Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, tradotta
letteralmente, significa: "Ha ottenuto tutti i voti (un consenso unanime)
chi ha mescolato l'utile al dolce" (Orazio, Ars poetica, verso 343). In
altre parole: "Raggiunge la perfezione chi sa unire l'utile al
dilettevole".
Di tutti gli alberi noti che vivono sulla terra si può senz’altro
dire che l’olivo è il migliore di tutti, si può affermare che l’olivo è il
primo fra tutti e quindi che l’olivo è il re degli alberi.
Avventurosi sono di certo gli abitanti dei climi dolci dove alligna
l’olivo. Si conseguenza tutti noi salentini siamo avventurosi!
L’olivo è incerto ma bello, buono, valido, convincente, ma
solo in apparenza, troneggia come la quercia e come quest’ultima non depone mai
tutte le foglie ma se ne libera saggiamente poco a poco quando già ne produce
di nuove.
Il colore verde dell’olivo non né gaio né sfacciato ma quest’albero
è di un verde cupo, che si può meglio dire verde matronale. E poi per il fatto
stesso che le foglie dell’olivo sono verdi nella parte superiore e biancastre
nella parte inferiore accade che quando sono scosse dal vento è possibile
assistere a un colore misto dovuto al movimento che richiama fortemente il
verde mare, ovvero l’olivo è come Glauco
figlio di Poseidone e di una Naiade che notoriamente non tratteneva mai per sé
tutta l'abbondanza, ma la ripartiva tra gli amici e teneva per sé solo quanto
bastava per nutrirsi e vivere alla giornata. Oltre ad essere generoso e di buon
cuore, Glauco era anche bello come un dio, così l’olivo.
I rami dell’olivo ordinariamente sono di colore cenere anche
se vi sono olivi con la corteccia di color verde limone e altre con la
corteccia color verde nero. I rami si diffondono senza alcuna regolarità in
ogni parte dell’albero e si distribuiscono elevandosi in vari palchi.
I rami che poi diventano secchi vengono recisi dal proprietario
o fatti recidere da personale chiamato allo
scopo ma da ogni parte del tronco ne escono altri che vengono a loro volta
tagliati.
Il tronco dell’olivo è sforacchiato, cavernoso, spaccato e fin nella parte più interna può apparire senza
corteccia ma nonostante questo l’olivo non muore. Ma se dall’estremo margine
superiore gli rimane anche un solo fil
di verde da quello vegeta, rigermoglia , si riveste, si rafforza alla meglio e
produce. L’olivo produce per lunghissimi anni a meno che un colpo di vento non
lo divelga dalle radici per farlo schiantare sul terreno. Quell’olivo che
pareva prossimo alla morte continua a vivere tanto da vedere i figli, i nipoti,
i pronipoti di colui che aveva temuto per la sua morte.
Se l’olivo vegeta in un terreno e con il clima adatto
fruttifica anche se non viene coltivato. Le conferme a tutto questo vengono da
Tournefort in Voyage au Levant tom 2 lettre 22 che vede gli olivi di Efeso e
Smirne; stessa cosa nell’Ircania che è una provincia della Persia come scritto
da Salmon in Stato Presente del Mondo To. 5 Cap 6 e infine nelle vicinanze dell’antica
città di Cirene in Africa come descritto da Bousching in Nuova Geografia Ediz.
Venet. Tom 29 pagg 32,33.
L’olivo appena viene coltivato e potato per spronarlo eccolo
che briosamente rientra nella produzione e si possono ammirare i nuovi germogli
e i nuovi rami tanto che le cure che gli vengono fatte suscitano grande
risposta.
L’olivo fa sfoggio delle ricchezze della natura che
rappresenta quanto è in fiore e quando è in frutto ce lo ricorda V.Recherches
che nel suo libro Philosoph. Sur les Grecs del Sig. de Paw part 1 parafrafo 8
scrive: “Bellissimo senza dubbio a vedersi un ulivo quand’egli è in fiore; più
quanto se ne vegga una gran foresta. Interessante anche l’Iliade di Omero in
cui volendo l’autore descrivere la caduta del vago e vezzoso giovane Euforbo
morto in duello e disteso in terra da Melelao, lo assomiglia a un bel piantone
di ulivo vago, verde, fiorito e ben vegnente che sia di botto divelto e gettato
in terra da un fiero groppo di vento.
Dai rami dell’olivo trasuda un liquido che sulla brace
sparge un profumo insieme innocente e soave. Il legno dell’olivo bruciato nel
camino fa un fuoco allegro e durevole e se impiegato nei fabbricati come
materiale di costruzione regge nei secoli come confermato da V. Theofrast de
Histor. Plantar. Lib 5 cap. 5.
Se si sceglie e si usa il legno d’olivo per intarsiare ha un
bel marezzato che non si ottiene nemmeno con quelli che vengono ritenuti i
legni più ricercati. A questo proposito per avere un marezzo ritenuto il più
bello è bene utilizzare le radici dell’olivo e quelle protuberanze o gobbe che
si formano sulla ceppaia e sul tronco che vengono chiamate dai Greci Gongri
mentre i salentini che pure grecizzano molte voci le chiamano Celone per la
somiglianza che hanno con le testuggini.
Le olive (ovvero il frutto dell’albero di olivo) si ha la consuetudine
di addolcirlo in acqua e sale (salamoia) per tenerlo in serbo per tutto l’anno
tanto da utilizzarlo come graditissimo tornagusto a ogni mensa.
Le olive quando sono raccolte mature si può sperimentare che
sia gustoso sia messo sotto le ceneri calde o soffritto in padella o anche
crudo.
Le olive se vengono spremute anche a freddo o a mano danno
un olio così fino, delicato, perfetto e di tanta durata che può essere utilizzato
in moltissimi modi. L’olio delle olive non somiglia a nessun altro olio.
Infatti sono stati moltissimi gli olii che si usarono nelle
diverse nazioni o per condimento dei cibi o per usarlo come combustibile nei
lumi. Gli olii erano: l’olio di sesamo, l’olio di lentisco, l’olio di napo
selvatico, di rafano, di vinaccioli, di ricino, l’olio di cocco, di palma di
nimbo, di cartamo, di noce, di semi di faggio, l’olio di pesce ecc. ecc. tutti
però sono di gran lunga inferiori all’olio d’oliva.
Tra i Romani e tra i Greci il butirro [lat. butȳrum (e būty̆rum; cfr. burro), dal gr.
βούτυρον] stesso si reputava e si ricusava come cibo di gente barbara e
incolta. Insomma quando i Greci e i Romani dicevano Olio, intendevano solo l’olio
d’oliva, tutti gli altri olii si sono trovati aggiunti per supplemento.
Inoltre sia la sansa e la stessa morchia sono fonte di
profitto. In molti paesi produttori di olio i maiali pascolano la sansa di
olive, in altri paesi si nutre il pollame.
Inoltre serviva ai forni così come ci conferma Plinio che
dalla sansa ignis optissimus (dalla sansa si ottiene ottimo fuoco). La sansa
era in uso anche a Babilonia: Mulieres autem circumdatae finibus in viis sedent, succendentes ossa
olivarum (le donne bruciavano i residui dell’olivo). E della morchia diremo in
seguito.
Questo è l’olivo ed è diffuso per questo motivo ovunque il
clima, il suolo e la politica del govermo l’hanno permesso, ed è perciò che l’olivo
si dice, e si dirà sempre, che è il primo tra gli alberi della terra.
Giovanni Presta nel trattato Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l'olio, Parte Prima DELL’ULIVO, Capo I Dei pregi di cui l’olivo va adorno
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