Da decenni la civiltà contadina è ormai quasi completamente
scomparsa, persino nell’ambito delle micro comunità rurali del Mezzogiorno,
cancellata, dapprima, da un processo di modernizzazione senza sviluppo – un
intenso flusso migratorio, interno ed esterno, ha svuotato soprattutto i marginali,
piccoli e medi centri urbani, dagli anni ’80 del secolo scorso – e, in seguito,
omogeneizzata mediante il consolidamento ed espansione, a livello planetario,
della globalizzazione, che ha mistificato le identità e specificità
territoriali (gradualmente costruite in maniera ecosostenibile, nel corso dei
secoli), sempre più labili, vaghe e difficilmente leggibili, tanto dalle
generazioni attuali, quanto dalle successive. Il “grande libro della memoria”,
pertanto, si assottiglia inesorabilmente, perché, giorno dopo giorno, perde, nella
indifferenza generale, le pagine più belle, miniaturizzate dalla laboriosa e
dura fatica effettuata da milioni di instancabili contadini, i quali, con le
braccia, l’esperienza millenaria tramandata da padre in figlio (in larga parte
oralmente), hanno disegnato un paesaggio unico e originale, armonizzandolo non
solo con l’ambiente naturale, le peculiarità geografico-ambientali, le vicende
storiche, lotta per la sopravvivenza, sfruttamento, miseria, tensioni per il
possesso della terra e gestione dell’acqua, ma altresì con i complessi substrati
culturali, usi, costumi, tradizioni, valori, principi morali, generi di vita,
ecc. Fortunatamente, questo immenso patrimonio, viene custodito, anche se solo
parzialmente, nei tanti contenitori museali distribuiti sul territorio
nazionale. Ben vengano, allora, questi indispensabili ed interessanti “archivi
della memoria”, i quali, se, da un lato, salvaguardano, tutelano, gestiscono e
valorizzano le “eredità” (preziosi “lasciti” dei nostri padri ed elementi basilari
di distinzione in una realtà globalizzata), dall’altro, non devono solo
cristallizzare spezzoni di un passato che non ritornerà mai più, bensì, grazie
all’attiva partecipazione delle comunità locali, veicolare e stimolare il
dibattito passato-presente al fine di realizzare le fondamenta del futuro.
Il Museo della Civiltà Contadina “Terra di Vigliano”
richiamando, indirettamente, la dinamica delle forme di utilizzazione del suolo
e di gestione delle risorse, le caratteristiche della vita materiale e
spirituale della comunità, il duro lavoro compiuto dai nostri antenati, i
drammi esistenziali (individuali e collettivi), il religioso rispetto del
territorio (oggi sconvolto e saccheggiato dall’invadente processo antropico),
si manifesta come una “raccolta sistematica” della memoria locale, che onora i
tanti volontari-benefattori e offre alle giovani generazioni, uno strumento in
più, un “libro” costantemente arricchito di nuove pagine per riflettere sul
passato, conoscerlo ed amarlo.
L’iniziativa, progettata e realizzata da un gruppo di
Sandonatesi, si rivela, pertanto, particolarmente apprezzabile, in quanto
scaturita dal volontariato, dalla partecipazione della cittadinanza e dalla
guida di don Donato De Blasi, da tempo impegnato anche nel sociale e attività
missionarie. Notevole, infine, è il contributo offerto da Adele Quaranta, per
le doti di analisi e sintesi, conoscenza delle caratteristiche dei luoghi,
accurata ed equilibrata fusione tra tra presente e radici identitarie e
socio-culturali che rinsaldano le comunità.
Lecce, marzo 2012
DOTT. ALESSANDRO
LAPORTA
Direttore della
Biblioteca Provinciale
“N. Bernardini” di
Lecce
Il Il Museo
della Civiltà Contadina “Terra Di Vigliano” (ricade nel borgo antico di San Donato di
Lecce) è stato allestito in una “casa a corte”, modulo abitativo concepito come
dimora della famiglia povera contadina, che, raggruppando, sotto lo stesso
tetto, tutti i componenti familiari ed i suoi beni materiali (compresi gli
animali), favoriva la socializzazione, l’aiuto reciproco e la mutua protezione,
nonché consolidava i legami di parentela. I reperti esposti, dai più antichi a
quelli relativamente moderni – confluiti attraverso donazioni di attrezzi ormai
in disuso, provenienti da privati e botteghe artigianali –, testimoniano il
laborioso lavoro e la dura fatica degli instancabili contadini, i quali, con le
braccia, l’esperienza millenaria tramandata da padre in figlio (in larga parte
oralmente), hanno prodotto un paesaggio unico e originale, armonizzato con
l’ambiente naturale, le peculiarità geografico-ambientali e le vicende storiche
(lotta per la sopravvivenza, sfruttamento, miseria, tensioni per il possesso della
terra, gestione dell’acqua), da cui sono scaturiti complessi substrati
culturali, usi, costumi, tradizioni, valori, principi morali, generi di vita,
ecc.
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