le nostre soluzioni che non uccidono l'insetto. Noi
nutriamo il suolo, nutriamo la pianta e dove la pianta è ben nutrita
è come un bambino che cresce mangiando genuino, gli anticorpi
rigettano tutto.
Noi
di questo abbiamo fatto un patrimonio e abbiamo chiamato Jairo
Restrepo Rivera il nostro maestro perché ci insegni come si fa la
cromotografia del terreno. È proprio quello che stavamo facendo
oggi. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie per questa testimonianza.
Credo che sia stato un ottimo inizio come possibilità di ampliare un
po' tutto il discorso. Abbiamo visto un esempio di innovazione e di
capacità di diversificazione, per cui è una proposta su cui
possiamo lavorare. Altri interventi?
Giulio
Sparascio, Presidente provinciale della Cia
Giulio
SPARASCIO (Presidente provinciale Cia) – Buona sera a tutti. Grazie
per la magnifica opportunità che ci date per cercare di contribuire,
perché ognuno di noi è portatore di qualcosa di buono in questo
periodo tragico che stiamo vivendo. È un periodo in cui dobbiamo
cercare, non di essere più seri, ma di comprendere il momento
difficile che stiamo vivendo e cercare di dare delle soluzioni.
Soluzioni che non portino a guardare la luna, ma delle soluzioni che
stiano con i piedi per terra e che ci permettano di creare ricchezza
in una economia sostenibile dal punto di vista sia ambientale e sia
economico.
Io
rappresento una organizzazione professionale. È da 40 anni che sono
in una organizzazione professionale, non me ne vergogno perché so
che Le organizzazioni professionali negli anni, dai primi anni del
Novecento, dell’Ottocento, da sempre, hanno cercato di lavorare per
migliorare le condizioni di vita degli agricoltori e delle comunità.
Questo è stato l’insegnamento.
Hanno
fatto delle conquistate. Ogni giorno stiamo in trincea per cercare di
conquistare sempre il meglio per gli agricoltori e per le comunità,
anche se non sempre ci riusciamo. Stare in una organizzazione
significa stare insieme agli altri e insieme agli altri cercare di
risolvere i problemi. Non penso che ci siano organizzazioni che
stanno insieme, a meno che non siano organizzazioni malavitose,
mafiose, che le organizzazioni di carattere sociale che hanno una
storia, che hanno degli uomini che sono morti per cercare di
migliorare le condizioni di vita delle comunità vanno rispettate.
Come le organizzazioni professionali e non rispettano tutte le
innovazione che possono venire dai territori, tutte le innovazioni
che secondo noi sono ottime. Magari le raggiungiamo con modalità
diverse, con organizzazioni diverse, certamente.
C'è
il gruppo dei giovani che sceglie una organizzazione libera da norme,
da regolamenti, da strutturazioni, c'è l'organizzazione che è
strutturata negli anni, che ha una modalità sua di regolamentazione
e lo stesso porta avanti gli interessi delle comunità. In Provincia
di Lecce mi sembra che dobbiamo raccogliere un po', dobbiamo
staccarci dalle diversità di piazzare le bandierine e cercare di
dire “la mia è la migliore di tutti” perché non è questo il
momento.
Io
sono un operatore agricolo, pratico l'agricoltura biologica da venti
anni, sono un coltivatore diretto, quindi nessuno mi può venire a
dire che se appartieni a una organizzazione bisogna che qualcun altro
ti guardi in modo diverso.
Le
organizzazioni sono indispensabili e vi dimostro che lo sono perché
questa politica agricola comunitaria l’abbiamo conquistata noi,
l’hanno conquistata le organizzazioni professionali. Non
dimentichiamo l'inizio di Ciolos che ci presenta una politica
agricola 2014/2020 che forse avrebbe portato alla chiusura
dell'agricoltura nel Mediterraneo. Avrebbe portato alla chiusura con
tutte quelle misure, perché lui pensava che tutte le agricolture
dovessero essere dei pascoli nordici. Con dei documenti unitari
dell'organizzazione, con una lotta giornaliera, quotidiana, laddove
non abbiamo neanche avuto il conforto del Ministero, non c’erano i
Ministri, i Ministri cambiavano, abbiamo avuto Zaia che diceva che
andava in Europa e non ci andava, abbiamo avuto serie di Ministri che
non ci rappresentato a Bruxelles. Abbiamo avuto una assenza, quindi.
In questa assenza le organizzazioni professionali hanno trovato il
coraggio, anche nelle diversità di vedute, anche nella diversità di
impostazione, ma hanno avuto il coraggio insieme alle centrali
cooperative di presentare nel 2011 un documento unitario che ha
sbloccato che ha fatto capire che in Italia, anche se c'era una
assenza di governo che non ci rappresentava in quel momento di
negoziati, c’era un mondo agricolo che comunque cercava di stare
insieme e di presentare in modo unitario uno sbocco a una politica
agricola che potesse essere chiamata politica agricola dignitosa, che
potesse continuare a dare quei risultati che l'agricoltura italiana
ha sempre dato. Meritavamo questo. Le organizzazioni hanno compreso
questo, nei momenti difficili riusciamo a metterci insieme.
Questo
dobbiamo farlo oggi che abbiamo ottenuto questa bella… devo dire
che non è la nostra politica agricola comunitaria, avremmo voluto
altre cose, ma comunque sempre c'è il desiderio di avere cose nuove.
Abbiamo raggiunto un ottimo risultato, è una politica comunitaria
che diventa più equa.
Non
dimentichiamo che abbiamo avuto una politica agricola comunitaria che
ha fatto beneficiare con il discorso della quota storica gente che
non meritava di beneficiare, che meritava altri posti; gente che non
solo non avrebbe dovuto prendere quei finanziamenti, ma avrebbe
dovuto essere denunciata per altre cose. Sappiamo tutti questo.
Abbiamo
avuto con il principio della progressività perché nel 2019 dobbiamo
cambiare perché c'è la convergenza interna e quella esterna. Come
Italia siamo chiamati a dire come arriviamo a un intervento diverso
per quanto riguarda il finanziamento agli agricoltori perché viene
superata la quota storica. È un grande risultato questo, quindi, che
è stato ottenuto dalle organizzazioni professionali. Lo abbiamo
voluto noi. È una Pac più verde per gli ambientalisti.
Io
sono ambientalista, anzi sono il primo quando sto in campagna.
Infatti non c’è più ambientalista dell’agricoltore. Per noi è
indispensabile un ambiente sano per produrre. Non penso che ci sia un
agricoltore che voglia produrre cibi che facciano male alla salute.
Non ci credo proprio. Io penso a mio padre che coltivava con il
metodo del contadino, ma che poi da una serie di input è stato
portato a usare un certo tipo di diserbanti, di fitosanitari, dal
commercio però. Dobbiamo sempre stare attenti a cercare di
interrompere questa consulenza che c'è stata da parte dei
commercianti e cercare di fare delle buone consulenze che siano dalla
parte degli agricoltori con la ricerca e l'innovazione.
La
ricerca deve avvicinarsi al mondo agricolo. Abbiamo avuto una ricerca
che è rimasta chiusa sulle sue stanze. Abbiamo bisogno, lo chiediamo
con forza come agricoltori, abbiamo bisogno di una ricerca ci stia
accanto nelle campagne. L'innovazione è stata intesa in questi
ultimi anni come cambiare le macchine, di togliere una macchina
obsoleta per metterne un'altra. L’innovazione è pure utilizzare in
modo diverso la ricerca, di utilizzare in modo diverso la formazione,
fare una formazione diversa. L’informazione deve avvenire in un
modo diverso.
In
Provincia di Lecce è una Pac che per certi aspetti dobbiamo guardare
come grande opportunità.
Signori
miei, è l'ultimo treno che abbiamo. Non penso che in questi anni nei
convegni, negli incontri possiamo cercare di autoreferenziarci.
L'autoreferenzialità ci porta alla distruzione, ci porta a rimanere
marginali. Ognuno di noi deve cercare di togliersi qualcosa di suo e
cercare di andare incontro all’altro altrimenti non ci salviamo. O
ci salviamo tutti o non si salva nessuno.
Io
penso che dobbiamo salire su questa riforma Pac con convinzione e
cercare dal di dentro di cambiarla. Questa riforma della politica
comunitaria dà una grande opportunità che non dava negli anni
passati, dà i poteri al nazionale, al regionale di cercare di
individuare meglio, di puntualizzare le cose.
Che
cosa significa essere coltivatore attivo? Quello che noi diciamo, ed
è la conquista della nuova Pac, è che i contributi devono andare a
chi lavora. Togliamocelo della testa, dobbiamo eliminare chi fino a
oggi è vissuto di rendita. Dobbiamo eliminarlo. Se c’è qualcuno
accanto a noi, andiamo a denunciarlo. Se non si coltiva la terra non
bisogna dare aiuti perché sono soldi della collettività.
Questo
è principio sacrosanto: dobbiamo dare i soldi a chi produce.
Qualcuno dice “a chi produce beni alimentari” giustamente, perché
il compito dell'agricoltore è quello di produrre beni alimentari
sani e salubri, di produrre cibo e non produrre materie prime. Fino
ad oggi, infatti, siamo stati abituati a produrre materie prime e
non cibo. Il concetto dell'alimentazione sana.
Dobbiamo
essere consapevoli che dobbiamo dare aiuto oggi perché l'agricoltura
si sta ammodernando a chi produce beni comuni. L'agricoltura oggi non
è solo il soggetto che produce beni alimentari, ma il settore che
produce beni comuni, con la diversificazione, con l’agricoltura
sociale, con le masserie didattiche, con il presidio del territorio,
con la vendita diretta, con tutta alla serie di attività che sono
servizi pubblici per i quali dobbiamo chiedere come agricoltori alla
comunità una remunerazione. Infatti se vero che svolgiamo un compito
pubblico, dobbiamo cercare di avere una remunerazione.
Finisco
per non allungare troppo, magari ci riserveremo come Confederazione
di presentazione un documento da affiancare all’ottimo lavoro che
ha fatto l'Inea. Inea è riuscita a sintetizzare bene le varie
priorità.
Vanno
bene le priorità, quelle sono tutte belle enunciazioni che facciamo
ogni volta: le filiere, l'integrazione delle filiere, però io dico
che tutti questi begli obiettivi, tutte queste belle priorità,
siccome dobbiamo realizzarle, per realizzarle qualsiasi artigiano,
qualsiasi agricoltore, chiunque pratichi delle attività ha bisogno
della borsa del mestiere, ha bisogno della strumentazione, perché se
non ha la strumentazione, i ferri del mestiere. Noi intanto
abbondiamo in strumentazione e in ferri del mestiere, non ci manca
niente dalle Op alle cooperative, alle associazioni dei produttori,
ai Sac, ai Gal, ai Parchi. Teniamo già tanta strumentazione, l'unica
cosa che ci dobbiamo chiedere con molta onestà è se questa
strumentazione è ancora valida per attuare una politica agricola
sostenibile economicamente, socialmente e culturalmente. Se con
questa strumentazione riusciamo ad andare avanti o se non dobbiamo
rivoluzionare questi strumenti, nel senso che le Op devono essere
strumenti che commercializzano i presenti. Dobbiamo avere Op che
vengono finanziate se commercializzano i prodotti.
Le
organizzazioni professionali devono essere finanziate per la
formazione, per l'informazione se dimostrano di fare quel mestiere.
Le cooperative devono essere degli strumenti che servono alle aziende
aggregarsi.
Quando
io sento la parola “aggregazione”, io vengo da anni di
aggregazione, ogni agricoltore, ognuno di noi se va a casa e fa un
monitoraggio vede che è aggregato a 10 associazioni, quindi
l'aggregazione non manca, manca l'organizzazione per aggregarsi.
Dipende sempre dagli uomini se riusciamo a fare funzionare queste
cose. Io penso che abbiamo bisogno di coordinamenti, abbiamo bisogno
di trovarci e di cercare di studiare delle strategie che ci portano
insieme a risolvere i problemi.
L'altra
cosa che è importante per la Provincia di Lecce è ritornare a
produrre. Io non so più che cosa produciamo in Provincia di Lecce.
Produciamo il 3% dei prodotti lattiero caseari in Provincia di Lecce.
Produciamo ortaggi. Ma quanti ne produciamo. Produciamo le patate.
Producevamo 1.300 quintali di patate Sieglinde, ne produciamo sì e
no 200.000. Angurie, ortaggi.
Bisogna
concentrarsi a spostare un po'. Le filiere hanno una appartenenza. Tu
stai in una filiera se tutti hanno il senso dell'appartenenza. La
filiera è un percorso che fa avanti e indietro dalla produzione alla
tavola, però è un percorso che fa avanti e indietro da tutti i
soggetti. Le filiere non è che non hanno funzionato, secondo me non
hanno funzionato perché non è nello spirito della filiera. Se sulla
filiera chi produce prende il 16% e l’altro va tutto agli altri, è
chiaro che nella produzione… Nelle mie zone vedo il deserto, quindi
dobbiamo cercare di andare a canalizzare i maggiori soldi della Pac
alla produzione, a chi produce olive, a chi produce uva, a chi
produce pomodori. Poi vediamo la trasformazione.
Dobbiamo
cercare di migliorare sempre di più per quanto riguarda
l’internazionalizzazione, ma in questi anni abbiamo visto non è
mancato il contributo alle cantine sociali. Se noi andiamo nelle
cantine vitivinicole sono diventate sale operatorie, hanno di tutto,
quindi c'è stato un grosso investimento. Hanno di tutto per fortuna
e abbiamo visto pure i risultati.
Noi
abbiamo dei frantoi in Provincia di Lecce, sono diventati tutti sale
operatorie, quindi a livello di attrezzature, a livello di macchine,
a livello di macchine di trasformazione stiamo bene. È la produzione
che non ha avuto il reddito giusto e lì è mancato. Perché è
mancato? Perché se vi guardate intorno non c'è più chi produce.
Poi ci lamentiamo se abbiamo il 3% del latte.
Nella
mia zona, nel mio territorio vedo il deserto intorno, quindi è li
che dobbiamo intervenire. Dobbiamo cercare di dare più soldi a chi
produce le materie prime. Non è che tutti possono, dove sta scritto
che tutti devono fare l'olio. Tutti devono fare le olive. Ma chi ha
detto che tutti devono fare l'olio anche perché non è detto che
tutti sappiamo fare l'olio. Però a quello che fa le olive devi dare
il giusto reddito. A noi serve questo.
Tutti
devono fare i pomodori. Ma non è che tutti quelli che fanno pomodori
devono fare la salsa. Però noi abbiamo l'obbligo di garantire,
perché sennò la produzione se la vanno a fare in altri Stati. Noi
non dobbiamo perdere la produzione. Attenti perché stiamo perdendo
la produzione, stiamo perdendo gli agricoltori, quindi maggiori
sforzi vanno alla produzione. Cerchiamo di sforzarci tecnicamente
come fare ma noi dobbiamo incentivare la produzione e incentivare i
giovani. Dobbiamo cercare di muovere il mercato della terra con delle
premialità e con delle negatività. Non solo guardare all'ente
pubblico che deve cercare di inserire i suoi terreni. Che poi c'è la
bella proposta che abbiamo fatto noi come Cia, ma che è stata fatta
da tutte le organizzazioni, la Banca della terra per attingere.
Andiamo a punire e a premiare dei proprietari che hanno la terra
incolta e non la danno. Andiamo a premiare quel proprietario che la
terra l'affitta ai giovani. A quello dobbiamo dare i soldi della Pac
o ci inventiamo un meccanismo: se tu affitti la terra un a giovane
per cinque anni, per tre anni avrai un premio.
Io
vi racconto la mia esperienza: non riesco a trovare cinquanta are di
terra perché ho avuto la sfortuna di avere un pozzo che è diventato
salato perché stiamo vicino al mare e quindi tiro acqua salata. Sto
andando alla ricerca di 50 are di terra con un pozzo che abbia
l'acqua buona. Non me la danno. Non c’è speranza perché i tutti i
proprietari, grandi e non, la danno i contoterzisti per seminare
perché stanno tranquilli: “Me la ara, me la tiene pulita, mi
prende il contributo o comunitario e sto tranquillo”.
Noi,
invece, dobbiamo invertire le cose: dobbiamo dare premialità al
proprietario e dire: “Se tu l'affitti al giovane…”. Altrimenti
spiegatemi come un giovane può accedere all'agricoltura se non ha la
terra. Mettiamo quelle premialità a chi dà la terra ai giovani.
Io
vi ringrazio, scusate il tempo che ho preso.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Benedetto De Serio, direttore di
Coldiretti. Prego.
Benedetto
DE SERIO (Direttore Coldiretti) - Grazie, assessore Pacella. Un
saluto a tutti gli amici intervenuti, agli amici dell’Inea, al
Preside dell’Istituto e a tutti i presenti.
Credo
l’oppurtunità che ci viene dall'incontro di questa sera ci deve
dare la spinta a voler individuare soprattutto le necessità che
questa provincia avverte come elemento di criticità. Credo che la
fase di ascolto che la Provincia ha aperto all'interno di una
progettualità di ascolto che è nazionale, se non europea per
intenderci, è chiaro che merita anche un entrare nel merito di quei
fattori di criticità che fino a oggi hanno in buona sostanza
impedito alla nostra agricoltura di diventare efficace, efficiente,
competitiva, soprattutto in grado di pervenire alla soluzione di
annosi problemi che si trascinano da tempo.
Credo
che quando si fanno incontri come questi sarebbe stato anche utile
dare uno spaccato significativo, sintetico di quelle che sono le
situazioni ad oggi raggiunte e i risultati ex post raggiunti, se non
altro non definitivi perché siamo ancora con una programmazione non
conclusa, relativamente al programma settennale della precedente
programmazione.
Sostanzialmente
questa pratica anche di analisi di ciò che è stato eludere ed
evitare i punti di caduta rispetto alla precedente programmazione per
intraprendere nuovi momenti organizzativi per affrontare la futura
programmazione credo che sia un aspetto, anche dal punto di vista
metodologico, che occorrerà realizzare. Se non sarebbe male se a un
tavolo agricolo realizzato, consentimi assessore, su basi un po’
diverse, perché è bello aprire a tutte le componenti della società
civile, a tutti i portatori di interesse, gli stakeholder come tu li
hai definiti, però credo che sia altrettanto importante selezionare
perché a ognuno deve essere affidato un compito. Le organizzazioni
di rappresentanza devono evidentemente far fermentare al proprio
interno un momento di verifica, un momento di confronto per poi poter
rappresentare la sintesi di questo confronto. La stessa cosa farà il
mondo accademico, la stessa faranno gli Ordini a professionali, la
stessa cosa dovranno fare tutti i rappresentanti di organizzazioni
che vogliono dare un contributo ponderato all'attività che siamo
chiamati a svolgere.
Partendo
più semplicemente dai punti che noi riteniamo, anche alla base della
precedente programmazione, che hanno generato qualche problema, credo
che sicuramente non vi è stata una integrazione fra i fondi, in modo
particolare in questa provincia, sicuramente in grado di superare il
deficit di dotazione infrastrutturale di cui questa provincia soffre.
Ci siamo riempiti tutti la bocca nelle precedenti programmazioni
parlando di mettere in piedi formule di integrazione fra i fondi
europei, in modo particolare il Fesr e il Feasr, di fatto questo non
si verificato. Se facciamo una analisi del dato relativo agli esiti
di questa programmazione, verifichiamo che ancora ci sono ritardi di
spesa importanti soprattutto in quegli altri fondi che non hanno
nella effettività generato possibilità di realizzazione di quella
dotazione infrastrutturale di cui siamo carenti. Questo credo che sia
un elemento sul quale si deve riflettere.
Quando
parlo di infrastrutture parlo di acqua, parlo di CT, parlo di tutto
ciò che significa anche quelle infrastrutturazioni che fanno
rivivere i territori rurali, ma soprattutto danno opportunità alle
imprese.
Il
Presidente della Cia poco fa diceva: “stanno sparendo i produttori,
stanno venendo meno i momenti di realizzazione delle produzioni”,
quindi vediamo addirittura abbandono, troviamo situazioni che
cominciamo a fare preoccupare chi si occupa queste cose, ma credo la
società nella sua interezza perché credo che l’agricoltura ha un
valore estremamente importante per tutta una serie di implicazioni,
che non sto adesso a ribadire. Un fatto è certo, che la zootecnia è
sparita in Provincia di Lecce perché questa provincia difficilmente
è riuscita a accedere a quei meccanismi della 125 perché una serie
di criteri di selezione, molto, lo ribadisco, molto inibenti non
hanno consentito alle aziende agricole e non solo zootecniche, ma le
zootecniche hanno sofferto di più e quindi hanno abbandonato, di
poter avere l’acqua potabile nelle aziende.
Signori,
qui lo dico, noi siamo molto spesso in presenza di falsi. Diciamolo
perché dobbiamo raccontare queste storie. Abbiamo situazioni in cui
si ci arrangia per dimostrare di avere l’acqua potabile nelle
aziende, ma l’acqua potabile non c’è. Questo è un deficit sul
quale abbiamo il dovere di riflettere come coloro i quali svolgono
una funzione di governo delle vicende problematiche, ultime criticità
e soprattutto trovare le soluzioni su questo territorio.
Altro
aspetto. Mi riferisco in particolare alle opportunità di rendere
attrattivi i territori. La precedente programmazione ha speso 126
milioni di euro per i muretti a secco. Io mi chiedo quanti sono
arrivati in questo territorio che abbiano potuto controbilanciare,
non dico realizzare le stesse cose, ma controbilanciare in quelli che
sono i sistemi di arredo territoriale, di miglioramento
dell'attrazione paesaggistica di un territorio? Anche qui abbiamo
delle situazioni che vanno denunciate. Credo che su questo la
Provincia di Lecce, se vuole svolgere un ruolo importante, si debba
particolarmente ripiegare nel trovare anche elementi che possano
sviluppare in questa provincia situazioni che abbiano più equità
nella distribuzione delle risorse e delle opportunità.
Non
dimentichiamo che questa è la provincia che, guarda caso, basa il
suo principale elemento di attrattività dal punto di vista
paesaggistico proprio sugli oliveti. L'olivo secolare, il paesaggio
di questa realtà che vive di grande attrattività legata alla
suggestione, a questa commozione che genera vedere un olivo di
duemila anni capace di dare 6,20 quintali di olive, come è accaduto
nel discorso di Michelle Obama, che insieme condiviso come
esperienza.
Sugli
ulivi oggi stiamo piangendo le conseguenze di una scarsa attenzione
che si è purtroppo registrata. Qualche tempo fa Coldiretti aveva
chiesto alla Regione Puglia di intervenire sul discorso degli ulivi
del Salento perché vi erano altre patologie che avevano creato
situazioni di abbandono e situazioni di disseccamento delle piante,
ma soprattutto situazioni in cui il paesaggio dal punto di vista
ambientale stava subendo una azioni devastante da parte della
antracnosi, la lebbra dell’olivo per intenderci.
Vogliamo
cominciare a riflettere che gli elementi del paesaggio, gli elementi
che contraddistinguono e configurano in termini di bellezza un
paesaggio, vuoi che si chiamino muretti a secco o vuoi che si
chiamino oliveti secolari, devono avere eque opportunità di ottenere
interventi dalla mano pubblica, che non deve regalare soldi ma deve
creare opportunità di conservazione e di rilancio di queste
attività? È un aspetto che credo sia opportuno sottolineare.
L'altro
aspetto è quello relativo a distinguere, leggo nel documento, sempre
parlando di azione di sviluppo locale, “la possibilità di
intravedere una nuova ripartizione di opportunità per i gruppi di
azione locale basata anche sulla diversificazione delle azioni”.
Capiamoci, prendo a prestito le parole dell'assessore Pacella, questo
è un territorio in cui il 92% è interessato dall'olivicoltura, il
60% e più della Sau (superficie agricola utilizzata) è olivo.
Allora stiamo attenti, non dico che dobbiamo giocare in maniera
assolutamente omologa, ma perlomeno teniamo conto che la diversità
sta proprio nella unicità che questa provincia ha. Per cui non deve
essere una regola generale, deve essere una regola che va adattata
intelligentemente realtà per realtà, non possiamo dare un diktat in
base al quale regolarsi.
Per
quanto riguarda l’esperienza precedente della programmazione e
ovviamente le proposte che riguardano il futuro, io credo che
l'intervento o, meglio, le scelte strategiche compiute dalla Regione
Puglia nella precedente programmazione Relativamente alla
concentrazione degli interventi siano una esperienza da ripetere, non
è una esperienza da bocciare, soprattutto perché abbiamo avuto una
concentrazione tematica che sostanzialmente ha fatto in modo che
convergessero su determinati argomenti e su determinate ipotesi di
sviluppo una serie di misure.
Questo
va bene perché avere più misure e quindi chiudere il cerchio
intorno a una ipotesi di sviluppo locale credo che sia un elemento
estremamente positivo. Dobbiamo semplicemente stare attenti a non
scambiare la strategia con il contenitore. Noi abbiamo avuto la
strategia dei PIF (progetti integrati di filiera) che è una
strategia che invece alla fine è diventato un contenitore. Su questo
dobbiamo stare molto attenti perché credo che sia la strategia che
dobbiamo valorizzare, poi le formule attraverso le quali riuscire a
realizzare il programma nella sua completezza e nella sua diversità
prevede debba avere altre possibilità che utilizzino i contratti di
rete come elemento di innovazione dal punto di vista organizzativo,
ma, perché no, la possibilità di utilizzare meglio le
organizzazioni dei produttori.
È
inutile dire che questa è una provincia in cui il livello di
organizzazione dei produttori è molto basso, addirittura assente in
alcuni settori. Ovvero si sono fatte le esperienze nel passato più o
meno recente, in alcuni casi un po' più remoto. Queste realizzazioni
sono venute meno, noi abbiamo oggi un mondo agricolo che chiaramente
a quella che era la seconda scelta strategica della precedente
programmazione, che era quella di qualificazione mirata delle
produzioni agricole, non riesce ancora decollare. La qualificazione
mirata delle produzioni agricole non può che avvenire nel momento in
cui si realizzano delle compagini, delle aggregazioni in grado di far
rispettare delle scelte di qualificazione delle produzioni in maniera
abbastanza orizzontale. Sostanzialmente creare un substrato di
conoscenza, sapere a chi trasferire questa conoscenza, avvalendosi,
perché no, ne sono convinto, del lavoro intelligente che si può
fare e si deve fare con il mondo universitario.
Noi
abbiamo delle esperienze in questo che devo dire gratificano molto
sia i ricercatori ma anche gli operatori agricoli che su questo
stanno lavorando.
L'altro
aspetto che è questa provincia deve cercare di introdurre quanto più
possibile un elemento di diversificazione delle produzioni. Sono
d'accordo con l'assessore. Dobbiamo non incanalarci del tutto verso
la monocoltura.
Stiamo
attenti, stiamo per orientarci verso una monocoltura e questo non va
bene. È chiaro che se questo è avvenuto sappiamo anche le cause, è
avvenuto perché non c'è stata redditività per alcune produzioni,
non c'è stata capacità di commercializzare determinate produzioni,
sono mancati gli strumenti. E torniamo al punto di prima. Ma queste
sono le vicende che ci fanno rimanere al palo e che non ci fanno
crescere, rispetto a questo dobbiamo capire come intervenire.
Benissimo la creazione del sistema dei servizi alle imprese, su
questo dobbiamo continuare a scommettere, però in maniera un po'
diversa, cioè la 114, per intenderci, parlo un po' contro quello che
può essere l'interesse di una associazione di categoria come
Coldiretti, credo che debba essere allargato ad altri elementi della
strumentazione agricola presente in questa regione.
Io
mi chiedo perché oggi dobbiamo parlare di situazioni di difficoltà
dei consorzi di difesa e poi, guarda caso, ci troviamo il dilagare
del nuovo killer, e non pensiamo come valorizzare il ruolo dei
consorzi di difesa, delle associazioni di allevatori come strumenti
per cercare non solo di curare ma di prevenire le situazioni che si
sono realizzate su questo territorio e che costantemente sono
elementi di debolezza di questo territorio.
Il
discorso della banca della terra. Non mi basta parlare di una
struttura di servizio di informazione su quelle che sono le
disponibilità dei terreni. Credo che la regione debba alzare la voce
e chiedere un ritorno alle funzioni, quelle nobili, che hanno
caratterizzato Ismea, anzi la cassa per la proprietà coltivatrice
nel passato perché ha generato tante situazioni di vantaggio
competitivo per le imprese. Oggi non c'è più. Credo che su questo,
al di là di dare l'informazione o il servizio di informazione che,
credetemi, sarà pure utile ma non credo risolva i problemi, noi
dobbiamo creare le condizioni perché un organismo fondiario possa
attendere al superamento delle criticità di questa provincia come di
altre province pugliesi. Questo in modo particolare perché la
superficie agricola aziendale di questa nostra provincia è
sicuramente ancora proprio bassa, sicuramente ci sono terreni che si
perdono, che restano incolti, sicuramente c'è la necessità di
creare un momento forte che spinga alla ricomposizione fondiaria,
all’aggregazione fondiaria, perché no, al rilancio del mercato
degli affitti. Non solo la proprietà ma anche l'affitto può essere
un elemento che in prima battuta può essere utile per tendere a
aumentare la maglia aziendale delle imprese agricole.
Sono
alcuni piccoli spunti, mi fermo qua perché credo, lo ribadisco, che
questo processo di programmazione meriti, con le sei priorità che
avete individuato in questa vostra sintesi che ci avete presentato,
meriti approfondimento sia sulla governance, perché non ne abbiamo
parlato ma credo che così come posta non può essere affrontata in
un incontro come questo, dobbiamo avere la possibilità di avere
anche il tempo per poter scrivere qualcosa, non solo ma giungere a un
documento quanto più condiviso a livello provinciale.
Ovviamente
l’innovazione organizzativa va bene. È un imperativo che ci
dobbiamo dare tutti. Tutti coloro i quali svolgono attività sia
economica che di assistenza in questo settore devono scommettere
sull'innovazione organizzativa.
Il
ruolo dei giovani dipende essenzialmente da quanto noi saremo in
grado di rendere appetibile ancora la volta nelle aree rurali e
sicuramente la redditività alle imprese.
Noi
stiamo facendo una esperienza come Coldiretti, ho visto che l’avete
sottolineata, noi stiamo cercando di creare quanto più possibile
filiera corta. Credo che quella sia una frontiera che non riguarda
solo la vendita del mercatino del contadino, per intenderci, filiera
corta è qualcosa di più complesso che tende a abbattere quelle
strettoie che finiscono per ridurre il valore aggiunto che resta in
agricolture a, magari a vantaggio di altre componenti della filiera.
Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, direttore. Mi aveva chiesto
la parola dottore Antonio Bruno.
Cerchiamo
di stringere eventualmente con delle proposte. È chiaro che per
quanto mi riguarda, ma credo anche per voi, questa sera con il
rappresentante dell'Inea sarebbe stato opportuno venire con delle
proposte. Capisco la difficoltà, i tempi, la convocazione. Sarà
opportuno che come territorio ci si ri-incontrasse e ci ragionasse su
quello che stiamo dicendo questa anche sera se ci stiamo mantenendo
molto su grandi linee, dovremmo entrare nel merito, entrare nel
particolare partendo da una analisi della programmazione precedente,
nonché quella attuale, e quindi chiaramente fare delle proposte che
mi auguro, così come ho detto all'inizio del mio intervento, siano
condivise.
È
finito il tempo di chi si inventa una organizzazione, si inventa una
cosa e poi l'altro per fare concorrenza a quell'idea ne inventa
un'altra. Questo dobbiamo iniziare ad evitarlo e quindi proporre
qualcosa che possa andare bene per il territorio, a vantaggio (vedo
che tutti gli interventi condividono) del mondo della produzione.
Dott.
Antonio BRUNO (Presidente Associazione Dottori in Agraria e
Forestali) – Grazie, assessore. Saluto le organizzazioni
professionali, saluto i colleghi, le realtà produttive presenti e
l’Inea che ha attenzione su questa problematica del Salento. Io
sono il Presidente dell'Associazione Dottori in Agraria e Forestali
della Provincia di Lecce. Abbiamo un centro studio che si chiama
Centro studi dottori agronomi e dottori forestali di Lecce.
Prendo
spunto da quello che dice l'assessore per dire che qua dobbiamo
continuare un discorso già in atto, che è quello del Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale di questo territorio che ha
caratterizzato l’intero territorio come a vocazione parco.
C'è
uno strumento, è una visione del territorio. La provincia ha questo
visione, è condivisa dalla struttura fondiaria di questo territorio.
Il territorio di questa provincia ha 220.000 proprietari di paesaggio
rurale che non corrispondono ai diecimila imprenditori agricoli a
titolo principale presenti in questo territorio, anzi novemila, tutti
con partita iva, di cui emettono fattura forse un quarto, forse di
meno. Di questo stiamo parlando, di una realtà che ha queste
caratteristiche. Però stiamo parlando di un territorio che in
termini di autoconsumo rappresenta 850.000 abitanti, territorio
grande l'Umbria dal punto di vista della densità abitativa, un
territorio che è visitato ogni anno da due milioni di persone venute
da lontano, non quelle le vengono dal sud del mondo ma dal nord del
mondo, a iniziare da Bari. Un territorio che ha nel turismo un'alta
vocazione. Ci vengono a trovare perché se Francis Ford Coppola ha la
casa in Ugento, se altri attori presenti territorio hanno fatto casa
qui da noi l'hanno fatto perché il Salento rappresenta qualcosa di
incontaminato, qualcosa di silvestre, di selvatico, perché nessuno
si va a fare la casa dove c'è inquinamento.
Questo
è il target, così ci conoscono, questo quello che ha registrato il
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Che
governance e quali strumenti di coerenza con questa visione di questo
territorio che ha queste caratteristiche?
Capisco
che la dottoressa Valentini dica: “Noi dobbiamo fare sintesi”, ma
facciamo sintesi tenendo bene presente che il Salento è questo. Non
facciamo sintesi facendo del Salento i soli tremila che emettono
fatture. Noi dobbiamo fare un discorso di prospettiva per questo
territorio a cominciare da un servizio eco sistemico che rende
l’agricoltura, che è quello dell’acqua.
Questo
territorio ha due paradigmi, uno dell'impianto di affinamento di
Gallipoli, affinamento dell'acqua a fini irrigui, che è un impianto
chimico, e uno (stanno venendo da Bari, il 27 verranno dei miei
colleghi da Bari a visitare questa realtà) il fitodepuratore di
Melendugno.
Qual
è il servizio di eco sistemico? Mi ha chiamato il sindaco di
Melendugno e mi ha chiesto: “non possiamo fare un impianto di
irrigazione collegato con il fitodepuratore?”. Sì.
Ci
sono cento Comuni in questo territorio con i loro impianti di
depurazione. Ci sono 75.000 pozzi censiti, ma chissà quanti altri.
Il
mio amico Giulio Sparascio ha l'acqua salata perché ci sono 75.000
pozzi che emungono acqua dalla falda, che è bene comune, che è un
bene di tutti noi, che rappresenta anche l'acqua che beviamo, perché
il Salento si dissesta e ha l’acqua potabile grazie alla falda non
all’acqua che viene dalla Basilicata.
Che
cosa c’entra l’agricoltura? C’entra perché l'agricoltura è un
servizio eco sistemico a questi due beni, alla falda, all'acqua che
noi dovremmo portare dove? La dovremmo portare per minacciare il
nostro sistema turistico, che è basato sul turismo balneare, che è
quello che tira di più, e sul turismo culturale. La città di Lecce
è città d'arte. In mezzo c’è uno spazio enorme per il turismo
enogastronomico, il vino ne è la dimostrazione.
Ho
sentito dire: “Abbiamo riempito le sale di enoteche”. Però il
vino è una realtà vera, è una realtà economica. È una realtà
che, grazie anche a Giuliano Sangiorgi che ha fatto un complesso che
si chiama Negroamaro, è una realtà internazionale. E il negroamaro
è conosciuto più del primitivo.
L'olivo
ha lo stesso destino se noi seguiamo le indicazioni che ci vengono,
anche se in maniera spumeggiante e folcloristica, dal mio amico
Ivano.
Basta
vedere questi dati: l'1,29% ha meno di 29 anni. Questo 1,29% sono i
figli di quelli che hanno lasciato ai figli la proprietà. Gli altri
figli non intendono fare l'agricoltore, però ci sono tanti che non
hanno papà agricoltori che sono disposti a fare l'agricoltore. A
questi dobbiamo parlare. E con quale linguaggio si può parlare se
non quello del turismo balneare, del turismo enogastronomico, del
turismo culturale? Parlando di quello enogastronomico, quindi una
filiera cortissima, in cui c'è un autoconsumo 850.000 che non devono
andare più alla GDO, ma devono fare come i giapponesi e incominciare
con le donne che dicono: “Consumiamo quello che producono i nostri
figli”, ma devono essere i nostri figli a produrre, ci deve essere
una motivazione per consumare quello che produciamo, ma anche un
discorso di andare a intercettare gli interessi dei due milioni di
turisti che ci vengono a trovare ogni anno.
Questa
visione non la sto inventando io è quella del Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale della Provincia di Lecce. Se questo
strumento di programmazione non viene preso in considerazione, è
stato fatto qualche anno fa, e si fa un'altra Pac, che parla di altre
cose; se le infrastrutture non sono servizi ecosistemici ma sono
servizi all’impresa che non c'è… Facciamo i servizi all’impresa
che c'è. L'impresa che c'è è l'impresa turistica. E quali servizi
dobbiamo fare?
Vedo
qui presente il dottore Ferro. Il dottore Ferro si è fatto promotore
di un discorso di consorzio di tutti gli olivicoltori. Può essere
intercettato dai giovani non da un sessantacinquenne o da un
settantenne. Perché dovrebbe un settantenne? Io a 65 anni andrò in
pensione. Ho detto queste cose in una manifestazione fatta dall’amico
Ivano, ho detto: “Non ho capito, se io a 65 anni me ne vado in
pensione, perché l'agricolture a 75 sta ancora lì ancora a fare
l'agricoltore? Dove sta la logica?”.
Scusami,
direttore De Serio, io ti stimo molto, però la cosa naturale non si
cambia. Io sono per assecondare la natura. La struttura fondiaria di
questo territorio è frammentaria allora noi dobbiamo intercettare
degli interessi con l'affitto, con il comodato gratuito, che facciano
tornare all'agricoltura i giovani. Ma tentare il discorso di
accorpamento con un mercato drogato in cui se vai a comprare un
ettaro di terra ti devi vendere la moglie ai beduini, è questa la
verità, non rendono nulla ma se tu vai a comprare un ettaro di terra
ti arrendi perché dici: “Io non ce la faccio, mi devo indebitare
per tutta la vita fino alla settima generazione”.
Dobbiamo
trovare una strada perché il capitale terra diventi produttivo senza
mettere a rischio la proprietà. È un bel rompicapo, ma Inea è
stata creata per risolvere rompicapo. Io ve lo sto proponendo,
aspetto le soluzioni. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – La parola al dottore Giuseppe Ferro.
Dott.
Giuseppe FERRO - Prima di tutto devo salutare il padrone di casa, il
Preside Livraghi, che mi ricorda che mio padre ha frequentato questo
Istituto. Quando sento che bisogna aprire una facoltà di agraria a
Lecce e che comunque in Italia gli iscritti alle facoltà di agraria
aumentano, siamo a più 44%, immagino che prima di tutto bisogna fare
formazione prima di iscriversi a una facoltà di agraria e quindi
riscoprire nella sua pienezza l’Istituto Tecnico Agrario Presta,
che magari adesso è un po' soverchiato dall'Alberghiero Columella.
Io sento, infatti, dappertutto l’istituto Columella non sento più
l'istituto Presta, mi viene un nodo allo stomaco.
Devo
salutare la dottoressa Valentino che mi ricorda tempi eroici, il
dottore Pallara che non vedevo da due anni e l'assessore Pacella che
ha avuto la bontà di invitarmi questa sera.
Prima
di dire quello che intendo dire e che avrei fatto se avessi
continuato la mia esperienza regionale, perché siamo arrivati al
punto in cui ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità
e deve attuare momenti di coraggio pure andando contro corrente, come
abbiamo fatto noi sei, sette anni fa. Quello che si dice adesso a
proposito di ricambio generazionale, Pif, poi lasciamo stare come le
modalità di attuazione sono andate avanti, oppure dare maggiori
risorse ai Gal per intercettare meglio le esigenze del territorio,
quindi una programmazione dal basso che è tanto cara all’amico
Pier Paolo, è evidente che questi gradini ci devono fare riflettere
e immaginare di salire altri gradini per arrivare a un qualcosa, non
dico che si possa migliorare l'agricoltura in questi cinque, sei
anni, ma almeno dare una speranza, un obiettivo per i nostri giovani,
ma anche per chi giovane come noi ancora si interessa di agricoltura.
Volevo
soltanto, Benedetto, non per difendere me stesso o chi ha immaginato
la vecchia programmazione, perché fra l’altro è stato un percorso
difficilissimo di confronto sia a livello regionale sia a livello
comunitario quando ci furono messi dei paletti per cui se non
andavamo al di sopra del 35% sull’Asse 2 non ci sarebbe stata
nessun Psr della Puglia , mentre le organizzazioni professionali
tendevano a immettere risorse sull'Asse 1.
Sul
problema della 125 tu sfondi una porta aperta. Come tu sai sono
vissuto in zone di riforma agraria, quindi chi più di me sa quanto
fossero importanti, allora come oggi, le strade rurali e gli
acquedotti rurali. Poiché siamo persone perbene, nel momento in cui
le autorità di gestione vengono convocate a livello regionale dalla
giunta e gli si dice “dobbiamo fare un documento unico, con le
famose demarcazioni degli altri fondi (Fesr e Fse), quindi vediamo di
non fare duplicazioni e quello che non può essere raggiunto con il
fondo più povero - che era il nostro - vediamo di raggiungerlo con
il fondo più sostanzioso - che era il Fesr”. Per strade rurali e
acquedotto facemmo riunioni partendo dall'esperienza della 4.10.
C’era l’amico Toma che diceva: “Ci stanno progetti pronti, ci
stanno i Comuni che stanno aspettando”. Mi pare che raggiungemmo
una cifra di 170 milioni.
Questi
dati furono ufficialmente comunicati. Ci fu la delibera. Mi ricordo
che furono 8 o 9 Assi. Fu identificato l’Asse dove allocare queste
risorse. La delibera andò con queste risorse. La delibera uscì
senza queste risorse. Questa è verità.
Il
dirigente firma la proposta e l’assessore la delibera. L’assessore
firmò questo importo, quando la delibera uscì dalla giunta
regionale i 170 milioni non c’erano più. Il sottoscritto fece una
nota lamentando a, b, c, d, non ci fu nessuna risposta. Ero un
dirigente, non ero la parte politica che si deve assumere certe
responsabilità.
Anche
per quanto riguarda il ripristino dei muretti a secco, al di là
delle priorità che furono individuate, quando ci sono stato io mi
pare che erano 25 milioni su quell’azione. Non so che cosa è
accaduto successivamente e dove sono andate a finire queste risorse.
Non per difendere me stesso, ma questa era la realtà.
Per
quanto riguarda il killer. Io non sono un fitopatologo, mi sono
formato dal punto di vista economico estimativo, ma un po' di
esperienza nel settore olivicolo penso di averla acquisita in tutti
questi anni. Mi sono fatto una mia convinzione, fermo restando che
non ho fatto nessuna indagine, che non ho prelevato campioni del
terreno o delle acque, ma qualche dubbio mi era venuto sapendo che
mio cugino Antonio Bruno – è mio cugino purtroppo - è direttore
tecnico del Consorzio Ugento Li Foggi, quindi ero preoccupato sui
canali che intersecavano i Comuni interessati. Dalle notizie che ho
assunto pare che non sia un problema di acque e neanche di terreno.
Però se fate un momento di attenzione in questi ultimi cinque o sei
anni stanno uscendo patologie che negli anni precedenti si erano
perse. La lebbra l’abbiamo studiata, ma negli anni eroici, anni
Settanta, anni Ottanta, anni Novanta, non mi risulta che siamo stati
chiamati in causa per cose di questo genere. Il parassita principale
che bisognava combattere era la mosca con le cose che abbiamo sempre
detto a tutti.
In
queste cinque o sei anni stanno uscendo fuori queste patologie.
Guarda caso In contemporanea con una superficie notevole di
olivicoltura abbandonata, per ovvi motivi perché più l’olivicoltura
è marginale e più il produttore è allettato dal premio comunitario
e non investe nulla, non sopporta nessun costo, tenuto conto che
nella maggior parte dei casi l'azienda non produce reddito. Quello
che arriva dall’Unione Europea, quindi, è l’unico sostegno che
può arrivare a quell’azienda. Mi sono fatto questa convinzione: il
disaccoppiamento totale in un settore come quello olivicolo, che
abbiamo sempre detto che era una casa, nella maggior parte dei casi
stiamo parlando di una casa antichissima, perché ci sono alberi
duemila anni, di mille anni, che ha bisogno di una manutenzione
ordinaria e straordinaria, quindi ha bisogno di più di una pianta
giovane, quindi è più soggetta, nel momento in cui non fai
l’ordinaria e la straordinaria, agli attacchi parassitari di
qualsiasi tipo siano. Mi sono fatto quest’idea, non vorrei che
quello che sta accadendo in quella zona specifica, e sono curioso di
capire perché in quella zona specifica, se è vero che non ci sono
influenze esterne ambientali o del terreno, per verificare se quello
può essere un campanello di allarme. Mi devo preoccupare nel momento
in cui leggendo i giornali - ho raccolto tutto la rassegna stampa –
vai a vedere che il primo campanello è stato dato nel marzo 2012.
Stiamo parlando di più di un anno e mezza fa. Forse la Regione è
mancata, non so chi è mancato in questo momento, bisognava attivare
alcune cose circa un anno e mezzo fa.
Per
quanto riguarda il signore di Sannicola che mi piace perché parla in
maniera appassionata. In questo anno sono Presidente del Rotary, non
lo sto dicendo per autoqualificarmi perché è soltanto un peso, però
mi sono avvicinato a un progetto mondiale che sta portando avanti il
Rotary per quanto riguarda la lotta non solo alla fame nel mondo, ma
a quello che sfugge a tutti noi: la lotta agli sprechi alimentari.
Sono numeri incalcolabili.
Vi
devo leggere due righe perché vi possiate rendere conto di cosa
stiamo parlando. “I paesi industrializzati e quelli in via di
sviluppo dissipano – questo è un documento della Fao – quasi la
stessa quantità di cibo. I consumatori dei paesi ricchi sprecano
quasi la stessa quantità di cibo dell'intera produzione totale
dell'Africa sud sahariana. Frutta e verdura sono gli alimenti che
vengono sprecati maggiormente. L'ammontare del cibo che va perduto o
sprecato ogni anno è equivalente a più di metà dell’intera
produzione annuale mondiale di cereali”. Questi sono i numeri che
ci devono fare riflettere, al di là che nel 2050 saremo 9 miliardi,
che l'agricoltura dovrà produrre più del 70% di quello che produce
adesso per soddisfare tutti e per dare da mangiare a tutti.
Tornando
allo scopo di oggi. Cerco sempre di partire dai numeri perché sono
comprensibili da tutti. Banca Italia a giugno scorso ha presentato il
report nazionale e il report Puglia.
I
dati. La Puglia soffre meno rispetto ad altre regioni del Mezzogiorno
però sono dati negativi. Stiamo parlando del 2012 sul 2011.
L'agricoltura meno 5,5%, l'industria in senso stretto ha un fatturato
di meno 2%, investimenti meno 10%, esportazioni più 7,3%,
costruzioni meno 7,3%, servizi meno 1,9%, occupati più 0,1, ore
lavorative meno 3,2%, credito più 0,1. L'unico positivo è la
raccolta bancaria più 4,9% perché la crisi determina un momento di
inflazione da parte di tutti i cittadini. Questi sono numeri.
Commercio
estero, quindi abbiamo detto più 7,3 l’intera esportazione della
Puglia.
Agricoltura
soffre, meno 5,0%. Naturalmente stiamo parlando del settore primario,
agricoltura, silvicoltura e pesca da non confondere con l’alimentare,
perché l'alimentare comprese le bevande e il tabacco, non so che
cosa esporta di tabacco la Puglia, sta a più 12,9%. Il PIL 2012,
agricoltura 3,6%, contribuiamo al Pil regionale con il 3,6%, meno 2,
3% rispetto all'anno precedente. Il valore aggiunto dell'industria
alimentare e delle bevande è 15,5% in Puglia.
Se
poi andiamo al credito, i primi tre mesi di quest’anno il
Mezzogiorno sconta in meno 45% rispetto a un più 11 e più 15% del
centro-nord. Questi sono i dati di Ismea.
Questi
sono i numeri. Che cosa ci dicono? Che una produzione amorfa, una
produzione primaria che non viene trasformata, che non viene
valorizzata, che non ha la sua identità e che non viene esportata è
perdente, ancora più perdente quando il settore è marginale come il
nostro olivicolo.
Io
sono qui questa sera per gettare un grido di allarme sul settore
olivicolo. O immaginiamo con questo programma di dotarci degli
strumenti giusti per rimettere in carreggiata il settore olivicolo o,
come hai detto tu, siamo ormai alla monocoltura, è evidente che non
saranno più altre possibilità di recuperare perché non fai in
tempo, lasciando il settore olivicolo, a investire. Anche perché non
puoi immaginare di estirpare 95.000 ettari della Provincia di Lecce
per dedicarci a altro. Sarebbe un danno ambientale enorme.
Veniamo
a quelle che potrebbero le strategie. Benedetto ha parlato delle Op,
delle associazioni. Guardiamoci negli occhi. Quante di queste
funzionano realmente? Quante effettivamente applicano l’ex 102?
Quante vivono soltanto di progetti di miglioramento della qualità
dell’oliva?
Anche
questo discorso collegato a quello che sta avvenendo a Gallipoli e
dintorni,
La
Regione ogni tre anni dispensa 22 milioni di euro per finanziare le
Op e le associazioni di produttori che presentano programmi di
miglioramento della qualità dell’olivicoltura secondo le varie
misure e varie azioni, però la maggior parte per la difesa e la
prevenzione delle malattie nel settore olivicolo.
Noi
abbiamo una rete formidabile di tecnici sull'intero territorio
regionale che dovrebbero essere le sentinelle di tutto. Ma non mi
risulta che questo avvenga. Evidentemente c'è qualcosa che non
funziona, evidentemente anche lì non c'è nessun coordinamento. Ogni
orgasmo viene finanziato secondo il grado di rappresentatività, il
numero dei soci, che voi sapete essere un retaggio storico perché la
maggior parte di quei soci non sanno nemmeno di quale associazione
fanno parte. Sarebbe intelligente fare un coordinamento e fare sì e
che non ci siano sovrapposizione sul territorio e che attraverso le
Op e le Associazioni si possa raggiungere l'intero territorio e
monitorarlo. Servirebbe almeno questo minimo momento di
coordinamento. Questo secondo me potrebbe essere chiesto dalla
Provincia e dalle organizzazioni professionali.
Per
quanto riguarda l'aspetto economico, abbiamo fatto grandi passi per
andare ad aggregare il prodotto, il prodotto trasformato. Nessuno di
noi si è posto la domanda: “ma com'è che il vino va che è un
treno?”. A proposito è arrivata l’agenzia Agra Press, il
Ministro De Girolamo ha dato i dati dei primi sei mesi di quest’anno
il settore vinicolo ha un più 8% di esportazioni e partiva già da
un dato importante. Questo cosa vuol dire? Che quella rivoluzione
nata a metà degli anni Ottanta sta producendo effetti positivi.
Tutte le aziende che esportano stanno producendo effetti positivi per
sé e per gli altri, per l'intero comporto.
Devo
dire che anche l’OCM del settore vinicolo è importante,
specialmente per le azioni dell’internazionalizzazione dei progetti
che vengono presentati. L'olivicoltura soffre. È completamente
diversa dal settore vinicolo. Loro hanno scelto una strada di
valorizzazione della produzione ritornando al passato, alla
tradizione, però investendo sull'innovazione ed esportando questa
produzione. Ci sono centinaia di etichette. Ci sono etichette che noi
qui a Lecce non conosciamo. Non c’è una bottiglia di quel vino.
Faccio un nome: Apollonio, non si trova nei ristoranti di Lecce
perché il 95% della loro produzione viene esportata e non hanno
nessun interesse perché ogni anno loro aumentano sia in quantità
che in valore questa esportazione.
Il
settore olivicolo perché non riesce? Sicuramente stiamo parlando di
superfici completamente diverse, 8/9000 ettari il settore
vitivinicolo, 94.000 quello olivicolo, ma quando si è troppi bisogna
essere organizzati.
Abbiamo
sempre immaginato che l'organizzazione fosse al momento in cui
bisognava mettere insieme il prodotto e commercializzarlo. Le
cooperative, gli oleifici sono sorti per questo. Lasciamo stare che
la maggior parte non rispetta le regole. La maggior parte degli
oleifici cooperativi sociali non svolgono le attività per cui sono
sorti, sono dei frantoi perché svolgono delle attività conto terzi.
Il produttore porta le olive, non conferisce le olive, ricava l'olio,
in quel momento decide cosa lasciare all'oleificio e cosa portarsi a
casa.
L'oleificio
o anche l’Op che dovesse recuperare quel prodotto non sa mai ogni
anno su che quantità e su che qualità di prodotto potrebbe fare
affidamento. Questo non va.
Siamo
stati in Spagna. La lavorazione massale è normale, non esiste una
differenza negli oleifici spagnoli se vuoi fare la partitaria o la
massale. La lavorazione massale è una. D'altronde qual è il
concetto? Io metto insieme le olive, naturalmente devono essere
omogenee come qualità, trasformo insieme queste olive, ricevo l’olio
e commercializzo l'olio.
Che
senso ha, con il vecchio Pop, con il Por, con il programma della
provincia di 10 anni fa, che senso di avere dato a tutti gli oleifici
di avere linee continue perfette e innovative, che con due operai
sostituiscono gli otto operai di una volta, quando ancora sono oggi
costrette a lavorare a livello partitario? Faccio un esempio, è come
se la FIAT fa il miglior stabilimento di questo mondo, tutto
automatizzato e fa la Cinquecento, poi si ferma e fa la Punto, poi si
ferma e fa la Delta. Quanto costerebbero pro capite queste macchine?
Non
riusciamo a far capire che la massale deve essere una condizione
prioritaria. Questa può essere una condizione di accesso, cioè chi
veramente concentra il prodotto primario non l'olio che uno decide
dopo quale deve essere conferito e quale mi porto a casa.
L'altro
aspetto fondamentale a cui tengo molto, facemmo un convegno quattro o
cinque anni fa a Bari alla Fiera del Levante: la conduzione associata
delle aziende agricole. Laddove non esiste una dimensione economica
dell’azienda per stare da soli sul mercato, siccome abbiamo detto
che si è vincenti esportando, ma non puoi esportare se non sei nelle
condizioni di essere innovativo al momento della produzione e di
avere la dimensione economica giusta per andare a esportare se vuoi
farlo da solo, devi raggiungere una dimensione economica x, che può
essere comodamente individuata grazie all’Inea, grazie a chi meglio
credete, per ogni filiera, partendo da quella olivicola che a noi
interessa di più in questa provincia, e dire: “per accedere a un
programma, alla competitività del sistema alimentare favorendo
l’innovazione organizzativa e tecnica delle filiere”. Penso che
quello che vi sto dicendo si inquadra in questo punto due delle
priorità, perché se tu costringi, ma veramente costringi la gente a
mettersi insieme, creando tutte le sinergie possibili…
In
quel convegno vennero fuori la società minima (tre persone), quella
fatta da cento persone e quella fatta da chi produceva latte in
Sardegna, che erano 350 soci. Tutti espressero, perché furono gli
attori di queste attività, tutti espressero la condizione economica
come fosse migliorata rispetto al passato, non solo sommando
idealmente i fatturati delle precedenti attività, si superava di
gran lunga la somma di questi fatturati. Spiegavano, specialmente
quello le tre società: “Io sono stipendiato dalla società, sono
salariato per certi aspetti, conduco il trattore e vengo pagato per
le ore che metto a disposizione, fermo restando che il capitale
fondiario rimane in capo ai legittimi proprietari”, si mette
insieme la gestione. Se andiamo avanti che dobbiamo mettere insieme
la produzione trasformata senza aver prima immaginato un discorso a
monte, perché si possono fare i salti mortali in questo mondo ma voi
sapete meglio di me che il dato iniziale è quello che sviluppa la
possibilità di raggiungere il valore aggiunto, cioè se il costo
della materia prima è già elevato tu puoi fare i salti mortali
nella fase di trasformazione e andare a trovare il mercato più ricco
di questo mondo per recuperare i tuoi costi di produzione, ma è
evidente che devi partire da un costo della materia prima, il più
basso più possibile, con la qualità alta. Questa è l’innovazione.
Se
si decide su questa strada, tutti noi ci dobbiamo spendere su questa
strada al di là degli steccati che in questo momento esistono fra
organizzazioni professionali, organizzazioni dei produttori e
associazioni. Questa può essere una priorità, può essere una
modalità di attuazione e poi si vedrà. Capisco benissimo, si cambia
il modo di agire a 360 gradi, ma se un produttore di dieci ettari,
venti ettari da solo non ce la fa, anche nel momento in cui ha
bisogno di uno scuotitore, dieci produttori da dieci ettari hanno la
possibilità di acquistare, attraverso la conduzione associata,
attraverso la società di gestione, lo scuotitore.
È
quello il primo anello che ci consente di arrivare più forti nella
fase di trasformazione del prodotto, tenuto conto che l’agricoltura
pugliese, non lo dico io ma sono i numeri che vi ho dato, e quella
leccese in particolare, si salva soltanto con l'esportazione. I
consumi stanno diminuendo. La filiera corta è importante per quello
che riesce a recuperare sotto casa tramite la diversificazione. È
importantissima, ma quanto del nostro olio, che ancora per la maggior
parte è lampante, possiamo vendere con la filiera corta?
Altro
aspetto. Insieme a Unacoma a Bari stiamo organizzando Agri Levante.
Mi sono confrontato con chi rappresenta Unacoma. Anche vivono di luce
riflessa perché l'innovazione si è sempre pensato che fosse la
macchina, perché la macchina innovativa ti consente di fare un
lavoro in tempi più rapidi a un costo inferiore. Questo è vero. Mi
ha detto che il settore non soffre molto rispetto alla crisi
dell'agricoltura a carattere generale perché tutte le grosse ditte
che sono ubicate a nord l'80-85% della loro produzione lo esportano
nei paesi in via di sviluppo, nei paesi ricchi come quelli americani.
Sta soffrendo la piccola e media industria, che è localizzata nel
Mezzogiorno e in particolare le 200 imprese della Puglia, perché
esportano solo il 20% della produzione. Anche da quel lato ci
arrivano i segnali per dire: ci si salva esportando. Il settore
vitivinicolo va avanti perché esporta, al di là della qualità che
nessuno mette in dubbio. Se voi andate al nord, amici della
Coldiretti e della Cia, nei ristoranti è difficile trovare vino
pugliese. Mi sono posto questa domanda: perché? Evidentemente le più
grosse etichette che abbiamo, le più importanti preferiscono
esportare e lasciare la competizione al Barolo, al Barbaresco e così
via.
Sono
a vostra disposizione per l'esperienza che abbiamo acquisito a Bari
in questi anni.
Eravamo
sempre pressati sulla spesa, tante volte ci siamo inventati modalità
di spesa perché bisognava raggiungere il target di fine anno, con il
fiato della parte politica e delle organizzazioni, e questo è andato
a scapito della qualità. Non c'è stato mai un momento per
riflettere quali potessero essere le soluzioni migliori. Io penso che
in questo momento bisogna ragionare in questa maniera se si vuole
veramente salvare l’agricoltura pugliese e quella della Provincia
di Lecce in particolare.
Me
ne andai da Bari, questo è l'altro paradosso che penso che gli
addetti a lavori conoscono, a proposito, dottore Bruno, mi sento
molto agronomo questa sera e non vedere questa sera il Presidente
dell'Ordine e il nuovo Consiglio dell’Ordine che è stato eletto,
non vedo i dottori agronomi… Abbiamo fatto due convegni
coinvolgendo l’Ordine e poi i tecnici pretendono di essere
considerati dalle istituzioni e dalle organizzazioni del mondo
agricolo quando non sono presenti nel momento in cui devono fare
sentire la loro voce?
Con
tutto il rispetto che ho per te, Antonio Bruno, mi pare che in
Provincia di Lecce siamo 450, con tutto il rispetto che ho per te,
che sei Presidente dell'associazione e non dell'ordine, mi sarei
aspettato la presenza in un momento così particolare, tenuto conto
che ieri c’è stata una riunione in cui non so di cosa avete
parlato.
Concludo
dicendo che me ne andai per il problema dell'Iva. Ho capito che il
problema dell'Iva non è stato risolto e qualcuno diceva che era un
problema di Giuseppe Ferro. Hanno fatto il fondo di rotazione. Questa
è un'altra cosa. Quando si istituisce un fondo, vuol dire che i
soldi da qualche parte bisogna prenderli. Quello che non riesco a
comprendere ancora oggi e non facciamo una battaglia tutti insieme,
per quale motivo sul Fesr e sul Fse…
Non
più? Come non detto.
Su
una cosa ci stanno copiando in senso negativo. L'Iva è un costo che
tu non puoi recuperare e te lo devi sopportare, tenuto conto che ci
sono misure importanti, con la nuova programmazione ci saranno sulla
forestazione che sono importanti per la Puglia e ci sono Comuni che
devono mettere il 21, fra poco il 22%, e non hanno possibilità nel
bilancio di recuperare questi importi. Questo è il paradosso quando
si danno possibilità per fare investimenti, per creare sviluppo e
dall’altro si mettono zavorre per tornare indietro.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, dottore. Il dottore Lezzi,
prego.
Dott.
LEZZI – Buona sera. Vi parlo da ex allievo di questo Istituto e
soprattutto da esperto del settore agricolo territoriale perché sono
nel campo da trenta anni.
È
un territorio che vive di contraddizioni. Abbiamo parlato molto di
olio, ve ne dico subito una: grandi produzioni, grandi etichette,
grandi premi, non c'è un supermercato, discount o ipermercato sul
territorio che possa esporre una etichetta o una serie di etichette
di oli per tutti i prezzi e per tutte le tasche. Questa è una
contraddizione che spero possa durare il meno possibile.
Tornando
indietro, senza fare accuse, questa è una proposta, cioè bisogna
che ognuno di voi, perché io non rappresento nulla, bisogna che
ognuno di voi rinunci a una percentuale di se stesso per mettere su
un tavolo coordinato questo tipo di discussione e arrivare nel più
breve tempo possibile, ed è fattibile anche in soli 12 mesi, ve lo
posso garantire, arrivare a trovare almeno 10 punti vendita. Il più
piccolo discount, la più piccola catena o possono essere negozi che
poi vanno pubblicizzati con pochi soldi perché qua i soldi non li ha
nessuno però si spendono, quindi arrivare ad avere una etichetta che
possa quantomeno evocare la produttività del territorio nella
correttezza dei dati. Questo è un punto fermo.
Un'altra
contraddizione che stiamo vivendo in questo periodo è che tutti
espongono prodotti dall'olio, prodotti ortofrutticoli, ecc., ma
manchiamo di comunicazione, non quella costosa ma quella spicciola.
Abbiamo,
oltre a queste negatività, un pregio. Ha citato Antonio Bruno due
milioni di presenze. Qualcuno ha detto: non è soltanto al discorso
di turismo estivo, Lecce è piena tutti i giorni, non solo i fine
settimana, tutti i mesi, tutto l'anno. C'è stato chi come docente di
questo Istituto si è cimentato a presentare l'Istituto probabilmente
e abbiamo notato che Lecce è frequentatissima.
Senza
andare a fare molti chilometri, fiere all'estero, che pure vanno
bene, oggi se c'è una visibilità corretta, circostanziata, si può
uscire con poco a due passi. E con chi, se non con gli studenti?
Io
sono venuto qua qualche mese fa a un convegno di Italia Lavoro si
parlava dei voucher che sono uno strumento molto snello, molto
praticabile. Io ho suggerito: oggi bisogna sapere fare comunicare il
territorio con le produzioni del territorio a chi viene a casa
nostra, saperlo comunicare correttamente. C’è bisogno di qualcuno
che parli un paio di lingue. Non so quanto vengono praticate,
studiate, ma anche utilizzate per quello che può servire nell’ambito
studentesco. Io proporrei agli Istituti, tipo questo, ma vorrei
citare per chi è assente gli egregi lavori che stanno facendo
l'Istituto Costa e il Calasso, cioè unire ogni anno gli studenti
delle quarte e quinte classi e dare un minimo di formazione su quelli
che sono i prodotti agroalimentari, su quelle che sono le peculiarità
turistiche di richiamo e come si comunicano. Chi spende qualcosa in
più sull'agroalimentare, su una bottiglia di olio, di vino o di
altro, non lo spende perché, sì, forse perché è pubblicità, ma
quello lo fa la massa, ma il turismo culturale lo vende perché è
c’è storia e questo Istituto ha storia da vendere deve essere
soltanto portato nel giusto loco, praticamente a tre chilometri di
distanza dal centro di Lecce e deve essere venduta costantemente non
solo nell’occasione della fiera.
Ci
deve essere un presidio olivicolo-oleario salentino fisso su Lecce.
Non si deve aspettare l’occasione.
C'è
stato il discorso della Mostra Permanente dell'Artigianato mi chiedo
per quale motivo non ci può essere una mostra dell’agroalimentare
tipico salentino, ma con soggetti che raccontino, presentino a
turnazione. Questo significa fare tastare agli studenti degli
istituti alberghiero, agrario, commerciale il mondo del lavoro.
Se
ci stanno 100/150 ragazzi che si diplomano all’anno significa che
ci stanno 100 /150 soggetti che per motivi qualsiasi (lavoro, studio,
viaggi) andranno fuori. Riusciranno più o meno a capire che cos’è
olio e il vino del proprio territorio o la patata Sieglinda di
Galatina. Il tutto legato a quel discorso salutistico, quindi non
consumistico. Io so, poi me ne posso servire o meno, ma intanto sono
uscito da un tipo di formazione tale che mi ha consentito di
conoscere queste cose. Poi posso fare le scelte che voglio nella
vita.
La
lancio come proposta, fare masticare nell'ultimo biennio a tutti i
ragazzi di questi istituti che sono vicini al mondo economico
(agrario, alberghiero, commerciale) questa tipologia ma anche altre
esigenze di cui hanno bisogno le aziende. Le aziende non sanno come
fare una etichetta. Sono tutti bravi a fare sanzioni e stanno
rastrellando il territorio in questi giorni, ma nessuno sa come
accogliere l’ispettore, che cosa gli deve esibire in maniera tale
che quanto meno sta meglio è per tutti e due, sia per chi riceve la
visita ispettiva sia per chi la fa.
Ma
anche il discorso delle etichette, della commercializzazione.
Ogni
tanto leggo delle critiche su chi vende dei prodotti agroalimentari
per strada senza etichetta, senza un minimo di ricevuta, eppure
vendono. Quando ne hanno parlato con me ho risposto: “Non devi
dirlo al giornale, ma devi andare al tuo Sindaco perché penso che
ogni Sindaco abbia la capacità di fare queste cose, se tu stai in
regola perché se tu non sei in regola perché stai peggio di lui, è
inutile che ti muovi”. Mi fermo qui perché non voglio entrare in
toni polemici.
Ho
ricevuto la settimana scorsa dalla Monini – non so come siano
arrivati a me, non ne ho idea, lo devo chiedere - un campione di olio
100% australiano per essere degustato. Olio 100% italiano che stava
nella catena di Esselunga per solo per la scorsa settimana 16 /24.
Questa è una operazione che per quello che può costare, se vi fate
un po' di conti, potrebbe essere emulata da quella iniziativa che vi
ho detto, di fare entrare il prodotto salentino etichettato
correttamente, certificato perché oggi si può misurare tutto
sull’oliva e sull’olio. Si possono misurare i lavori
nutrizionali, la degustazione, il profilo organolettico.
Partiamo
dall’olio è il più diffuso. Vi invito anche a guardare le figure
della 103 e 105, questa bella tipicità del territorio, 100 Comuni
tutte queste varietà.
Secondo
voi quale etichetta, se non quella che evoca il territorio? Che
vogliamo mettere Gianni Lezzi, Giuseppe Ferro?
Io
non ho voluto parlare di Dop, ma a questo punto sono tirato in ballo
e ve ne parlo. La Dop ha insegnato negli anni che ci sono paletti. La
Dop è servita a molte aziende per sapere come comportarsi anche
sugli altri extravergini. Cioè tracciato un disciplinare chi si
sognava l'azoto e la temperatura 10, 15 anni fa? Ma questo non è
problema solo di Lecce, il 10 ottobre ci sarà un incontro a Roma
proprio per vedere come modificare i disciplinari che sono un
problema di tutte le Dop, però quello ti dà dei paletti su come
comportarti.
Vai
come Dop Terra d'Otranto. Scegli una organizzazione che fa una Dop
Terra D’Otranto. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie. Vi prego, massimo cinque
minuti.
ANDREA
PANICO – Sono un agronomo, collaboro con la Cia di Tricase e anche
con il Parco Otranto Santa Maria di Leuca.
Io
sono stato un attore indiretto della realizzazione del Psr passato,
ovviamente avendo a che fare con aziende direttamente ho raccolto
oltre alle loro esigenze anche le loro critiche verso questo tipo di
interventi.
I
giovani sono una realtà molto importante nel ruolo dell'innovazione
dell'agricoltura nel Salento, nella nostra provincia, ma si deve dare
loro l'opportunità, non solo tecnologica e finanziaria ma anche lo
spirito, cioè questi giovani devono sentire nella loro avventura una
innovazione, una innovazione anche di carattere culturale, devono
sentirsi protagonisti.
Questo
è il punto debole, è stato un punto debole nell'intervento della
121. Sì, dà i soldi ma non dà lo spirito. Lo spirito che cosa
significa? Significa che un giovane che si accinge a diventare
agricoltore vuole in tutti i sensi essere protagonista. Essere
protagonista significa girare i mercati, andare alle fiere, diventare
internazionali, parlare qualche lingua, poter coinvolgere quanta più
gente possibile, fare i percorsi della degustazione, fare visitare la
loro azienda. Fare visitare la loro azienda significa, però, dare la
possibilità a questo giovane di mettere in mostra la propria
azienda.
Mettere
in mostra significherebbe la possibilità di fare la tracciabilità.
La tracciabilità non solo quella documentale ma anche quella di
interfaccia con i consumatori. Ricordo una esperienza, cioè il
giovane agricoltore che aveva inventato l’azienda agricola con i
soldi della Regione Puglia, quindi del Psr ha inventato il percorso,
gli fa degustare i prodotti. È come una promozione diretta
nell'azienda. Fare assaggiare i loro prodotti, fare vedere come si
fanno. Questo tipo di cose non sono molto visibili, sembrano quasi
tecnologiche, sono di carattere business, di carattere economico,
però non è bene evidenziato questo aspetto del protagonismo. In più
esistono all'interno della Provincia di Lecce diverse realtà
caratterizzate dalle questioni ambientali, dalle questioni della
sostenibilità. Le questioni ambientali fanno riferimento ai parchi.
I parchi in qualche modo nella Provincia di Lecce si stanno attivando
autonomamente per dire ai visitatori come è fatto l'ambiente, che
cosa c'è nel parco e come dovrebbe essere fatta l’agricoltura nel
parco.
In
più aiutare gli agricoltori a costruire il paesaggio. Sono stati
fatti dei corsi di potatura che sembravano finalizzati a se stessi,
però il corso di potatura dà la possibilità agli agricoltori di
capire come viene costruita fisiologicamente la pianta, come dare un
contesto naturalistico ma anche armonioso di tutta la risorsa. Questi
elementi vanno visti come? Nel Psr vi prego di prendere in
considerazione l'agricoltura dei parchi, l'agricoltura sostenibile,
perché significa agricoltura sostenibile significa innovare,
significa dare la possibilità ai giovani agricoltori di comprendere
che cosa è l’innovazione.
Fare
l’agricoltura come convenzionalmente viene considerata
l'agricoltura non è più stimolante. Questo è un dato di fatto. Non
è più stimolante perché il giovane agricoltore si deve confrontare
con le nuove realtà, l’informatica, l’internazionalità, le
fiere di carattere elevato, gli assaggi, i prodotti, tutta la cultura
che sta intorno al prodotto agricolo. Questa è una cosa molto
importante perché la Provincia di Lecce è un avamposto. Qualcuno
parlava di agricoltara intensiva. L'avamposto dell'agricoltura in
Provincia di Lecce è il fatto che l'agricoltura in qualche modo o in
qualche realtà è molto marginale, e questo non deve essere un fatto
negativo ma può diventare un punto di forza perché l'agricoltura
marginale si sposa bene con il concetto di sostenibilità, quindi
abbattimento della produttività, abbattimento dell'uso dei
fitofarmaci, anche dei concimi minerali, di tutto quel concetto che
sta alla base dell'agricoltura convenzionale. Innovare significare
dare la possibilità a questa agricoltura di fare il ruolo che gli
può competere nel futuro in modo da dare questo spazio di carattere
extraprovinciale, extralocale in modo da motivare le nuove
generazioni.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie. Prego, professore De Bellis.
Prof.
DE BELLIS – Buona sera a tutti, sarò molto breve, i giusti venti
minuti del professore. Scherzavo, sarò veramente piuttosto breve. Io
credo che in questa assemblea siamo andati fuori tema, nel senso che
ho la deformazione del professore: prima c'è lo studio del contesto,
cioè le basi, e spero che possa circolare in anticipo il lavoro del
contesto che state evidenziando, però poi si passa agli obiettivi.
Qui mi sono perso perché si è parlato di strategie, di tanti
dettagli tecnici, anche se chiaramente negli interventi ci sono molte
cose interessanti.
Credo
che per tutta l'agricoltura e l'agroalimentare pugliese e soprattutto
salentino bisogna trovarsi alcuni pochi semplici obiettivi condivisi,
che poi vengono decodificati nelle varie filiere o nei vari aspetti
con diverse strategie sui diversi temi. Questo è il punto
sostanziale perché la base di tutto secondo me è l'aumento del
valore delle produzioni agricole e agroalimentari. Che questo aumento
di valore sia una fidelizzazione o sia un aumento prezzo stessa cosa
è. C'è stato un enorme successo di Italy che è sbarcato anche alla
Fiera a Bari. Italy ha dei prezzi stratosferici, però tutti vanno lì
e comprano perché hanno l'idea che quello è il prodotto garantito
italiano.
Possibile
che ci dimentichiamo delle tipicità? Per questo l'altro obiettivo
deve rimanere il rinsaldare il legame tra le imprese del territorio,
i cittadini consumatori e le quelle che sono le imprese che producono
i prodotti tipici del territorio. Questo è un qualcosa di
importante. Poi naturalmente accanto a questo un altro obiettivo è
la tutela del territorio e della sostenibilità ambientale che poi si
coniuga nel controllo della falda, nell'acqua, magari bisognerà
davvero fare un acquedotto che porti acqua potabile, però è un
ovvio obiettivo. E poi naturalmente il ringiovanimento
dell’imprenditorialità agricola. Questo è un ovvio obiettivo. Poi
bisogna realizzare un efficiente trasferimento delle innovazioni e
delle conoscenze. Magari è l'università che può fare questo
lavoro. Ma questo deve essere organizzato bene. Non tutti possono
insegnare.
Altro
obiettivo. Bisogna essere d’accordo. Vogliamo migliorare la massa
critica delle imprese? Certamente, quindi organizziamo un sistema di
cogestione con varie formule incentivando. Bisogna ripartire degli
obiettivi, quindi, e qui di obiettivi ne ho sentiti citare pochi.
Un
altro che non è un obiettivo, ma una strategia, una metodologia, in
questi ultimi anni io sono stato molto critico perché anche come
università abbiamo partecipato a varie misure del Pif, per me è
stata una tragedia. Ora sono anche direttore di un dipartimento e io
non so la data di chiusura del Pif misura 124, quindi non so se posso
spendere i soldi legalmente o no. Perché uno ha fatto la domanda di
proroga e nessuno gli ha mandato la risposta. Sono stati fatti dei
bandi lacunosi, poi le regole si sono sovrapposte, cioè al terzo Sal
hanno chiesto dei documenti, al secondo Sal un altro tipo di
documenti e al terzo Sal la liberatoria. Come la liberatoria? Se io
compro dalla Germania, il tedesco non mi manderà mai la copia del
documento di identità, quindi è importante che la burocrazia
regionale cambi atteggiamento di controllo e diventi più efficiente.
Questo comporta un risparmio di soldi perché credo che i ritardi
dipendono moltissimo da questo.
Ultimo
commento. Molti lavori anche in passato sono stati fatti, in realtà,
Pier Paolo Pallara lo sa, un paio d’anni fa l'assessore Stefano
coinvolse tre docenti – io ero tra questi - per fare un piano per
dare delle idee per lo sviluppo dell'agroalimentare pugliese. Questo
documento è stato prodotto, però non è stato mai utilizzato. Spero
che Pier Paolo Pallara che lo conosce lo utilizzi per l'elaborazione
del Psr. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, professore. Lei ha
evidenziato degli obiettivi che credo in qualche maniera vadano a
coincidere con le priorità del documento programmatico della
regione. Dottore Piccinno, prego.
Dott.
PICCINNO – In questa serata in cui si è parlato molto di Psr, ma
anche di tanto altro, forse sarebbe meglio concentrarsi su questa
tematica, volevo portare l'esperienza della mia azienda agricola con
i fondi comunitari.
Conduco
una azienda da circa venti anni e devo dire che ho cercato di
sfruttare al massimo tutte le opportunità che dal 1994 con i primi
Pop fino all’ultimo Psr sono state costruite per le aziende
agricole. Giudico il mio rapporto con questi strumenti di
finanziamento sicuramente positivo perché la mia azienda è potuta
crescere in funzione della capacità di ottenere finanziamenti,
quindi ha migliorato la propria strutturazione e ha potuto proporsi
in maniera nuova e più efficace sui mercati. Però devo dire che
probabilmente con altre modalità o con modalità in parte
leggermente diverse, gli effetti sarebbero stati notevolmente più
efficaci. Faccio un esempio. L'orizzonte temporale in cui si
prefigura un investimento sostenuto con fondi dalla Comunità Europea
è di cinque anni se non di più. Una azienda che ha un orizzonte
temporale di questo tipo e che vuole investire si trova a dover
predisporre programmi di investimento probabilmente al momento
esuberanti rispetto a quello che servirebbe all'istante perché
finito quel finanziamento per 3, 4 anni non può accedere a ulteriori
finanziamenti.
Questo
comporta un allungamento della spesa. Quei 18 mesi diventano 24 e
così via e ancora di più e un andare in difficoltà delle aziende
agricole che rincorrono il finanziamento. Secondo me occorrerebbe, un
po' come è stato fatto in questo Psr in cui c’era lo strumento del
Pif che è uno strumento molto più complesso, non certo per colpa
della regione, però tante volte è diventato più obiettivo ma
veicolo, più che strategia veicolo per intercettare i finanziamenti,
e il bando della 121 sulle singole aziende agricole. Voi pensate che
una singola azienda agricola possa accedere su una 121 su un bando
che viene fatto una volta nell’arco di 5 più 2 anni? Non è
possibile. E poi deve aspettare gli esiti di una graduatoria o di
eventuali scorrimenti che naturalmente ci saranno perché ci devono
essere perché altrimenti non si spende. Probabilmente si potrebbero
ipotizzare, se tecnicamente questo fosse possibile, due canali di
finanziamento, un finanziamento ordinario che dovrebbe essere uno
strumento agevole, magari addirittura senza istruttoria preventiva ma
semplicemente a pagamento a fattura, cioè una azienda che
sostituisce un trattore o acquista uno scuotitore in sostituzioni di
macchinari obsoleti compie un atto di ammodernamento ordinario che
non ha bisogno di una ipotesi di strategia di grande scala che
comporta costi sia a carico della singola impresa ma anche a carico
della regione che è costretta fare istruttorie pesantissime,
valutare Pma che molto spesso sono icone da cliccare ma non c’è
niente di sostanziale su questo tipo di investimenti. Se arrivano
finanziamenti ogni sette anni è normale che dopo sette se uno ha un
trattore per mantenere la competitività di esercizio deve cambiare
trattore. Ma su questo non occorre una strategia grande.
Ipotizzare
un sistema di sostegno degli investimenti ordinari con una modalità
di pagamento a fattura. Questo di fatto agevolerebbe la spesa perché
mi configuro un investimento sulla mia azienda di 40000 euro in un
anno, compio un investimento presento la fattura e vengo liquidato,
se questo tecnicamente fosse possibile. Diversi sono gli investimenti
sulle strategie più ampie di sistemi. Il Pif va benissimo e vanno
benissimo le azioni traversali che si accoppiano agli investimenti
singoli, però vanno anche queste qualificate. Va bene, anzi è
opportuno che la ricerca rimanga su questo tipo di investimenti
perché sarebbe una follia oggi che abbiamo capito che cosa vuol dire
la ricerca, oggi che abbiamo capito che prospettive può dare una
ricerca per l’agricoltura, abbandonare questo tipo di situazioni
perché bisogna spostare i soldi su altri investimenti.
L'altro
giorno facevo un esempio presso un convegno che abbiamo fatto presso
la Fiera del Levante sulla valorizzazione delle olive da mensa, la
Cellina di Nardò. Noi possiamo chiedere alla regione o di stanziare
50 milioni di euro perché sostenga finanziariamente le anticipazioni
di acquisto, di conferimento dai soci delle cooperative per
l’acquisizione del prodotto oliva da tavola ogni anno, ovvero
possiamo finanziare una tantum in maniera risolutiva un investimento
in ricerca di 500.000 una tantum che consenta di abbreviare i tempi
di deamarizzazione delle olive. In termini di valorizzazione delle
risorse siamo su questi. Cerchiamo di mantenere la ricerca, quindi.
Un'altra
riflessione volevo fare. Quando fu annunziato che ai Gal si conferiva
una disponibilità economica importantissima fummo tutti felici.
Ritenevamo estremamente strategico questo. Dare il 21% delle risorse
Del Psr ai Gal è stato un atto di coraggio che tutti abbiamo
condiviso, però oggi va fatta una riflessione a posteriori che non
vuol dire screditare quello che è stato fatto prima.
Un
ragionamento numerico lo faccio: se ai Gal affidi la
diversificazione, tranne che per i primi insediamenti, e dai il 21%
quando la legge di orientamento consente a una azienda di arrivare al
50% del proprio fatturato o poco meno sulle attività connesse, stai
dando poco. Se poi i Gal, è inutile negarlo, hanno un comportamento
gestionale completamente difforme sul territorio, destinano parte del
proprio patrimonio a soddisfare ognuno un investimento sul Comune,
poi c'è la misura per fare quello, di fatto alla diversificazione
che rimane? Di quel 21%, se guardate bene i dati, alla
diversificazione sarà andato un 5-6% che è una quantità ridicola
rispetto alle potenzialità delle aziende del nostro territorio, in
particolare del Salento.
Attenzione,
le aziende vanno bene sono quelle che hanno avuto la capacità di
diversificare in attività connesse e l’agriturismo su questo
diventa fondamentale. Senza screditare quello che è stato fatto,
però alla luce dei risultati attuali un po' di onestà intellettuale
per futuro va fatta, come anche la governance dei Gal va messa in
discussione perché poi non possiamo pregiudicare lo sviluppo del
territorio in funzione di un partenariato che chissà come è nato e
non è più di fatto controllabile.
Finite
queste considerazioni fatte con la sensibilità di impresa, visto che
comunque rappresento una organizzazione, volevo dare una
interpretazione anche politica. Che cosa può essere questo nuovo
Psr? Io lo inquadrerei in uno scenario globale. Le risorse
comunitarie per quanto vengano ridotte sono sempre tante. Ma dove
devono andare a finire queste risorse comunitarie? Qual è il settore
economico che oggi è capace di intercettare gli investimenti? Può
essere il manifatturiero? No. Può essere l'industria? Assolutamente
no.
Secondo
me il nuovo Psr dovrebbe essere ideato con questa funzione, la
capacità di catalizzare e di amplificare tutti gli investimenti che
possono arrivare. Come diceva il direttore De Serio un intervento di
manutenzione straordinaria dell’oliveto salentino va visto come
intervento di sostegno all’agricoltura o va vista come un
intervento di sostegno al turismo? Va visto come una palestra per
ospitare le attività di formazione di una manodopera che non potrà
andare avanti per casse integrazione prorogate, ma dovrà trovare una
futura sistemazione.
Su
questa potenzialità dell'agricoltura, di diventare il settore
economico trainante ma capace di dare equità sociale, occupazione,
benessere economico, ma anche piacevolezza di ospitare la gente, di
attrarre la gente, su questo ragionerei per il nuovo Psr, su questa
capacità. Naturalmente occorre cercare di guardare in alto. Alla
fine guardare in alto o guardare in basso costa la stessa cosa,
quindi è meglio provarci. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Credo che non ci siano altri
interventi. Dottoressa Monti, prego.
Dott.ssa
MONTI – Mi presento sono Cristina Monti, attualmente sono
consulente di Coldiretti. Mi sono occupata di programmazione in
diverse regioni italiane. Una cosa molto veloce rispetto ad alcuni
strumenti perché si è discusso di molte cose. Facevo solo
un'osservazione. Rispetto alle difficoltà che ci sono state nella
spesa e alla difficoltà delle imprese di poter accedere al credito,
sarebbe interessante comprendere il fatto che gli strumenti di
ingegneria finanziaria non sono partiti e non hanno funzionato per
quanto riguarda il Psr in considerazione dei dati importanti che per
gli altri fondi hanno rappresentato, dai dati che uscivano il Fesr ha
lavorato per quasi 200 milioni di euro per quanto riguardava il fondo
di garanzia, con un eccellente risultato per quanto riguarda le
imprese. Credo che sia importante, viste tutte le problematiche di
accesso al credito, riuscire a comprendere, visto che questo potrebbe
essere uno strumento molto importante. Importante per due motivi, uno
che disporre da subito delle risorse e non dover prendere aprire
prima un mutuo in banca, poi vedere se te lo danno o non te lo danno,
contrattare, non sempre riuscire ad avere una contrattazione, per cui
averlo come conto interessi, avere tutti i soldi subito
dell'investimento perché questo può essere anticipato, possono
essere dati prima, si fa prima la spesa e poi nel momento in cui si
realizza lo strumento si può utilizzare.
Ne
ho utilizzati e ne ho fatti diversi di fondi di garanzia.
Teniamo
conto di un'altra cosa, visto che ha funzionato per tutti gli altri
settori, visto che questo strumento si può utilizzare, visto che ci
sono esperienze in Italia che sono prime in Europa anche per quanto
riguarda il fondo di garanzia nel settore agricolo e siccome vengo da
una regione che ha fatto il primo fondo di garanzia. Ci sono vari
modi, vari metodi per farlo, adesso si tratta semplicemente di capire
qual è stato il meccanismo che non ha consentito di funzionare,
guardare dove hanno funzionato e dove sono strumenti importanti visto
che gli altri settori hanno avuto un’esperienza estremamente
positiva, niente di più.
Può
essere importante, tante aziende l'hanno sottolineato, hanno ritenuto
che questa fosse una esperienza da portare avanti e importante, credo
che nella prossima programmazione questo sia uno degli strumenti più
importanti da mettere a disposizione.
Faccio
un'altra osservazione che non credo sia irrilevante. Il fondo che
viene messo a disposizione, una volta che ha svolto il suo esercizio,
l'ha completato, non è che ritorna, resta. Per cui, una volta che ha
svolto tutta la sua attività, quello rimane, ce lo troviamo. Se
stanziamo 50 milioni, chiusa il programmazione sono lì per le
prossime volte, per la prossima occasione. Quando ha esaurito la sua
funzione, può essere anche destinato ad altra cosa.
Questo
è quello, e non è irrilevante tutto questo. Diventa patrimonio per
il sistema. Sono risorse delle misure del programma, però una volta
che hanno esaurito, che sono esaurite, che hanno svolto e completato
tutta la loro attività, sono risorse che rimangono nel mondo
agricolo, non mi sembra irrilevante, una volta che hanno esaurito la
loro funzione. Questo è il sistema. Non ci inventiamo niente di
nuovo, sono strumenti consolidati.
Passo
a un altro argomento. Misure agroambientali. Qui è stato fatto un
trasferimento di 33 milioni dall'asse 2 all'asse 1. Ci sono state
delle misure che probabilmente hanno funzionato poco, il biologico si
era esaurito rispetto a questa esperienza, però se si fosse aperta
la lotta integrata sarebbe stata una esperienza interessante, perché
dal primo gennaio avremo ma lotta integrata obbligatoria, saranno le
linee base, però ci troviamo tutta una serie di aziende. Se fossero
state accompagnate a questo obbligo, oggi senza fatica non solo
potrebbero avere un impatto più debole su questo, visto che tutti
saltano con gli allarmi “come faremo”, “come non faremo a
partire da gennaio con questa situazione”. Da gennaio non solo
sarebbero stati accompagnati, ma potevano partire con il sistema di
qualità nazionale che diventava un sistema di qualità certificato,
che diventava un sistema di qualità rifinanziabile nella prossima
programmazione, come tutti i sistemi di qualità. Per cui qualche
volta quando si programma guardare un po' lontano, cercare di vedere
le direttive che cosa imporranno domani. In fondo stiamo parlando di
un provvedimento che nella sua base è stato approvato come atto
legislativo due anni fa. Per cui non diciamo delle cose strane.
Guardare
un attimo con attenzione questo per mettere nelle condizioni gli
operatori di essere aiutati in questi passaggi non sarebbe rilevante.
Sono solo un paio di osservazioni, che però non mi sembravano
indifferenti. Grazie.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie.
WALTER
INGROSSO – Faccio un interventi carattere tecnico. Sono Walter
Ingrosso, sono un agronomo e sono qui in veste di Presidente di una
organizzazione di produttori nel settore ortofrutticolo. San Rocco è
l'unica presente nel Salento.
Tutti
i continuano a ribadire il ruolo fondamentale che devono avere le
organizzazioni dei produttori nel rilancio dell’agricoltura in
Puglia. Effettivamente ce ne stanno poche e andrebbero incentivate.
Nella scorsa programmazione non ho visto nessuna misura che andava in
questa direzione. Si sono fatti i Pif, è stata incentivata la
filiera con risultati che ancora non sono scaduti quindi non hanno
dato del tutto i frutti, però credo che i risultati non siano
soddisfacenti perché molto spesso si mettono insieme componenti a sé
stanti che fanno un progetto soltanto per arrivare al finanziamento
poi di concreto bisogna vedere che cosa si raggiunge. Anche in questo
credo che si possa migliorare.
Tornando
all’organizzazione dei produttori, credo che si possa incentivare
lo sviluppo dell'organizzazione dei produttori o finanziando, magari
prevedendo dei bandi esclusivamente per le organizzazioni dei
produttori, quindi per i soci, magari abbassando un po' i parameri
per entrare perché non tutti i soci hanno la possibilità di fare
investimenti di 50,000 euro oppure hanno delle aziende che riescono a
raggiungere il monte ore necessario per accedere ai finanziamenti, e
anche su questo ci sarebbe da dire perché credo che tabelle cui
vanno riferimento per l’attribuzione del monte ore non sono molto
veritiere.
Ci
sono esempi di coltivazione sotto serra dove credo che il fabbisogno
di manodopera rispetto a quello indicato in tabella, quindi è
difficile accedere. Così come è difficile che per un giovane che
vuole investire e costruire una azienda ex novo (noi facciamo tutte
produzioni sotto serra lo prometto), andare a investire su un terreno
che attualmente è seminativo, magari vuole fare delle strutture
serricole però non può farlo se con ha a disposizione una
superficie adeguata per accedere al finanziamento. Sarebbe opportuno,
quindi, arrivare al conteggio del monte ore necessario, cioè alle
famose 2200 ore per raggiungere la piena occupazione una volta finito
l'investimento, cioè a finanziamento già raggiunto. Non so se sono
chiaro. Adesso viene fatto il conteggio in un pre-investimento mentre
forse sarebbe opportuno nel post-investimento.
Un'altra
misura che potrebbe funzionare è quella di prevedere una percentuale
di incentivazione maggiore per chi è socio di una organizzazione di
produttori, così come è fatto con le zone svantaggiate - non so
quanto possa essere vera questa suddivisione tra zone svantaggiate e
non - a cui viene dato un 10% in più a fondo perduto. Potrebbe
essere previsto per i soci di una organizzazione di produttori, non
perché vogliamo vantaggi ma per favorire l’aggregazione.
Incentivare cioè Le aziende che adesso non sono all’interno di una
organizzazione di produttori a aderirvi.
Un'altra
cosa che mi sento di dire a proposito di quello che ho sentito finora
e che ho visto anche nel documento di programmazione per il prossimo
Psr è legato al fabbisogno di acqua. Noi siamo in una zona dove è
vietato emungere, perforare e fare nuovi pozzi. Per cui diventa
difficile o impossibile insediarsi in zone nuove per chi vuole fare
agricoltura sotto terra. È praticamente impossibile, anzi con una
restrizione ancora maggiore per il rinnovo dei pozzi già esistenti
perché da quando la competenza è passata alla provincia è
diventato veramente difficile riuscire a rinnovare la concessione di
un pozzo. Intanto abbiamo questa seria difficoltà. Ci strozzano i
pozzi, non riusciamo a soddisfare le esigenze delle aziende.
Da
quando è passata alla provincia sono cominciati i problemi, al Genio
Civile erano molto più tolleranti. Credo che si potrebbero fare
delle infrastrutture, come si è visto nel documento programmatico,
come mi è capitato di vedere in Israele, a Tel Aviv, dove hanno un
impianto di depurazione di tutta la fogna sia bianca che nera e
portano l'acqua a 400 chilometri di distanza del deserto irrigare. In
tutti i Comuni che abbiamo qui intorno credo che con un piccolo
impianto di depurazione, tra l'altro ce l'hanno già, basterebbe,
invece di smaltire l'acqua che si ottiene e sprecarla, utilizzarla
per l'irrigazione con una rete adeguata. Vi ringrazio.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie.
Dott.ssa
VALENTINO (Inea) – Dirò alcune cose che sono emerse finalizzando,
cercando di finalizzarci all’ottenimento di un prodotto che è
quello che penso prema a tutti arrivi alla regione.
Oggettivamente
ognuno di voi ha espresso alcune questioni, però si è andati da un
discorso legato in alcuni casi agli obiettivi specifici da
raggiungere, qualcuno ha parlato di strategie, in alcuni casi si è
scesi addirittura non dettaglio di strumenti, in qualche caso sono
emerse delle situazioni anche in contrapposizione, alcuni interventi
sono andati nella direzione del sostegno quasi esclusivo alla
produzione e altri, invece, hanno affermato il contrario.
È
evidente che la necessità di fare sintesi non può portare tutto
all'attenzione, quindi andiamo a premiare i produttori e
contemporaneamente facciamo anche dell'altro perché abbiamo bisogno
di concentrare le risorse, quindi abbiamo bisogno di dire quali sono
le strategie più importanti per questo territorio e sceglierle,
quindi è qual è l'obiettivo che si vuole raggiungere. Si parte
dall’obiettivo, dall’individuazione di una strategia.
È
chiaro che gli strumenti verranno in conseguenza. Molti degli
interventi hanno messo in evidenza situazioni di debolezza
dell’attuale Psr che sono generalizzate, che più o meno si
conoscono, si sanno. Voi avete qui il dottore Ferro che, essendo
stato autorità di gestione del Psr, probabilmente ne è molto più
consapevole di tutti noi di queste debolezze, di queste difficoltà.
Però se vogliamo finalizzare questo strumento di ascolto che si sta
mettendo in atto è bene che si riesca a portare una posizione comune
su alcune poche tematiche, neanche tutte.
Consiglierei
di non fare un documento che arrivi alla regione che sia traversale
su tutte le situazioni che possono essere emerse oggi. Fermo restando
che alcune delle questioni sollevate si andranno a risolvere perché
l’attuale programmazione è diversa dalla precedente. Per esempio
non esistono più gli assi, quindi esistono sei priorità e
all'interno di queste sei priorità si ha la possibilità di giocare
indipendentemente dall'obiettivo competitività o obiettivo ambiente.
Possiamo insieme le cose, possiamo creare progetti integrati nella
misura in cui questa parola non fa riferimento agli altri fondi, ma
evidentemente soltanto al Fesr.
Il
consiglio mi sento di dare, piuttosto che trascrivere così come
sono, cerchiamo, anche individuando, assessore, poi vedrà Lei quello
che ritiene più opportuno, anche individuando un altro momento, un
obiettivo più definito rispetto alla questione che poi secondo me è
più opportuno porre all'attenzione della regione in termini di
documento che la Provincia di Lecce vuole portare all'attenzione
della regione e quindi vorrebbe che fosse inserito all'interno del
prossimo programma di sviluppo rurale.
Un'altra
questione relativa alle priorità che ha elencato l’assessore e che
sono parte del documento strategico che ha fatto la regione. Quello è
un punto di partenza, non è detto che le riflessioni della provincia
debbano articolarsi necessariamente su quei punti, su quelle
priorità, ma possono essere una declinazione più specifica in
alcuni casi o addirittura poter essere qualcosa che va ad aggiungersi
rispetto a quelle.
Dott.
PALLARA – Io faccio alcune precisazioni di merito che diventano
fondamentali per una riflessione funzionale alla programmazione.
Primo.
Le dotazioni finanziarie che ci sono sembrano enormi ma in realtà,
stemperate in così poco tempo, sono veramente molto modeste.
Due.
Stiamo finanziando investimenti, non stiamo finanziando sostegno al
reddito. Ho sentito degli interventi in cui si parlava legittimamente
di questo argomento, ma non lo possiamo affrontare con il Psr. Il Psr
determina investimenti che hanno effetti ragionevolmente e in maniera
speranzosa di lungo periodo.
Tre.
Il Psr non finanzia investimenti ordinari, quindi quella logica di
uno sportello free per comprare il trattore è perdente perché,
essendo poche risorse che si devono concentrare su tematismi forti e
che devono essere il cavallo di battaglia di certi territori rispetto
alle loro specificità, debbono concentrarsi su qualcosa che sia
altamente qualitativo ma altamente efficace. È la ratio delle
politiche di sviluppo.
Questa
è una valutazione di merito come tante altre che sono state fatte
dal “facilitiamo le Op” è se vogliamo una segnalazione di
inefficacia dello strumento che abbiamo utilizzato laddove pensiamo
di fare competitività comprando un trattore. Non facciamo una
competitività di lungo periodo in un sistema così complesso laddove
si parla di abbandono di campagne, laddove si parla di valorizzazione
il trattore ragionevolmente, ma non è una posizione ma è una
posizione comunitaria molto forte, non è una risposta efficace, per
alcuni sì, per altri no. Tra l’altro, proprio per principio
regolamentato, noi non finanziamo la gestione intesa anche come
acquisti.
I
teli di copertura dei vigneti da tavola molto tipici nel barese sono
stati considerati dei costi di gestione. Non sono degli investimenti
perché non generano ricchezza di lungo periodo e modifiche
importanti di tecniche, processi produttivi, forme di impresa. Quindi
ragionare anche in una logica sistemica, in una logica, sarà quelle
infrastrutture, non so quanto sia plausibile, anche se in quest'aula
è venuto “esternalizziamo le infrastrutture”, “internalizziamo
le infrastrutture”, cioè c'è stata questa dinamica del tipo “le
vogliamo e non le vogliamo”. Alcune chiavi logiche per riuscire ad
affrontare una proposizione che sia efficace.
La
regione, e mi auguro che lo continui a fare con il nostro aiuto, sta
facendo questo tentativo di concentrarsi sulle priorità forti. Siamo
di fronte a situazioni diversificate, la logica, sia pure
legittimissima, di volere tutti tutto non è ragionevolmente
soddisfacibile con questo. Quand’anche, come sottolineava il
dottore Ferro, l’obiettivo della spesa è una follia comunitaria di
cui non frega niente se la cosa è efficace, ma l’importante è che
si spendano i soldi entro termini prestabiliti, pagando pegno di
inefficienza amministrative e che la storia ci ha portato come un
marchio impresso a fuoco sulla pelle, quindi i tedeschi sono
efficienti, i terroni sono inefficienti, quindi dobbiamo mettere
questa regola capestro sennò non spenderanno mai i soldi.
La
qualità del progetto, la vocazione territoriale, la logica è che
deve essere mirato e deve essere concentrato sennò alla fine non
riusciamo a combinare niente. Op, non Op, trattori o non trattori. È
una scelta che deve venire.
Benedetto
parlava di concentrazioni tematiche. È stato un tentativo,
probabilmente naufragato in processi attuativi che hanno reso
modesto, cioè grandi enunciazioni di principio, modesto strumento
attuativo. Ci può anche stare, è nelle cose, ma il concetto di
fondo è “concentriamoci”, perdonatemi se mi permetto di dare
questo suggerimento insieme alla collega, per fornire un prodotto
spendibile, concentriamoci su tematismi forti, su cavalli di
battaglia che possono essere l’incrocio tra la valorizzazione
dell’olio di oliva in una logica di vendita diretta, di incrocio
con i gruppi di acquisto, sto dicendo delle cose tanto per dire, con
una logica di etichetta unica differenziata sul bancale, con un forte
collegamento paesaggistico, con lo start up delle imprese dei
giovani. Le cose che si possono fare ci sono, l'importante è uscire
dal giusto caos dei pensieri e riuscire a organizzarli dando anche
una priorità.
Il
nostro sforzo è quello di fare una priorità di interventi, noi
gerarchizzeremo le priorità perché a questo punto bisogna dire, non
solo perché la Comunità ci ha detto che dobbiamo spendere tutto
sull'ambiente, ma dobbiamo dire che in Puglia è prioritario fare i
pozzi. Dire che è prioritario significa dare più soldi. Oppure
soddisfare priorità. Poi pensare al resto come si fa in qualsiasi
gestione familiare ordinaria.
ASSESSORE
PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, dottore Pallara.
Credo
che sia stata questa ultima parte dell'intervento abbastanza
importante per consentire a noi di lavorare su un documento che dovrà
dare queste indicazioni. Voglio chiudere questo incontro ringraziando
per la pazienza per essere stati fino alla fine. Prima di dirvi ciao
passo la parola al professore per questo documentario realizzato.
Salutiamo
la dottoressa Valentino e il dottore Pallara, che ringrazio.
Prof.
MELLONE – Sono Vincenzo Mellone docente di Fitopatologia
all'Istituto Giovanni Presta di Lecce.
Con
i ragazzi e accompagnato anche dal dirigente scolastico, il Preside
Livraghi, sabato scorso abbiamo deciso di fare un sopralluogo nei
dintorni di Gallipoli per renderci conto di persona di quello che sta
succedendo. I ragazzi giorni prima dicevano “ho letto che c'è la
questione falda inquinata, questo batterio killer”. Effettivamente
c’é un po' di disinformazione. Fin dall'inizio non ho mai creduto
in queste cose e mi dispiace che vengano divulgate gratuitamente
senza nessuna cognizione di causa.
Hanno
fatto delle analisi prima di sparare una cretinata del genere? Si
rendono conto della responsabilità? Noi abbiamo parlato di
olivicoltura. Sapete quante persone hanno pensato sentendo questa
notizia: “E io ho comprato l'olio ad Alezio, che ho comprato l'olio
a Gallipoli, chissà che olio ho preso, è avvelenato”. Abbiamo
fatto questo sopralluogo con due classi, la quinta A e la quinta B.
Abbiamo dedicato l'intera giornata.
(indica
sulle diapositive) In questa diapositiva si possono vedere i
disseccamenti degli olivi. Questo è un olivo che comincia a mostrare
i primi sintomi. Tenete conto che io venendo da Leuca questa
manifestazione l'ho osservata almeno quattro anni fa. Quattro anni fa
proprio quell'altezza vedevo questi olivi con queste zone di secco.
Onestamente la prima impressione è stata che forse si trattava
verticilliosi perché effettivamente dà una sintomatologia molto
simile. Però, essendo oliveti asciutti, senza irrigazione, non ci
sono ortaggi nei dintorni, né consociazioni né apprezzamenti di
ortaggi, perché la verticilliosi attacca principalmente gli ortaggi
(cucurbitacee e solanacee). Mi sono detto che era molto strano.
Tre
anni fa vedevo che questi alberi erano sempre più interessati da
questi disseccamenti. Mi ricordo che era estate, avevano arato da
poco. Ho pensato che avessero tranciato le radici e quindi le piante
fossero andate in sofferenza. Però onestamente non mi sono mai
fermato per cercare di capire.
L'anno
scorso la situazione è precipitata. Quest'anno è successo quello
che sappiamo.
La
foto non rende, ma questa parte è secca. Queste sono parte secche
delle piante. Siamo in località Li Sauli. Come vedete su queste
piante il 50% della chioma è disseccata. Noi vedevamo questi
disseccamenti che danno l’idea del disseccamento repentino, non è
un disseccamento lento perché il disseccamento lento dà tempo alla
pianta, alla foglia di formare il cuscinetto di abscissione e quindi
cadere. Qui, invece, c'è stato un disseccamento abbastanza
repentino. Le foglie sono rimaste appiccicate e si sono accartocciate
a sigaretta. Questa è la situazione.
Qui
si vede abbastanza bene. Tutti e tre i rami partono dalla base unica.
Questo ramo è del tutto apparentemente sano, qui a sinistra questo
ramo comincia a seccare, ha un disseccamento apicale. Le olive sono
già secche mentre queste si sono raggrinzite, quindi è una
manifestazione che sta continuando, non è che si è avuta a giugno o
a luglio, no, ora, a settembre, si sta ancora manifestando.
Quello
che abbiamo visto: olive secche con all'estremità questo
disseccamento. Questo è un disseccamento basipeto.
Ci
siamo spostati in un'altra zona. Queste piante del tutto secche. Le
persone hanno potato, hanno cercato di intervenire per cercare di
aiutare la pianta con potature. La pianta reagisce bene perché i
polloni si formano e si formano i succhioni. Questo vuol dire che
cosa? Che non è questione né di acqua, né di terreno, né di
niente, perché se veramente fosse questione di falda inquinata la
prima a soffrire sarebbe la radice; una volta che la radice va in
sofferenza fa seccare l'intera pianta. In questo caso è il
contrario, il disseccamento parte dalla chioma e poi magari scende.
Perché scende? Alla fine seccheranno davvero questi alberi perché
logicamente se radice non viene nutrita dalla chioma anch'essa è
destinata a morire.
Poi
abbiamo notato che in queste chiome quasi del tutto secche ci sono
questi sono ciuffi verdi. È una cosa che abbastanza strana.
Disseccamenti parziale.
Poi
abbiamo fatto un po' di prelievi e delle sezioni per vedere se
notavamo degli annerimenti, degli imbrunimenti a livello dei fasci
fibrovascolari legnosi perché la verticilliosi si evidenzia in
questo modo. Siccome la verticilliosi è un fungo che vive nel
terreno, penetra attraverso le radici, si insinua nei vasi legnosi e
a un certo questi vasi legnosi si chiudono anche perché la pianta
reagisce formando delle estroflessioni cellulari, quindi aggrava la
sua situazione producendo queste estroflessioni cellulari e quindi
chiude del tutto i vasi e allora questi rametti tendono a seccare.
Però facendo diverse sezioni non abbiamo notato annerimenti
apprezzabili. Questo che si vede fa parte del legno, non è un
imbrunimento. Anche qui erano rami che stavano seccando, ma di
imbrunimenti non ne abbiamo osservati.
Siamo
tornati con i ragazzi. Domenica mattina c’è stato un gruppo di
volontari con i quali siamo andati domenica mattina e anche ieri
pomeriggio. Infatti a volte non basta una sola osservazione. Qui
abbiamo notato, laddove è partita la manifestazione che è località
La Castellana, abbiamo notato questo apprezzamento di orto, questa è
insalata. Peccato che non abbiamo trovato l’agricoltore per porgli
delle domande.
Questo
potrebbe sempre fare pensare alla verticilli osi, però onestamente
non credo alla verticilliosi perché essendo un fungo del terreno ha
bisogno di piantagioni irrigue, ha bisogno di ortaggi e raramente si
espande in questo modo. È molto più lento il dilagarsi della
verticilliosi, poi non avendo trovato questi annerimenti la
scarterei. Questione di funghi o perlomeno di verticilliosi la
scarterei.
Poi
all'ascella dei rametti abbiamo notato queste rosure che sono rosure
di alimentazione del fleotribo. Rosure di alimentazione che molto
spesso, siccome si verificano in primavera, molto spesso queste
aperture costituiscono ingresso da parte del batterio della rogna;
molto spesso queste rosure vengono aggravate dalla formazione della
rogna dell'olivo.
Queste
sono foto che abbiamo fatto ieri. Vedete, alla base di questi rametti
c'è quasi sempre rosura di alimentazione del fleotribo e poi ho
trovato anche dei fori di ilesino. Fleotrino e ilesino sono insetti
molto simili, sono tutti e due coleotteri piccolissimi che forano,
penetrano, fanno gallerie, il fleotribo fa gallerie di alimentazione
su legno vivo o vi depone su legno potato morto, invece l'ilesino
scava gallerie di alimentazione e scava anche gallerie di
ovideposizione nel legno vivo. Questo penso che sia un foro di
ilesino. Non voglio dire che siano uguali, poi ci saranno gli
istituti di entomologia a dirci con esattezza se è l'uno o l'altro o
tutti e due. Abbiamo fatto qualche sezione, vediamo che queste
gallerie sono abbastanza profonde. Queste gallerie non fanno che
tranciare i rami, tranciare i vasi.
Siccome
abbiamo avuto un’estate calda e siccitosa… La manifestazione
grave, a detta pure dei contadini che abbiamo intervistato, è che
l'anno scorso anno, infatti molti hanno potato, e quest’anno ancora
di più. L’anno scorso abbiamo avuto un’estate calda e siccitosi
così come quest’anno. Ecco che tranciando i vasi, buona parte dei
vasi, non essendoci gran che acqua le piante sono andate maggiormente
in sofferenza. Se avessimo avuto un giugno più piovoso o un luglio
con un po’ di pioggia la manifestazione sarebbe meno evidente, meno
grave.
Tenete
conto che questi insetti svernano da adulto e da larva non da uovo.
Gli adulti e le larve sono sensibili al freddo. Teniamo presente che
stiamo avendo degli inverni molto miti, le gelate quasi non ci sono
più.
Onestamente
considerando che le gelate non ci sono, inverni miti, estati calde,
siccitose, mi sono convinto che il responsabile di questa
manifestazione non è altro che questo insetto, o meglio questi
insettini fleotribo…
Vi
posso assicurare che se percorrete la Gallipoli Lecce, fra l'uscita
per Galatina e Copertino e l'uscita San Donato – Copertino, se
guardate a destra andando verso Lecce a destra ci sono molti olivi
con questa manifestazione. Se andate a Copertino e percorrete la San
Donato - Copertino, duecento metri prima del rondò grande, guardate
sulla vostra destra ci sono molti olivi con questa manifestazione. Si
sta allargando anche, ecco perché dico che non può essere
verticilliosi, perché gli insetti volano e quindi si allargano
facilmente. Il clima li sta facilitando, inverni miti ed estati calde
e siccitose giocano a sfavore della pianta. Ecco che queste due
componenti portano a questi dissesti tremendi. Questo è un insetto
che nessuno si è mai sognato di trattare perché il fleotribo lo
abbiamo sempre avuto, l'ilesino c'è sempre stato. Onestamente una
volta mi è successo.
Il
fleotribo non è stato mai trattato, non abbiamo mai fatto
trattamenti specifici. Al massimo le grandi aziende dopo la potatura,
lasciati i residui di potatura in loco in modo che attirino le
femmine in ovideposizione e poi bruciarle. Appena vedevano la rosura
allontanati e bruciati. Chi non voleva bruciarli bastava coprirli con
un telo, tenerli tutta l'estate con questo telo in modo che il sole
seccasse i residui e non facesse sviluppare le larve.
C'è
stato qualcuno che ha parlato della zeuzera pyrina, il rodilegno
giallo.
Questi
sono altri fori. Si vede il rametto, laddove c'è il foro c'è una
parte verde, si vedono ancora le olive, e dall'altra parte secca e
poi questo foro. Si vede molto bene, questa parte è verde, questa è
parte secca e poi c'è foro.
L'abbiamo
sezionata, abbiamo delle piccole sezioni longitudinali. Vedete quanto
è lungo, mangia il midollo. È sempre lo stesso, vedete quanto è
lunga la galleria? Sono insetti piccolissimi. Sono insetti di due
millimetri di lunghezza, 2, 2,5 però si posso assicurare che
questo insieme di forellini distrugge la pianta.
In
quell'articolo che è uscito oggi “Disseccamento dei lecci”.
Lungo
i confini abbiamo trovati carrubi, abbiamo trovato essenze spontanee.
Sabato c'era un gruppo di ragazzi, perché sono bravissimi nelle
osservazioni, che mi hanno indicato delle piante. C'erano tre carrubi
che avevano una sintomatologia molto simile: l'apparato fogliare
verde con alcune zone secche. Ci siamo fermati con l’autobus, sono
sceso, ho preso dei rami, praticamente il carrubo ha una corteggia
molto dolce e viene rosicchiata dalle arvicole, quindi perdendo molti
di questi rami vengono decorticati dalle arvicole, quindi quella
parte terminale secca, tipo incisione anulare.
Vedete,
in tutte le zone secche noi abbiamo trovato fori, forellini. Io non
farei una distinzione tra piante coltivate e piante abbandonate. Lì
c’è gente che veramente sta piangendo. Io ho parlato con
agricoltori, quelli che hanno potato, che dicevano “non so che
fare, ho potato, sì, sono venuti fuori i polloni, sono venuti fuori
i succhioni, il primo anno mi sono incoraggiato perché mi sono detto
che la pianta non è seccata, ma l'anno successivo anche i polloni e
i succhioni sono stati di nuovo attaccati”.
Questa
è la zeuzera. Di zeuzera abbiamo trovato pochi fori, quindi non
possiamo dire che, onestamente non me la sento di dire zeuzera perché
ne abbiamo trovati molto pochi.
Queste
sono foto che ho fatto nella zona dove si è manifestato per primo
questo disseccamento, La Castellana. Foto fatta ora, la
manifestazione è di due anni fa. La pianta ha reagito con i polloni,
questo vuol dire che non è un veleno che sta nell'acqua o nel
terreno.
Le
piante ricacciano con vigoria polloni e succhioni, però dopo un po'
vengono attaccati anch’essi. Nonostante quello che ho sentito anche
piante giovani vengono attaccate. Vedete, questo è un impianto
giovane, sono piante giovani, innaffiate o non innaffiate possono
essere attaccate. Magari la pianta irrigata e concimata reagisce
meglio. Questa è la situazione. Io ho fatto delle foto.
Guardate,
anche qui questi succhioni escono, però nello stesso anno in cui
escono vengono attaccati. Questi insetti sono stati sempre presenti,
soltanto che, siccome svernano da adulti, l'inverno li decima, le
gelate invernali ne uccidono una buona parte. Grazie. Buona sera a
tutti.
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