giovedì 19 novembre 2015

Muschio tra gli oliveti del Salento leccese


Passeggiando tra gli oliveti del Salento leccese, ci si trova di fronte a tappeti verdi che al tocco ricordano cuscini morbidi e vellutati: si tratta di solito di piantine di muschio. Se si osserva più da vicino ogni singolo ‘cuscinetto’ ci si accorge che è formato da numerose piantine (per esempio di Polytrichum commune) distinte l’una dall’altra. Ognuna ha un piccolo asse lungo non più di 2 o 3 cm, con numerose e minuscole appendici di colore verde considerate foglie, anche se, a differenza delle ‘vere’ foglie, non sono formate da tessuti specializzati ma da un unico e semplice strato di cellule.



La facilità con cui i cuscinetti di muschio si staccano dalla superficie su cui si sviluppano (la corteccia degli alberi, i muri, le rocce o il terreno) dipende dal fatto che non posseggono vere e proprie radici ma solo piccole appendici, dette rizoidi, cioè sottili filamenti formati da cellule disposte una di seguito all’altra. Servono soprattutto ad ancorare la pianta e solo in parte aiutano ad assorbire acqua e sali minerali, sostanze che una volta prelevate si diffondono omogeneamente fino a raggiungere tutte le parti del corpo della pianta, che i botanici chiamano tallo.
Muschi, Sfagni ed Epatiche fanno parte delle Briofite, piante che derivano dalle alghe e che hanno conquistato la terraferma nell’Era Paleozoica. Il loro corpo semplice è detto tallo ed è privo di radici, fusti e foglie veri e propri. Vivono soprattutto negli ambienti umidi, dove è disponibile l’acqua indispensabile per la loro vita e per la loro riproduzione, che può essere asessuata o sessuata


Nel Salento, ma nella Puglia in genere, le difficili condizioni economiche dell’olivicoltura che non è mai decollata, ha fatto si che fossero distribuite tonnellate di Roundop sulle “terre rosse” che si sono trasformate pedologicamente in strati massificati privi di micro e macroporosità, in buona sostanza in suoli anossici (privi di aria) dove le componenti microbiologiche, e biotiche in genere, hanno cessato di svolgere la loro importante funzione “autorigenerativa” di sostanza organica e elementi nutritivi.



Gli ulivi del Salento da anni sono trattati come campi da tennis dove è consuetudine scopare e raccogliere le olive cadute su queste pavimentazioni rosse, rese ormai impermeabili. Nessuno può negare i lagunaggi che si creano oggi sui nostri campi olivetati dopo le piogge invernali, acque che rimangono in superficie per lunghi, lunghissimi periodi di tempo, trasformando i nostri oliveti in paesaggi degni delle risaie vercellesi. Allagamenti che anche in questo caso vanno ad alterare i processi di ossidoriduzione di questi delicati pedoambienti che sono ormai arrivati a collassare e a far deflocculare i colloidi argillosi causa di deserificazione e perdita di produttività di migliaia di ettari. 

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