I lavori del mese di Gennaio
Ove il gelo non abbia reso il terreno insuscettibile a poter esser lavorato, si attende ai lavori di rinnovo.
Alla base di questa affermazione c’è la tecnica agronomica della rotazione agraria cioè la successione nel tempo e il regolare ritorno delle colture sugli stessi appezzamenti di terreno di piante miglioratrici e depauperanti o sfruttatrici: le prime migliorano la fertilità del terreno rispetto a quelle di partenza, le seconde lo lasciano in condizioni peggiori.
In questo ambito le colture da rinnovo richiedono lavori preparatori profondi e abbondanti concimazioni organiche e minerali per cui migliorano lo stato fisico del terreno favorendo le condizioni di sviluppo per le piante.
All'uopo, si scassa profondamente il terreno, avendo cura di lasciarne la superficie in istato ruvido, affinché gli agenti esterni favoriscano il disgregamento delle zolle. Quando la terra sia troppo umida e vi predomini l'argilla, il dissodamento vuol esser rimandato: qualsiasi lavoro, eseguito su terreni che si trovino in simili condizioni, riesce dannosissimo, atteso che la terra, disseccandosi, si risolve in una crosta durissima e compatta, si da impedire la circolazione dell' aria nel terreno, sul quale, in seguito, si formano numerosi crepacci.
Leggiamo insieme ciò che scrive a questo proposito Andrea Calanchi con la collaborazione di Elena Tibiletti nella rivista Giardinaggio del gennaio- febbraio 2006
“Prendete un etto di farina, aggiungete un po' d'acqua e impastate fino a ottenere una pasta collosa. Dividetela in tre parti uguali. Aggiungete alle prime due un pizzico di lievito e lasciatele riposare per mezz'ora. Avvolgete il primo impasto con un foglio d'alluminio, e ponete tutte e tre le parti sulla placca del forno acceso a 150°. Dopo 20 minuti sfornate: l'unico impasto commestibile sarà quello avvolto nell'alluminio.
Ebbene, per i vegetali l'argilla equivale alla farina: lasciata tal quale con sola acqua, il sole la cementifica rendendola indisponibile per le piante. Migliorandola con qualche ammendante (analogo al lievito di poc'anzi), risulta più a lungo disponibile. Infine, proteggendo la superficie con una pacciamatura (il foglio d'alluminio), la situazione diviene ottimale.
Certo, potreste anche lasciarla tal quale: esistono comunque alcune specie in grado di adattarsi a un terreno cosi inospitale, duro come sasso e crepacciato in estate, inzuppato e asfittico in inverno, ma se desiderate variare e concedervi qualche possibilità in più, sappiate che esistono accorgimenti per rendere vivibile la terra argillosa.
Mettete però in conto di fare un poco di fatica: questo tipo di suolo è di natura pesante, e vangarlo non è facile, richiede un grande sforzo. Eventualmente, munitevi di una motozappa che, soprattutto all'inizio, vi sarà di grande aiuto e vi alleggerirà buona parte del lavoro.”
Oltre le arature profonde, fatte allo scopo di preparare quei tratti di terreno destinato alle semine di primavera, il coltivatore deve attendere a rassettare le siepi od a formarne delle nuove; a riparare i muri di cinta, se vi siano, affinché non venga in alcun modo compromessa la difesa del podere; a sistemare appezzamenti e ripulire e mettere in assetto i fossi di scolo, acciò sia libero lo smaltimento delle acque.
Si trasporta sul campo il letame e si preparano terricciati.
Si concimano in copertura i prati e si sbrattano (sbrattare significa togliere ogni bruttura, ogni impedimento, ovvero nettare, mondare) gli erbai di orzo, di avena e di fave. Si escavano (che significa cavar da sottoterra) le barbabietole e le patate e si ammanniscono (che significa si allestiscono, si preparano) per foraggio al bestiame unito al seccume. Si seminano fave vernine e vecce in grande cultura.
Il bestiame richiede speciali cure: anzitutto il contadino farà in modo che nelle stalle vi circoli liberamente l'aria, che la temperatura non sia troppo calda, e che non vi si ammucchino letami.
Si attende all' ingrassamento dei bovini e dei suini. Le pecore vogliono esser tenute al coperto, mandandole fuori solamente nelle ore calde; come pure, bisogna guardarsi di esporle alle piogge ed alle nevi. In generale, si dia al bestiame nutrimento sano, né si lesini sulla buona ed abbondante alimentazione del pollame e dei piccioni.
di Antonio Bruno
Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
sabato 31 dicembre 2011
CALENDARIO DELL'AGRICOLTORE
CALENDARIO DELL'AGRICOLTORE
Nel 1896 con i tipi di R. Bemporad & Figlio di Firenze CESSIONARI DELLA LIBRERIA EDITRICE FELICE PAGGI Via del Proconsolo, 7 è pubblicato il primo Almanacco Italiano che si autodefiniva PICCOLA ENCICLOPEDIA POPOLARE DELLA VITA PRATICA E ANNUARIO DIPLOMATICO AMMINISTRATIVO E STATISTICO.
Il modo di coltivare la terra è stato sempre lo stesso sino a 50 anni fa
Dai tempi dei Romani sino agli anni 60 del secolo scorso l’agricoltura è stata un attività che ha seguito tecniche costanti con produzioni anch’esse costanti.
A partire dagli anni 70 del secolo scorso lo sviluppo dell’agricoltura è stato caratterizzato dal passaggio da un sistema costituito da aziende familiari con coltivazioni miste e fabbricati rurali, ad un sistema industriale con colture intensive e che necessitano di ingenti apporti chimici e fabbricati di tipo industriale.
I cambiamenti della tecnica di coltivazione hanno provocato problemi enormi
La fauna degli ambienti agricoli si è quindi trovata di fronte a forti cambiamenti che gli causano enormi problemi.
L’abbandono della rotazione agraria e l’eliminazione di alberi e siepi hanno causato la scomparsa di ambienti idonei all’alimentazione e alla riproduzione di numerose specie mentre l’uso dei pesticidi, concimi chimici e diserbanti avvelena direttamente (e gli uccelli o li priva di risorse alimentari quali insetti avete notato che in primavera sono scomparse le farfalle?) e altri invertebrati.
Ognuno di noi, nel suo microscopico, può influenzare in modo diretto la biodiversità con i suoi comportamenti
L’Unione europea prevede incentivi che incoraggiano pratiche agricole sostenibili e le azioni che migliorano l’ambiente. In questo scritto vi sono schemi agro-ambientali, mirati alla realtà ambientale del Salento leccese. Mi rivolgo alla schiera dei 220mila proprietari del paesaggio rurale che ogni volta che hanno un po’ di tempo libero vanno a far visita al loro microscopico pezzetto di Paesaggio a cui dedicano cure, impegno e sacrificio invitandoli ad aderire a questi tipi di pratiche agricole utili e soprattutto sostenibili.
di Antonio Bruno
Nel 1896 con i tipi di R. Bemporad & Figlio di Firenze CESSIONARI DELLA LIBRERIA EDITRICE FELICE PAGGI Via del Proconsolo, 7 è pubblicato il primo Almanacco Italiano che si autodefiniva PICCOLA ENCICLOPEDIA POPOLARE DELLA VITA PRATICA E ANNUARIO DIPLOMATICO AMMINISTRATIVO E STATISTICO.
Il modo di coltivare la terra è stato sempre lo stesso sino a 50 anni fa
Dai tempi dei Romani sino agli anni 60 del secolo scorso l’agricoltura è stata un attività che ha seguito tecniche costanti con produzioni anch’esse costanti.
A partire dagli anni 70 del secolo scorso lo sviluppo dell’agricoltura è stato caratterizzato dal passaggio da un sistema costituito da aziende familiari con coltivazioni miste e fabbricati rurali, ad un sistema industriale con colture intensive e che necessitano di ingenti apporti chimici e fabbricati di tipo industriale.
I cambiamenti della tecnica di coltivazione hanno provocato problemi enormi
La fauna degli ambienti agricoli si è quindi trovata di fronte a forti cambiamenti che gli causano enormi problemi.
L’abbandono della rotazione agraria e l’eliminazione di alberi e siepi hanno causato la scomparsa di ambienti idonei all’alimentazione e alla riproduzione di numerose specie mentre l’uso dei pesticidi, concimi chimici e diserbanti avvelena direttamente (e gli uccelli o li priva di risorse alimentari quali insetti avete notato che in primavera sono scomparse le farfalle?) e altri invertebrati.
Ognuno di noi, nel suo microscopico, può influenzare in modo diretto la biodiversità con i suoi comportamenti
L’Unione europea prevede incentivi che incoraggiano pratiche agricole sostenibili e le azioni che migliorano l’ambiente. In questo scritto vi sono schemi agro-ambientali, mirati alla realtà ambientale del Salento leccese. Mi rivolgo alla schiera dei 220mila proprietari del paesaggio rurale che ogni volta che hanno un po’ di tempo libero vanno a far visita al loro microscopico pezzetto di Paesaggio a cui dedicano cure, impegno e sacrificio invitandoli ad aderire a questi tipi di pratiche agricole utili e soprattutto sostenibili.
di Antonio Bruno
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Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce (Adaf Lecce)
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agricoltura sostenibile
Le sentinelle del Territorio
Caro Collega, DR. Agr. Antonio Bruno,
complimenti per l'iniziativa (l’iniziativa a cui si riferisce il collega Braggio è il Workshop 2012 a cura dell’Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce), Sono Paolo Ugo Braggio di Verona http://www.agronomi.vr.it/iscritti/127/BRAGGIO.html . La Vs. iniziativa mi stimola a scrivere alcuni pensieri in merito alla multifunzionalità in agricoltura e al necessario intervento per salvaguardare l'uso del suolo.
A. MULTIFUNZIONALITA'
L'idea la trovo interessante, proprio perchè riguarda l'importante apertura dell'agricoltura alla multifunzionalità già operativa da tempo, ma che va allargata a settori sociali, culturali, settori che solo pochi anni fa sarebbero stati impensabili per il mondo agricolo. Tema che mi interessa molto, e che credo si stia diffondendo anche da Voi..
Ciò che mi pare sia importante, riguarda il favorire la diffusione delle innovazioni in atto nel mondo agricolo.
Occorre il necessario riconoscimento da parte della opinione pubblica e delle Aministrazioni locali, in riferimento al nuovo ruolo dell'agricoltura e degli agricoltori , non solo per la produzione di derrate alimentari di qualità, ma anche per scopi culturali, didattici, di tempo libero, paesaggistici, ambientali. L'agricoltore collabora a prevenire dissesti idrogeologici, è vicino alle Amministrazioni locali, ai Consorzi, di bonifica, fornendo con proprie attrezzature, servizi quali prevenzioni erosioni, pulizia dei fossi, sgombraneve, potatura siepi lungo le strade di campagna etc. evidentemente su adeguati incarichi.
(Si rileva che spendono rilevanti some di denaro, per creare vasche di espansione in pianura, con svalutazione dei suoli ma non si incentiva e si agevola la permanenza degli agricoltori in montagna - quali sentinelle del territorio).
Il tutto, come sostenete anche voi, e come previsto da quanto dettato nel Decreto legislativo n. 228 del 18 maggio del 2001,che, in attuazione della legge sull'orientamento, individua una nuova configurazione giuridica funzionale dell'impresa agricola.
Per tale Decreto, le attività le attività principali dell'impresa agraria, sono " dirette alla cura, allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria a tale ciclo, che utilizzano il fondo, il bosco, o le acque dolci salmastre e marine e quelle connesse "alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo del bosco o dell'allevamento di animali nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi .. comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità.
In tale Decreto, viene precisato che rientrano tra le attività agrituristiche .. l'organizzazione di attività ricreative, , culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali, compresa la mescita del vino.
La Legge di orientamento, recependo il concetto di agricoltura multifunzionale, delinea una impresa agraria che , pur restando ancorata al settore agricolo, può realizzare attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario. L'impresa che gestisce un'azienda agraria multifunzionale diventa multi-settoriale.
La multifunzionalità rappresenta una opportunità economica per le aziende, anche motivando i giovani a rimanere nell'agricoltura, ricercando di tradurre tali funzioni in forme di remunerazione che consentano la sostenibilità economica del settore, tramite la fornitura di servizi, richiesta questa in continua crescita per maggiore tempo libero di parte della popolazione.
Il rapporto poi con il territorio, richiama l'agricoltura in modo sempre più chiaro, a svolgere sempre direttamente un lavoro di salvaguardia e gestione delle risorse, quali l'acqua, il suolo, e la vegetazione. In conclusione, la multifunzionalità del territorio agricolo e rurale, si può distinguere in quattro funzioni: - produttiva, ambientale, paesaggistica, ricreativa.
Pertanto l'Agricoltore moderno,diviene sentinella del territorio, deve poter essere riconosciuto dai Comuni,con cui trova collaborazioni, per eseguire interventi sull'ambiente, per migliorare il paesaggio, per prevenire erosioni del suolo, disboscamenti.
B. USO CORRETTO DEL SUOLO
Un altro punto che mi pare importante e molto attuale, riguarda l'uso eccessivo del suolo per nuove strade ed edificabilità. Bisognerebbe spiegare ai responsabili dei piani regolatori che, un conto è parlare di terreno e un altro è parlare di suolo fertile. Questo perchè raggiunga la capacità a produrre ha bisogno di lunghi decenni. Il suolo fertile è la fabbrica della vita. Occorre divulgare il termine di recuperare, ripristinare.
Lo sviluppo futuro delle popolazioni del mondo richiederà sempre più cibi di alto valore biologico e potranno verificarsi carenze alimentari per la scarsità dei terreni (in Africa, in Brasile etc. i paesi ricchi acquistano grandi superfici di aree incolte, terreni ove ancora oggi costano molto poco. Pensando che tra 6/7 anno anni gli abitanti della terra potranno giungere a 9 miliardi di abitanti nel mondo, tale fatto induce all'impegno dei Dottori agronomi e Dottori forestali con gli iscritti alla Fidaf, a divenire essi stessi divulgatori di sviluppo sostenibili, di regolarizzazione dell'uso del suolo, intervenendo nelle sedi ove i comuni con i piani regolatori, operano decisioni importanti di interesse territoriale, nelle commissioni edilizie etc. Sensibilizzando ove possibile anche altre categorie professionali (ingegneri, architetti, Geologi Periti Agrari, Agrotecnici, Geometri.).
Divulgando inoltre l'impegno del mondo agricolo che con passi graduati ma concreti, si sta aggiornando avviandosi verso la concreta applicazione della multifunzionalità per l'agricoltura, impegnandosi perchè venga realizzata nel modo migliore nel rispetto del territorio, delle risorse ambientali perchè Agronomi, Forestali Dottori in Agraria divengano essi stessi sentinelle del territorio, a fianco degli agricoltori.
Se qualche passo di quanto scritto potesse eserVi utile ,mi farebbe piacere.
Un augurio di successo per la interessante Vostra iniziativa.
Da Verona, i migliori saluti ed auguri 2012.
Paolo Ugo Braggio
FEDERAZIONE ITALIANA DOTTORI IN AGRARIA E FORESTALI (FIDAF)
ASSOCIAZIONE DI VERONA
c/o Dr. Paolo Ugo Braggio , Via Ponte Florio, 51
37141 Montorio Verona Tel./Fax 045 528153 – E - mail studiobps@libero.it
complimenti per l'iniziativa (l’iniziativa a cui si riferisce il collega Braggio è il Workshop 2012 a cura dell’Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce), Sono Paolo Ugo Braggio di Verona http://www.agronomi.vr.it/iscritti/127/BRAGGIO.html . La Vs. iniziativa mi stimola a scrivere alcuni pensieri in merito alla multifunzionalità in agricoltura e al necessario intervento per salvaguardare l'uso del suolo.
A. MULTIFUNZIONALITA'
L'idea la trovo interessante, proprio perchè riguarda l'importante apertura dell'agricoltura alla multifunzionalità già operativa da tempo, ma che va allargata a settori sociali, culturali, settori che solo pochi anni fa sarebbero stati impensabili per il mondo agricolo. Tema che mi interessa molto, e che credo si stia diffondendo anche da Voi..
Ciò che mi pare sia importante, riguarda il favorire la diffusione delle innovazioni in atto nel mondo agricolo.
Occorre il necessario riconoscimento da parte della opinione pubblica e delle Aministrazioni locali, in riferimento al nuovo ruolo dell'agricoltura e degli agricoltori , non solo per la produzione di derrate alimentari di qualità, ma anche per scopi culturali, didattici, di tempo libero, paesaggistici, ambientali. L'agricoltore collabora a prevenire dissesti idrogeologici, è vicino alle Amministrazioni locali, ai Consorzi, di bonifica, fornendo con proprie attrezzature, servizi quali prevenzioni erosioni, pulizia dei fossi, sgombraneve, potatura siepi lungo le strade di campagna etc. evidentemente su adeguati incarichi.
(Si rileva che spendono rilevanti some di denaro, per creare vasche di espansione in pianura, con svalutazione dei suoli ma non si incentiva e si agevola la permanenza degli agricoltori in montagna - quali sentinelle del territorio).
Il tutto, come sostenete anche voi, e come previsto da quanto dettato nel Decreto legislativo n. 228 del 18 maggio del 2001,che, in attuazione della legge sull'orientamento, individua una nuova configurazione giuridica funzionale dell'impresa agricola.
Per tale Decreto, le attività le attività principali dell'impresa agraria, sono " dirette alla cura, allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria a tale ciclo, che utilizzano il fondo, il bosco, o le acque dolci salmastre e marine e quelle connesse "alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo del bosco o dell'allevamento di animali nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi .. comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità.
In tale Decreto, viene precisato che rientrano tra le attività agrituristiche .. l'organizzazione di attività ricreative, , culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali, compresa la mescita del vino.
La Legge di orientamento, recependo il concetto di agricoltura multifunzionale, delinea una impresa agraria che , pur restando ancorata al settore agricolo, può realizzare attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario. L'impresa che gestisce un'azienda agraria multifunzionale diventa multi-settoriale.
La multifunzionalità rappresenta una opportunità economica per le aziende, anche motivando i giovani a rimanere nell'agricoltura, ricercando di tradurre tali funzioni in forme di remunerazione che consentano la sostenibilità economica del settore, tramite la fornitura di servizi, richiesta questa in continua crescita per maggiore tempo libero di parte della popolazione.
Il rapporto poi con il territorio, richiama l'agricoltura in modo sempre più chiaro, a svolgere sempre direttamente un lavoro di salvaguardia e gestione delle risorse, quali l'acqua, il suolo, e la vegetazione. In conclusione, la multifunzionalità del territorio agricolo e rurale, si può distinguere in quattro funzioni: - produttiva, ambientale, paesaggistica, ricreativa.
Pertanto l'Agricoltore moderno,diviene sentinella del territorio, deve poter essere riconosciuto dai Comuni,con cui trova collaborazioni, per eseguire interventi sull'ambiente, per migliorare il paesaggio, per prevenire erosioni del suolo, disboscamenti.
B. USO CORRETTO DEL SUOLO
Un altro punto che mi pare importante e molto attuale, riguarda l'uso eccessivo del suolo per nuove strade ed edificabilità. Bisognerebbe spiegare ai responsabili dei piani regolatori che, un conto è parlare di terreno e un altro è parlare di suolo fertile. Questo perchè raggiunga la capacità a produrre ha bisogno di lunghi decenni. Il suolo fertile è la fabbrica della vita. Occorre divulgare il termine di recuperare, ripristinare.
Lo sviluppo futuro delle popolazioni del mondo richiederà sempre più cibi di alto valore biologico e potranno verificarsi carenze alimentari per la scarsità dei terreni (in Africa, in Brasile etc. i paesi ricchi acquistano grandi superfici di aree incolte, terreni ove ancora oggi costano molto poco. Pensando che tra 6/7 anno anni gli abitanti della terra potranno giungere a 9 miliardi di abitanti nel mondo, tale fatto induce all'impegno dei Dottori agronomi e Dottori forestali con gli iscritti alla Fidaf, a divenire essi stessi divulgatori di sviluppo sostenibili, di regolarizzazione dell'uso del suolo, intervenendo nelle sedi ove i comuni con i piani regolatori, operano decisioni importanti di interesse territoriale, nelle commissioni edilizie etc. Sensibilizzando ove possibile anche altre categorie professionali (ingegneri, architetti, Geologi Periti Agrari, Agrotecnici, Geometri.).
Divulgando inoltre l'impegno del mondo agricolo che con passi graduati ma concreti, si sta aggiornando avviandosi verso la concreta applicazione della multifunzionalità per l'agricoltura, impegnandosi perchè venga realizzata nel modo migliore nel rispetto del territorio, delle risorse ambientali perchè Agronomi, Forestali Dottori in Agraria divengano essi stessi sentinelle del territorio, a fianco degli agricoltori.
Se qualche passo di quanto scritto potesse eserVi utile ,mi farebbe piacere.
Un augurio di successo per la interessante Vostra iniziativa.
Da Verona, i migliori saluti ed auguri 2012.
Paolo Ugo Braggio
FEDERAZIONE ITALIANA DOTTORI IN AGRARIA E FORESTALI (FIDAF)
ASSOCIAZIONE DI VERONA
c/o Dr. Paolo Ugo Braggio , Via Ponte Florio, 51
37141 Montorio Verona Tel./Fax 045 528153 – E - mail studiobps@libero.it
venerdì 30 dicembre 2011
Workshop a cura dell’Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
Workshop a cura dell’Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
Il laureato in Scienze Agrarie e Forestali ha attività professionali in un’ampia gamma di settori direttamente interessati, o collegati, alla produzione primaria, sia nel comparto privato che in quello pubblico.
L’agricoltura è un sistema complesso multifunzionale che produce alimenti, ambiente, cultura, salute e servizi per il cittadino.
La centralità non è più nel settore della produzione agricola ma nell’agricoltura intesa come sistema: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, interconnessione con l’ambiente.
Per significare all’opinione pubblica e alla stampa il ruolo del laureato delle Facoltà di Agraria, che è cruciale nella ricerca e nell’innovazione tecnologica ma che allo stesso tempo si estende nella multifunzionalità dell’agricoltura e che rimane centrale sui grandi temi della competitività e della sostenibilità, puoi chiedere di partecipare al Workshop che faremo nel prossimo mese di gennaio 2012.
Avrai 10 minuti di tempo per illustrare un tuo lavoro, studio, progetto o qualunque altra tua attività intellettuale originale. Se lo desideri puoi rispondere a questa e mail dando la tua disponibilità illustrando in 10 righe l’intervento che intendi presentare nel Workshop 2012.
Approfitto dell’occasione per rinnovarti gli auguri per un proficuo e produttivo 2012
Lecce 30 dicembre 2011
IL PRESIDENTE
(Antonio Bruno dottore agronomo)
Il laureato in Scienze Agrarie e Forestali ha attività professionali in un’ampia gamma di settori direttamente interessati, o collegati, alla produzione primaria, sia nel comparto privato che in quello pubblico.
L’agricoltura è un sistema complesso multifunzionale che produce alimenti, ambiente, cultura, salute e servizi per il cittadino.
La centralità non è più nel settore della produzione agricola ma nell’agricoltura intesa come sistema: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, interconnessione con l’ambiente.
Per significare all’opinione pubblica e alla stampa il ruolo del laureato delle Facoltà di Agraria, che è cruciale nella ricerca e nell’innovazione tecnologica ma che allo stesso tempo si estende nella multifunzionalità dell’agricoltura e che rimane centrale sui grandi temi della competitività e della sostenibilità, puoi chiedere di partecipare al Workshop che faremo nel prossimo mese di gennaio 2012.
Avrai 10 minuti di tempo per illustrare un tuo lavoro, studio, progetto o qualunque altra tua attività intellettuale originale. Se lo desideri puoi rispondere a questa e mail dando la tua disponibilità illustrando in 10 righe l’intervento che intendi presentare nel Workshop 2012.
Approfitto dell’occasione per rinnovarti gli auguri per un proficuo e produttivo 2012
Lecce 30 dicembre 2011
IL PRESIDENTE
(Antonio Bruno dottore agronomo)
Che fare per raccogliere 90 chili l’ora di olive ogliarole leccesi e celline di Nardò?
Che fare per raccogliere 90 chili l’ora di olive ogliarole leccesi e celline di Nardò?
Il Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università degli studi di Perugia guidato dal prof. Franco Famiani ha condotto numerose prove per valutare gli effetti della cultivar, epoca di raccolta, intensità di potatura e carico produttivo sull’efficienza delle diverse macchine agevolatrici della raccolta delle olive disponibili sul mercato.
Cosa sono le macchine agevolatrici della raccolta delle olive?
Le agevolatrici sono macchine raccoglitrici dotate di semplici dispositivi, quali pettini vibranti o ganci oscillanti, azionati da compressori o direttamente da piccoli motori a scoppio, che vengono posizionati all'interno della chioma e provocano il distacco delle olive per bacchiatura o per le oscillazioni indotte nei rametti. Queste attrezzature sono diffuse in zone dove non è economicamente conveniente investire nell'acquisto di grosse macchine o dove le condizioni colturali non sono adatte all'impiego di macchine complesse (Famiani et al., 1998).
Il tempo necessario per ottenere il distacco delle olive
Tutte le prove danno come risultato la quantità di olive raccolte in un ora da un operatore e è necessario precisare che questo conteggio ha preso in considerazione soltanto la fase di distacco delle olive dall’albero.
Questo significa che siccome per qualsiasi macchina è necessario un cantiere per la stesura e spostamento dei teli e poi per il recupero delle olive dai teli stessi e che tali tempi sono identici per tutte le macchine agevolatrici l’unico dato che può fare optare per la scelta è quello relativo ai tempi necessari a ciascuna macchina per ottenere il distacco delle olive dall’albero.
Tralascio volutamente di indicare quali macchine sono state utilizzate per le prove per significarvi che l’efficienza delle macchine agevolatrici è fortemente influenzata dalle nostre cultiva Ogliarola leccese e Cellina di Nardò che hanno un’alta resistenza al distacco (RD) e il peso dell’oliva che al massimo arriva ad un grammo che richiedono tempi maggiori per la raccolta.
Abbacchiatori/sferzatori e brucatori
Con gli Abbacchiatori/sferzatori e brucatori la quantità delle olive che riescono a staccare se confrontata alla quantità totale di olive dell’albero è molto elevata infatti si ottengono risultati del 95% o anche maggiori! Questo risultato eccezionale si deve alle caratteristiche di queste macchine agevolatrici in quanto possiamo continuare a far andare le macchine sino ad ottenere la caduta della quasi totalità delle olive presenti sulla chioma dell’olivo.
Questo risultato è importante per le nostre varietà Ogliarola e Cellina che hanno le olive piccole che pesano circa un grammo e alte resistenze al distacco delle olive.
Nelle prove effettuate dal prof. Famiani in epoca di raccolta precoce ovvero fine settembre, primi di ottobre, su varietà Frantoio, Leccino e Moraiolo si sono raccolte il doppio o addirittura il triplo delle olive rispetto a quelle raccolte manualmente. In pratica un operatore può raccogliere sino a 90 chili di olive per ora.
Abbacchiatori/sferzatori e brucatori raccolgono la quasi totalità in ogni epoca
Le prove effettuate hanno dimostrato che Abbacchiatori/sferzatori e brucatori raccolgono la quasi totalità in ogni epoca mentre i ganci scuotitori se la raccolta è precoce raccolgono al massimo il 65% del prodotto.
Con la raccolta tardiva (novembre – dicembre) si raccolgono olive fino a cinque volte di più rispetto alla raccolta manuale. Sconsiglio di raccogliere tardivamente nel caso si intenda ottenere olive sane per trasformarle in un olio di qualità.
Quando si raccolgono le olive tardi l’olio che si ottiene dalla loro molitura subisce un appiattimento delle note sensoriali di fruttato, amaro e piaccante.
I danni ai frutti
Non c’è molta differenza tra i danni che si fanno ai frutti raccolti manualmente e quali raccolti con le macchine agevolatrici. L’unico elemento di criticità è dato dalla possibilità che l’operatore calpesti le olive cadute perché intento a guardare in alto la chioma.
Il rapporto resistenza dell’oliva al distacco/peso dell’oliva (resistenza al distacco/peso del frutto RD/PF)
La produttività delle macchine agevolatrici della raccolta delle olive dipende dal rapporto RD/PF. Bisogna precisare comunque che questo rapporto dipende dall’epoca della raccolta infatti più le olive sono mature minori sono i valori del rapporto RD/PF. Scritto ciò le prove effettuate dal prof. Famiani dimostrano che la produttività del lavoro di raccolta delle olive è superiore da un minimo di 2 volte a un massimo di 5 volte rispetto alla produttività della raccolta delle olive effettuata manualmente.
Quando è il momento giusto per raccogliere con gli agevolatori meccanici?
E’ stato osservato da questi ricercatori che tale momento è quando il rapporto resistenza al distacco (N) Newton unità di misura / peso del frutto grammi (g) è inferiore a 2,5. E’ inutile precisare che la scelta del momento più adatto alla raccolta deve essere effettuata dal collega dottore agronomo in funzione dell’obiettivo produttivo perseguito dall’imprenditore o dal proprietario dell’oliveto con particolare riferimento alle caratteristiche qualitative dell’olio che si ha in animo di ottenere.
Più olive ci sono sull’albero più conveniente è la raccolta con le macchine agevolatrici
I colleghi dottori agronomi devono finalizzare la loro azione all’ottimizzazione della tecnica colturale dell’oliveto che otterrà di avere più alte produzioni di olive celline e ogliarole che oltre che ad aumentare il ricavo ottenibile rende più conveniente l’utilizzo delle macchine agevolatrici della raccolta.
L’importanza della potatura degli alberi di olivo
Intanto i colleghi dottori agronomi sovrintendano alle operazioni di potatura biennale per verificare eccessi di densità di vegetazione al fine di facilitare l’utilizzo delle macchine agevolatrici. Mentre state nell’azienda verificate che gli operatori eliminino i secchioni che crescono all’interno della pianta poiché in questo modo si migliora la visibilità e di conseguenza il distacco delle olive.
Ma la cosa più importante è che gli alberi di olivo non devono superare l’altezza di 4 metri, 4 metri e mezzo ecco perché la potatura contiene lo sviluppo in altezza degli alberi di olivo favorendo la formazione di una chioma più espansa che significa avere un maggior allungamento delle branche secondarie e ottenendo la formazione di pendaglie nelle porzioni basali della chioma dell’olivo.
Alcuni accorgimenti pratici
Intanto siccome le macchine agevolatrici della raccolta provocano inevitabilmente danni alla chioma che possono favorire la diffusione della rogna dell’olivo (Responsabile di questa alterazione è il batterio Pseudo monas savastanoi (Smith).) intervenite subito dopo la raccolta con un trattamento a base di rame.
Utilizzate delle reti rettangolari di larghezza elevata ovvero di 5 – 6 metri per evitare le perdite di olive spinte lontano dagli abbacchiatori/sferzatori da accoppiare sotto l’albero d’olivo. Se gli olivi sono disposti in filari allora utilizzate coppie di reti che vi consentano di raccogliere 3 – 4 piante ad ogni posizionamento.
Infine per non fare affaticare gli operatori della raccolta vi suggerisco un avvicendamento tra quelli che utilizzano gli agevolatori e quelli che si occupano del posizionamento delle reti.
di Antonio Bruno
Bibliografia
FRANCO FAMIANI - ALESSANDRO BALDICCHI - DANIELA FARINELLI - LUIGI NASINI - PRIMO PROIETTI, L’efficienza dell’agevolatrice è influenzata dalla cultivar Olivo e Olio n. 10 2010
Marcello Biocca, Giulio Sperandio, La raccolta delle olive con macchine agevolatrici -Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione Agricola - Monterotondo - Roma
La Depurazione dell’ Olio d'oliva nel Salento leccese di un secolo fa
La Depurazione dell’ Olio d'oliva nel Salento leccese di un secolo fa
Come sappiamo l’Olio extra vergine di oliva è ottenuto dalle olive senza manipolazioni chimiche, ma soltanto dopo lavaggio, sedimentazione e filtrazione è bene inoltre precisare che non deve contenere più di 1% in peso di acidità (1gr ogni 100gr) espressa come acido oleico.
Ma un secolo fa cosa si faceva nel Salento leccese per separare ciò che rimane dopo lavaggio, sedimentazione e filtrazione? Leggiamo insieme i consigli che davano i nostri colleghi di un secolo fa.
Per l’olio d’oliva commestibile bisogna stare attenti.
L'aroma delicatissimo dell'olio di oliva si altera facilmente quando si usino per la depurazione i
procedimenti che pur riescono assai bene per altri oli vegetali; questi procedimenti non sono quindi applicabili all'olio d'oliva destinato ad uso commestibile.
La sedimentazione e la seguente decantazione
La sedimentazione pura e semplice, susseguita da decantazione è ancora, per quanto primitivo, il mezzo più semplice e scevro di pericoli, ma esso è troppo lento. Bisogna tener presente che l'olio d'oliva irrancidisce con molta maggiore lentezza di tutti gli altri oli, ma irrancidisce anch'esso; e l'irrancidimento essendo un'ossidazione, ne segue che saranno da evitare, per quanto possibile, i contatti dell'olio con l’aria. Ora, nei procedimenti di filtrazione generalmente seguiti, l'olio viene esposto al contatto dell'aria su di una troppo estesa superficie. Sono pertanto consigliabili gli apparecchi di filtrazione speciali, perfezionati ; e meglio ancora se la filtrazione venga fatta nel vuoto o con aria sterilizzata.
La filtrazione
Con la filtrazione poco si modifica il colore dell'olio, perchè con tale operazione non vengono eliminate che le materie in sospensione, non già quelle disciolte. Si ottengono pure buoni risultati mediante la lavatura a temperatura ordinaria, cioè a circa 15 °C, con acqua pura. Tanto i corpi inquinanti in sospensione come quelli allo stato di emulsione e quelli disciolti vengono eliminati, senza nuocere al sapore dell'olio.
L’olio trattiene particelle di materie cellulosiche
L'olio trattiene però ancora particelle minutissime di materie cellulosiche e un po' di acqua rimastavi emulsionata; l'eliminazione di tali residui non si ottiene che col lungo riposo
Gli acidi organici
Il trattamento con acidi organici, quali l'acetico, il citrico, il tannico, offre pochi vantaggi stante la lentezza con la quale si deposita il coagulo che tali acidi formano con le materie che intorbidano l'olio;
L’aceto di vino
l'aceto lascia odore persistente;
Tra gli acidi si preferisce l'acido tannico
l'acido citrico e il tannico sono troppo costosi; in ogni modo, fra i citati, meriterebbe la preferenza l'acido tannico, che non altera il sapore dell'olio ed ha maggiore azione precipitante. Quanto meno si lascia l'olio in contatto col deposito che esso ha formato, tanto più se ne avvantaggiano le buone qualità; per tale ragione conviene operare la decantazione in varie riprese, ad intervalli sempre più lunghi, poiché le ulteriori sedimentazioni si formano con crescente lentezza.
La decantazione
La decantazione si fa con sifoni.
Giova pero notare come in certi mercati — quello inglese ad esempio — si dia la preferenza agli olii privi all'atto di sapore ma molto scorrevoli e chiari.
Più l’olio è buono più a lungo si mantiene opaco
Questo perché gli inglesi, ma anche tanti italiani e salentini leccesi, ritengono che l'olio è chiarificato quando è limpido, trasparente, ma ciò è un errore. L'olio è chiarificato quando è perfettamente decantato e in pratica spoglia dei materiali morchiosi che l'accompagnavano; tuttavia anche trovandosi in siffatta condizione può benissimo essere più o meno opaco, ambrato, non trasparente. Sta di fatto che quanto l'olio è di buona qualità e più e basso è il suo grado d'acidità, tanto più a lungo esso si mantiene opaco ed è questa precisamente la caratteristica peculiare degli oli migliori, tra i quali ce ne sono di quelli che, pur essendo completamente decantati, si conservano ambrati da un anno all'altro come avviene per gli oli estratti dalle prime olive raccolte sanissime, ma non ancora perfettamente e completamente mature, assai fruttati e con acidità che difficilmente supera il mezzo grado.
Gli oli d’oliva scadenti divengono più presto limpidi
Per contro gli oli scadenti, con acidità elevata, sono non soltanto quelli che chiarificano più presto, ma sono anche quelli che divengono limpidi, trasparenti, con rapidità e tanto più presto si presentano brillanti quanto più sono cattivi e quanto più elevata è la loro acidità. Per cui il fatto che l'olio stenti molto a chiarire e a divenire limpido, non è, come molti credono un difetto, ma è al contrario, nella stragrande maggioranza dei casi, un segno di nobiltà. Diremo infine che la temperatura del chiaritoio si mantenga costantemente tra 15-22° C.
Cosa scriveva Gianni Roghi su “Il Giorno” del 24 febbraio 1957
Se provassimo a porre oggi in vendita a Milano un autentico olio di oliva di prima pressione, molto probabilmente non riusciremmo a venderne un fiasco.
Perché? Perché il vero olio di oliva è grasso, sapido, colorato, denso e odoroso...di oliva. Ed è quello vero, quello che i medici prescrivono ai malati di fegato, quello che con un goccio dà sapore e vigore a un’insalata per sei o a una pietanza o a una minestra qualsiasi.
Invece no: il pubblico ha ormai dimenticato il gusto dell’olio di oliva genuino, e credendo in buona fede di ubbidire al “progresso” chiede un olio sempre più trasparente, sempre più inodore, insapore, incolore, ultraraffinato e naturalmente ben confezionato e proporzionalmente caro, e finisce con l’ubbidire sul serio a una sorta di “progresso”, ma che è chimico e non alimentare. Ed eccolo sorbire, con piena soddisfazione, olii ottenuti dopo deacidificazione (con soda), deodorizzazione (con vapore surriscaldato), decolorazione (con acidi e altri mezzi chimici o terre e carboni decoloranti) destearinizzazione (mediante congelamento e filtrazione) oppure ottenuti del tutto sinteticamente preparando il trioleato di glicerina che si ottiene partendo da oleina (il più delle volte animale, ricavata dalla lavorazione del sego industriale) e facendo la condensazione con glicerina in autoclave.
Se mi consentite una parentesi personale, vi dirò che io stesso, nei miei viaggi annuali nel nostro Meridione, mi sono sempre sorpreso, al primo assaggio, di un mio moto spontaneo quasi di repulsione nei confronti dell’olio di oliva genuino; e solo dopo qualche pasto me ne tornava poco a poco il gusto e l’apprezzamento. So, dunque, che anche il mio palato è ormai corrotto dai lussuosi olii raffinatissimi, e praticamente privi di alcun valore alimentare biologico.
Se si vuole chiarificare ad ogni costo e costi quel che costi
In questo caso si può operare la chiarificazione col carbone. Si può usare quello animale, che ha maggiore efficacia, in granuli; quello vegetale — a preferenza di pino — si usa a pezzetti; in ogni caso il carbone deve essere perfettamente secco. Molti lo usano misto a sabbia silicea previamente lavata con acido cloridrico diluito, distribuendo la miscela a strati tra i feltri degli usuali filtri a pressione, operando a temperatura di circa 15°. L'olio d'oliva, con questo trattamento resta snervato, senza profumo, ma molto chiaro. Gli si fa poi subire la destearinizzazione, come indichiamo in seguito.
In molti olii d'oliva messi in commercio si riscontra una certa vischiosità che li fa designare con l’appellativo di troppo grassi. Tale difetto e dovuto alla presenza di un eccesso di stearina e di palmitina, grassi solidi sciolti nell’oleina che è il gliceride liquido.
Si può eliminare tale eccesso e rendere l'olio più fluido, migliorandone in pari tempo il sapore, profittando della proprietà che hanno i grassi sopraccitati, di solidificarsi a temperatura inferiore allo zero.
In ambiente nel quale la temperatura non ecceda i 5° sopra lo zero, si raffredda l'olio, fino a 6° sotto zero, operando su olio già filtrato o depurato.
L'olio solidificato si taglia a pezzi, come il sapone, di circa 10 cm. di lato, che si introducono in appositi sacchi di tela olona (La tela olona è un tipo di tessuto grezzo, pesante e molto resistente. Ad armatura tela con riduzione molto fitta. La sua origine è molto antica, il nome deriva dal fiume Olona che ne vide la nascita, lungo il suo corso erano collocati i mulini per lo sbiancamento della tela che sfruttavano la forza motrice dell'acqua. Originariamente era prodotta con fibre di canapa non tinta, ma con il calo di questa coltivazione in Italia, oggi viene prodotta con il cotone), portando poi questi in una comune centrifuga; l'olio si raccoglie e nei sacchi rimangono la stearina e la palmitina allo stato solido, butirroso. Da questa si può estrarre ancora dell'olio per pressione, operando sempre a temperatura sufficientemente bassa. Questo secondo olio riesce però assai meno magro di quello separato per centrifugazione. Il residuo è il cosiddetto burro d'olio.
È di somma importanza che i sacchi siano lavati con somma cura, sottoponendoli ad almeno quattro bucati e digrassandoli almeno ogni 48 ore, ove se ne faccia uso per un lavoro seguitato.
Chiarificazione per olio d'oliva non destinato ad uso commestibile
Quando si tratti di olio d'oliva non destinato ad uso commestibile si può fare la chiarificazione, come si è detto, mediante il tannino sotto forma di infuso di noci di galla al 10 per 100. Ma l'azione di esso non è abbastanza energica; si ricorre quindi al sussidio del lichene carragheen o fuco crispo, (Il Carragheen o Crondo crispo (Chondrus crispus Stackhouse, 1797) è un'alga rossa che cresce nelle acque temperate di entrambe le coste atlantiche. Tra i consumatori è anche conosciuta come muschio d'Irlanda o lichene. Le sue fronde sono raccolte a mano verso la fine dell'estate evitando di staccare la base della pianta ancorata al fondo, per consentirle di ricrescere nuovamente; vengono prima lavate in acqua salata per ripulirle dalla sabbia e poi lasciate seccare al sole ed al vento per circa dieci giorni, durante i quali si scolorano diventando di un bianco argenteo.
Come la dulse, il Carragheen prima della cottura necessita di un'accurata pulizia per eliminare eventuali pezzi di conchiglia trattenuti. Quest'alga ha un alto contenuto di amidi, polisaccaridi che le conferiscono il potere addensante; tali amidi sono noti col nome di carragenine) il quale contiene sostanze capaci di formare, in presenza del tannino un coagulo detto rete di coagulo, che trascina seco, precipitando in seno al liquido, le sostanze che lo intorbidano. Si versa prima nell'olio la soluzione di lichene, si agita a più riprese, indi si versa la soluzione tannica e si agita ancora; infine si lascia in riposo e poi si decanta.
di Antonio Bruno
Bibliografia
Almanacco Italiano del 1914
Gianni Roghi, La colpa del consumatore “Il Giorno” del 24 febbraio 1957
Come sappiamo l’Olio extra vergine di oliva è ottenuto dalle olive senza manipolazioni chimiche, ma soltanto dopo lavaggio, sedimentazione e filtrazione è bene inoltre precisare che non deve contenere più di 1% in peso di acidità (1gr ogni 100gr) espressa come acido oleico.
Ma un secolo fa cosa si faceva nel Salento leccese per separare ciò che rimane dopo lavaggio, sedimentazione e filtrazione? Leggiamo insieme i consigli che davano i nostri colleghi di un secolo fa.
Per l’olio d’oliva commestibile bisogna stare attenti.
L'aroma delicatissimo dell'olio di oliva si altera facilmente quando si usino per la depurazione i
procedimenti che pur riescono assai bene per altri oli vegetali; questi procedimenti non sono quindi applicabili all'olio d'oliva destinato ad uso commestibile.
La sedimentazione e la seguente decantazione
La sedimentazione pura e semplice, susseguita da decantazione è ancora, per quanto primitivo, il mezzo più semplice e scevro di pericoli, ma esso è troppo lento. Bisogna tener presente che l'olio d'oliva irrancidisce con molta maggiore lentezza di tutti gli altri oli, ma irrancidisce anch'esso; e l'irrancidimento essendo un'ossidazione, ne segue che saranno da evitare, per quanto possibile, i contatti dell'olio con l’aria. Ora, nei procedimenti di filtrazione generalmente seguiti, l'olio viene esposto al contatto dell'aria su di una troppo estesa superficie. Sono pertanto consigliabili gli apparecchi di filtrazione speciali, perfezionati ; e meglio ancora se la filtrazione venga fatta nel vuoto o con aria sterilizzata.
La filtrazione
Con la filtrazione poco si modifica il colore dell'olio, perchè con tale operazione non vengono eliminate che le materie in sospensione, non già quelle disciolte. Si ottengono pure buoni risultati mediante la lavatura a temperatura ordinaria, cioè a circa 15 °C, con acqua pura. Tanto i corpi inquinanti in sospensione come quelli allo stato di emulsione e quelli disciolti vengono eliminati, senza nuocere al sapore dell'olio.
L’olio trattiene particelle di materie cellulosiche
L'olio trattiene però ancora particelle minutissime di materie cellulosiche e un po' di acqua rimastavi emulsionata; l'eliminazione di tali residui non si ottiene che col lungo riposo
Gli acidi organici
Il trattamento con acidi organici, quali l'acetico, il citrico, il tannico, offre pochi vantaggi stante la lentezza con la quale si deposita il coagulo che tali acidi formano con le materie che intorbidano l'olio;
L’aceto di vino
l'aceto lascia odore persistente;
Tra gli acidi si preferisce l'acido tannico
l'acido citrico e il tannico sono troppo costosi; in ogni modo, fra i citati, meriterebbe la preferenza l'acido tannico, che non altera il sapore dell'olio ed ha maggiore azione precipitante. Quanto meno si lascia l'olio in contatto col deposito che esso ha formato, tanto più se ne avvantaggiano le buone qualità; per tale ragione conviene operare la decantazione in varie riprese, ad intervalli sempre più lunghi, poiché le ulteriori sedimentazioni si formano con crescente lentezza.
La decantazione
La decantazione si fa con sifoni.
Giova pero notare come in certi mercati — quello inglese ad esempio — si dia la preferenza agli olii privi all'atto di sapore ma molto scorrevoli e chiari.
Più l’olio è buono più a lungo si mantiene opaco
Questo perché gli inglesi, ma anche tanti italiani e salentini leccesi, ritengono che l'olio è chiarificato quando è limpido, trasparente, ma ciò è un errore. L'olio è chiarificato quando è perfettamente decantato e in pratica spoglia dei materiali morchiosi che l'accompagnavano; tuttavia anche trovandosi in siffatta condizione può benissimo essere più o meno opaco, ambrato, non trasparente. Sta di fatto che quanto l'olio è di buona qualità e più e basso è il suo grado d'acidità, tanto più a lungo esso si mantiene opaco ed è questa precisamente la caratteristica peculiare degli oli migliori, tra i quali ce ne sono di quelli che, pur essendo completamente decantati, si conservano ambrati da un anno all'altro come avviene per gli oli estratti dalle prime olive raccolte sanissime, ma non ancora perfettamente e completamente mature, assai fruttati e con acidità che difficilmente supera il mezzo grado.
Gli oli d’oliva scadenti divengono più presto limpidi
Per contro gli oli scadenti, con acidità elevata, sono non soltanto quelli che chiarificano più presto, ma sono anche quelli che divengono limpidi, trasparenti, con rapidità e tanto più presto si presentano brillanti quanto più sono cattivi e quanto più elevata è la loro acidità. Per cui il fatto che l'olio stenti molto a chiarire e a divenire limpido, non è, come molti credono un difetto, ma è al contrario, nella stragrande maggioranza dei casi, un segno di nobiltà. Diremo infine che la temperatura del chiaritoio si mantenga costantemente tra 15-22° C.
Cosa scriveva Gianni Roghi su “Il Giorno” del 24 febbraio 1957
Se provassimo a porre oggi in vendita a Milano un autentico olio di oliva di prima pressione, molto probabilmente non riusciremmo a venderne un fiasco.
Perché? Perché il vero olio di oliva è grasso, sapido, colorato, denso e odoroso...di oliva. Ed è quello vero, quello che i medici prescrivono ai malati di fegato, quello che con un goccio dà sapore e vigore a un’insalata per sei o a una pietanza o a una minestra qualsiasi.
Invece no: il pubblico ha ormai dimenticato il gusto dell’olio di oliva genuino, e credendo in buona fede di ubbidire al “progresso” chiede un olio sempre più trasparente, sempre più inodore, insapore, incolore, ultraraffinato e naturalmente ben confezionato e proporzionalmente caro, e finisce con l’ubbidire sul serio a una sorta di “progresso”, ma che è chimico e non alimentare. Ed eccolo sorbire, con piena soddisfazione, olii ottenuti dopo deacidificazione (con soda), deodorizzazione (con vapore surriscaldato), decolorazione (con acidi e altri mezzi chimici o terre e carboni decoloranti) destearinizzazione (mediante congelamento e filtrazione) oppure ottenuti del tutto sinteticamente preparando il trioleato di glicerina che si ottiene partendo da oleina (il più delle volte animale, ricavata dalla lavorazione del sego industriale) e facendo la condensazione con glicerina in autoclave.
Se mi consentite una parentesi personale, vi dirò che io stesso, nei miei viaggi annuali nel nostro Meridione, mi sono sempre sorpreso, al primo assaggio, di un mio moto spontaneo quasi di repulsione nei confronti dell’olio di oliva genuino; e solo dopo qualche pasto me ne tornava poco a poco il gusto e l’apprezzamento. So, dunque, che anche il mio palato è ormai corrotto dai lussuosi olii raffinatissimi, e praticamente privi di alcun valore alimentare biologico.
Se si vuole chiarificare ad ogni costo e costi quel che costi
In questo caso si può operare la chiarificazione col carbone. Si può usare quello animale, che ha maggiore efficacia, in granuli; quello vegetale — a preferenza di pino — si usa a pezzetti; in ogni caso il carbone deve essere perfettamente secco. Molti lo usano misto a sabbia silicea previamente lavata con acido cloridrico diluito, distribuendo la miscela a strati tra i feltri degli usuali filtri a pressione, operando a temperatura di circa 15°. L'olio d'oliva, con questo trattamento resta snervato, senza profumo, ma molto chiaro. Gli si fa poi subire la destearinizzazione, come indichiamo in seguito.
In molti olii d'oliva messi in commercio si riscontra una certa vischiosità che li fa designare con l’appellativo di troppo grassi. Tale difetto e dovuto alla presenza di un eccesso di stearina e di palmitina, grassi solidi sciolti nell’oleina che è il gliceride liquido.
Si può eliminare tale eccesso e rendere l'olio più fluido, migliorandone in pari tempo il sapore, profittando della proprietà che hanno i grassi sopraccitati, di solidificarsi a temperatura inferiore allo zero.
In ambiente nel quale la temperatura non ecceda i 5° sopra lo zero, si raffredda l'olio, fino a 6° sotto zero, operando su olio già filtrato o depurato.
L'olio solidificato si taglia a pezzi, come il sapone, di circa 10 cm. di lato, che si introducono in appositi sacchi di tela olona (La tela olona è un tipo di tessuto grezzo, pesante e molto resistente. Ad armatura tela con riduzione molto fitta. La sua origine è molto antica, il nome deriva dal fiume Olona che ne vide la nascita, lungo il suo corso erano collocati i mulini per lo sbiancamento della tela che sfruttavano la forza motrice dell'acqua. Originariamente era prodotta con fibre di canapa non tinta, ma con il calo di questa coltivazione in Italia, oggi viene prodotta con il cotone), portando poi questi in una comune centrifuga; l'olio si raccoglie e nei sacchi rimangono la stearina e la palmitina allo stato solido, butirroso. Da questa si può estrarre ancora dell'olio per pressione, operando sempre a temperatura sufficientemente bassa. Questo secondo olio riesce però assai meno magro di quello separato per centrifugazione. Il residuo è il cosiddetto burro d'olio.
È di somma importanza che i sacchi siano lavati con somma cura, sottoponendoli ad almeno quattro bucati e digrassandoli almeno ogni 48 ore, ove se ne faccia uso per un lavoro seguitato.
Chiarificazione per olio d'oliva non destinato ad uso commestibile
Quando si tratti di olio d'oliva non destinato ad uso commestibile si può fare la chiarificazione, come si è detto, mediante il tannino sotto forma di infuso di noci di galla al 10 per 100. Ma l'azione di esso non è abbastanza energica; si ricorre quindi al sussidio del lichene carragheen o fuco crispo, (Il Carragheen o Crondo crispo (Chondrus crispus Stackhouse, 1797) è un'alga rossa che cresce nelle acque temperate di entrambe le coste atlantiche. Tra i consumatori è anche conosciuta come muschio d'Irlanda o lichene. Le sue fronde sono raccolte a mano verso la fine dell'estate evitando di staccare la base della pianta ancorata al fondo, per consentirle di ricrescere nuovamente; vengono prima lavate in acqua salata per ripulirle dalla sabbia e poi lasciate seccare al sole ed al vento per circa dieci giorni, durante i quali si scolorano diventando di un bianco argenteo.
Come la dulse, il Carragheen prima della cottura necessita di un'accurata pulizia per eliminare eventuali pezzi di conchiglia trattenuti. Quest'alga ha un alto contenuto di amidi, polisaccaridi che le conferiscono il potere addensante; tali amidi sono noti col nome di carragenine) il quale contiene sostanze capaci di formare, in presenza del tannino un coagulo detto rete di coagulo, che trascina seco, precipitando in seno al liquido, le sostanze che lo intorbidano. Si versa prima nell'olio la soluzione di lichene, si agita a più riprese, indi si versa la soluzione tannica e si agita ancora; infine si lascia in riposo e poi si decanta.
di Antonio Bruno
Bibliografia
Almanacco Italiano del 1914
Gianni Roghi, La colpa del consumatore “Il Giorno” del 24 febbraio 1957
giovedì 29 dicembre 2011
I giganti del Mediterraneo in ginocchio per produrre olio di qualità
I giganti del Mediterraneo in ginocchio per produrre olio di qualità
Quando parlo con i colleghi o con quelli che si avventurano nel mondo fantasmagorico dell’olio d’oliva alle mie narrazioni di qualità ecco che loro mi dicono che si fa presto a dire che per produrre un olio d’oliva di qualità bisogna raccogliere le olive dall’albero. Già raccogliere le piccole olive di cellina e di ogliarola di un grammo dai giganti del Mediterraneo non è cosa facile!
Nel Salento leccese un membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo
Eppure c’è chi lo fa, come il prof Antonio Rollo che è divenuto tra le altre cose membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo che è stata fondata il 12 giugno 1960 a Spoleto http://www.accademiaolivoeolio.com/accademia/index.php. I membri dell’Accademia sono 250 e quasi tutti fanno i docenti universitari. Il nostro prof Rollo ha avuto la figlia che ha frequentato la Facoltà di Agraria di Perugia e quando ha conosciuto i professori di quell’Università il nostro Presidente Rollo è rimasto meravigliato per la disponibilità e per l’apertura dei docenti, mi ha detto che lui si è laureato in Lettera all’allora Università degli Studi di Lecce ed era abituato a considerare i docenti universitari una sorta di Aristocrazia, infatti in quel tempo i docenti universitari venivano chiamati Baroni.
Hanno fatto inginocchiare i giganti del Mediterraneo
Il prof Rollo mi parla del suo incontro con il prof Franco Famiani http://www.agr.unipg.it/saa/Didattica/Insegnamenti/ter_anno_sec_sem/COLTIVAZIONI%20ARBOREE.pdf che gli ha aperto nuove prospettive. Da quell’incontro è venuto fuori che fare qualità si può anche con i giganti del Mediterraneo e per far questo bisogna fare inginocchiare qui giganti! Si tratta di adattare gli alberi di olivo alla macchina e al ritorno dalla Spagna il presidente Rollo mi ha promesso che mi porterà a vedere questi giganti di 10 metri che si sono inginocchiati per non superare i 5 metri! Questo atto di umiltà dei nostro orgogliosi alberi d’olivo è stato il tema della sua lettura Magistrale dove, non potendo portare i suoi fidi alberi d’olivo, ha portato le fotografie.
I giganti del Mediterraneo sono come una donna
Dopo aver pulito l’albero dai secchioni ecco che la statura dei giganti si è abbassata consentendo l’utilizzo dei mezzi meccanici. L’olivo è come una donna, mi dice il prof Rollo, infatti si adatta a tutte le situazioni, ma per ottenere questo sospirato si dagli olivi bisogna comportarsi alle stesso modo di quando vogliamo ottenerlo dalle donne ovvero dobbiamo regalare tanto amore!
Adesso il prof Rollo è imitato dai suoi compaesani
L’uomo è un animale mimetico! Mimesi viene dal greco e significa imitazione. E’ da 5 anni che porta le sue olive al Frantoio Scupola di Guagnano http://www.aziendaagricolascupola.it/ all’inizio l’unico a portare olive sane raccolte dai giganti del mediterraneo in ginocchio era il nostr prof. Rollo, adesso quel frantoio ha molito 3mila e 500 Quintali di olive raccolte con quello che chiameremo il METODO ROLLO!
Meccanizzare la raccolta delle olive celline e ogliarola
Studi scientifici hanno dimostrato che se dovessimo raccogliere manualmente dall’albero le olive avremmo un incidenza del costo di raccolta su quello totale da un minimo del 40% ad un massimo dell’80% da calcolarsi sul ricavo della vendita dell’olio che venderemo, se mai lo venderemo a quel costo così alto. Sappiamo tutti che è pericoloso e faticoso raccogliere le olive dall’albero perché si deve far uso delle scale.
Se invece meccanizziamo la raccolta delle nostre olive avremo più olive raccolte nella giornata. Questo fatto ci consente di raccogliere tutte le olive nel periodo dell’invaiatura e poter procede nelle successive 24 o al massimo 48 ore alla loro trasformazione nel frantoio.
Le macchine per la raccolta delle olive adatte agli oliveti tradizionali del Salento leccese
Le recenti ricerche effettuate anche dal prof. Famiani (FRANCO FAMIANI - ALESSANDRO BALDICCHI - DANIELA FARINELLI - LUIGI NASINI - PRIMO PROIETTI, L’efficienza dell’agevolatrice è influenzata dalla cultivar - OlivoeOlio n. 10/2010) hanno stigmatizzato l’attenzione su due tipi di macchine ovvero i bacchiatori meccanici e le piccole macchine agevolatrici della raccolta.
La raccolta delle ogliarole e celline con il bacchiatore meccanico
Il bacchiatore meccanico consiste in un braccio mobile montato sulla trattrice alla cui estremità è inserito un pennello che porta delle aste vibranti oppure un aspo oscillante.
Come vengono fatte cadere le olive?
Il distacco delle olive dagli alberi avviene grazie alla battitura della vegetazione dell’olivo ad opera dell’aspo o delle aste.
Raccolta delle olive celline e delle ogliarole usando piccole macchine agevolatrici
E’ fondamentale che gli alberi di olivo non superino i 4 metri e mezzo 5 metri.
Insomma il metodo del prof. Rollo membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo è seguito!
di Antonio Bruno
Quando parlo con i colleghi o con quelli che si avventurano nel mondo fantasmagorico dell’olio d’oliva alle mie narrazioni di qualità ecco che loro mi dicono che si fa presto a dire che per produrre un olio d’oliva di qualità bisogna raccogliere le olive dall’albero. Già raccogliere le piccole olive di cellina e di ogliarola di un grammo dai giganti del Mediterraneo non è cosa facile!
Nel Salento leccese un membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo
Eppure c’è chi lo fa, come il prof Antonio Rollo che è divenuto tra le altre cose membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo che è stata fondata il 12 giugno 1960 a Spoleto http://www.accademiaolivoeolio.com/accademia/index.php. I membri dell’Accademia sono 250 e quasi tutti fanno i docenti universitari. Il nostro prof Rollo ha avuto la figlia che ha frequentato la Facoltà di Agraria di Perugia e quando ha conosciuto i professori di quell’Università il nostro Presidente Rollo è rimasto meravigliato per la disponibilità e per l’apertura dei docenti, mi ha detto che lui si è laureato in Lettera all’allora Università degli Studi di Lecce ed era abituato a considerare i docenti universitari una sorta di Aristocrazia, infatti in quel tempo i docenti universitari venivano chiamati Baroni.
Hanno fatto inginocchiare i giganti del Mediterraneo
Il prof Rollo mi parla del suo incontro con il prof Franco Famiani http://www.agr.unipg.it/saa/Didattica/Insegnamenti/ter_anno_sec_sem/COLTIVAZIONI%20ARBOREE.pdf che gli ha aperto nuove prospettive. Da quell’incontro è venuto fuori che fare qualità si può anche con i giganti del Mediterraneo e per far questo bisogna fare inginocchiare qui giganti! Si tratta di adattare gli alberi di olivo alla macchina e al ritorno dalla Spagna il presidente Rollo mi ha promesso che mi porterà a vedere questi giganti di 10 metri che si sono inginocchiati per non superare i 5 metri! Questo atto di umiltà dei nostro orgogliosi alberi d’olivo è stato il tema della sua lettura Magistrale dove, non potendo portare i suoi fidi alberi d’olivo, ha portato le fotografie.
I giganti del Mediterraneo sono come una donna
Dopo aver pulito l’albero dai secchioni ecco che la statura dei giganti si è abbassata consentendo l’utilizzo dei mezzi meccanici. L’olivo è come una donna, mi dice il prof Rollo, infatti si adatta a tutte le situazioni, ma per ottenere questo sospirato si dagli olivi bisogna comportarsi alle stesso modo di quando vogliamo ottenerlo dalle donne ovvero dobbiamo regalare tanto amore!
Adesso il prof Rollo è imitato dai suoi compaesani
L’uomo è un animale mimetico! Mimesi viene dal greco e significa imitazione. E’ da 5 anni che porta le sue olive al Frantoio Scupola di Guagnano http://www.aziendaagricolascupola.it/ all’inizio l’unico a portare olive sane raccolte dai giganti del mediterraneo in ginocchio era il nostr prof. Rollo, adesso quel frantoio ha molito 3mila e 500 Quintali di olive raccolte con quello che chiameremo il METODO ROLLO!
Meccanizzare la raccolta delle olive celline e ogliarola
Studi scientifici hanno dimostrato che se dovessimo raccogliere manualmente dall’albero le olive avremmo un incidenza del costo di raccolta su quello totale da un minimo del 40% ad un massimo dell’80% da calcolarsi sul ricavo della vendita dell’olio che venderemo, se mai lo venderemo a quel costo così alto. Sappiamo tutti che è pericoloso e faticoso raccogliere le olive dall’albero perché si deve far uso delle scale.
Se invece meccanizziamo la raccolta delle nostre olive avremo più olive raccolte nella giornata. Questo fatto ci consente di raccogliere tutte le olive nel periodo dell’invaiatura e poter procede nelle successive 24 o al massimo 48 ore alla loro trasformazione nel frantoio.
Le macchine per la raccolta delle olive adatte agli oliveti tradizionali del Salento leccese
Le recenti ricerche effettuate anche dal prof. Famiani (FRANCO FAMIANI - ALESSANDRO BALDICCHI - DANIELA FARINELLI - LUIGI NASINI - PRIMO PROIETTI, L’efficienza dell’agevolatrice è influenzata dalla cultivar - OlivoeOlio n. 10/2010) hanno stigmatizzato l’attenzione su due tipi di macchine ovvero i bacchiatori meccanici e le piccole macchine agevolatrici della raccolta.
La raccolta delle ogliarole e celline con il bacchiatore meccanico
Il bacchiatore meccanico consiste in un braccio mobile montato sulla trattrice alla cui estremità è inserito un pennello che porta delle aste vibranti oppure un aspo oscillante.
Come vengono fatte cadere le olive?
Il distacco delle olive dagli alberi avviene grazie alla battitura della vegetazione dell’olivo ad opera dell’aspo o delle aste.
Raccolta delle olive celline e delle ogliarole usando piccole macchine agevolatrici
E’ fondamentale che gli alberi di olivo non superino i 4 metri e mezzo 5 metri.
Insomma il metodo del prof. Rollo membro corrispondente dell'Accademia Nazionale dell'Olivo è seguito!
di Antonio Bruno
mercoledì 28 dicembre 2011
Adottato l’olivo secolare del Sindaco di Martignano del Salento leccese. E il tuo Comune?
Adottato l’olivo secolare del Sindaco di Martignano del Salento leccese. E il tuo Comune?
Nel Centro Internazionale di Cooperazione Culturale abbiamo discusso per molto tempo sugli olivi che sono nei centri urbani o che sono su terreni pubblici del Salento leccese.
Gli olivi che vivono in città soffrono
Gli olivi che vivono e si nutrono nelle terre delle aiuole delle nostre cittadine molte volte sono costretti a vegetare in condizioni ambientali severe, perché l’aria nelle nostre città è carica di inquinanti, perché gli olivi hanno una ridotta disponibilità di spazio per gli apparati radicali e per la loro chioma e anche per la presenza dell’acqua che arriva da quella parte limitata di terreno che viene lasciata scoperta in città.
E’ molto probabile che gli alberi di olivo nelle nostre cittadine possano vivere male e di meno.
La campagna internazionale “ Adotta un ulivo Centenario “
Ed ecco perché il Centro Internazionale di Cooperazione Culturale ( CICC ) http://www.web-cicc.org/site/ ha preso la decisione di lanciare la campagna internazionale “ Adotta un ulivo Centenario “ frutto di una lunga riflessione al suo interno su come fare per denunciare , in ambito nazionale e internazionale , la sciagurata pratica di espianto di ulivi secolari che oltre che depauperare la specie degli esemplari più belli , reca un enorme danno al patrimonio paesaggistico dell’intero Salento e sulle opportune azioni per proteggere almeno gli esemplari che insistono sui suoli pubblici.
Adottare un olivo del Sindaco
Io sono certo che per un Francese, un Inglese o uno Spagnolo adottare un olivo che vive su un suolo pubblico di uno dei 100 Comuni del Salento leccese è un’esperienza unica perché significa allacciare un rapporto privilegiato con un albero, con un Sindaco e con un territorio comunale. Significa permettere di salvare un albero di olivo ma anche di perpetuare una tradizione, soprattutto in un momento di forte criticità per l’agricoltura europea e per l’olivicoltura del Salento leccese in particolare.
Raccogli le tue olive
Vi lascio immaginare cosa significhi per uno straniero vedere come nasce un olio d’oliva di qualità. Costui, se lo vorrà, potrà partecipare alla raccolta, ma soprattutto avrà il diritto di ricevere, nel corso dell’anno, notizie sulla maturazione delle sue olive, sulle condizioni climatiche, sulla produzione dell’olio e tutto ciò che costituisce la vita del suo olivo.
Un piano di promozione integrata del territorio completamente gratis
Comunque sicuramente non posso non rilevare che il progetto del CICC è anche un piano di promozione integrata sia delle produzioni olivicole che del territorio del Salento leccese tutto a costo zero per la Pubblica Amministrazione e per la collettività. Il CICC adottando un albero d’olivo di proprietà di un Sindaco del Salento leccese mette a disposizione gratuitamente uno strumento che caratterizza il territorio del Salento leccese nella sua unicità e tipicità fornendo un mezzo che favorirà lo sviluppo nei settori del commercio, del turismo e dell’artigianato di tutta la Provincia di Lecce. Un regalo della organizzazione che mi onoro di coordinare nel segmento pugliese che consiste in un percorso che mira in primo luogo a diffondere in tutti i paesi Europei e Mediterranei la cultura dell’olio extravergine d’oliva, dell’olio DOP Terra d’Otranto e fondamentalmente della biodiversità, un regalo che il CICC fa al Salento leccese che otterrà grazie a questa iniziativa di promuovere il territorio attraverso l’eccellenza dei suoi prodotti e, quindi a favorire il turismo enogastronomico.
Visiteranno il Salento leccese
Le famiglie europee che adotteranno un albero di un Sindaco del Salento leccese oltre alla raccolta delle olive e alla molitura in frantoio, se lo vorranno, potranno essere guidate alla scoperta delle principali mete turistiche della provincia di Lecce. Insomma il CICC propone una esperienza diretta e suggestiva, che permetterà agli adottanti non solo di conoscere una delle migliori produzioni del territorio ma di apprezzare anche il contesto entro il quale la produzione dell’olio d’oliva si inserisce.
Tutti a Martignano del Salento leccese
L’appuntamento quindi è a Martignano dove insieme al Sindaco Dr. Luigino Sergio, inizieremo Mercoledì 4 Gennaio 2011 con l’adozione da parte del CICC dell’albero secolare sito in piazza della Repubblica .
L’evento si svolgerà in due tempi :
-alle ore 15.00 cerimonia in piazza per l’adozione dell’ulivo - madrina sarà Mme. Marie-Claude Dumolié , consorte del Vice Presidente esecutivo del CICC , M. Henri Dumolié , entrambi ospiti a Martignano per l’occasione - con benedizione della pianta da parte del parroco della cittadina , con due brevi allocuzioni del Sindaco e del Presidente del CICC cui seguirà la consegna della pergamena di adozione ;
-alle ore 15.45 nella Sala dei Convegni del Parco Culturale G.Palmieri ( a Palazzo Palmieri ) verrà proiettato il primo documentario realizzato dal CICC nel Salento nel 2006 , in collaborazione con l’Istituto di Culture Mediterranee della provincia , sulla produzione oleicola locale dal titolo “ L’avventura dell’olio nel Salento “ .
A seguire un talk-show, da me animato, sul significato di questa campagna e sul suo valore in difesa del patrimonio agricolo-forestale , ma anche demo-antropologico salentino , destinata principalmente a coinvolgere i giovani di tutti i comuni della provincia .
Al talk-show, moderato dal Giornalista Cesare Vernaleone, parteciperanno il Dott. Agr. Giuseppe Mauro Ferro Accademico dei Georgofili, il Dott. Agr. Carmelo Buttazzo vincitore di 4 primi premi nel Concorso per olii di eccellenza oli d’Italia http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2011/03/il-dottore-agronomo-carmelo-buttazzo-ha.html , il Dott. Agr. Orazio Muratore Vice Direttore Generale del Consorzio di Bonifica dell'Arneo, il Prof. Marcello Secli Presidente di Italia Nostra, il Prof. Daniele Manni docente di informatica presso l' Istituto Tecnico Commerciale "Costa" di Lecce, il Dott. Oreste Caroppo Responsabile del Forum Ambiente e Salute, il Dott. Angelo Amato Presidente dell’Associazione Olivinopoli e il Dott. Vito Vergine Imprenditore di turismo balneare.
Al termine , durante un piccolo rinfresco , si brinderà al successo della nostra iniziativa . Allora Sindaci del Salento leccese siete invitati tutti a Martignano perché è da qui che adotteremo gli olivi che sono nelle vostre cittadine. Potrete anche voi, a costo zero, promuovere il vostro Comune, farlo divenire meta turistica e ottenere lo sviluppo delle vostre genti! Il CICC è al vostro completo servizio anche in considerazione delle crescenti difficoltà per il nostro paese. Insieme potremo farcela !
di Antonio Bruno
Nel Centro Internazionale di Cooperazione Culturale abbiamo discusso per molto tempo sugli olivi che sono nei centri urbani o che sono su terreni pubblici del Salento leccese.
Gli olivi che vivono in città soffrono
Gli olivi che vivono e si nutrono nelle terre delle aiuole delle nostre cittadine molte volte sono costretti a vegetare in condizioni ambientali severe, perché l’aria nelle nostre città è carica di inquinanti, perché gli olivi hanno una ridotta disponibilità di spazio per gli apparati radicali e per la loro chioma e anche per la presenza dell’acqua che arriva da quella parte limitata di terreno che viene lasciata scoperta in città.
E’ molto probabile che gli alberi di olivo nelle nostre cittadine possano vivere male e di meno.
La campagna internazionale “ Adotta un ulivo Centenario “
Ed ecco perché il Centro Internazionale di Cooperazione Culturale ( CICC ) http://www.web-cicc.org/site/ ha preso la decisione di lanciare la campagna internazionale “ Adotta un ulivo Centenario “ frutto di una lunga riflessione al suo interno su come fare per denunciare , in ambito nazionale e internazionale , la sciagurata pratica di espianto di ulivi secolari che oltre che depauperare la specie degli esemplari più belli , reca un enorme danno al patrimonio paesaggistico dell’intero Salento e sulle opportune azioni per proteggere almeno gli esemplari che insistono sui suoli pubblici.
Adottare un olivo del Sindaco
Io sono certo che per un Francese, un Inglese o uno Spagnolo adottare un olivo che vive su un suolo pubblico di uno dei 100 Comuni del Salento leccese è un’esperienza unica perché significa allacciare un rapporto privilegiato con un albero, con un Sindaco e con un territorio comunale. Significa permettere di salvare un albero di olivo ma anche di perpetuare una tradizione, soprattutto in un momento di forte criticità per l’agricoltura europea e per l’olivicoltura del Salento leccese in particolare.
Raccogli le tue olive
Vi lascio immaginare cosa significhi per uno straniero vedere come nasce un olio d’oliva di qualità. Costui, se lo vorrà, potrà partecipare alla raccolta, ma soprattutto avrà il diritto di ricevere, nel corso dell’anno, notizie sulla maturazione delle sue olive, sulle condizioni climatiche, sulla produzione dell’olio e tutto ciò che costituisce la vita del suo olivo.
Un piano di promozione integrata del territorio completamente gratis
Comunque sicuramente non posso non rilevare che il progetto del CICC è anche un piano di promozione integrata sia delle produzioni olivicole che del territorio del Salento leccese tutto a costo zero per la Pubblica Amministrazione e per la collettività. Il CICC adottando un albero d’olivo di proprietà di un Sindaco del Salento leccese mette a disposizione gratuitamente uno strumento che caratterizza il territorio del Salento leccese nella sua unicità e tipicità fornendo un mezzo che favorirà lo sviluppo nei settori del commercio, del turismo e dell’artigianato di tutta la Provincia di Lecce. Un regalo della organizzazione che mi onoro di coordinare nel segmento pugliese che consiste in un percorso che mira in primo luogo a diffondere in tutti i paesi Europei e Mediterranei la cultura dell’olio extravergine d’oliva, dell’olio DOP Terra d’Otranto e fondamentalmente della biodiversità, un regalo che il CICC fa al Salento leccese che otterrà grazie a questa iniziativa di promuovere il territorio attraverso l’eccellenza dei suoi prodotti e, quindi a favorire il turismo enogastronomico.
Visiteranno il Salento leccese
Le famiglie europee che adotteranno un albero di un Sindaco del Salento leccese oltre alla raccolta delle olive e alla molitura in frantoio, se lo vorranno, potranno essere guidate alla scoperta delle principali mete turistiche della provincia di Lecce. Insomma il CICC propone una esperienza diretta e suggestiva, che permetterà agli adottanti non solo di conoscere una delle migliori produzioni del territorio ma di apprezzare anche il contesto entro il quale la produzione dell’olio d’oliva si inserisce.
Tutti a Martignano del Salento leccese
L’appuntamento quindi è a Martignano dove insieme al Sindaco Dr. Luigino Sergio, inizieremo Mercoledì 4 Gennaio 2011 con l’adozione da parte del CICC dell’albero secolare sito in piazza della Repubblica .
L’evento si svolgerà in due tempi :
-alle ore 15.00 cerimonia in piazza per l’adozione dell’ulivo - madrina sarà Mme. Marie-Claude Dumolié , consorte del Vice Presidente esecutivo del CICC , M. Henri Dumolié , entrambi ospiti a Martignano per l’occasione - con benedizione della pianta da parte del parroco della cittadina , con due brevi allocuzioni del Sindaco e del Presidente del CICC cui seguirà la consegna della pergamena di adozione ;
-alle ore 15.45 nella Sala dei Convegni del Parco Culturale G.Palmieri ( a Palazzo Palmieri ) verrà proiettato il primo documentario realizzato dal CICC nel Salento nel 2006 , in collaborazione con l’Istituto di Culture Mediterranee della provincia , sulla produzione oleicola locale dal titolo “ L’avventura dell’olio nel Salento “ .
A seguire un talk-show, da me animato, sul significato di questa campagna e sul suo valore in difesa del patrimonio agricolo-forestale , ma anche demo-antropologico salentino , destinata principalmente a coinvolgere i giovani di tutti i comuni della provincia .
Al talk-show, moderato dal Giornalista Cesare Vernaleone, parteciperanno il Dott. Agr. Giuseppe Mauro Ferro Accademico dei Georgofili, il Dott. Agr. Carmelo Buttazzo vincitore di 4 primi premi nel Concorso per olii di eccellenza oli d’Italia http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2011/03/il-dottore-agronomo-carmelo-buttazzo-ha.html , il Dott. Agr. Orazio Muratore Vice Direttore Generale del Consorzio di Bonifica dell'Arneo, il Prof. Marcello Secli Presidente di Italia Nostra, il Prof. Daniele Manni docente di informatica presso l' Istituto Tecnico Commerciale "Costa" di Lecce, il Dott. Oreste Caroppo Responsabile del Forum Ambiente e Salute, il Dott. Angelo Amato Presidente dell’Associazione Olivinopoli e il Dott. Vito Vergine Imprenditore di turismo balneare.
Al termine , durante un piccolo rinfresco , si brinderà al successo della nostra iniziativa . Allora Sindaci del Salento leccese siete invitati tutti a Martignano perché è da qui che adotteremo gli olivi che sono nelle vostre cittadine. Potrete anche voi, a costo zero, promuovere il vostro Comune, farlo divenire meta turistica e ottenere lo sviluppo delle vostre genti! Il CICC è al vostro completo servizio anche in considerazione delle crescenti difficoltà per il nostro paese. Insieme potremo farcela !
di Antonio Bruno
martedì 27 dicembre 2011
Ma cos’è quest’olio DOP Terra d’Otranto?
Ma cos’è quest’olio DOP Terra d’Otranto?
Una pausa in questa chiacchierata con il prof. Antonio Rollo che è Presidente del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP. Ma anche durante la pausa continua a parlarmi dell’olivo la pianta più rappresentativa del Mediterraneo che con il suo frutto, l’oliva, rappresenta una delle icone della dieta mediterranea più conosciute nel mondo.
La nascita del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP
Mi racconta della sua partecipazione alla nascita del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP e della circostanza che l’ha visto passare da un organismo che sembrava una cosa ormai fatta alla presa d’atto che poteva assitere alla sua scomparsa. Eccolo opporsi a questa iattura tanto da vederlo impegnato in prima persona.
L’olivicoltura di qualità rappresenta un asset fondamentale dell’agricoltura italiana
Secondo il prof. Rollo l’olivicoltura di qualità rappresenta un asset fondamentale dell’agricoltura del Salento leccese e perciò il trasferimento delle innovazioni che possono determinare una riduzione dei costi di produzione, rappresenta una strada obbligata per l’attività di assistenza tecnica e divulgazione nel settore. In Italia la Federdop è formata da 39 DOP e una sola IGP.
La denominazione di origine protetta “Terra d’Otranto”
Mi fa presente che la denominazione di origine protetta “Terra d’Otranto” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle varietà di olivo presenti, da sole o congiuntamente, negli oliveti di questo territorio e specificamente la Cellina di Nardò e l’Ogliarola che noi chiamiamo Ogliarola Leccese o Salentina per almeno il 60%. Lo stesso disciplinare prevede che possono concorrere altre varietà presenti negli oliveti in misura non superiore al 40%.
E poi orgogliosamente ci dice che la DOP Terra d’Otranto gode di grande considerazione anche in FEDERDOP perché le DOP in Italia stanno vivendo un momento molto interessante anche per la maggiore attenzione del consumatore nei riguardi dell’olio d’oliva.
Il prof. Rollo ci rivela il segreto del successo delle Dop che è quel filo d’olio extravergine d’oliva che unisce ed attraversa 37 aree geografiche dalle pendici delle Alpi fino alla Sicilia nel cuore del Mediterraneo. Questi oli d’oliva DOP sono un patrimonio che ha un grande valore poiché racchiudono in se elementi importanti: il territorio, le cultivar è un organismo di controllo esterno che sancisce la qualità dei prodotti
La Dop Terra d’Otranto strumento di promozione del territorio
La Dop Terra d’Otranto è uno strumento di promozione del territorio perché centra il dibattito su temi importanti come le caratteristiche gustative dell’olio extravergine d'oliva DOP, per imparare a riconoscere la qualità, per scoprire come leggere l'etichetta, per approfondire i benefici di un consumo attento e consapevole di questo elemento fondamentale della dieta mediterranea.
Quegli acidi grassi che hanno massacrato le Aziende del DOP Terra d’Otranto
Nessuno o quasi riusciva ad ottenere un olio con meno di 0,7 di acido linolenico e per questo la DOP Terra d’Otranto stava morendo. Il Presidente Rollo ha chiesto la revisione del disciplinare e dopo 2 anni e mezzo di guerra a Roma al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (noto anche con l'acronimo MiPAAF) ha ottenuto delle modifiche che permettono al nostro olio delle varietà ogliarola e cellina di essere un DOP rispettato in tutto il mondo!
di Antonio Bruno
Una pausa in questa chiacchierata con il prof. Antonio Rollo che è Presidente del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP. Ma anche durante la pausa continua a parlarmi dell’olivo la pianta più rappresentativa del Mediterraneo che con il suo frutto, l’oliva, rappresenta una delle icone della dieta mediterranea più conosciute nel mondo.
La nascita del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP
Mi racconta della sua partecipazione alla nascita del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP e della circostanza che l’ha visto passare da un organismo che sembrava una cosa ormai fatta alla presa d’atto che poteva assitere alla sua scomparsa. Eccolo opporsi a questa iattura tanto da vederlo impegnato in prima persona.
L’olivicoltura di qualità rappresenta un asset fondamentale dell’agricoltura italiana
Secondo il prof. Rollo l’olivicoltura di qualità rappresenta un asset fondamentale dell’agricoltura del Salento leccese e perciò il trasferimento delle innovazioni che possono determinare una riduzione dei costi di produzione, rappresenta una strada obbligata per l’attività di assistenza tecnica e divulgazione nel settore. In Italia la Federdop è formata da 39 DOP e una sola IGP.
La denominazione di origine protetta “Terra d’Otranto”
Mi fa presente che la denominazione di origine protetta “Terra d’Otranto” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle varietà di olivo presenti, da sole o congiuntamente, negli oliveti di questo territorio e specificamente la Cellina di Nardò e l’Ogliarola che noi chiamiamo Ogliarola Leccese o Salentina per almeno il 60%. Lo stesso disciplinare prevede che possono concorrere altre varietà presenti negli oliveti in misura non superiore al 40%.
E poi orgogliosamente ci dice che la DOP Terra d’Otranto gode di grande considerazione anche in FEDERDOP perché le DOP in Italia stanno vivendo un momento molto interessante anche per la maggiore attenzione del consumatore nei riguardi dell’olio d’oliva.
Il prof. Rollo ci rivela il segreto del successo delle Dop che è quel filo d’olio extravergine d’oliva che unisce ed attraversa 37 aree geografiche dalle pendici delle Alpi fino alla Sicilia nel cuore del Mediterraneo. Questi oli d’oliva DOP sono un patrimonio che ha un grande valore poiché racchiudono in se elementi importanti: il territorio, le cultivar è un organismo di controllo esterno che sancisce la qualità dei prodotti
La Dop Terra d’Otranto strumento di promozione del territorio
La Dop Terra d’Otranto è uno strumento di promozione del territorio perché centra il dibattito su temi importanti come le caratteristiche gustative dell’olio extravergine d'oliva DOP, per imparare a riconoscere la qualità, per scoprire come leggere l'etichetta, per approfondire i benefici di un consumo attento e consapevole di questo elemento fondamentale della dieta mediterranea.
Quegli acidi grassi che hanno massacrato le Aziende del DOP Terra d’Otranto
Nessuno o quasi riusciva ad ottenere un olio con meno di 0,7 di acido linolenico e per questo la DOP Terra d’Otranto stava morendo. Il Presidente Rollo ha chiesto la revisione del disciplinare e dopo 2 anni e mezzo di guerra a Roma al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (noto anche con l'acronimo MiPAAF) ha ottenuto delle modifiche che permettono al nostro olio delle varietà ogliarola e cellina di essere un DOP rispettato in tutto il mondo!
di Antonio Bruno
Pubblicato da
Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce (Adaf Lecce)
alle
15:01
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Olio DOP Terra d'Otranto
lunedì 26 dicembre 2011
L’ Olio Terra d'Otranto a denominazione d’origine protetta D.O.P.
L’ Olio Terra d'Otranto a denominazione d’origine protetta D.O.P.
Ho incontrato Antonio Rollo nella sede del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP in Via Giuseppe Petraglione nei pressi della Camera Di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Lecce. Il Prof. Antonio Rollo è presedente del Consorzio, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con Decreto del 22/07/2003, che svolge prevalentemente attività di tutela e promozione dell'Olio Extra Vergine certificato a DOP Terra d'Otranto e della stessa denominazione d'origine. L'attività è completata dalla vigilanza nella fase della commercializzazione.
Antonio Rollo figlio di coltivatore diretto
Lui è figlio di un coltivatore diretto che aveva ereditato dal padre l’azienda che adesso Antonio Rollo dirige che è presente nel settore della viti-olivicoltura sin dal 1859 ed è specializzata nella produzione di oli e vini di alta qualità.
L'azienda è situata in agro di Veglie (Lecce) ed è costituita da 20 ettari di uliveto con circa 3000 piante di ulivo e 10 ettari di vigneto.
I vigneti e gli uliveti dell'Azienda sono iscritti negli Albi previsti dai Disciplinari di Produzione del Vino Rosso DOC "Salice Salentino" e dell'Olio Extravergine di Oliva a Denominazione di Origine Protetta "TERRA D'OTRANTO".
Antonio Rollo è stato per 35 anni a scuola
Ha insegnato ma non ha perduto l’amore per questa terra e per l’agricoltura. Più volte si è chiesto come mai nei secoli i nostri padri del Salento leccese abbiano scelto due sole cultivar la ogliarola leccese e la cellina di Nardò per coprire 85mila ettari di terreno con 9 milioni di giganti del mediterraneo che fanno parte di quella che io definisco la foresta degli ulivi del salento leccese.
Perché si sono affermate nel Salento leccese l’ogliarola leccese e la cellina di Nardò?
Gli scienziati l’hanno scoperto e sono motivi importanti che hanno fatto affermare queste cultivar infatti il Salento leccese è la terra tra i due mari ovvero l’Adriatico e lo Jonio che diano l’uno e l’altro non più di 10 chilometri dagli oliveti. L’ogliarola leccese e la cellina di Nardò sono delle cultivar così rustiche da resistere alle condizioni climatiche favorevolissime allo sviluppo dei parassiti dell’olivo. Resistono perché la drupa ovvero il frutto dell’olivo è un oliva di piccole dimensioni del peso di circa un grammo che appunto poteva resistere alle avversità ottenendo un olio di ottime caratteristiche organolettiche.
Antonio Rollo negli anni 80 subentra al padre nella guida dell’azienda
Immediatamente passa dalla raccolta delle olive da terra a quella dall’albero ottenendo un olio dal profumo eccezionale e dal sapore gradevolissimo. Un olio dal fruttato medio con sentori erbacei (erba appena sfalciata) e qualche volta di cicoria selvatica. Antonio Rollo poi distingue le due varietà infatti mi dice che l’ogliarola leccese ha un sapore più o meno intenso che passa dalla foglia di carciofo al cardo sono al carciofo vero e proprio e la cellina di Nardò che ha sapore di pomodoro e foglia di pomodoro.
Dalla cellina di Nardò hanno ottenuto l’olivotto
Infatti le olive del salento leccese sono diventate anche il dessert ideale per celebrare la nascita di Gesù Bambino. Lo chef Andrea Serravezza e il maitre Massimo Gaetani hanno brevettato un panettone alle olive celline di Nardò che si i chiama Pan d’Olivotto
Alla Gazzetta del Mezzogiorno lo chef Andrea Serravezza ha dichiarato: «Ne sono stati realizzati in poco più di un mese circa 3.500 pezzi solo in tutta la Puglia, il Gambero Rosso, il Sole 24 ore, il Tg 5, Radio 24 ed altre testate nazionali ed internazionali hanno parlato di noi e del nostro prodotto. Ormai il Pan d’Olivotto è diventato l'oggetto dei desideri come regalo per il prossimo Natale». Ma la dichiarazione più importante dello chef è sulla nostra oliva cellina di Nardò di cui dice: «La Cellina salentina è versatile, è adatta per le preparazioni salate ma abbiamo scoperto essere una base ideale anche per i dolci. E le sue potenzialità sono ancora tutte da scoprire». Il presidente Antonio Rollo precisa che per ottenere l’olivotto le olive della varietà cellina di Nardò devono essere raccolte quando il frutto è molto maturo, lui afferma che le olive devono essere nere perché è solo allora che le celline hanno i sapori dei frutti di bosco.
I numeri della produzione di olive.
La produzione mondiale di olio di oliva nel 2005 è risultata pari a circa 25 milioni e700mila quintali, di cui 19milioni e 275mila, che rappresentano i tre quarti della produzione mondiale, si concentrano nell’Unione Europea. Gli altri paesi produttori del Mediterraneo sono Siria, Turchia, Giordania ed il Nord Africa che nel complesso producono 5mioni e 654mila quintali che coprono un altro 22% della produzione mondiale. In ambito comunitario la Spagna detiene il primato in termini di produzione (43%) con un andamento produttivo crescente rispetto agli anni novanta. Seguono Italia (33%) e Grecia (22%).
I numeri della produzione di olive del Salento leccese.
Nel mondo si producono 25 milioni e700mila quintali ovvero il 100% della produzione, in Italia 8milioni 481mila quintali che corrispondono al 33% della produzione mondiale in Puglia si producono poco più di 2milioni e 300mila quintali che rappresentano l’8,95% della produzione mondiale e infine il Salento leccese che sarebbe poi la Provincia di Lecce, sino a quando la lasceranno nei confini che prevede l’architettura istituzionale odierna, produce 613mila quintali di olio d’oliva e solo il Salento leccese rappresenta il 2,39% della produzione Mondiale di olio d’oliva.
Ma quanto vale l’olio del Salento leccese?
La contabilità nazionale del settore olivicolo italiano secondo Mario Adua del Servizio Agricoltura dell'Istat (Tel. +39 065431129 e-mail: adua@istat.it) per il 2008 è stata di 1,77 miliardi di euro il valore dell’olio prodotto e contabilizzato nella branca agricoltura che insieme al valore delle olive in complesso (comprese le sanse), pari a 0,23 miliardi, da un valore corrente complessivo ai prezzi di base pari a 2,0 miliardi di euro. Insomma gli 8milioni 481mila quintali prodotti in Italia valgono 2miliardi di euro!
E sapete quanti sono i soldi che dovrebbero restare agli 89mila ettari del Salento leccese? Ebbene i 613mila quintali di olio d’oliva e solo il Salento leccese valgono poco meno di 145 milioni di Euro! Ovvero in media un ettari di oliveto da poco più di 1.600 euro ad ettaro. Che è troppo poco per i prezzi di produzione che abbiamo.
C’è il problema dell’abbandono e della mattanza degli olivi
Se non facciamo qualcosa la nostra olivicoltura rischia il collasso e allora nonostante la campagna di sensibilizzazione per scongiurare gli espianti di oliveti promossa da Angelo Amato di Olivinopoli insieme a Oreste Caroppo e Alfredo Melissano del Forum Ambiente e Salute e da Marcello Seclì di Italia Nostra assisteremo alla mattanza degli 89mila ettari di oliveto dopo aver assistito inermi alla mattanza dei 60mila ettari di vigneto del Salento leccese.
Ma di questo scriverò nella seconda parte dell’intervista al prof. Antonio Rollo Presidente del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP
di Antonio Bruno
Ho incontrato Antonio Rollo nella sede del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP in Via Giuseppe Petraglione nei pressi della Camera Di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Lecce. Il Prof. Antonio Rollo è presedente del Consorzio, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con Decreto del 22/07/2003, che svolge prevalentemente attività di tutela e promozione dell'Olio Extra Vergine certificato a DOP Terra d'Otranto e della stessa denominazione d'origine. L'attività è completata dalla vigilanza nella fase della commercializzazione.
Antonio Rollo figlio di coltivatore diretto
Lui è figlio di un coltivatore diretto che aveva ereditato dal padre l’azienda che adesso Antonio Rollo dirige che è presente nel settore della viti-olivicoltura sin dal 1859 ed è specializzata nella produzione di oli e vini di alta qualità.
L'azienda è situata in agro di Veglie (Lecce) ed è costituita da 20 ettari di uliveto con circa 3000 piante di ulivo e 10 ettari di vigneto.
I vigneti e gli uliveti dell'Azienda sono iscritti negli Albi previsti dai Disciplinari di Produzione del Vino Rosso DOC "Salice Salentino" e dell'Olio Extravergine di Oliva a Denominazione di Origine Protetta "TERRA D'OTRANTO".
Antonio Rollo è stato per 35 anni a scuola
Ha insegnato ma non ha perduto l’amore per questa terra e per l’agricoltura. Più volte si è chiesto come mai nei secoli i nostri padri del Salento leccese abbiano scelto due sole cultivar la ogliarola leccese e la cellina di Nardò per coprire 85mila ettari di terreno con 9 milioni di giganti del mediterraneo che fanno parte di quella che io definisco la foresta degli ulivi del salento leccese.
Perché si sono affermate nel Salento leccese l’ogliarola leccese e la cellina di Nardò?
Gli scienziati l’hanno scoperto e sono motivi importanti che hanno fatto affermare queste cultivar infatti il Salento leccese è la terra tra i due mari ovvero l’Adriatico e lo Jonio che diano l’uno e l’altro non più di 10 chilometri dagli oliveti. L’ogliarola leccese e la cellina di Nardò sono delle cultivar così rustiche da resistere alle condizioni climatiche favorevolissime allo sviluppo dei parassiti dell’olivo. Resistono perché la drupa ovvero il frutto dell’olivo è un oliva di piccole dimensioni del peso di circa un grammo che appunto poteva resistere alle avversità ottenendo un olio di ottime caratteristiche organolettiche.
Antonio Rollo negli anni 80 subentra al padre nella guida dell’azienda
Immediatamente passa dalla raccolta delle olive da terra a quella dall’albero ottenendo un olio dal profumo eccezionale e dal sapore gradevolissimo. Un olio dal fruttato medio con sentori erbacei (erba appena sfalciata) e qualche volta di cicoria selvatica. Antonio Rollo poi distingue le due varietà infatti mi dice che l’ogliarola leccese ha un sapore più o meno intenso che passa dalla foglia di carciofo al cardo sono al carciofo vero e proprio e la cellina di Nardò che ha sapore di pomodoro e foglia di pomodoro.
Dalla cellina di Nardò hanno ottenuto l’olivotto
Infatti le olive del salento leccese sono diventate anche il dessert ideale per celebrare la nascita di Gesù Bambino. Lo chef Andrea Serravezza e il maitre Massimo Gaetani hanno brevettato un panettone alle olive celline di Nardò che si i chiama Pan d’Olivotto
Alla Gazzetta del Mezzogiorno lo chef Andrea Serravezza ha dichiarato: «Ne sono stati realizzati in poco più di un mese circa 3.500 pezzi solo in tutta la Puglia, il Gambero Rosso, il Sole 24 ore, il Tg 5, Radio 24 ed altre testate nazionali ed internazionali hanno parlato di noi e del nostro prodotto. Ormai il Pan d’Olivotto è diventato l'oggetto dei desideri come regalo per il prossimo Natale». Ma la dichiarazione più importante dello chef è sulla nostra oliva cellina di Nardò di cui dice: «La Cellina salentina è versatile, è adatta per le preparazioni salate ma abbiamo scoperto essere una base ideale anche per i dolci. E le sue potenzialità sono ancora tutte da scoprire». Il presidente Antonio Rollo precisa che per ottenere l’olivotto le olive della varietà cellina di Nardò devono essere raccolte quando il frutto è molto maturo, lui afferma che le olive devono essere nere perché è solo allora che le celline hanno i sapori dei frutti di bosco.
I numeri della produzione di olive.
La produzione mondiale di olio di oliva nel 2005 è risultata pari a circa 25 milioni e700mila quintali, di cui 19milioni e 275mila, che rappresentano i tre quarti della produzione mondiale, si concentrano nell’Unione Europea. Gli altri paesi produttori del Mediterraneo sono Siria, Turchia, Giordania ed il Nord Africa che nel complesso producono 5mioni e 654mila quintali che coprono un altro 22% della produzione mondiale. In ambito comunitario la Spagna detiene il primato in termini di produzione (43%) con un andamento produttivo crescente rispetto agli anni novanta. Seguono Italia (33%) e Grecia (22%).
I numeri della produzione di olive del Salento leccese.
Nel mondo si producono 25 milioni e700mila quintali ovvero il 100% della produzione, in Italia 8milioni 481mila quintali che corrispondono al 33% della produzione mondiale in Puglia si producono poco più di 2milioni e 300mila quintali che rappresentano l’8,95% della produzione mondiale e infine il Salento leccese che sarebbe poi la Provincia di Lecce, sino a quando la lasceranno nei confini che prevede l’architettura istituzionale odierna, produce 613mila quintali di olio d’oliva e solo il Salento leccese rappresenta il 2,39% della produzione Mondiale di olio d’oliva.
Ma quanto vale l’olio del Salento leccese?
La contabilità nazionale del settore olivicolo italiano secondo Mario Adua del Servizio Agricoltura dell'Istat (Tel. +39 065431129 e-mail: adua@istat.it) per il 2008 è stata di 1,77 miliardi di euro il valore dell’olio prodotto e contabilizzato nella branca agricoltura che insieme al valore delle olive in complesso (comprese le sanse), pari a 0,23 miliardi, da un valore corrente complessivo ai prezzi di base pari a 2,0 miliardi di euro. Insomma gli 8milioni 481mila quintali prodotti in Italia valgono 2miliardi di euro!
E sapete quanti sono i soldi che dovrebbero restare agli 89mila ettari del Salento leccese? Ebbene i 613mila quintali di olio d’oliva e solo il Salento leccese valgono poco meno di 145 milioni di Euro! Ovvero in media un ettari di oliveto da poco più di 1.600 euro ad ettaro. Che è troppo poco per i prezzi di produzione che abbiamo.
C’è il problema dell’abbandono e della mattanza degli olivi
Se non facciamo qualcosa la nostra olivicoltura rischia il collasso e allora nonostante la campagna di sensibilizzazione per scongiurare gli espianti di oliveti promossa da Angelo Amato di Olivinopoli insieme a Oreste Caroppo e Alfredo Melissano del Forum Ambiente e Salute e da Marcello Seclì di Italia Nostra assisteremo alla mattanza degli 89mila ettari di oliveto dopo aver assistito inermi alla mattanza dei 60mila ettari di vigneto del Salento leccese.
Ma di questo scriverò nella seconda parte dell’intervista al prof. Antonio Rollo Presidente del Consorzio Tutela Olio Terra d'Otranto DOP
di Antonio Bruno
sabato 24 dicembre 2011
Devono pagare i danni ai 220mila proprietari di oliveti del Salento leccese
Devono pagare i danni ai 220mila proprietari di oliveti del Salento leccese
Il giornale sudafricano Times.online del Sunday Times ha pubblicato ieri una notizia dal titolo "Italian olive oil mostly non Italian", che fa riferimento a un'inchiesta del quotidiano italiano Repubblica sul mercato dell'olio d'oliva e sugli inganni che si celano dietro etichette di difficile lettura.
L’ha scritto a chiare lettere Paolo Berizzi su “La Repubblica” del 23 dicembre 2011 che c’è una frode commerciale in atto che danneggia i proprietari degli 85mila ettari con 9 milioni di giganti del mediterraneo del Salento leccese che piangono da anni lacrime amare lasciando le olive sull’albero.
L’indagine di Paolo Berizzi
L’indagine giornalistica di Paolo Berizzi rivela i meccanismi incredibili delle dinamiche fraudolente dei “signori dell’olio”, un gruppo di potere agroalimentare - come afferma anche Coldiretti - che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali, attraverso un sofisticato sistema di import export con anomalie fiscali, fatture gonfiate e proficui scambi intra ed extra comunitari.
Secondo il rapporto 2010 Coldiretti/Eurispes sulle agromafie, il 93,1% dell’olio vergine ed extravergine importato dai paesi extracomunitari viene dalla Tunisia e in Italia inonda varie regioni, anche quelle storicamente vocate alla produzione di olio; ma anche Spagna e Grecia sono fra i principali bacini di approvvigionamento.
E come ha affermato Stefano Masini di Coldiretti: “Queste non sono semplici frodi in commercio, sono organizzazioni criminali strutturate che controllano i prezzi e tengono in mano un’intera filiera. È la mafia dell’olio”.
Vendono l’olio dicendo che è di olive italiane invece non è vero!
Si tratta di olio spagnolo, tunisino, greco, marocchino che ogni giorno viaggia sulle strade dell’Italia a Bordo di Tir e nei porti delle coste della nostra penisola a bordo di navi cisterna. Tutto questo è in un’indagine, ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. Quattro bottiglie di olio extravergine su cinque battono ufficialmente bandiera italiana ma contengono prodotti stranieri (provenienti soprattutto da Spagna e Grecia) e quattro chili d’olio su dieci in vendita nei supermercati sanno di muffa (studio Unaprol, Coldiretti e Symbola). Inoltre l’Italia esporta 250mila tonnellate di olio ma ne importa 470mila (nel 2010 sono state 100mila in più). Perché?
La truffa dell’agromafia
Sapete che fanno? Acquistano olio d’oliva straniero a 25 centesimi al chilo e dopo che trattano quest’olio, lo mescolano, lo deodorano e lo sbattono sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata a prezzi stracciati! Li avete visti sui cartelloni pubblicitari gli oli extravergini di oliva ancora oggi venduti dai due ai quattro euro al chilo. Stefano Masini, responsabile consumi della Coldiretti ha dichiarato al giornalista Paolo Berizzi “
"E’ qui che i signori dell’olio giocano la loro partita sleale. C’è un gruppo di potere agroalimentare che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali. Così come per i rifiuti si parla di ecomafia, è arrivato il momento, anche per l’olio, di parlare di agromafia. Bisogna iniziare a aggredire i patrimoni".
Tutto questo è oggetto di un indagine giudiziaria e il giornale La Repubblica, per non pregiudicare l’esito delle indagini, per ora tiene coperti i nomi delle aziende finite nel mirino degli investigatori.
Sulle etichette non si legge se è olio italiano o miscelato!
Sempre al giornale “La Repubblica” Sergio Marini, presidente nazionale di Coldiretti ha dichiarato"L’ex ministro delle politiche agricole Saverio Romano quattro mesi fa aveva annunciato con grande enfasi un decreto che fissando delle dimensioni minime rendesse più leggibili le etichette Che fine ha fatto il decreto? Si è perso?".
Ma perché è bene che non si leggano le etichette?
Perché è li che c’è la speculazione! Questi signori acquistano l’olio di oliva dall’estero a 25 centesimo e lo rivendono a tre o al massimo quattro euro! Insomma non raccolgono le olive, non le portano al frantoio ma acquistano olio dall’estero, se lo fanno portare con i Tur o con le navi cisterna, lo trasformano e lo imbottigliano e tutto questo gli da un guadagno da favola!
Invece nel Salento leccese le olive non le raccogliamo più!
Lo dico a Cesare Vernaleone che me lo chiede sempre e a tutti quelli che mi chiedono il perché non conviene raccogliere le olive e del basso prezzo dell’olio. Adesso abbiamo capito cosa accade?
Lo chiarisce ulteriormente sempre sul giornale “La Repubblica” Amedeo De Franceschi, vice comandante dei Nafs della Forestale con questa dichiarazione
"L’olio, rispetto ad altre produzioni agroalimentari, per esempio il vino, è un prodotto straordinariamente semplice. Vent’anni fa l’attività dei produttori era regolata da una legge europea che diceva: l’extravergine d’oliva è un prodotto ottenuto solo dalla spremitura meccanica delle olive. Oggi è cambiato tutto. L’olio d’oliva è sparito. E l’extravergine è diventato una giungla. Risultato: le aziende non spremono più niente: mettono in cascina olio che viene da fuori, da lontano, coi tir. La gente lo compra e non sa che è un inganno. Perché dall’etichetta non si riesce a capire che cosa c’è nella bottiglia".
L’olio che viene venduto a prezzi dai 2 ai quattro euro secondo Massimo Gargano, presidente di Unaprol non è extravergine ed è un olio d’oliva di pessima qualità sempre a “La Repubblica ha dichiarato:
"C’è pieno di oli di oliva difettati venduti come extravergini. Sono oli che meritano di essere declassati, altro che made in Italy. La prima indagine nazionale sulla qualità dell’olio d’oliva in vendita nei supermercati italiani ha dato esiti disastrosi. Su dodici campioni (delle marche più vendute) prelevati dagli scaffali e analizzati in laboratorio, quasi la metà sapeva di muffa. Le analisi organolettiche hanno evidenziato difetti gravi come il rancido e il riscaldo.Un olio per poter essere considerato extravergine deve essere privo di difetti organolettici".
Bisogna farsi promotori di una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte
Bisogna passare dalle parole ai fatti! Ci sono dei danni e quindi è necessario che tramite una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte oggetto dell’indagine ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. In questo senso sarebbe opportuna la presentazione di una azione civile fatta dalle organizzazioni professionali agricole ma anche in collaborazione con il Codacons che auspichiamo possa raccordarsi con tutte le associazioni dei consumatori del Salento leccese affinché con i soldi recuperati si possa di nuovo lanciare l’olio d’oliva salentino nel mondo!
di Antonio Bruno
Bibliografia
Paolo Berizzi, Il businnes dei furbetti dell’olio “La Repubblica” del 23 dicembre 2011 pagina 26
http://www.ow8.rassegnestampa.it/mipaafportale/pdf/2011/2011-12-23/2011122320506661.pdf
Il giornale sudafricano Times.online del Sunday Times ha pubblicato ieri una notizia dal titolo "Italian olive oil mostly non Italian", che fa riferimento a un'inchiesta del quotidiano italiano Repubblica sul mercato dell'olio d'oliva e sugli inganni che si celano dietro etichette di difficile lettura.
L’ha scritto a chiare lettere Paolo Berizzi su “La Repubblica” del 23 dicembre 2011 che c’è una frode commerciale in atto che danneggia i proprietari degli 85mila ettari con 9 milioni di giganti del mediterraneo del Salento leccese che piangono da anni lacrime amare lasciando le olive sull’albero.
L’indagine di Paolo Berizzi
L’indagine giornalistica di Paolo Berizzi rivela i meccanismi incredibili delle dinamiche fraudolente dei “signori dell’olio”, un gruppo di potere agroalimentare - come afferma anche Coldiretti - che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali, attraverso un sofisticato sistema di import export con anomalie fiscali, fatture gonfiate e proficui scambi intra ed extra comunitari.
Secondo il rapporto 2010 Coldiretti/Eurispes sulle agromafie, il 93,1% dell’olio vergine ed extravergine importato dai paesi extracomunitari viene dalla Tunisia e in Italia inonda varie regioni, anche quelle storicamente vocate alla produzione di olio; ma anche Spagna e Grecia sono fra i principali bacini di approvvigionamento.
E come ha affermato Stefano Masini di Coldiretti: “Queste non sono semplici frodi in commercio, sono organizzazioni criminali strutturate che controllano i prezzi e tengono in mano un’intera filiera. È la mafia dell’olio”.
Vendono l’olio dicendo che è di olive italiane invece non è vero!
Si tratta di olio spagnolo, tunisino, greco, marocchino che ogni giorno viaggia sulle strade dell’Italia a Bordo di Tir e nei porti delle coste della nostra penisola a bordo di navi cisterna. Tutto questo è in un’indagine, ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. Quattro bottiglie di olio extravergine su cinque battono ufficialmente bandiera italiana ma contengono prodotti stranieri (provenienti soprattutto da Spagna e Grecia) e quattro chili d’olio su dieci in vendita nei supermercati sanno di muffa (studio Unaprol, Coldiretti e Symbola). Inoltre l’Italia esporta 250mila tonnellate di olio ma ne importa 470mila (nel 2010 sono state 100mila in più). Perché?
La truffa dell’agromafia
Sapete che fanno? Acquistano olio d’oliva straniero a 25 centesimi al chilo e dopo che trattano quest’olio, lo mescolano, lo deodorano e lo sbattono sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata a prezzi stracciati! Li avete visti sui cartelloni pubblicitari gli oli extravergini di oliva ancora oggi venduti dai due ai quattro euro al chilo. Stefano Masini, responsabile consumi della Coldiretti ha dichiarato al giornalista Paolo Berizzi “
"E’ qui che i signori dell’olio giocano la loro partita sleale. C’è un gruppo di potere agroalimentare che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali. Così come per i rifiuti si parla di ecomafia, è arrivato il momento, anche per l’olio, di parlare di agromafia. Bisogna iniziare a aggredire i patrimoni".
Tutto questo è oggetto di un indagine giudiziaria e il giornale La Repubblica, per non pregiudicare l’esito delle indagini, per ora tiene coperti i nomi delle aziende finite nel mirino degli investigatori.
Sulle etichette non si legge se è olio italiano o miscelato!
Sempre al giornale “La Repubblica” Sergio Marini, presidente nazionale di Coldiretti ha dichiarato"L’ex ministro delle politiche agricole Saverio Romano quattro mesi fa aveva annunciato con grande enfasi un decreto che fissando delle dimensioni minime rendesse più leggibili le etichette Che fine ha fatto il decreto? Si è perso?".
Ma perché è bene che non si leggano le etichette?
Perché è li che c’è la speculazione! Questi signori acquistano l’olio di oliva dall’estero a 25 centesimo e lo rivendono a tre o al massimo quattro euro! Insomma non raccolgono le olive, non le portano al frantoio ma acquistano olio dall’estero, se lo fanno portare con i Tur o con le navi cisterna, lo trasformano e lo imbottigliano e tutto questo gli da un guadagno da favola!
Invece nel Salento leccese le olive non le raccogliamo più!
Lo dico a Cesare Vernaleone che me lo chiede sempre e a tutti quelli che mi chiedono il perché non conviene raccogliere le olive e del basso prezzo dell’olio. Adesso abbiamo capito cosa accade?
Lo chiarisce ulteriormente sempre sul giornale “La Repubblica” Amedeo De Franceschi, vice comandante dei Nafs della Forestale con questa dichiarazione
"L’olio, rispetto ad altre produzioni agroalimentari, per esempio il vino, è un prodotto straordinariamente semplice. Vent’anni fa l’attività dei produttori era regolata da una legge europea che diceva: l’extravergine d’oliva è un prodotto ottenuto solo dalla spremitura meccanica delle olive. Oggi è cambiato tutto. L’olio d’oliva è sparito. E l’extravergine è diventato una giungla. Risultato: le aziende non spremono più niente: mettono in cascina olio che viene da fuori, da lontano, coi tir. La gente lo compra e non sa che è un inganno. Perché dall’etichetta non si riesce a capire che cosa c’è nella bottiglia".
L’olio che viene venduto a prezzi dai 2 ai quattro euro secondo Massimo Gargano, presidente di Unaprol non è extravergine ed è un olio d’oliva di pessima qualità sempre a “La Repubblica ha dichiarato:
"C’è pieno di oli di oliva difettati venduti come extravergini. Sono oli che meritano di essere declassati, altro che made in Italy. La prima indagine nazionale sulla qualità dell’olio d’oliva in vendita nei supermercati italiani ha dato esiti disastrosi. Su dodici campioni (delle marche più vendute) prelevati dagli scaffali e analizzati in laboratorio, quasi la metà sapeva di muffa. Le analisi organolettiche hanno evidenziato difetti gravi come il rancido e il riscaldo.Un olio per poter essere considerato extravergine deve essere privo di difetti organolettici".
Bisogna farsi promotori di una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte
Bisogna passare dalle parole ai fatti! Ci sono dei danni e quindi è necessario che tramite una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte oggetto dell’indagine ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. In questo senso sarebbe opportuna la presentazione di una azione civile fatta dalle organizzazioni professionali agricole ma anche in collaborazione con il Codacons che auspichiamo possa raccordarsi con tutte le associazioni dei consumatori del Salento leccese affinché con i soldi recuperati si possa di nuovo lanciare l’olio d’oliva salentino nel mondo!
di Antonio Bruno
Bibliografia
Paolo Berizzi, Il businnes dei furbetti dell’olio “La Repubblica” del 23 dicembre 2011 pagina 26
http://www.ow8.rassegnestampa.it/mipaafportale/pdf/2011/2011-12-23/2011122320506661.pdf
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Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce (Adaf Lecce)
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giovedì 22 dicembre 2011
Nella Provincia di Lecce l’olivo testimonial dell’Ordine al Merito della Repubblica nell'ambito delle Celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Un contributo per uscire dalla crisi.
Nella Provincia di Lecce l’olivo testimonial dell’Ordine al Merito della Repubblica nell'ambito delle Celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Un contributo per uscire dalla crisi.
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Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce Giuliana Perrotta il 27 dicembre 2011 alle ore 19 e 30, presso il Teatro Politeama Greco, presenzierà alla Cerimonia di Consegna delle Onorificenze al Merito della Repubblica Italiana. In quest’occasione ribadendo l’importanza e l’attualità del processo unitario Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce vuole nel contempo richiamare i valori che hanno contribuito a rendere nobile e protagonista la Provincia di Lecce attraverso la pianta dell’olivo che ha contribuito allo sviluppo economico della civiltà del Salento.
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L’Italia, la Repubblica, la nostra Nazione, è noto a tutti che, dopo lunghi dibattiti, fu finalmente istituito l’ Ordine al Merito della Repubblica con Legge 3 marzo 1951 e con successivo Decreto Presidenziale del 31 ottobre 1952 ne furono promulgati gli statuti. E' il primo fra gli Ordini nazionali repubblicani ed è destinato a "ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari".
L’ Ordine al Merito della Repubblica
L'Ordine è suddiviso nei cinque gradi usuali di Cavaliere di Gran Croce, Grande Ufficiale, Commendatore, Ufficiale, Cavaliere. Il Cavaliere di Gran Croce può essere insignito della dignità di Gran Cordone.
La concessione delle Onorificenze al Merito della Repubblica Italiana ha luogo ordinariamente il 2 giugno (proclamazione della Repubblica Italiana) e il 27 dicembre (promulgazione della Costituzione Italiana) http://www.governo.it/Presidenza/onorificenze_araldica/onorificenze/faq.html
Cerimonia di Consegna delle Onorificenze a Lecce
Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce Giuliana Perrotta proprio il 27 dicembre 2011 alle ore 19 e 30, presso il Teatro Politeama Greco, presenzierà alla Cerimonia di Consegna delle Onorificenze e di suo pugno scrive : “Quest’anno nel 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, abbiamo voluto legare questa cerimonia alle specificità ed alle peculiarità del territorio, che ha, nel mondo agricolo e, in particolare, in quello legato alla coltivazione dell’olivo, un riferimento speciale.”
L’olivo civiltà del Salento
La sensibilità di Sua Eccellenza il Prefetto Giuliana Perrotta la rende portatrice di un bene prezioso che non si acquisisce con lo studio e che, chi come me ha i capelli bianchi ricorda, trovava spazio per manifestarsi in una società ancora a misura d’uomo ma a questo ci chiama Sua Eccellenza Perrotta così come si può verificare continuando a leggere il suo scritto: “L’olivo, pianta simbolo della civiltà mediterranea, oltre a caratterizzare e rendere suggestivo il paesaggio rurale leccese, ha contribuito con i suoi frutti, unitamente al grano e alla vite, allo sviluppo economico ed alla civiltà del Salento.”
Celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia
L’Italia intera, da Nord a Sud, da Est a Ovest, sta festeggiando un compleanno da 150 candeline..quello dell’Italia unita! E proprio oggi quando a tutti sembra che lo stato nazionale debba ri-spiegare i motivi della sua esistenza e del suo valore, Sua Eccellenza il Prefetto Giuliana Perrotta per farlo sembra riprendere in mano e sfogliare l’album delle origini della nostra Italia infatti si legge nel suo scritto: “Nel ribadire pertanto l’importanza e l’attualità del processo unitario intendiamo nel contempo richiamare i valori che hanno contribuito a rendere nobile e protagonista questa regione nel contesto nazionale e attenzionare l’agricoltura leccese ed il patrimonio ambientale, culturale e storico legato alla ruralità.”
Conoscere il territorio per ottenere una gestione coerente e consapevole
Sono completamente d’accordo con quanto ha scritto Sua Eccellenza il Prefetto Perrotta infatti conoscere il territorio rurale, rappresenta una necessità per tutti coloro che se ne occupano e non solo in tema agricolo e soprattutto rappresenta una base di partenza essenziale per il raggiungimento di una sua gestione coerente e consapevole.
Nel Salento leccese vi sono dinamiche in atto che hanno l’effetto dello spostamento delle attività economiche e della popolazione verso le aree urbane (Leon Y., 1999) e nella perdita di importanza del settore agricolo come settore portante, in termini di produzione di ricchezza e numero di occupati, dell’economia del nostro territorio.
Un riacceso interesse per lo sviluppo rurale
Sono continuamente chiamato a fare seminari o a tenere relazioni in conferenze sul Paesaggio rurale del Salento. Tali inviti mi danno la percezione del riaccendersi dell’interesse per lo sviluppo rurale e secondo la mia opinione ciò sta accadendo poiché si va via via affermando nei Salentini l’idea dell’esistenza di una molteplicità di modelli di sviluppo a livello locale, la cui specificità deriva dalle caratteristiche intrinseche del territorio, inteso come spazio di interazione tra elementi economici, sociali, culturali e ambientali.
L’olivo e l’olio ingrediente essenziale della dieta mediterranea
Sua Eccellenza Giuliana Perrotta ha inoltre messo al centro di questa cerimonia l’olivo che è la pianta dell’olio che è parte integrante della dieta mediterranea cioè il modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino del mediterraneo, in particolare Italia e con essa il Salento, Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia, Spagna e Marocco.
Come è noto questo modello nutrizionale è stata abbandonato nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuto troppo povero e poco attraente rispetto ad altri modelli alimentari provenienti in particolare dalla ricca America
La dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, l'interesse dei consumatori e sta conoscendo una grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli Stati Uniti d'America. La dieta mediterranea nel 2010 è stata proclamata patrimonio immateriale culturale dell'umanità.
L’olio extravergine d’oliva del Salento leccese per difendersi dall’artereosclerosi, dai tumori e per proteggere i polmoni
La scelta di Sua Eccellenza Giuliana Perrotta Prefetto di Lecce è caduta sull’olio d’oliva anche nella consapevolezza che lo stesso manifesta importanti proprietà antiossidanti per la presenza di composti polifenolici nelle olive. L’idrossitirosolo rappresenta il principale composto fenolico dell’olio d’oliva. Esso agisce come “scavenger” (che significa che fa lo spazzino) dei radicali liberi e rappresenta il composto in natura con la più elevata attività antiossidante, superiore di circa dieci volte rispetto a quella della vitamina C e della vitamina E. Anche all’idrossitirosolo sono attribuite svariate proprietà benefiche per la salute umana, quali prevenzione dell’aterosclerosi, grazie ad una azione antiossidante nei confronti delle lipoproteine a bassa densità (LDL) ricche di colesterolo, prevenzione dei tumori, attività vasodilatatrice, azione protettiva a livello polmonare. L’olio d’oliva, in particolare quello extravergine, ha un elevato contenuto in polifenoli, con elevata attività antiossidante (Gutfinger,1981), superiore rispetto a quella dei polifenoli presenti in altri oli vegetali.
Fare il proprio dovere vale più dell'eroismo.(Ignazio Cantù)
Giovanni Falcone che è stato un altro servitore dello stato come Sua Eccellenza Giuliana Perrotta ha scritto “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana”. La nostra Patria che vive momenti difficili per la crisi, ha tutte le risorse, nelle sue donne e nei suoi uomini e soprattutto in tutti i suoi territori, per affrontare questi tempi con dignità, perché da sempre tutti noi, a testa alta, abbiamo contribuito alla Civiltà. L’iniziativa di Sua Eccellenza il Prefetto di Lecce è nella direzione di portare l’attenzione su questa grande opportunità rappresentata dal nostro territorio e dalle sue figlie e figli per contribuire a far uscire dalla crisi la nostra amata Italia.
di Antonio Bruno
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Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce Giuliana Perrotta il 27 dicembre 2011 alle ore 19 e 30, presso il Teatro Politeama Greco, presenzierà alla Cerimonia di Consegna delle Onorificenze al Merito della Repubblica Italiana. In quest’occasione ribadendo l’importanza e l’attualità del processo unitario Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce vuole nel contempo richiamare i valori che hanno contribuito a rendere nobile e protagonista la Provincia di Lecce attraverso la pianta dell’olivo che ha contribuito allo sviluppo economico della civiltà del Salento.
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L’Italia, la Repubblica, la nostra Nazione, è noto a tutti che, dopo lunghi dibattiti, fu finalmente istituito l’ Ordine al Merito della Repubblica con Legge 3 marzo 1951 e con successivo Decreto Presidenziale del 31 ottobre 1952 ne furono promulgati gli statuti. E' il primo fra gli Ordini nazionali repubblicani ed è destinato a "ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari".
L’ Ordine al Merito della Repubblica
L'Ordine è suddiviso nei cinque gradi usuali di Cavaliere di Gran Croce, Grande Ufficiale, Commendatore, Ufficiale, Cavaliere. Il Cavaliere di Gran Croce può essere insignito della dignità di Gran Cordone.
La concessione delle Onorificenze al Merito della Repubblica Italiana ha luogo ordinariamente il 2 giugno (proclamazione della Repubblica Italiana) e il 27 dicembre (promulgazione della Costituzione Italiana) http://www.governo.it/Presidenza/onorificenze_araldica/onorificenze/faq.html
Cerimonia di Consegna delle Onorificenze a Lecce
Sua Eccellenza il Prefetto della Provincia di Lecce Giuliana Perrotta proprio il 27 dicembre 2011 alle ore 19 e 30, presso il Teatro Politeama Greco, presenzierà alla Cerimonia di Consegna delle Onorificenze e di suo pugno scrive : “Quest’anno nel 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, abbiamo voluto legare questa cerimonia alle specificità ed alle peculiarità del territorio, che ha, nel mondo agricolo e, in particolare, in quello legato alla coltivazione dell’olivo, un riferimento speciale.”
L’olivo civiltà del Salento
La sensibilità di Sua Eccellenza il Prefetto Giuliana Perrotta la rende portatrice di un bene prezioso che non si acquisisce con lo studio e che, chi come me ha i capelli bianchi ricorda, trovava spazio per manifestarsi in una società ancora a misura d’uomo ma a questo ci chiama Sua Eccellenza Perrotta così come si può verificare continuando a leggere il suo scritto: “L’olivo, pianta simbolo della civiltà mediterranea, oltre a caratterizzare e rendere suggestivo il paesaggio rurale leccese, ha contribuito con i suoi frutti, unitamente al grano e alla vite, allo sviluppo economico ed alla civiltà del Salento.”
Celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia
L’Italia intera, da Nord a Sud, da Est a Ovest, sta festeggiando un compleanno da 150 candeline..quello dell’Italia unita! E proprio oggi quando a tutti sembra che lo stato nazionale debba ri-spiegare i motivi della sua esistenza e del suo valore, Sua Eccellenza il Prefetto Giuliana Perrotta per farlo sembra riprendere in mano e sfogliare l’album delle origini della nostra Italia infatti si legge nel suo scritto: “Nel ribadire pertanto l’importanza e l’attualità del processo unitario intendiamo nel contempo richiamare i valori che hanno contribuito a rendere nobile e protagonista questa regione nel contesto nazionale e attenzionare l’agricoltura leccese ed il patrimonio ambientale, culturale e storico legato alla ruralità.”
Conoscere il territorio per ottenere una gestione coerente e consapevole
Sono completamente d’accordo con quanto ha scritto Sua Eccellenza il Prefetto Perrotta infatti conoscere il territorio rurale, rappresenta una necessità per tutti coloro che se ne occupano e non solo in tema agricolo e soprattutto rappresenta una base di partenza essenziale per il raggiungimento di una sua gestione coerente e consapevole.
Nel Salento leccese vi sono dinamiche in atto che hanno l’effetto dello spostamento delle attività economiche e della popolazione verso le aree urbane (Leon Y., 1999) e nella perdita di importanza del settore agricolo come settore portante, in termini di produzione di ricchezza e numero di occupati, dell’economia del nostro territorio.
Un riacceso interesse per lo sviluppo rurale
Sono continuamente chiamato a fare seminari o a tenere relazioni in conferenze sul Paesaggio rurale del Salento. Tali inviti mi danno la percezione del riaccendersi dell’interesse per lo sviluppo rurale e secondo la mia opinione ciò sta accadendo poiché si va via via affermando nei Salentini l’idea dell’esistenza di una molteplicità di modelli di sviluppo a livello locale, la cui specificità deriva dalle caratteristiche intrinseche del territorio, inteso come spazio di interazione tra elementi economici, sociali, culturali e ambientali.
L’olivo e l’olio ingrediente essenziale della dieta mediterranea
Sua Eccellenza Giuliana Perrotta ha inoltre messo al centro di questa cerimonia l’olivo che è la pianta dell’olio che è parte integrante della dieta mediterranea cioè il modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino del mediterraneo, in particolare Italia e con essa il Salento, Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia, Spagna e Marocco.
Come è noto questo modello nutrizionale è stata abbandonato nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuto troppo povero e poco attraente rispetto ad altri modelli alimentari provenienti in particolare dalla ricca America
La dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, l'interesse dei consumatori e sta conoscendo una grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli Stati Uniti d'America. La dieta mediterranea nel 2010 è stata proclamata patrimonio immateriale culturale dell'umanità.
L’olio extravergine d’oliva del Salento leccese per difendersi dall’artereosclerosi, dai tumori e per proteggere i polmoni
La scelta di Sua Eccellenza Giuliana Perrotta Prefetto di Lecce è caduta sull’olio d’oliva anche nella consapevolezza che lo stesso manifesta importanti proprietà antiossidanti per la presenza di composti polifenolici nelle olive. L’idrossitirosolo rappresenta il principale composto fenolico dell’olio d’oliva. Esso agisce come “scavenger” (che significa che fa lo spazzino) dei radicali liberi e rappresenta il composto in natura con la più elevata attività antiossidante, superiore di circa dieci volte rispetto a quella della vitamina C e della vitamina E. Anche all’idrossitirosolo sono attribuite svariate proprietà benefiche per la salute umana, quali prevenzione dell’aterosclerosi, grazie ad una azione antiossidante nei confronti delle lipoproteine a bassa densità (LDL) ricche di colesterolo, prevenzione dei tumori, attività vasodilatatrice, azione protettiva a livello polmonare. L’olio d’oliva, in particolare quello extravergine, ha un elevato contenuto in polifenoli, con elevata attività antiossidante (Gutfinger,1981), superiore rispetto a quella dei polifenoli presenti in altri oli vegetali.
Fare il proprio dovere vale più dell'eroismo.(Ignazio Cantù)
Giovanni Falcone che è stato un altro servitore dello stato come Sua Eccellenza Giuliana Perrotta ha scritto “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana”. La nostra Patria che vive momenti difficili per la crisi, ha tutte le risorse, nelle sue donne e nei suoi uomini e soprattutto in tutti i suoi territori, per affrontare questi tempi con dignità, perché da sempre tutti noi, a testa alta, abbiamo contribuito alla Civiltà. L’iniziativa di Sua Eccellenza il Prefetto di Lecce è nella direzione di portare l’attenzione su questa grande opportunità rappresentata dal nostro territorio e dalle sue figlie e figli per contribuire a far uscire dalla crisi la nostra amata Italia.
di Antonio Bruno
Il formaggio? Puoi farlo anche tu!
Il formaggio? Puoi farlo anche tu!
Leggi attentamente quanto segue. Acquista 2 litri e mezzo di latte fresco vaccino (di vacca) e mezzo litro di latte fresco di capra quindi hai il latte da cui puoi ottenere il tuo formaggio. Poi devi procurarti il caglio liquido di cui utilizzerai due cucchiaini e dello yogurt naturale di cui utilizzerai mezzo vasetto
Adesso miscela il latte di vacca con quello di capra e aggiungi il mezzo vasetto di yogurt natural e lascia a riposare per un oretta. In questo tempo i fermenti lattici si ravvivano.
E’ passata un ora? Allora prendi la pentola in cui avevi messo latte e yogurt e mettila sul fuoco. Scalda il latte portandolo a 37 gradi e a questo punto puoi aggiungere il caglio continuando a mescolare per bene per un minuto.
A questo punto copri con un coperchio la pentola e avvolgila in una tovaglia oppure in una coperta e lascia riposare il tutto per un ora per consentire la formazione della cagliata.
Passata l’ora togli la pentola dalla coperta e apri il coperchio e con un coltello rompi la cagliata effettuando dei tagli in verticale ed in orizzontale. Adesso fai riposare per un quarto d’ora.
Metti di nuovo la pentola sul fuoco e porta il tutto ad una temperatura di 45 – 50 gradi centigradi. Osserverai che la cagliata si raggrupperà sul fondo.
A questo punto rompi la cagliata con una frusta. A questo punto devi prelevare il caglio utilizzando un colino e con questo puoi iniziare a riempire le fascelle che avrai messo su una griglia e una ciotola. Premi bene con un fondo di un bicchiere perché in questo modo farai uscire quanto più siero possibile e otterrai di compattare bene il caglio. Lascia gocciolare per un ora e in questo tempo gira con molta delicatezza la formaggetta.
A questo punto potete procedere riscaldando in un tegame l’acqua a 40 gradi centigradi poi mettete sulla pentola un cestello in legno dove poggerete le formaggette che sono nelle fuscelle per la cottura a vapore. Poi coprire le fuscelle con una ciotola a misura e chiudere il tutto in un forno spento. Il tutto deve durare dalle 12 alle 24 ore.
Passato questo tempo bisogna preparare la salamoia ovvero un litro d’acqua e 180 grammi di sale dove metteremo le formaggette facendo attenzione di estrarle con delicatezza, queste ultime resteranno immerse per un ora nella salamoia. A questo punto bisogna fare asciugare all’aria per qualche minuto quindi pennellate le formaggette con olio di semi. Se volete mangiare la formaggetta fresca non dovete far altro che farla stagionare in frigo alla temperatura di 6 – 8 gradi per quindici giorni.
Ma come stagionare di più il formaggio? Me l’ha rivelato un allievo dell’Agrario di Maglie si chiama Vito Cutrino ed è un futuro Agrotecnico dopo che avrà fatto ilo periodo di tirocinio e se superererà l’esame di Stato. Lui ha un allevamento a Spongano nel Salento leccese che significa in Provincia di Lecce sino a quando il governo non provvederà a cancellare anche quest’ultima identità salentina tanto cara al mio amico Marcello Seclì.
L’estate il nonno gli ha detto che il formaggio non può essere tenuto sugli assi di legno, come fa nelle altre stagioni, lui infatti lo mette in un frigo che ha sistemato in uno stanzino. Il formaggio su stagiona e quindi deve essere girato perché fa la crosta quando è a contatto con l’aria, una volta al mese Vito gira le sue belle forme di formaggio e le pulisce con acqua e aceto.
Ma alcune forme le stagiona al punto che dopo un anno il formaggio può essere grattugiato. Come lo fa? Mette le forme in una madia. In pratica mette nella madia uno strato si semi d’avena, poi ci mette le forme di formaggio fresco, quindi le ricopre di semi di avena e mette un altro strato di forme di formaggio e così via sino a quando la madia non è piena. A quel punto chiude la madia per riaprirla dopo un anno e tirare fuori le forme di formaggio pronte per essere grattuggiate.
Vito Cutrino
vitocutrino@libero.it
Viale Stazione Spongano (LE)
Telefono 0836940288
Cellulare 3347345816
di Antonio Bruno
Leggi attentamente quanto segue. Acquista 2 litri e mezzo di latte fresco vaccino (di vacca) e mezzo litro di latte fresco di capra quindi hai il latte da cui puoi ottenere il tuo formaggio. Poi devi procurarti il caglio liquido di cui utilizzerai due cucchiaini e dello yogurt naturale di cui utilizzerai mezzo vasetto
Adesso miscela il latte di vacca con quello di capra e aggiungi il mezzo vasetto di yogurt natural e lascia a riposare per un oretta. In questo tempo i fermenti lattici si ravvivano.
E’ passata un ora? Allora prendi la pentola in cui avevi messo latte e yogurt e mettila sul fuoco. Scalda il latte portandolo a 37 gradi e a questo punto puoi aggiungere il caglio continuando a mescolare per bene per un minuto.
A questo punto copri con un coperchio la pentola e avvolgila in una tovaglia oppure in una coperta e lascia riposare il tutto per un ora per consentire la formazione della cagliata.
Passata l’ora togli la pentola dalla coperta e apri il coperchio e con un coltello rompi la cagliata effettuando dei tagli in verticale ed in orizzontale. Adesso fai riposare per un quarto d’ora.
Metti di nuovo la pentola sul fuoco e porta il tutto ad una temperatura di 45 – 50 gradi centigradi. Osserverai che la cagliata si raggrupperà sul fondo.
A questo punto rompi la cagliata con una frusta. A questo punto devi prelevare il caglio utilizzando un colino e con questo puoi iniziare a riempire le fascelle che avrai messo su una griglia e una ciotola. Premi bene con un fondo di un bicchiere perché in questo modo farai uscire quanto più siero possibile e otterrai di compattare bene il caglio. Lascia gocciolare per un ora e in questo tempo gira con molta delicatezza la formaggetta.
A questo punto potete procedere riscaldando in un tegame l’acqua a 40 gradi centigradi poi mettete sulla pentola un cestello in legno dove poggerete le formaggette che sono nelle fuscelle per la cottura a vapore. Poi coprire le fuscelle con una ciotola a misura e chiudere il tutto in un forno spento. Il tutto deve durare dalle 12 alle 24 ore.
Passato questo tempo bisogna preparare la salamoia ovvero un litro d’acqua e 180 grammi di sale dove metteremo le formaggette facendo attenzione di estrarle con delicatezza, queste ultime resteranno immerse per un ora nella salamoia. A questo punto bisogna fare asciugare all’aria per qualche minuto quindi pennellate le formaggette con olio di semi. Se volete mangiare la formaggetta fresca non dovete far altro che farla stagionare in frigo alla temperatura di 6 – 8 gradi per quindici giorni.
Ma come stagionare di più il formaggio? Me l’ha rivelato un allievo dell’Agrario di Maglie si chiama Vito Cutrino ed è un futuro Agrotecnico dopo che avrà fatto ilo periodo di tirocinio e se superererà l’esame di Stato. Lui ha un allevamento a Spongano nel Salento leccese che significa in Provincia di Lecce sino a quando il governo non provvederà a cancellare anche quest’ultima identità salentina tanto cara al mio amico Marcello Seclì.
L’estate il nonno gli ha detto che il formaggio non può essere tenuto sugli assi di legno, come fa nelle altre stagioni, lui infatti lo mette in un frigo che ha sistemato in uno stanzino. Il formaggio su stagiona e quindi deve essere girato perché fa la crosta quando è a contatto con l’aria, una volta al mese Vito gira le sue belle forme di formaggio e le pulisce con acqua e aceto.
Ma alcune forme le stagiona al punto che dopo un anno il formaggio può essere grattugiato. Come lo fa? Mette le forme in una madia. In pratica mette nella madia uno strato si semi d’avena, poi ci mette le forme di formaggio fresco, quindi le ricopre di semi di avena e mette un altro strato di forme di formaggio e così via sino a quando la madia non è piena. A quel punto chiude la madia per riaprirla dopo un anno e tirare fuori le forme di formaggio pronte per essere grattuggiate.
Vito Cutrino
vitocutrino@libero.it
Viale Stazione Spongano (LE)
Telefono 0836940288
Cellulare 3347345816
di Antonio Bruno
La pasta del Salento leccese è ottenuta dal grano coltivato nelle nostre campagne?
La pasta del Salento leccese è ottenuta dal grano coltivato nelle nostre campagne?
Secondo l’ultimo censimento sull’agricoltura italiana fatto dall’ISTAT negli ultimi 10 anni in Italia hanno chiuso più di 770mila aziende agricole. Per capire quant’è grave la crisi dell’agricoltura pensate che solo nei primi mesi di quest’anno in Lombardia hanno lasciato il lavoro dei campi ben 10 aziende al giorno!
L’agricoltura è il settore che ha una importanza strategica per la produzione del cibo perché nel Mondo ancora oggi si muore di fame!
Ma cosa facciamo in Puglia con la pasta?
Per capire come si fa il prodotto italiano più famoso nel mondo, la pasta, dobbiamo vederlo in un pastificio.
Insomma come si fanno gli spaghetti, i rigatoni, le conchiglie e così via?
Nell’impastatrice da una parte arriva la semola e dall’altra l’acqua. La macchina ottiene un impasto e quando quest’ultimo è della giusta consistenza passa attraverso la trafila che non è altro che lo stampo in cui passa l’impasto. Capite? E’ facile no? Direi che fare la pasta è molto facile. O non siete d’accordo? In pratica si tratta semplicemente dell’unione di una buona semola con della buona acqua. E dov’è allora il trucco? Non c’è trucco e non c’è inganno perché una buona pasta dipende dalla scelta delle materie prime ovvero dalla scelta della farina di grano duro che poi si chiama semola!
Ma che grano si usa nei pastifici italiani?
Si tratta di grano che viene prodotto in Italia? Noi sappiamo per certo che il grano prodotto in Italia fornisce una semola che da un ottima pasta.
Se il grano è italiano dovrebbe essere prodotto in una o più aziende che stanno nei pressi del pastificio e che forniscono il grano per il mulino. Si tratta quindi di scegliere di seminare del buon grano del Salento leccese e di verificarne i profumi e le consistenze per la pasta che a quel punto sarebbe pasta prodotta da grano del Salento!
Ma che cosa accade a Giugno di ogni anno nel porto di Bari?
Proprio qui vicino al nostro salento c’è la terra di bari che nella città capoluogo di regione ha un porto che è uno degli scali più importanti d’Italia!
Dall’Ucraina arriva il grano che con la nave viene trasportato dal Mar Nero a Bari. Quest’anno a Bari c’era una nave enorme che occupava quasi tutta la banchina ed era una nave che conteneva grano australiano. La nave conteneva 55mila tonnellate di grano che per essere trasportato necessita di 1.500 autotreni! La nave australiana era lunga 200 metri, le stive sono sigillate durante la navigazione e vengono aperte solo nel porto di Bari per scaricare il grano. Nella nave ci sono sette stive ognuna delle quali contiene 9mila tonnellate di grano duro. Ci sono voluti dieci giorni per scaricare dalla nave tutto il grano. La nave era partita dall’Australia i primi di maggio 2011 e solo dopo 48 giorni è arrivata a Bari.
Quale tragitto ha fatto la nave dall’Australia a Bari?
La nave ha fatto un lungo viaggio è partita dall’Australia del sud, poi ha navigato nell’Oceano Indiano, quindi è passata da all’oceano Atlantico e da Gibilterra è entrata nel Mediterraneo. Le navi non passano più da Suez perché ci sono i pirati e quindi sono costrette a fsre questo lunghissimo giro per arrivare dall’Australia a Bari.
Il giro del grano chiuso dentro ad una stiva un mese e mezzo.
Insomma il grano australiano per arrivare a Bari ha attraversato due oceani, ha costeggiato tre continenti, ha navigato lungo tutto il Mediterraneo. Un mese e mezzo chiuso dentro ad una stiva. Ma come può arrivare questo grano? E le muffe che si sviluppano? I funghi? E se ci sono state delle contaminazioni chi controlla? Ma che grano arriva a Bari? C’è qualcuno che controlla?
Il grano dell’Australia e dell’Ucraina va ad Altamura
E il grano di Altamura che fine ha fatto? E il grano del Salento leccese che fine ha fatto? E tutti quelli che fanno la pasta nel Salento leccese che grano utilizzano? Si usa grano Ucraino e Australiano per fare la pasta? E allora perché non lo scrivono sull’etichetta? Perché chi acquista la pasta non può essere messo a conoscenza se il grano è quello del Salento o se invece è grano ucraino o australiano? O se è fatto di miscele di grano?
di Antonio Bruno
Bibliografia
Terra e Cibo - Presa diretta andato in onda il 09 ottobre 2011. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9486082f-f08f-4608-a527-a24986c19fb5.html
Secondo l’ultimo censimento sull’agricoltura italiana fatto dall’ISTAT negli ultimi 10 anni in Italia hanno chiuso più di 770mila aziende agricole. Per capire quant’è grave la crisi dell’agricoltura pensate che solo nei primi mesi di quest’anno in Lombardia hanno lasciato il lavoro dei campi ben 10 aziende al giorno!
L’agricoltura è il settore che ha una importanza strategica per la produzione del cibo perché nel Mondo ancora oggi si muore di fame!
Ma cosa facciamo in Puglia con la pasta?
Per capire come si fa il prodotto italiano più famoso nel mondo, la pasta, dobbiamo vederlo in un pastificio.
Insomma come si fanno gli spaghetti, i rigatoni, le conchiglie e così via?
Nell’impastatrice da una parte arriva la semola e dall’altra l’acqua. La macchina ottiene un impasto e quando quest’ultimo è della giusta consistenza passa attraverso la trafila che non è altro che lo stampo in cui passa l’impasto. Capite? E’ facile no? Direi che fare la pasta è molto facile. O non siete d’accordo? In pratica si tratta semplicemente dell’unione di una buona semola con della buona acqua. E dov’è allora il trucco? Non c’è trucco e non c’è inganno perché una buona pasta dipende dalla scelta delle materie prime ovvero dalla scelta della farina di grano duro che poi si chiama semola!
Ma che grano si usa nei pastifici italiani?
Si tratta di grano che viene prodotto in Italia? Noi sappiamo per certo che il grano prodotto in Italia fornisce una semola che da un ottima pasta.
Se il grano è italiano dovrebbe essere prodotto in una o più aziende che stanno nei pressi del pastificio e che forniscono il grano per il mulino. Si tratta quindi di scegliere di seminare del buon grano del Salento leccese e di verificarne i profumi e le consistenze per la pasta che a quel punto sarebbe pasta prodotta da grano del Salento!
Ma che cosa accade a Giugno di ogni anno nel porto di Bari?
Proprio qui vicino al nostro salento c’è la terra di bari che nella città capoluogo di regione ha un porto che è uno degli scali più importanti d’Italia!
Dall’Ucraina arriva il grano che con la nave viene trasportato dal Mar Nero a Bari. Quest’anno a Bari c’era una nave enorme che occupava quasi tutta la banchina ed era una nave che conteneva grano australiano. La nave conteneva 55mila tonnellate di grano che per essere trasportato necessita di 1.500 autotreni! La nave australiana era lunga 200 metri, le stive sono sigillate durante la navigazione e vengono aperte solo nel porto di Bari per scaricare il grano. Nella nave ci sono sette stive ognuna delle quali contiene 9mila tonnellate di grano duro. Ci sono voluti dieci giorni per scaricare dalla nave tutto il grano. La nave era partita dall’Australia i primi di maggio 2011 e solo dopo 48 giorni è arrivata a Bari.
Quale tragitto ha fatto la nave dall’Australia a Bari?
La nave ha fatto un lungo viaggio è partita dall’Australia del sud, poi ha navigato nell’Oceano Indiano, quindi è passata da all’oceano Atlantico e da Gibilterra è entrata nel Mediterraneo. Le navi non passano più da Suez perché ci sono i pirati e quindi sono costrette a fsre questo lunghissimo giro per arrivare dall’Australia a Bari.
Il giro del grano chiuso dentro ad una stiva un mese e mezzo.
Insomma il grano australiano per arrivare a Bari ha attraversato due oceani, ha costeggiato tre continenti, ha navigato lungo tutto il Mediterraneo. Un mese e mezzo chiuso dentro ad una stiva. Ma come può arrivare questo grano? E le muffe che si sviluppano? I funghi? E se ci sono state delle contaminazioni chi controlla? Ma che grano arriva a Bari? C’è qualcuno che controlla?
Il grano dell’Australia e dell’Ucraina va ad Altamura
E il grano di Altamura che fine ha fatto? E il grano del Salento leccese che fine ha fatto? E tutti quelli che fanno la pasta nel Salento leccese che grano utilizzano? Si usa grano Ucraino e Australiano per fare la pasta? E allora perché non lo scrivono sull’etichetta? Perché chi acquista la pasta non può essere messo a conoscenza se il grano è quello del Salento o se invece è grano ucraino o australiano? O se è fatto di miscele di grano?
di Antonio Bruno
Bibliografia
Terra e Cibo - Presa diretta andato in onda il 09 ottobre 2011. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9486082f-f08f-4608-a527-a24986c19fb5.html
mercoledì 7 dicembre 2011
L'incendio che distrugge le conifere del Salento leccese
L'incendio che distrugge le conifere del Salento leccese
Hai un giardino? Tu puoi piantare quello che vuoi! Il giardino rappresenta il luogo della libertà, puoi mettere dentro piante che hanno vissuto agli antipodi una accanto all’altra.
Se ci allontaniamo dal nostro giardino per guardare al Paesaggio che ci circonda allora c’è bisogno di grande attenzione. Nel paesaggio del Salento dobbiamo essere molto cauti quando ci viene l’idea di introdurre piante provenienti dalle altre parti del mondo.
Il discorso di Paolo Pejrone
Ho molto riflettuto sulle parole che ho ascoltato da Paolo Pejrone, architetto paesaggista, allievo di Russell Page, che ieri attraverso Radio 3 nella trasmissione Chiodo Fisso mi ha raccontato il modello di forestazione italiano ottocentesco, sciaguratamente importato da Germania e Austria, fondato sulle aristocratiche conifere contro una macchia mediterranea popolare e sicuramente più resistente e adatta alla difesa del nostro territorio.
Si, nel secolo scorso che si è puntato a piantare alberi estranei al Salento. Si bonificò la costa paludosa del leccese e degli Alimini e si misero specie che non erano originarie del Salento.
Queste piante che com’è evidente si sono adattate a fatica nel nostro ambiente hanno poi dovuto soccombere.
Una politica sbagliata di forestazione che ha copiato dall’Austria e dalla Germania ha imposto nel nostro Salento le famose pinete che sono sparse un po’ dappertutto e persino nella Città di Lecce con le pinete di San Cataldo.
Il fuoco che distrugge le conifere
Questi boschi di conifere puntualmente sono andate tutte a fuoco e continuano ad andare a fuoco e rischiano di scomparire e con loro il lavoro degli ex combattenti della prima guerra mondiale che furono impiegati in quei lavori dalla Società delle Bonifiche Ferraresi a cui lo Stato fascista aveva dato l’appalto per l’esecuzione di quei lavori.
Dove gli incendi sono frequenti noi avremmo dovuto piantare gli alberi e gli arbusti della nostra zona. Mi riferisco alla macchia mediterranea che è appunto originaria del nostro territorio.
Invece abbiamo assistito a queste foreste con una sola essenza appunto il pino così come accade alla Germania e all’Austria.
La macchia ha la caratteristica che dopo un incendio viene di nuovo fuori, per così dire risuscita.
Alcuni degli incendi:
http://www2.lecceprima.it/cronaca/fiamme-dolose-divorano-la-pineta-e-macchine-agricole.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/paura-a-torre-dell-orso-grosso-incendio-nella-pineta.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/appicca-le-fiamme-al-bosco-poi-prova-a-fuggire-in-vespa.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/di-nuovo-fiamme-a-santa-cesarea-a-fuoco-40-ettari.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/fiamme-a-porto-selvaggio-turisti-bloccati-nelle-ville.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/il-giorno-dopo-acqua-sulle-fiamme-della-follia.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/tre-grossi-incendi-fiamme-vicino-a-case-e-alberghi.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/giornata-di-incendi-tour-de-force-contro-le-fiamme.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/cesine-fiamme-dolose-distrutto-un-ettaro-di-canneto.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/fiamme-zona-montagna-spaccata-canadair-in-volo.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/caldo-record-e-incendi-divorati-cinque-ettari-di-bosco.html
La guida botanica del Salento
Chiedo soccorso alla Guida botanica del Salento scritto da S. Marchiori, P. Medagli, L. Ruggiero, , ed edito da Congedo Ed., Galatina 1998) e scopro che “La collocazione geografica della penisola salentina, lungo la linea ideale che, attraverso il Canale di Sicilia e la Calabria, collega la Tunisia all’Albania, ne fa uno degli elementi di congiunzione tra i due bacini, occidentale e orientale, del Mediterraneo, con notevoli conseguenze sulla composizione del suo patrimonio naturalistico, che viene a trovarsi nella zona di transizione tra due aree con peculiarità botaniche e zoologiche abbastanza evidenti. La vicinanza poi con la Penisola Balcanica fa del Salento, così come del promontorio garganico, una specie di ponte tra le due sponde dell’Adriatico. Le conseguenze di questa situazione geografica si ritrovano nelle caratteristiche della flora salentina, che comprende numerosi elementi propri dei due bacini, che si ritrovano al loro estremo di distribuzione, e una ricca serie di specie in comune con la sponda adriatica balcanica.
Ne risulta una composizione floristica di grande interesse scientifico per gli studi di biogeografia del Mediterraneo, oltre che per gli studi di sistematica. Un interesse reso ancora più grande dal discreto numero di specie rare od endemiche.”
Ma qual'era la vegetazione originaria del Salento?
Leggiamo ancora dal libro Guida botanica del Salento:
“Come molte altre zone del Mediterraneo il Salento era un tempo, prima che l’uomo operasse le trasformazioni suddette, ricoperto dalla foresta sempreverde mediterranea. Specie dominante era il leccio (Quercus ilex), accompagnato da poche altre specie arboree come la quercia virgiliana (Quercus virgiliana), ed altre di minor altezza quali l’alloro (Laurus nobilis), l’alaterno (Rhamnus alaternus), il corbezzolo (Arbutus unedo) ed il viburno-tino (Viburnum tinus). Numerose le entità lianose che arrampicandosi ai tronchi degli alberi portano, talora, i loro fiori e i loro frutti al di sopra dello strato arboreo: il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa), lo smilace (Smilax aspera) e la rosa di S.Giovanni (Rosa sempervirens).”
Nel 2050 il Salento leccese sommerso dall'acqua
Vi ricordate quei manifesti inquietanti che campeggiavano a Lecce e che mostravano la città sott'acqua? Ebbene molti studi dimostrano che l’attività umana sta stravolgendo il nostro pianeta. Basta guardare le foto che mostrano i ghiacciai di dieci anni fa e quello che è rimasto oggi per prendere atto che in Groenlandia si sono dimezzati. I grafici sull’incidenza di eventi castrofici, come gli uragani e le onde anomale, raccontano che sono raddoppiati negli ultimi 30 anni. La malaria è riuscita ad arrivare a 7000 piedi fin sulle Ande colombiane. Epidemie dai contorni incerti minacciano larghe parti del pianeta. Ed ecco il perchè di quei manifesti infatti se si continua così nel 2050 un milione di specie animali e vegetali saranno irrimediabilmente scomparse, l’Artico sarà sciolto e il livello delle acque salirà di 20 piedi e per questo potremo dire addio al nostro Salento e con ogni probabilità andremo a fare il bagno sull’Appennino.
Facciamo la nostra parte
I boschi svolgono una pluralità di funzioni che vanno da quelle più prettamente produttive a quelle, ugualmente fondamentali, a carattere ambientale come le funzioni di difesa idrogeologica, naturalistica, paesaggistica, oltre che quelle turistiche e ricreative.
Peccato che i soldi pubblici siano stati “buttai” in numerosi rimboschimenti effettuati su suoli (spessissimo poveri) con conifere (soprattutto pino d'Aleppo) e quasi sempre abbandonati a sè stessi. Tale scelleratezza se non sventata ha dato luogo alla necessità di urgenti interventi che mirino a dare ai soprassuoli strutture definitive e, ovunque sia possibile, l'avviamento alla costituzione di boschi naturaliformi mediante la graduale immissione di latifoglie autoctone.
Lecce e Brindisi le Province più povere di verde
Lecce e Brindisi sono le province italiane in assoluto più povere di verde, rispettivamente con un coefficiente di boscosità dell'1,4 e 1,5.
L’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC) del 2005 permette di definire la composizione delle specie arboree pugliesi (indicatore iniziale di obiettivo n. 19) e, in particolare, di evidenziare come ben il 73% della superficie forestale regionale sia rappresentato dalla macrocategoria delle latifoglie (quasi tutto nella provincia di Foggia) e solo il 13,8% da conifere (quasi tutto nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto).
Meno male che il patrimonio forestale pugliese si contraddistingue per una interessante presenza della Macchia mediterranea (oltre 15.000 ettari sulla base delle informazioni ISTAT) che rappresenta circa il 5,7% di quella complessiva italiana e il 10,5% di quella del Mezzogiorno. Ed è per questo che potremmo fare nostro l'appello per togliere le conifere per tornare alla macchia mediterranea che ieri ha fatto Paolo Pejrone. Caro Pejrone io ci ho provato, saremo ascoltati? Se così non fosse prepariamo le valige prima del 2050 e trasferiamoci tutti sull'appennino.
di Antonio Bruno
Hai un giardino? Tu puoi piantare quello che vuoi! Il giardino rappresenta il luogo della libertà, puoi mettere dentro piante che hanno vissuto agli antipodi una accanto all’altra.
Se ci allontaniamo dal nostro giardino per guardare al Paesaggio che ci circonda allora c’è bisogno di grande attenzione. Nel paesaggio del Salento dobbiamo essere molto cauti quando ci viene l’idea di introdurre piante provenienti dalle altre parti del mondo.
Il discorso di Paolo Pejrone
Ho molto riflettuto sulle parole che ho ascoltato da Paolo Pejrone, architetto paesaggista, allievo di Russell Page, che ieri attraverso Radio 3 nella trasmissione Chiodo Fisso mi ha raccontato il modello di forestazione italiano ottocentesco, sciaguratamente importato da Germania e Austria, fondato sulle aristocratiche conifere contro una macchia mediterranea popolare e sicuramente più resistente e adatta alla difesa del nostro territorio.
Si, nel secolo scorso che si è puntato a piantare alberi estranei al Salento. Si bonificò la costa paludosa del leccese e degli Alimini e si misero specie che non erano originarie del Salento.
Queste piante che com’è evidente si sono adattate a fatica nel nostro ambiente hanno poi dovuto soccombere.
Una politica sbagliata di forestazione che ha copiato dall’Austria e dalla Germania ha imposto nel nostro Salento le famose pinete che sono sparse un po’ dappertutto e persino nella Città di Lecce con le pinete di San Cataldo.
Il fuoco che distrugge le conifere
Questi boschi di conifere puntualmente sono andate tutte a fuoco e continuano ad andare a fuoco e rischiano di scomparire e con loro il lavoro degli ex combattenti della prima guerra mondiale che furono impiegati in quei lavori dalla Società delle Bonifiche Ferraresi a cui lo Stato fascista aveva dato l’appalto per l’esecuzione di quei lavori.
Dove gli incendi sono frequenti noi avremmo dovuto piantare gli alberi e gli arbusti della nostra zona. Mi riferisco alla macchia mediterranea che è appunto originaria del nostro territorio.
Invece abbiamo assistito a queste foreste con una sola essenza appunto il pino così come accade alla Germania e all’Austria.
La macchia ha la caratteristica che dopo un incendio viene di nuovo fuori, per così dire risuscita.
Alcuni degli incendi:
http://www2.lecceprima.it/cronaca/fiamme-dolose-divorano-la-pineta-e-macchine-agricole.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/paura-a-torre-dell-orso-grosso-incendio-nella-pineta.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/appicca-le-fiamme-al-bosco-poi-prova-a-fuggire-in-vespa.html
http://www2.lecceprima.it/cronaca/di-nuovo-fiamme-a-santa-cesarea-a-fuoco-40-ettari.html
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http://www2.lecceprima.it/cronaca/caldo-record-e-incendi-divorati-cinque-ettari-di-bosco.html
La guida botanica del Salento
Chiedo soccorso alla Guida botanica del Salento scritto da S. Marchiori, P. Medagli, L. Ruggiero, , ed edito da Congedo Ed., Galatina 1998) e scopro che “La collocazione geografica della penisola salentina, lungo la linea ideale che, attraverso il Canale di Sicilia e la Calabria, collega la Tunisia all’Albania, ne fa uno degli elementi di congiunzione tra i due bacini, occidentale e orientale, del Mediterraneo, con notevoli conseguenze sulla composizione del suo patrimonio naturalistico, che viene a trovarsi nella zona di transizione tra due aree con peculiarità botaniche e zoologiche abbastanza evidenti. La vicinanza poi con la Penisola Balcanica fa del Salento, così come del promontorio garganico, una specie di ponte tra le due sponde dell’Adriatico. Le conseguenze di questa situazione geografica si ritrovano nelle caratteristiche della flora salentina, che comprende numerosi elementi propri dei due bacini, che si ritrovano al loro estremo di distribuzione, e una ricca serie di specie in comune con la sponda adriatica balcanica.
Ne risulta una composizione floristica di grande interesse scientifico per gli studi di biogeografia del Mediterraneo, oltre che per gli studi di sistematica. Un interesse reso ancora più grande dal discreto numero di specie rare od endemiche.”
Ma qual'era la vegetazione originaria del Salento?
Leggiamo ancora dal libro Guida botanica del Salento:
“Come molte altre zone del Mediterraneo il Salento era un tempo, prima che l’uomo operasse le trasformazioni suddette, ricoperto dalla foresta sempreverde mediterranea. Specie dominante era il leccio (Quercus ilex), accompagnato da poche altre specie arboree come la quercia virgiliana (Quercus virgiliana), ed altre di minor altezza quali l’alloro (Laurus nobilis), l’alaterno (Rhamnus alaternus), il corbezzolo (Arbutus unedo) ed il viburno-tino (Viburnum tinus). Numerose le entità lianose che arrampicandosi ai tronchi degli alberi portano, talora, i loro fiori e i loro frutti al di sopra dello strato arboreo: il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa), lo smilace (Smilax aspera) e la rosa di S.Giovanni (Rosa sempervirens).”
Nel 2050 il Salento leccese sommerso dall'acqua
Vi ricordate quei manifesti inquietanti che campeggiavano a Lecce e che mostravano la città sott'acqua? Ebbene molti studi dimostrano che l’attività umana sta stravolgendo il nostro pianeta. Basta guardare le foto che mostrano i ghiacciai di dieci anni fa e quello che è rimasto oggi per prendere atto che in Groenlandia si sono dimezzati. I grafici sull’incidenza di eventi castrofici, come gli uragani e le onde anomale, raccontano che sono raddoppiati negli ultimi 30 anni. La malaria è riuscita ad arrivare a 7000 piedi fin sulle Ande colombiane. Epidemie dai contorni incerti minacciano larghe parti del pianeta. Ed ecco il perchè di quei manifesti infatti se si continua così nel 2050 un milione di specie animali e vegetali saranno irrimediabilmente scomparse, l’Artico sarà sciolto e il livello delle acque salirà di 20 piedi e per questo potremo dire addio al nostro Salento e con ogni probabilità andremo a fare il bagno sull’Appennino.
Facciamo la nostra parte
I boschi svolgono una pluralità di funzioni che vanno da quelle più prettamente produttive a quelle, ugualmente fondamentali, a carattere ambientale come le funzioni di difesa idrogeologica, naturalistica, paesaggistica, oltre che quelle turistiche e ricreative.
Peccato che i soldi pubblici siano stati “buttai” in numerosi rimboschimenti effettuati su suoli (spessissimo poveri) con conifere (soprattutto pino d'Aleppo) e quasi sempre abbandonati a sè stessi. Tale scelleratezza se non sventata ha dato luogo alla necessità di urgenti interventi che mirino a dare ai soprassuoli strutture definitive e, ovunque sia possibile, l'avviamento alla costituzione di boschi naturaliformi mediante la graduale immissione di latifoglie autoctone.
Lecce e Brindisi le Province più povere di verde
Lecce e Brindisi sono le province italiane in assoluto più povere di verde, rispettivamente con un coefficiente di boscosità dell'1,4 e 1,5.
L’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC) del 2005 permette di definire la composizione delle specie arboree pugliesi (indicatore iniziale di obiettivo n. 19) e, in particolare, di evidenziare come ben il 73% della superficie forestale regionale sia rappresentato dalla macrocategoria delle latifoglie (quasi tutto nella provincia di Foggia) e solo il 13,8% da conifere (quasi tutto nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto).
Meno male che il patrimonio forestale pugliese si contraddistingue per una interessante presenza della Macchia mediterranea (oltre 15.000 ettari sulla base delle informazioni ISTAT) che rappresenta circa il 5,7% di quella complessiva italiana e il 10,5% di quella del Mezzogiorno. Ed è per questo che potremmo fare nostro l'appello per togliere le conifere per tornare alla macchia mediterranea che ieri ha fatto Paolo Pejrone. Caro Pejrone io ci ho provato, saremo ascoltati? Se così non fosse prepariamo le valige prima del 2050 e trasferiamoci tutti sull'appennino.
di Antonio Bruno
Pubblicato da
Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce (Adaf Lecce)
alle
00:31
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