Ho letto nella relazione di Claudio Peri (un professore che
ha riacceso le mie speranze sulla foresta degli ulivi del Salento leccese)
tenuta a Città del Vaticano presso la Pontificia Academia Scientiarum, una
riflessione di Oddone Longo che è professore emerito di letteratura greca
nell’Università di Padova che riporto:
“C’è una tale somiglianza fra l’olio, il frutto da cui
deriva -l’oliva- e l’albero che lo produce -l’olivo- che questi tre elementi
hanno quasi lo stesso nome: olivo, oliva e olio. Per prodotti che derivano da
una trasformazione tecnologica questo caso è unico. Non è così, ad esempio, per
vite e vino che, pur avendo qualche assonanza, hanno in realtà radici
completamente diverse, oppure per grano e pane. La pianta e il prodotto hanno,
in tutte le lingue, nomi diversi per dire la profonda trasformazione nella
quale la tecnica ha svolto un ruolo decisivo, caratterizzante. Invece l’olio ha
lo stesso nome dell’albero che lo ha prodotto. E’ così anche in latino (olea
(olivo), olea (oliva) e oleum (olio)) e in greco (elàia (olivo) , elàia (oliva)
e élaion (olio)), per dire che esiste una intima identità fra questi tre
elementi e che dunque l’olio è dell’olivo più che della tecnologia e
dell’uomo.”
Ma questa affermazione ovvero “l’olio è dell’olivo più che
della tecnologia e dell’uomo “ è confermata da quello che accade nei grossi
Centri Commerciali della Grande distribuzione organizzata?
I dati in mio possesso mettono in luce che in Paesi come gli
USA si consuma moltissimo olio rettificato, che è prodotto della rettificazione
chimica dell'olio lampante, quindi che è frutto della tecnologia dell’uomo
volta ad eliminarne il contenuto in acidità.
I dati in mio possesso dicono che negli Stati Uniti si
consuma olio lampante rettificato e i ristoratori e consumatori non riescono a
distinguerlo dall’olio extra vergine.
I dati riferiti al commercio mondiale di olio di oliva
indicano che il prezzo medio di vendita dell’olio extravergine è di pochissimo
(qualche decina di centesimi di euro) superiore al prezzo dell’olio di oliva
rettificato…
Ecco che, secondo il prof. Claudio Peri, “la qualifica di
olio extra vergine, meritoria ed essenziale per proteggere l’identità legale di
questo prodotto, è del tutto insufficiente a discernere tra un olio eccellente
e un olio banale.”
Da questa affermazione ne deriva una conseguenza
scientificamente provata che potete leggere di seguito:
“In queste condizioni la competizione commerciale si fa sul
prezzo e la qualità media del prodotto tende a diminuire, a banalizzarsi. Non è
colpa di nessuno, è la legge del mercato. Quando i consumatori non sono in grado
di giudicare e scegliere in base alla qualità, il mercato evolve verso un
prodotto sempre più scadente perché sempre più remunerativo per il venditore e
i produttori migliori vengono così dissuasi dal perseguire la qualità (George
Ackerlof, Nobel dell’economia nel 2001, teoria della “Asymmetric
Information”).”
Sapete come possono essere tradotte queste parole se
riferite ai 9milioni di alberi di olivo del Salento leccese?
Non lo sapete? Allora ve lo dico io:
L’olio extra vergine d’oliva del Salento leccese è
eccellente e per essere remunerativo per il produttore, deve essere venduto a
un prezzo molto più alto di quello a cui è venduto nei centri della grande
distribuzione organizzata.
Siccome i consumatori non sanno giudicare e scegliere in
base alla qualità, l’olio extra vergine di oliva del Salento leccese non lo
compra nessuno.
A questo punto i produttori, siano essi i migliori o gli
ordinari, vengono dissuasi dal perseguire la qualità e non essendo remunerativo
produrre olive ecco che tutti i 220mila proprietari del paesaggio rurale del
Salento leccese espianteranno i 9milioni di alberi di olivo.
In Italia i consumi medi di olio d’oliva si aggirano intorno
a 650 mila t l'anno, con un consumo pro-capite di 12 kg annui. Nel Salento
leccese siamo 850mila abitanti che potremmo consumare più di 100mila quintali
di olio d’oliva d’eccellenza del Salento leccese. Nel 2011 la provincia di
Lecce ha prodotto circa 300mila quintali di olio quindi gli abitanti del
Salento leccese insieme ai 2milioni di turisti che ogni anno vengono nel
Salento potrebbero assorbire la nostra intera produzione
Se tutti fossimo in grado di percepire la qualità del
prodotto e lo remunerassimo a 13 euro al litro la foresta degli ulivi del Salento leccese, darebbe una
produzione lorda vendibile di 390milioni di euro e sarebbe salva.
di Antonio Bruno
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