Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
mercoledì 1 giugno 2011
Riflessione per il Convegno del 3 giugno 2011: LE NUOVE EMERGENZE. MA VERAMENTE NUOVE?
Riflessione per il Convegno del 3 giugno 2011: LE NUOVE EMERGENZE. MA VERAMENTE NUOVE?
Nei giornali di questi giorni sono uscite alcune notizie interessanti. La Germania entro il 2022 chiuderà l’ultima centrale atomica in funzione e costruirà ( in tempi brevissimi come solo i tedeschi sanno fare) la prima “autostrada” per biciclette. La Svezia e la Finlandia avrebbero risolto ( ma dubbi seri rimangono) il problema dello “stoccaggio” dei rifiuti delle centrali nucleari in depositi geologici profondi: bare cilindriche di rame nel granito, garantite per centomila anni. Brutte notizie invece dal fronte CO2. E’ aumentato, intaccando le previsioni per il 2020. I terribili 2 gradi di riscaldamento, si avvicinano sempre più. Uno scienziato ha scritto: “ dato l’uomo con 36 di temperatura corporea, 2 gradi in più è febbre”.
Il 10 marzo un quotidiano italiano ha pubblicato una corrispondenza dal Giappone per informare che nella metropolitana di Tokyo erano stati installati nei vagoni di una delle linee più frequentate della capitale sedili “anti-maleducati”. Questi sedili costringono i passeggeri, come una specie di macchina da contenzione, a rimanere immobili, non distendersi, non premere sul vicino, non allungare le gambe ed altro. Ma la parte più interessante dell’articolo è quella dedicata al carattere dei giapponesi, al loro rispetto per sé e per gli altri e soprattutto l’essere “educati”, un concetto vasto e complesso, che non è l’immagine dei tre classici inchini, ma che si sostanzia nell’intera struttura, economica, culturale e sociale.
Il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, un terribile terremoto seguito da un distruttivo tsunami ha colpito il Paese. Negli ultimi 10 anni in Giappone ci sono stati 16 sismi; si ricorda soprattutto quello del 17 gennaio del 1995 che distrusse Kobe e devastò le regioni di Osaka e Tokyo. Tutti abbiamo visto le spaventose immagini dell’onda nera che ha sradicato case come fuscelli, fatto scavalcare ponti e strade ad enormi imbarcazioni, trascinato auto e treni come minuscoli modellini. La scossa di 9 gradi della scala Richter, il quarto per intensità nel mondo dal 1900, ha fatto tremare la terra per 6 minuti: una eternità. Molti danni e danni ancora provocati dallo tsunami che in giapponese vuol dire “onda nel porto”. Lo scrittore giapponese Kazumi Saeki ha raccontato : “ Sono mancati sia l’acqua sia il gas e di notte le uniche fonti di illuminazione erano le candele e la luna. Senza le luci della città, di notte,il cielo era rischiarato dal bagliore delle stelle”. Solo uno scrittore poteva “imprigionare” poeticamente il dramma di una delle più grandi potenze mondiali, all’avanguardia nelle tecnologia, messa in ginocchio da un evento naturale. Qualche giorno fa tifoni di una potenza imprevista hanno sconvolto lo Stato americano del Missouri, con oltre 100 vittime ed altrettanti dispersi. Ancora una volta la forza della natura ha risvegliato paure ancestrali, spinto ad immaginare nuovi millenarismi, scomodato profeti di sventure e cabale numeriche. Pianti i morti e i dispersi, i giapponesi si sono accorti che dentro la paura, c’era un’altra paura: danneggiate tre centrali nucleari nella prefettura di Fukushima al centro del sisma. Una fuga radioattiva che man mano si è dimostrata sempre più grave, tanto da raggiungere un mese dopo il livello 7, che è, come si sa, quello di Cernobyl del 1986. I giapponesi hanno convissuto con il nucleare da anni, godendone grandissimi vantaggi per lo sviluppo della loro economia. Gli incidenti, eufemisticamente chiamati così, di Fukushima hanno riaperto il dibattito sul nucleare: tema complesso e indubitabilmente scabroso, ma ciò che è accaduto in Giappone ha ancora una volta spinto ad interrogarsi sul rapporto uomo-natura. Se è vero che la natura non è prevedibile o meglio è più “forte” di noi, è altrettanto vero che l’uomo può comportarsi in modo da non essere “complice” di eventi catastrofici o peggio responsabile di favorirli. Due esempi: il riscaldamento globale e il cambiamento del clima, fatti ormai certificati dalla scienza. Siamo alla svolta, non abbiamo troppo tempo a disposizione per correre ai ripari, anzi più si aspetta, più il conto da pagare sarà salatissimo e non solo in termini monetari. L’ultimo decennio è stato un rincorrersi di drammatici eventi: caldo eccessivo, alluvioni, desertificazioni che avanzano, produzione alimentare in diminuzione nel momento in cui aumenta la domanda e terremoti. E tutto ciò costa. Qualche esempio: Kobe nel 1995 è costato 100 miliardi di dollari, l’uragano Katrina del 2005 81 miliardi, il terremoto del Cile del 2010 30 miliardi. Per il terremoto ultimo del Giappone si prevedono oltre 235 miliardi di dollari! Ma per il Giappone il prezzo non sarà solo in dollari o meglio in yen. Lo scrive in maniera chiarissima lo scrittore Kenzaburo Oe, Premio Nobel per la letteratura nel 1994. “ In questo disastro si intrecciano in modo drammatico due fenomeni: da una parte la vulnerabilità del Giappone di fronte ai terremoti, dall’altra il rischio legato all’energia atomica. La prima è una realtà con cui questo paese deve fare i conti fin dall’alba dei tempi. La seconda, che potrebbe rivelarsi perfino più catastrofica del terremoto e dello tsunami, è opera dell’uomo. Che cosa ha imparato il Giappone dalla tragedia di Hiroshima” ? Ma altre paure si presentano davanti a noi. Una di queste è la penuria di acqua che caratterizzerà il nostro prossimo futuro. Scienziati, grandi istituzioni internazionali ONU, Fao e in maniera assai blanda i vari G a numerazione variabile, alcuni centri studi come il Pacific Institut di San Francisco e qualche governo ( in verità pochissimi) pongono il problema ai primi posti per importanza. Ma se lo pongono anche gli Stati Maggiori delle potenze soprattutto dei paesi più industrializzati e questo non è un bel segno. Non è da escludere infatti, anche perché è già accaduto negli anni passati, che la penuria di acqua e il controllo delle riserve scatenino azioni militari. Qualcuno le ha già definite le “guerre per l’acqua”. Una guerra, non militare, ma non per questo meno pericolosa, è già in atto fra i grandi gruppi economici interessati a mettere le mani sul cosiddetto “oro blu”, considerato al pari di quello “nero”. Tema complesso quello dell’acqua che, anche se non presenta la drammaticità di quello nucleare, primo fra i primi, “ il crinale apocalittico della Storia” come lo definì Giorgio La Pira, il grande Sindaco di Firenze,certo rimane fra i primi. L’acqua è senza dubbio di sorta un bene di tutti e come tale deve rimanere. Si possono immaginare forme articolate, nella distribuzione, con una redditività che pareggi ( e non è detto al 100%) l’insieme delle spese della distribuzione, ma è assolutamente ignobile e spregevole pensare che proprio l’acqua possa essere considerata materia commerciabile e fonte di guadagno per le multinazionali. Qualche rischio lo stiamo correndo, un rischio di una gravità, al solo pensarlo, sconvolgente.
Angelo Sferrazza Vice Presidente C.I.C.C.
sferrazza@iol.it
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