martedì 30 settembre 2025

Lecce 10 e 11 ottobre 2025 FINAL MEETING DEL PROGETTO CLEARGENES (CLimatE chAnge Resilience GENES in Italian fruits and vegetables)

 


Lecce 10 e 11 ottobre 2025 FINAL MEETING DEL PROGETTO CLEARGENES (CLimatE chAnge Resilience GENES in Italian fruits and vegetables)

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della Provincia di Lecce

 

Ho compilato il format per la partecipazione al FINAL MEETING DEL PROGETTO CLEARGENES che si terrà a Lecce il 10 e l’11 ottobre 2025. Ho poi cercato la letteratura e le fonti disponibili sul progetto CLEARGENES (CLimatE chAnge Resilience GENES in Italian fruits and vegetables) e su lavori assimilabili nel mondo. Qui sotto trovate (1) cosa il progetto ha fatto / risultati disponibili finora, (2) come si confronta con casi di studio internazionali rilevanti, e (3) criticità, imprecisioni potenziali e raccomandazioni operative. Ho messo le fonti principali subito dopo i punti più importanti.


1) Sintesi dei risultati disponibili del progetto CLEARGENES

  • Obiettivi e approccio: CLEARGENES è un progetto PNRR / Agritech (Spoke 4) che mira a identificare e sfruttare geni e marcatori associati alla resilienza climatica in colture italiane chiave (vite, melo, pomodoro, peperone, melanzana, radicchi, cicorie). L’approccio è integrato: sequenziamento (NGS), fenotipizzazione ad alto throughput, analisi del microbioma e studi di interazione genotipo×ambiente. igatechnology.com+1
  • Attività realizzate finora (evidenze pubbliche / divulgative): comunicazioni istituzionali e post dei partner riportano l’avvio di attività di sequenziamento, sperimentazioni di fenotipizzazione e prime analisi/prestazioni presentate in eventi (es. fiere, giornate tecniche). Alcuni partner locali (IGATech, UniTrento, Laimburg, UniPadova, UniSalento, EdiVite) compilano pagine e post con descrizioni di WP e attività. Tuttavia, al momento non emergono dall’open literature articoli peer-review completi che riportino risultati finali estesi del progetto (il progetto è recente: 2024–2026). igatechnology.com+2LinkedIn+2
  • Output attesi / preliminari: dalle descrizioni dei WP risultano attività quali (i) raccolta e genotipizzazione di accessioni/varietà, (ii) identificazione di marker/varianti associate a tratti di resilienza, (iii) protocolli di fenotipizzazione in campo/semi-campo e (iv) analisi del microbioma correlato alla resistenza/stress tolerance. Alcune comunicazioni menzionano risultati preliminari divulgati a eventi locali (es. risultati preliminari sul pomodoro/microbioma). igatechnology.com+1

2) Confronto con casi di studio mondiali/letteratura internazionale

Ho selezionato esempi affini per tecnologia/obiettivo e li confronto con il disegno di CLEARGENES.

  • Tomato — risorse genomiche e resequencing: l’analisi genomica approfondita del pomodoro (genoma di riferimento, resequencing di collezioni europee) ha permesso di mappare variazione funzionale utile a breeding e a studi genotype×ambiente. Questi lavori mostrano che collezioni ampie e dati di qualità sono fondamentali per trovare varianti utili. CLEARGENES, se costruisce collezioni e dati fenotipici ampi, segue la stessa strada. Nature+1
  • Vite — ruolo delle variazioni strutturali e tecniche NGT/TEA: studi recenti evidenziano che le variazioni strutturali (SV) e ripetizioni influenzano fortemente fenotipi in vite; approcci che integrano SV e marcatori molecolari danno più potere predittivo. Inoltre in Italia esistono iniziative che esplorano tecniche di “Technique Assisted Evolution/NGT” (es. EdiVite) per creare prototipi resistenti, ponendo questioni regolatorie e di tutela della tipicità. CLEARGENES include la vite tra le specie studiate e può trarre vantaggio dall’includere SV e approcci NGT dove regolamenti lo consentono. PMC+1
  • Caratterizzazione genetica regionale (es. pero, colture europee): casi come il pear/other fruit germplasm mostrano che il recupero della diversità locale e l’identificazione di sinonimie/duplicazioni nelle banche del germoplasma sono risultati pratici e utilizzabili dai programmi di miglioramento. CLEARGENES, con raccolta di accessioni italiane, potrebbe generare immediatamente benefici analoghi (catalogazione, identificazione di genotipi unici da usare in breeding). Frontiers
  • Microbioma e resilienza: lavori recenti (e interventi divulgativi dei partner) suggeriscono che il microbioma del suolo/razzetta/fitobionte può modulare tolleranza a stress abiotici/biotici; integrare microbioma + genotype-based breeding aumenta la robustezza delle conclusioni ma richiede disegni sperimentali molto robusti e ripetuti. CLEARGENES prevede questa integrazione; è una scelta in linea con la letteratura ma complessa da eseguire correttamente. LinkedIn

3) Criticità, imprecisioni e punti di attenzione (con esempi concreti)

Di seguito elenco i principali limiti che emergono confrontando il progetto con la letteratura e la pratica internazionale.

  1. Progetto recente → pochi paper peer-review pubblicati
    • Stato: la maggior parte delle informazioni disponibili sono descrizioni di WP, comunicati e presentazioni preliminari; mancano articoli scientifici completi che riportino dataset, metodi e risultati replicabili. Questo limita la possibilità di valutare impatto e trasferibilità. www1.unisalento.it+1
  2. Campionamento e potere statistico
    • Rischio: per identificare varianti funzionali robuste servono ampie collezioni (centinaia–migliaia di accessioni) e repliche ambientali. Se CLEARGENES utilizza campioni limitati o poche stazioni sperimentali, i segnali statisticamente significativi potrebbero essere deboli o non replicabili. Esempi europei di successo hanno usato collezioni ampie. OUP Academic+1
  3. Fenotipizzazione (qualità e ripetibilità)
    • Rischio: la fenotipizzazione in campo è soggetta a rumore ambientale; servono protocolli standard, piattaforme high-throughput e controlli ambientali. Se i protocolli non sono omogenei tra partner, confrontare dati è difficile. La letteratura sottolinea l’importanza di pipeline fenotipiche di qualità. igatechnology.com+1
  4. Integrazione microbioma — complessità interpretativa
    • Rischio: correlazioni microbioma-fenotipo non implicano causalità. Identificare batteri/funghi “benefici” richiede esperimenti di inoculo e validazione in condizioni multiple. Il progetto sembra includere analisi metagenomiche, ma attenzione: servono disegni sperimentali per distinguere effetto del genotipo da effetto del sito. LinkedIn
  5. Uso di NGT / TEA e questioni regolatorie e di mercato
    • Problema: approcci come “Technique Assisted Evolution” o NGT (se usati) possono portare prototipi interessanti, ma in molti casi sollevano questioni regolatorie (autorizzazioni, etichettatura) e di accettazione da parte del settore e dei consumatori. In Italia/UE questa è un’area sensibile: bisogna comunicare con trasparenza e valutare impatto socio-economico. EdiVite
  6. Temporalità e scala del progetto
    • Critica: ciclo progettuale 2024–2026 (o simile) è relativamente breve per tradurre scoperte genomiche in varietà testate e adottate su larga scala. Aspettative su “varietà più robuste” vanno comunicate con cautela: il breeding e la validazione richiedono più tempo. laimburg.it
  7. Riproducibilità e condivisione dati
    • Raccomandazione: affinché i risultati diventino utili alla comunità internazionale, è cruciale che i dataset (reads, metadati fenotipici, pipeline) siano resi disponibili in repository pubblici con metadata standard. Molti progetti di successo lo hanno fatto (es. resequencing tomato, collezioni europee). Nature+1

4) Raccomandazioni pratiche per aumentare impatto e rigore

  1. Pubblicare dataset e metodi (repo pubblici e preprint) il prima possibile: sequence reads (SRA/ENA), fenotipi con descrizione ambientale (MIAPPE style) e pipeline bioinformatiche. Nature+1
  2. Aumentare la dimensione e la diversità delle collezioni: includere landrace locali, materiale storico e accessioni da banche del germoplasma per aumentare variabilità utile. PMC+1
  3. Standardizzare protocolli di fenotipizzazione tra partner e usare repliche multi-sito per separare effetti ambientali da genetici. MDPI
  4. Validazioni funzionali: dove possibile, passare da associazioni a sperimentazioni di conferma (es. inoculi microbioma, linee near-isogeniche o studi di knock-out/over-expression in modelli) prima di affermare causalità. LinkedIn
  5. Valutazione socio-economica e comunicazione sul potenziale uso di NGT/TEA, per affrontare regolamentazione e accettazione degli stakeholder (produttori, DOC/DOQ, consumatori). EdiVite

5) Conclusione sintetica

CLEARGENES è allineato alle migliori pratiche moderne (integrazione genomica + fenotipi + microbioma) e coinvolge partner competenti in Italia; questo gli dà potenziale reale per produrre risorse utili al miglioramento della resilienza climatica delle colture italiane. Tuttavia, allo stato attuale mancano ancora pubblicazioni peer-review che riportino risultati completi e replicabili: per massimizzare l’impatto il progetto dovrebbe concentrarsi su condivisione dati, replicazione multi-sito, validazioni funzionali e comunicazione trasparente riguardo a limiti e tempi del breeding.


Fonti principali (selezione)

  • Pagina progetto/descrizione IGATech — CLEARGENES (presentazione delle Work Packages e obiettivi). igatechnology.com+1
  • Documento/avviso Università del Salento relativo al progetto CLEARGENES (scheda progetto, CUP, responsabilità scientifica). www1.unisalento.it
  • Laimburg — elenco progetti (CLEARGENES, durata e descrizione). laimburg.it
  • Annunci e post social (UniTrento / DAFNAE / IGATechnology) su attività preliminari e diffusione risultati. LinkedIn+1
  • Letteratura di confronto: genoma di riferimento del pomodoro (Nature), resequencing collezioni europee e studi su SV in vite. Nature+2OUP Academic+2
  • Esempi di approcci NGT/TEA in viticoltura (EdiVite) e discussione regolatoria. EdiVite

Di seguito un’analisi costi-benefici per il progetto CLEARGENES, combinando i dati disponibili con stime basate su analoghi studi internazionali. L’analisi è fatta in termini generali, perché molte variabili locali influenzeranno l’efficacia finale.


Premesse: dati noti del progetto

  • Il costo totale stimato per CLEARGENES è fra ~ 1,6 milioni di euro, con finanziamenti da NextGenerationEU. igatechnology.com
  • Durata: da agosto 2024 a luglio 2025 (periodo operativo iniziale). igatechnology.com
  • Obiettivi: sviluppo varietale (resilienza al cambiamento climatico), genetica, fenotipizzazione, microbioma, identificazione di marcatori. igatechnology.com

Benefici attesi

Ecco i principali benefici che ci si può attendere da questo tipo di progetto:

  1. Resilienza climatica / mitigazione rischi
    • varietà più tolleranti al caldo, siccità, stress idrico, patogeni emergenti;
    • riduzione delle perdite produttive dovute a eventi climatici estremi, che in regioni del Mediterraneo stanno aumentando.
  2. Riduzione input agricoli
    • se le varietà selezionate sono più resistenti a malattie/stress, si può ridurre l’uso di pesticidi, fertilizzanti, acqua;
    • miglior efficienza nei processi colturali.
  3. Aumento produttività e qualità
    • rese più stabili anno su anno; migliore qualità del prodotto (sapori, shelf-life, caratteristiche estetiche) che può tradursi in prezzi migliori;
    • maggiore uniformità e prevedibilità della produzione.
  4. Benefici ambientali
    • biodiversità genetica preservata/valorizzata;
    • minore impatto ambientale (meno chimica, meno sprechi, minore consumo di risorse idriche).
  5. Benefici socio-economici locali
    • rafforzamento del comparto agricolo italiano con varietà adattate al contesto locale, favorendo produttori locali;
    • potenziali nuove opportunità di mercato (prodotti resilienti, sostenibili) richiesti anche dai consumatori;
    • sviluppo di competenze tecniche/scientifiche, occupazione nei laboratori, nella sperimentazione, nelle imprese sementiere.
  6. Valore in ricerca & innovazione
    • produzione di dati, infrastrutture, pipeline genomiche, risorse genetiche che restano utilizzabili anche in progetti futuri;
    • potenziale per collaborazioni, brevetti, valorizzazioni.

Costi sostenuti / da sostenere

Oltre al costo progettuale di ~1.6 M€, bisogna considerare:

  • Costi diretti: sequenziamento, fenotipizzazione, spese di personale, attrezzature, reagenti, gestione del campo/semi-campo.
  • Costi indiretti: coordinamento fra partner, trasporti, logistica, validazione/ripetizione sperimentazioni in ambienti diversi.
  • Costi a lungo termine: mantenimento delle varietà, passaggio da prototipi a varietà commerciali, scale up, registrazione, selezione varietale, approvazione fitosanitaria, comunicazione al mercato.
  • Rischi che possono aumentare i costi: fallimenti sperimentali, variabilità ambientale elevata che richiede ripetizioni, problemi di trasferibilità delle varietà fuori dal laboratorio.

Analisi costi / benefici: stima numerica / confronto

Per rendere concreto il confronto, uso alcune stime tratte da analoghi studi internazionali, adattate al contesto del progetto.

Voce

Stima conservativa del beneficio economico / risparmio (annuale / pluriennale)

Tempo per break-even (punto in cui benefici cumulati superano costi)

Fattori che influenzano questa stima

Riduzione perdite produttive

Supponendo che varietà resilienti permettano di evitare almeno il 5-10% di perdite su colture sensibili (pomodoro, vite, etc.). Se il valore della produzione per le colture coinvolte in Italia in zone target è, ad esempio, decine di milioni €/anno, 5-10% può rappresentare 1-2 M€/anno risparmi o reddito evitato perso.

Potenzialmente 2-3 anni, se le varietà iniziano a essere adottate già dopo le prime sperimentazioni e validazioni.

Il grado di adozione da parte degli agricoltori; accessibilità delle varietà; variazione climatico-regionale.

Riduzione di input (fitofarmaci, acqua, fertilizzanti)

Potenziale risparmio variabile: per malattie endemiche, fino al 20-50% su alcuni input; per acqua in condizioni di stress, risparmi significativi in regioni siccitose. Supponendo riduzione media di 10-30% input per gli agricoltori che adottano varietà resilienti, può tradursi in centinaia di migliaia di euro/anno in una regione.

3-4 anni, man mano che varietà vengano testate e adottate su aree significative.

Costo degli input nella zona, scala produttiva, infrastrutture irrigue, pratiche agricole locali.

Incremento valore commerciale / qualità

Migliore shelf-life, qualità estetica, resistenza a danni da stress climatico possono permettere prezzi superiori del prodotto; in alcuni casi fino al 10-20%. Se il mercato accetta varietà resilienti con caratteristiche migliorate, questo può tradursi in margini aggiuntivi per gli agricoltori.

Può diventare significativo già dal 2° anno di produzione se le varietà sono competitive.

Domanda di mercato, certificazioni, accettabilità del consumatore, concorrenza.

Benefici ambientali / esternalità

Difficili da quantificare per l’agricoltore, ma utili per la società: minor impatto su suolo e acque, biodiversità, minori emissioni se meno input, potenzialmente compensazioni/climate funding. Questi benefici possono essere monetizzati in politiche di sussidio, incentivi ambientali.

Lungo termine (oltre 5 anni) per accumularsi e diventare misurabili.

Politiche ambientali, incentivi, monitoraggio, scala.


Break-even e rapporto beneficio/costo (B/C)

Dato che il costo totale è ~1,6 M€, per giustificare l’investimento:

  • Se i benefici annuali netti raggiungono ~ 400-600 mila €/anno, allora il progetto può superare i costi in ~3-4 anni.
  • Se invece l’adozione è lenta o il miglioramento modesto (es. solo 1-2% di risparmio/resa), potrebbe servire più tempo (5-7 anni) per rientrare.

Rapporto benefit/costo atteso: per progetti simili, i rapporti possono variare molto. Studi di “DNA-informed breeding” in melo (apple) hanno trovato che metodi con marcatori/mastri possono diventare economicamente vantaggiosi soprattutto in colture perenni con cicli lunghi. ASHS


Rischi che possono ridurre i benefici / aumentare i costi

  • Adozione lenta da parte degli agricoltori: nuove varietà devono essere accettate, testate, distribuite; infrastrutture sementiere potrebbero non essere pronte.
  • Fattori commerciali: costo di propagazione, certificazioni, marchi; varietà resilienti ma con difetti (gusto, aspetto) rischiano di essere rifiutate dal mercato.
  • Cambiamento climatico imprevedibile: se le condizioni cambiano in modi che non erano previsti, varietà selezionate potrebbero non performare come atteso.
  • Costi di manutenzione variabile: variabilità ambientale, costi operativi locali, prezzi degli input e del lavoro possono fluttuare.
  • Barriere regolatorie / normative per uso di NGT o tecniche avanzate.

Conclusione

Nel complesso, l’analisi costi-benefici suggerisce che CLEARGENES ha un buon potenziale per produrre vantaggi economici, ambientali e sociali rilevanti, a condizione che:

  • le varietà resilienti vengano adottate in tempi ragionevoli
  • le sperimentazioni siano ben progettate, con replicazioni e condizioni realistiche
  • ci sia sostegno da parte delle istituzioni (incentivi, politiche) per la diffusione e l’uso delle varietà sviluppate

Se tutto ciò va bene, è ragionevole aspettarsi un rapporto beneficio/costo > 1 in un arco di 3-5 anni dopo l’inizio delle adozioni diffuse. Se invece uno o più fattori falliscono (adozione lenta, risultati deboli, problemi normativi), il ritorno potrebbe richiedere molto più tempo o restare modesto.


domenica 28 settembre 2025

Il grano che torna — un bilancio d’Italia tra cicli climatici e scelte genetiche

 

Sequenziata una variante di grano selvatico, il ‘Senatore Cappelli’, scoperto a Lecce.

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della Provincia di Lecce

 

C’è un istante, nella lunga stagione agricola, in cui l’aria sembra tirare un respiro: si conta il raccolto, si pesa la speranza. Il 2025, per il grano duro italiano, è stato quell’istante. Una ripresa che non è soltanto statistica — da 0,81 t/ha in molte parcelle sperimentali nel 2024 a medie nazionali attorno a 6,2 t/ha nel 2025 — ma un racconto di resilienza contadina, di genetica che tiene il campo e di suoli che, dove possono, hanno restituito fiducia.

Da Sud a Nord il mosaico produttivo parla chiaro: il Meridione peninsulare (esclusi gli areali insulari) ha avuto rese più contenute (intorno a 4,68 t/ha), mentre il Centro-adriatico e il Nord toccano valori prossimi ai 7–7,6 t/ha, con aumenti marcati rispetto al 2024. La Sicilia segna un valore quasi da record per le serie della Rete, la Sardegna rimbalza con un +~2 t/ha rispetto all’anno precedente — segni evidenti che la variabilità climatica e le condizioni locali restano fattori decisivi.

Ma che cosa dice la scienza dietro questi numeri? E quanto possiamo fidarci di una Rete di prove varietali per tracciare la traiettoria futura del comparto?

1) Conferme e coerenze: il ruolo della sperimentazione e del genotype × environment

I risultati della Rete nazionale di confronto varietale (Coordinata dal CREA-CI) confermano due punti che la letteratura scientifica ha ribadito negli ultimi anni: (i) esiste una forte interazione genotipo × ambiente (GEI) che determina performance molto diverse da un areale all’altro; (ii) alcune cultivar moderne mostrano stabilità e rese elevate su più areali, mentre altre rispondono bene solo in nicchie ambientali. Studi multi-annuali e review recenti mostrano come la variabilità temporale e spaziale richieda sistemi di valutazione estesi e ripetuti nel tempo per selezionare varietà con reale adattamento.

Caso di studio 1 — prove pluriennali in Italia meridionale

Una analisi su più stagioni condotta in aree del Sud Italia ha mostrato come le prestazioni delle varietà varino ampiamente e come la stabilità sia fondamentale per mitigare anni estremi (siccità/perdite di resa). Questi risultati supportano l’approccio della Rete CREA, che testa le cultivar in un ventaglio di condizioni reali.

2) Qualità vs quantità: il problema sottile della qualità tecnologica del grano

Se la quantità è tornata — e in certi casi è cresciuta molto — la qualità rimane una variabile non scontata. Esperienze recenti internazionali mostrano come condizioni meteorologiche favorevoli possano aumentare la resa ma incidere sui parametri proteici e sulla qualità panificabile/pastificabile. È un tema di rilievo per la filiera pastaia italiana, dove la domanda non è solo tonnellate ma parametro proteico e forza della farina.

3) Innovazione agronomica e pratiche: cosa hanno contato nel 2025

La ricerca e i progetti applicati (es. BioDURUM e altri progetti nazionali) mostrano che scelte come la gestione della lavorazione minima, rotazioni più attente, e l’uso mirato di biostimolanti o pratiche conservative possono migliorare la resilienza e la produttività media. L’incontro specialistico “From Seed to Pasta” e le attività del Gruppo Durum indicano come la comunità scientifica e tecnica stiano spingendo verso pratiche più sostenibili e varietà con maggiore stabilità.

Caso di studio 2 — sperimentazioni su pratiche conservative

Prove condotte in contesti mediterranei indicano che la transizione verso conservazione della sostanza organica e minore lavorazione può mantenere rese competitive e migliorare resilienza idrica, ma la risposta è fortemente locale e dipende dal suolo e dal clima. Questo spiega perché i risultati della Rete mostrano grandi differenze anche tra regioni relativamente vicine.

4) Allarme price & mercati: più grano non vuol dire più ricavo

Un paradosso appare sul mercato: in alcune analisi giornalistiche e di settore il 2025 vede un aumento della produzione ma nel contempo pressioni al ribasso sui prezzi pagati al produttore. Tradotto: la redditività rimane un tema aperto; la politica agricola e gli accordi di filiera dovrebbero guardare non soltanto alla resa ma al valore aggiunto.

5) Cosa manca — limiti e cautela nell’interpretare i risultati 2025

La Rete fornisce dati essenziali, ma la letteratura ricorda due limiti: (i) i risultati su un solo anno (o su pochi anni) rischiano di sovrastimare l’effetto di condizioni meteorologiche favorevoli; (ii) la qualità tecnologica (proteine, g/kg, alveografici) e la durabilità della resa richiedono misure integrate nel tempo. Per decisioni di semina serve continuare le prove multiennali, integrare indicatori di qualità e valutare scenari climatici futuri.


In sintesi (quel che un contadino, un ricercatore e un giornalista dovrebbero prendere nota)

  1. I numeri 2025 sono una buona notizia: la media nazionale riportata dalla Rete e ripresa dalla stampa specializzata indica un salto rispetto al quinquennio precedente; ma è un segnale da leggere con prudenza
  2. La variabilità territoriale ribadisce che non esistono cure universali: alcune varietà (es. Calvino, Antalis, Fuego e altre citate dalla Rete) hanno mostrato adattamento multi-areale, ma la scelta locale rimane cruciale.
  3. Bisogna guardare oltre alla resa: qualità, prezzo e sostenibilità sono l’altro lato della medaglia. Le politiche e le filiere devono accompagnare le aziende in percorsi di valore.

Casi di studio / riferimenti pratici citati nel confronto

  • Rete nazionale di confronto varietale frumento duro 2024–25 — resoconto e dati sintetici (report e articolo su L'Informatore Agrario). Informatore Agrario+1
  • Progetto BioDURUM e relazioni tecniche su prove varietali in collaborazione con CREA. sinab.it
  • Studio pluriennale su 41 varietà nel Sud Italia — analisi di stabilità e GEI (Frontiers/Agronomy 2024). Frontiers
  • Review su evoluzione varietale e prospettive di miglioramento genetico in Italia (MDPI, 2023). MDPI
  • Atti e programma del convegno From Seed to Pasta (Bari 2025) — sessioni su pratiche agronomiche e caratteri di resa di fragiliere. fromseedtopasta.com

Bibliografia selezionata (documenti, articoli e risorse consultate)

  1. Le migliori varietà di grano duro per le prossime semine, L'Informatore Agrario — articolo/report sulla Rete nazionale di confronto varietale (annata 2024–25). Informatore Agrario+1
  2. CREA — Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali: pagina istituzionale e report attività (Rete frumento duro). Crea
  3. Sellami, M.H. et al., Assessing temporal variability in durum wheat performance and stability through multi-trait mean performance selection in Mediterranean climate — Frontiers in Agronomy (2024). Frontiers
  4. Careddu, M.L., Lessons from the Varietal Evolution of Durum Wheat in Italy, Agronomy (MDPI) (2023). MDPI
  5. Progetto BioDURUM — relazione e report tecnici sulle sperimentazioni (Sinab/partner, 2018–2019 e aggiornamenti). sinab.it
  6. Documenti e atti del convegno From Seed to Pasta (Bari, 24–27 settembre 2025) — sessioni su resa potenziale e pratiche conservative (Pecchioni, Flagella, ecc.). fromseedtopasta.com
  7. Analisi di mercato e notizie sul 2025 per il grano duro in Italia (sintesi stampa e report di settore, 2025). Italianfood.net+1
  8. Review su produttività del grano duro e impatti climatici (varie riviste e rapporti 2023–2025). ScienceDirect+1

 

venerdì 26 settembre 2025

La resilienza dell’oliveto parte dal suolo

 


La resilienza dell’oliveto parte dal suolo

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della Provincia di Lecce

 

La crisi climatica non è un orizzonte futuro, ma una condizione già scritta nei bilanci idrici e nelle rese degli oliveti mediterranei. Temperature estreme, siccità prolungate e precipitazioni concentrate in eventi brevi e violenti hanno reso il suolo la prima linea di resistenza o vulnerabilità. Gli studi più recenti della letteratura internazionale convergono su un punto: la gestione del cotico erboso e delle coperture non è un orpello agronomico, ma un’infrastruttura del sistema, un pilastro del quadro di adattamento.

Inerbimento: carbonio e infiltrazione

Indagini pluriennali condotte in Spagna e Grecia hanno dimostrato che l’inerbimento incrementa non solo gli stock di carbonio organico del suolo, ma soprattutto le sue frazioni più stabili e protette (Gómez et al., 2014; Peregrina et al., 2020). Queste riserve costituiscono la base della resilienza biologica e chimica del sistema.
Al tempo stesso, i cotici permanenti favoriscono l’infiltrazione idrica, riducendo i deflussi superficiali e trasformando precipitazioni intense in flussi minori di sedimento e carbonio associato. È l’opposto di ciò che accade nei suoli lavorati, più esposti a perdite acute durante le finestre autunno-invernali (Rodríguez-Lizana et al., 2007).

Gestione del cotico: la questione idrica

Resta aperto il nodo della competizione idrica. La letteratura indica che questa può essere modulata intervenendo sulle fasi fenologiche più sensibili: lo sfalcio anticipato o la terminazione mirata consentono di trattenere i benefici ecosistemici riducendo al minimo l’interferenza idrica (Moreno et al., 2018). Nelle annate siccitose, ciò si traduce in guadagni netti sulla fisiologia fogliare e sulla produttività.

Pacciamature: organico vs sintetico

La ricerca sugli impianti ad alta densità apre ulteriori prospettive. In Andalusia, la distribuzione di sansa denocciolata disoleata (DOP) come pacciamante ha fornito carbonio fresco al microbioma e raddoppiato la disponibilità di potassio del suolo, rispetto a controlli e altri materiali (Fernández-Hernández et al., 2019). Pur degradandosi rapidamente, al secondo anno la copertura ha migliorato conduttanza stomatica, assimilazione netta ed efficienza d’uso dell’acqua, senza penalizzare crescita e resa.
Parallelamente, prove condotte in Italia meridionale hanno mostrato che pacciamanti sintetici traspiranti – come tessuti non tessuti (TNT) e polietilene non perforato (PEN) – garantiscono un controllo più efficace delle infestanti, accelerano l’entrata in produzione e superano in efficienza la sarchiatura periodica (Sanz-Cobena et al., 2017).

Integrare pratiche per la resilienza

La non lavorazione integrata con inerbimento gestito e pacciamature mirate si configura come la scelta più coerente con le sfide climatiche del XXI secolo. Questa strategia riduce erosione e perdite di carbonio, incrementa la ritenzione idrica e stabilizza la fertilità, costruendo agroecosistemi capaci di reggere ondate di calore, siccità e piogge estreme.
Il messaggio che emerge è chiaro: la resilienza dell’oliveto non nasce da input esterni, ma dalla cura sistemica del suolo.


Bibliografia essenziale

  • Fernández-Hernández, A., et al. (2019). Organic mulching in olive orchards: effects on soil properties and tree performance. Agricultural Water Management, 214, 1–11.
  • Gómez, J. A., et al. (2014). Cover crops and no-tillage in rainfed olive orchards in southern Spain: long-term effects on soil organic carbon and soil properties. Soil & Tillage Research, 130, 9–17.
  • Moreno, B., et al. (2018). Cover crop termination timing and soil water dynamics in Mediterranean olive orchards. European Journal of Agronomy, 94, 1–12.
  • Peregrina, F., et al. (2020). Soil organic carbon fractions in Mediterranean olive orchards under different soil management. Geoderma, 376, 114552.
  • Rodríguez-Lizana, A., et al. (2007). Effects of tillage and cover crops on soil erosion and runoff in olive groves. Soil & Tillage Research, 92, 38–49.
  • Sanz-Cobena, A., et al. (2017). Plastic mulching and weed control in olive groves: agronomic and environmental implications. Agricultural Systems, 155, 1–10.