La gentile
giornalista Elisabetta Paladini mia ha scritto:
Innanzitutto Buon
Anno.......sono a lavoro per organizzare la mia prossima puntata su Radio
Regione Salento. Il prossimo appuntamento, che andrà in onda domenica 6 gennaio
dalle 11.00 alle 12.30, lo dedicherò alla Befana e alle tradizioni della festa.
Nel contesto mi farebbe piacere parlare anche dei chili accumulati durante le
feste. A tal proposito avrei bisogno di un intervento da parte di un esperto in
materia. Lei potrebbe intervenire parlando dei benefici della nostra dieta
mediterranea?
Potrebbe intervenire
durante la diretta venendo in studio o per telefono.
Mi faccia sapere
Elisabetta Paladini
L’Associazione dei
Dottori in Scienze Agrarie e Forestali si è dato il compito di divulgare il
modello nutrizionale della dieta mediterranea e per questo ho preparato l’intervento
che segue e che potrete ascoltare in diretta domenica 6 gennaio alle ore 11 sulla
Stazione radio “Radio Regione Salento” Lecce
: FM 101.5 Lecce Provincia : FM 106.0
e sul web in
streaming su www.regionesalento.eu
e-mail: radioregionesalento@gmail.com
Antonio Bruno
presidente ADAF Lecce
E’ ormai riconosciuto a livello scientifico che il modello
alimentare mediterraneo (dieta mediterranea) , privilegiando il consumo di
verdure, frutta, cereali e legumi, è quello che più si avvicina ad un regime
alimentare ideale per il corretto sviluppo fisiologico dell’organismo ed il
mantenimento dello stato di salute generale.
La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai
modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino mediterraneo.
Nel Salento leccese sino agli anni 70 si consumavano in prevalenza
grassi vegetali ed è per questo che per noi si tratterebbe solo di ritornare a
nutrirci così come si nutrivano i nostri nonni.
Oltre all’ Italia (soprattutto Liguria, regioni peninsulari
ed insulari), Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia
e Spagna; tale dieta ha avuto grande diffusione, specie dopo gli anni novanta,
in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli
Stati Uniti d'America.
Questa dieta è stata abbandonata nel periodo del boom
economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuta troppo povera e poco
attraente rispetto ad altre modalità alimentari provenienti in particolare
dalla ricca America, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente
riconquistando, tra i modelli nutrizionali, il posto che merita.
Questi modelli hanno in comune un elevato consumo di pane,
frutta, verdura, erbe aromatiche, cereali, olio d'oliva, pesce e vino (in
quantità moderate) e sono basati su un paradosso (almeno per il punto di vista
del nutrizionismo tradizionale): i popoli che vivono nelle nazioni del
Mediterraneo consumano quantità relativamente elevate di grassi ma, ciò
nonostante, hanno minori tassi di malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione
statunitense, nella cui alimentazione sono presenti livelli simili di grassi
animali. La spiegazione è che la gran quantità di olio d'oliva usata nella
cucina mediterranea controbilancia almeno in parte i grassi animali.
L'olio di oliva sembra infatti abbassare i livelli di
colesterolo nel sangue; si pensa inoltre che il consumo moderato di alcool
durante i pasti (equivalenti a 2 bicchieri al giorno per uomini e 1 per le
donne, in individui sani e normopeso) sia un altro fattore protettivo, forse per
gli antiossidanti contenuti nelle bevande alcoliche.
Secondo lo studio LYON eseguito dall'American Heart
Association (AHA), la dieta mediterranea diminuisce il tasso di mortalità della
malattia coronarica
Il sondaggio condotto dall’Università di Bologna ha dimostrato
che il 60% degli italiani ignora i principi di base di questa dieta e solo il
20% riesce a definirla in modo corretto.
Nel corso dell'XI conferenza europea sulla Nutrizione, sede
Madrid, il confronto è stato serrato. Tutti d'accordo però sulle regole base,
sintetizzabili in un indice di meditarraneità, tradotto in una sorta di pagella
di ciò che abitualmente si mangia. Voto massimo 9, per essere mediterranei doc a
tavola. Con un guadagno calcolato di anni di longevità. In teoria una ventina
d'anni in più. Statisticamente parlando. Gabriele Riccardi, diabetologo dell'Università"Federico
II" di Napoli, illustra come funziona:
«Un voto a tutto quello che si mangia dopo il vaglio
scientifico. Insomma il passato valutato modernamente e rilanciato come modello
culturale del futuro prossimo. Per la salute dell'uomo e per quella del
pianeta. Perché il migliore stile di vita alimentare è anche quello a
produzione eco-sostenibile».
Ed ecco la pagella:
pochi grassi animali + 1;
preferire i cereali integrali + 1;
frutta + 1;
verdura e ortaggi + 1;
frutta secca (noci, mandorle, nocciole, semi di zucca) + 1;
olio extravergine d'oliva + 1;
pesce (400 grammi a settimana) + 1;
consumo moderato di alcool (1-2 bicchieri di vino al giorno)
+ 1;
basso consumo di carne (massimo 250-300 grammi a settimana)
+ 1.
E siamo a 9.
Chi non mangia cosi è a zero.
I test scientifici hanno poi dimostrato che, a parte
l'attivita' fisica, un soggetto a regime alimentare abituale all'americana o da
zero punti guadagna 5 anni di longevità in buona salute aumentando il suo
indice di mediterraneità a tavola di appena due punti. Sempre che non abbia
gia' danni irreversibili di salute causati dal precedente regime alimentare
sbagliato. Tossico per le cellule.
Ma in che modo il modello alimentare mediterraneo si pone
come elemento che contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità?
Recentemente, accanto al modello di Piramide alimentare, che
spiega come adottare un’alimentazione equilibrata, è stato introdotto ed elaborato
il concetto di Piramide ambientale che analizza l’intero ciclo di vita (LCA)
delle diverse categorie di cibi, valutando l’impatto ambientale in termini di
emissione di gas serra (Carbon footprint), uso delle risorse idriche (Water
footprint) e uso del territorio (Ecological footprint) associato a ogni singolo
alimento.
In sintesi, le stime dei tre indicatori citati sono state
elaborate attraverso l’analisi dell’intera filiera – estrazione, coltivazione e
trattamento delle materie prime, fabbricazione, confezionamento, trasporto,
distribuzione, uso (crudo, cotto ed i diversi tipi di cottura), riciclo e
smaltimento finale.
L’ecological footprint è considerato l’indicatore più
completo in quanto, oltre all’utilizzo del territorio, tiene conto anche delle
emissioni di CO2. Ad esempio, è stato calcolato che l’impatto ambientale per la
produzione di 1 kg di carne bovina è pari a 105 m2 contro i 9 m2 occorrenti per
la produzione di 1 kg di ortaggi. In termini di consumi idrici, per la produzione
di 1 kg di pomodori freschi vengono utilizzati circa 150 litri d’acqua mentre
per ottenere un 1 kg di carne bovina ne vengono consumati 15.400.
Riclassificando, quindi, le categorie alimentari rispetto al
loro impatto sull’ambiente, si ottiene una piramide capovolta, che vede gli
alimenti a maggior impatto ambientale in alto e quelli a ridotto impatto in
basso. Come dato medio, è stato elaborato che per ottenere 100 calorie, il
modello alimentare mediterraneo provoca un impatto ambientale del 60% inferiore
rispetto a un’alimentazione di tipo nordamericano, in cui prevalgono carni e
grassi animali. Accostando le due Piramidi si ottiene una “Doppia Piramide” che
potete vedere di seguito.
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