Caro Antonio, è sempre un piacere
per un giornalista aver stimolato dibattiti. Ho letto il botta e risposta e
devo dire che del mio articolo è sfuggita un aspetto fondamentale: non vi è la
negazione degli impatti, del calo di biodiversità e del costo ambientale che
l'agricoltura moderna implica. Vi è semmai l'accusa a una popolazione aliena
all'agricoltura stessa di aver dapprima creato stili di vita del tutto
insostenibili e poi di aver girato il dito accusatore sugli agricoltori che
quegli usi insostenibili son stati chiamati a... sostenere. Oltre che laureato
in Scienze Agrarie, ho un dottorato in ecotossicologia e ho fatto dello studio
del destino, comportamento e pericolosità ambientale delle sostanze chimiche
una buona parte del mio bagaglio culturale e professionale. Per questo quando
sento tuonare contro i pesticidi, magari citando "La primavera
silenziosa" degli Anni 60, quando si usava DDT e parathion, non riesco a
trattenermi. Ciò accade pure quando vedo pubblicare report allarmistici sui
"pesticidi nel piatto" che certe associazioni ambientaliste propinano
come Al Qaeda propina bombe. Idem quando discuto con biologici, biodinamici e
"naturisti" che producono cibi del cui contenuto tossico naturale o
non sanno nulla o si ostinano a far finta di non sapere nulla. Concordo
pienamente sul suo auspicio al controllo diretto delle pratiche di difesa e
agronomiche in generale da parte degli agronomi. Ciò innalzerebbe molto il
livello professionale delle aziende agricole, nelle quali verrebbe magari
apportato anche un po' di quel approccio olistico che prevede anche la presenza
di siepi, l'interramento di sarmenti e l'uso maggiore di inerbimento e sostanza
organica. Concordo meno nell'abbinare i "chimici" con i piromani.
Ecco, questo l'ho trovato assolutamente fuori dalle righe e intriso più di
ideologia che di competenza agronomica. Cordialità, Donatello.
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