Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
mercoledì 14 dicembre 2016
martedì 13 dicembre 2016
Enorme variabilità genetica da esplorare: gli esemplari selvatici del Salento leccese
comunicato stampa
ARRIVA DAL TERRITORIO SALENTINO UNA POSSIBILE RISPOSTA A
XYLELLA: INTERCETTATE, IN ZONE DISTRUTTE, DIECI PIANTE SELVATICHE DI ULIVO
ASINTOMATICHE E PRIVE DEL BATTERIO.
Arriva dal Salento una ulteriore speranza e linea di ricerca
per la convivenza con Xylella grazie al germoplasma di olivo rappresentato
dagli olivastri o meglio le tantissime nuove potenziali varietà originate da
semenzali spontanei sul territorio. Destano grande interesse dieci esemplari
unici di olivastri, che pur essendo cresciuti ed in alcuni casi anche entrati
in produzione in zone fortemente attaccate dal batterio, al momento, non
presentano sintomi di disseccamento e sono risultati negativi alle analisi per
Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I primi
territori interessati dalla malattia, ove tutte le piante sono state esposte,
per almeno quattro anni, ad una fortissima pressione di inoculo in presenza di
abbondanti popolazioni di vettori, si confermano un laboratorio a cielo aperto
ove poter condurre osservazioni e studi su ampia scala in pieno campo. Le
aspettative su questi esemplari unici sono cresciute in modo considerevole
osservando gli olivi coltivati delle principali varietà locali circostanti con
forti disseccamenti e, una volta analizzati, risultati contenere enormi
quantità di batterio. Oltre quindi all’individuazione nella varietà Leccino dei
primi meccanismi di resistenza al batterio ed all’avvio delle sperimentazioni
in zona infetta (sia con giovani piante inoculate o esposte ad infezioni
naturali che attraverso sovrainnesti su piante secolari sintomatiche) per
testare moltissime varietà italiane e mediterranee, lo studio dei semenzali
locali, andando ad esplorare una biodiversità ed una variabilità genetica ancor
più ampia, incrementa notevolmente la possibilità di individuare
fattori/caratteri di resistenza, tolleranza o addirittura immunità. In attesa
delle verifiche ed i necessari approfondimenti già avviati da parte della
comunità scientifica si continua a mantenere accesa la speranza di trovare
nello stesso olivo una soluzione “genetica” definitiva e non temporanea alla
malattia, considerata ormai non più eradicabile in gran parte del Salento.
Ma non basta, da una prima analisi dei profili genetici dei
semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità genetica, che alcuni
dei semenzali, come atteso, sono "figli" delle cultivar locali
Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. È questa la seconda interessante
importante novità che consentirebbe di preservare, in possibili nuove ed uniche
varietà locali, alcune delle caratteristiche delle varietà autoctone dominanti,
oggi nelle aree infette a rischio di estinzione proprio per colpa del batterio.
Ci si augura quindi che alcuni "figli" delle nostre cultivar possano
servire, attraverso gli innesti, a salvare il patrimonio olivicolo monumentale
mantenendo in questo modo una similitudine di tipo genetico/varietale con
l’attuale olivicoltura tradizionale salentina.
Questa linea di ricerca è partita da un'idea di Giovanni
Melcarne, Agronomo e presidente del Consorzio Dop Terra d'Otranto, il quale
perlustrando per circa sei mesi diverse zone focolaio in Provincia di Lecce ha
selezionato, dopo numerose verifiche in campo e in laboratorio, i dieci olivi
selvatici asintomatici e privi del batterio su un totale di circa 10.000 piante
osservate, nate anch'esse da seme. Tutto questo è stato reso possibile dal
costante supporto scientifico da parte del CNR (IPSP di Bari e IBBR di
Perugia), UNIBA e CRSFA “BASILE CARAMIA”, che fin dall'inizio, pur mantenendo
sospeso ogni giudizio definitivo in attesa delle verifiche scientifiche, hanno
condiviso e sostenuto con entusiasmo l’idea. E proprio per quest'ultime che si
è già provveduto a innestare le marze di questi dieci olivastri su piante
infette di Ogliarola in campo, come lo è stato per le 250 cultivar nel progetto
"Xylella quick tollerance test ", nonché su semenzali infetti in
ambiente controllato, al fine di accelerare i tempi per la verifica e arrivare
nel più breve tempo possibile a decretarne l’elevata resistenza o, si spera,
l'immunità al batterio. I ricercatori affermano che, se fosse raggiunto
l’obiettivo dell’elevata resistenza/immunità di questi o altri semenzali,
seppur la successiva valutazione produttiva/tecnologica/qualitativa di questo
germoplasma autoctono richiederà tempo, si disporrebbe comunque di caratteri
preziosi per il miglioramento genetico.
Per i ricercatori, quella dei “selvatici”, rimane comunque
una strada importante da percorrere e proseguire per almeno due ordini di
motivi; la quasi totalità delle attuali varietà mondiali di olivo deriva
proprio dalla selezione, operata dagli agricoltori per caratteri interessanti
produttivi e qualitativi, di semenzali spontanei e non da incroci controllati
solo recentemente avviati su olivo; numerosissimi, e quindi enorme la
variabilità genetica da esplorare, sono gli esemplari selvatici in Salento,
tutti geneticamente diversi e rappresentanti una importante banca di geni e
caratteri locali che potrà rappresentare una chiave di volta alla drammatica
fitopatia che affligge il nostro territorio.
lunedì 12 dicembre 2016
Presentata a Presicce una nuova linea di ricerca Xylella, dal dna degli ulivi selvatici una ” ricetta ” anti-batterio
Intercettati, nelle zone infette, 10 olivastri asintomatici
e privi del patogeno
Coldiretti Lecce: dai semenzali locali una speranza per
l’olivicoltura
Ulivi selvatici in grado di resistere a Xylella. Arriva dal
Salento una speranza per la convivenza con la “fastidiosa”, grazie al Dna
(germoplasma) di alcuni olivastri e alle tante nuove potenziali varietà
originate da semenzali spontanei sul territorio.
Coldiretti Lecce ha illustrato questa mattina (12/12) nella
Masseria del Feudo, in agro di Presicce una nuova linea di ricerca, nata da
un’intuizione dell’imprenditore agricolo Giovanni Melcarne e realizzata
con Cnr (Ipsp di Bari e Ibbr di
Perugia), Università di Bari e centro “Basile Caramia”. Ad accendere
l’interesse dei ricercatori, il ritrovamento in zone fortemente contaminate dal
batterio, di 10 esemplari unici di olivastri asintomatici negli agri di
Presicce, Ugento e Castrignano del Capo, risultati tutti negativi alle analisi
per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I dieci
olivastri (o semenzali) sono stati intercettati dopo una perlustrazione
capillare di “selvatici” e si trovano tutti vicini a ulivi risultati dalle
analisi in laboratorio carichi di batterio.
La ricerca sui semenzali locali, dunque, proverà ad
individuare fattori di resistenza, tolleranza o addirittura immunità a Xylella
fastidiosa. Dopo la buona notizia dei meccanismi di resistenza del Leccino e
l’avvio delle sperimentazioni in zona infetta (sia con giovani piante inoculate
o esposte ad infezioni naturali che attraverso innesti su piante secolari
malate) si andrà così ora ad esplorare
una biodiversità ed una variabilità genetica ancor più ampie. La speranza è
quella di trovare proprio nel “bosco” di ulivi salentini la soluzione
“genetica” definitiva alla malattia, considerata ormai non più eradicabile in
gran parte del Tacco d’Italia. Ma non solo. Da una prima analisi dei profili
genetici dei 10 semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità
genetica, il fatto che alcuni di essi sono “figli” delle cultivar locali
Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. E da questa “progenie” si potrebbero
preservare, tramite eventuali nuove varietà locali, alcune delle
caratteristiche delle cultivar autoctone dominanti, oggi a rischio di
estinzione nel Salento proprio per colpa del batterio.
“Si è già provveduto
a innestare le marze di questi dieci olivastri su piante infette di Ogliarola
in campo, come lo è stato per le 250 cultivar nel progetto “Xylella quick
tollerance test “, nonché su semenzali infetti in ambiente controllato, al fine
di accelerare i tempi per la verifica e arrivare nel minor tempo possibile a
decretarne l’elevata resistenza o, si spera,
l’immunità al batterio”, spiega il ricercatore del Cnr Perfederico La
Notte, che aggiunge: “Se fosse confermata l’elevata resistenza/immunità di
questi o altri semenzali, avremmo a disposizione caratteri preziosi per il
miglioramento genetico, anche se la valutazione
produttiva/tecnologica/qualitativa di questo germoplasma autoctono richiederà
del tempo”.
Per i ricercatori, quella dei “selvatici”, rimane comunque
una strada importante da percorrere per almeno due motivi: 1) la quasi totalità
delle attuali varietà mondiali di olivo deriva proprio dalla selezione, operata
dagli agricoltori per scopi produttivi e qualitativi, di semenzali spontanei e
non da incroci controllati (questi ultimi solo recentemente avviati su olivo);
2) nel Salento vi sono numerosi esemplari selvatici, tutti geneticamente
diversi e rappresentanti una importante banca di geni e caratteri locali che
potrà rappresentare una chiave di volta alla drammatica fitopatia.
“Il Salento leccese, in cui tutte le piante sono state
esposte, per almeno quattro anni, ad una fortissima pressione di inoculo di
Xylella – osserva il presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno – si
conferma, come più volte ribadito da Coldiretti un immenso laboratorio a cielo
aperto ove poter condurre osservazioni e studi su ampia scala, in pieno campo”.
“A questo punto – aggiunge il direttore di Coldiretti Lecce,
Giuseppe Brillante – ci auguriamo che alcuni “figli” delle nostre cultivar,
Ogliarola e Cellina, possano servire, attraverso gli innesti, a salvare il
patrimonio olivicolo monumentale mantenendo in questo modo una similitudine di
tipo genetico/varietale con l’attuale
sabato 10 dicembre 2016
La mia proposta per lo sviluppo dell’Agricoltura
La mia proposta per lo sviluppo dell’Agricoltura
Lo scorso 3 dicembre 2016
l’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di
Lecce e il Prof. Antonio Costa ordinario di Economia Aziendale dell’Università
del Salento hanno presentato il lavoro di ricerca ed elaborazione dati a cura
di Davide Stasi sullo stato e le prospettive dell’agricoltura pugliese.
I dati registrano un incremento delle aziende e degli
addetti nel settore primario e si può certamente affermare che tale sviluppo
negli anni prossimi potrebbe essere favorito dall’introduzione di pratiche
innovative nel settore primario attraverso una presenza capillare di consulenti
professionisti con Laurea Magistrale.
I pagamenti diretti
Dopo aver letto i dati ho formulato un ipotesi di lavoro per
l’ottenimento della presenza dei professionisti nelle aziende per favorirne l’innovazione
partendo dalla constatazione che la Pac stabilisce che i pagamenti diretti agli
agricoltori sono subordinati al rispetto delle norme in materia di sicurezza
degli alimenti, protezione dell'ambiente e salute e benessere degli animali.
Inoltre è noto che questi pagamenti interamente finanziati dall'UE e
corrispondono al 70% del bilancio della PAC.
E’ noto che il 30% dei pagamenti diretti sono legati al
rispetto, da parte degli agricoltori, di pratiche agricole sostenibili,
benefiche per la qualità dei suoli, la biodiversità e, in generale, per
l'ambiente
I pagamenti diretti in Puglia
Dai dati a mia disposizione ho accertato che, da quando a
marzo 2015 si è aperta la possibilità di presentare domanda, le aziende
richiedenti aiuto diretto in Puglia sono state 191.758: circa 50mila in
provincia di Lecce, 42mila nella Terra di Bari, 35mila in provincia di Foggia e
poi 29mila a Brindisi, 21mila a Taranto per finire con le 15mila della BAT. Di
queste, 18.643 non hanno avuto diritto all’erogazione (4.600 a Lecce, circa
4.000 nel tarantino e barese) perché sotto la soglia limite dei 250 euro
fissati dai nuovi criteri della Politica Agricola Comune. Complessivamente,
dunque, da ottobre scorso ad oggi sono state pagate 151.501 aziende pugliesi
(pari all’87,5% delle ammesse al pagamento dell’aiuto diretto) per un valore
totale di oltre 350 milioni di euro a fronte di 496 milioni richiesti. Ad
incassare la cifra più consistente è la Capitanata con oltre 131 milioni di
euro, seguita dalla Terra di Bari con 72 mln circa e dalla provincia di Lecce
con 56 milioni.
In Provincia di Lecce 50mila aziende per 300 dottori
agronomi e forestali
Innovazione è una parola chiave legata al cambiamento che
significa progresso, miglioramento della situazione esistente, avanzamento,
sviluppo. Anche in campo agricolo l’innovazione si lega fortemente non solo
allo sviluppo del settore primario ma diviene fattore determinante per lo
sviluppo delle aree rurali.
Allo stato possono accedere alle risorse finanziarie
destinate dal Piano di Sviluppo Rurale Psr all’innovazione solo gli
Imprenditori Agricoli Professionali (IAP) che dall’indagine risultano poco più
di 5mila ovvero appena il 10% di tutti gli aventi diritto all’aiuto diretto.
L’innovazione, all’interno della proposta che faccio, potrà
essere a disposizione di tutti e 50mila i beneficiari dell’aiuto diretto e
dovrà essere declinata come innovazione di prodotto e di processo, con
particolare attenzione alla dimensione di trasferimento (metodo).
Il professionista in possesso di Laurea Magistrale in
Agraria provvederà al trasferimento dell’innovazione. La domanda è se vi siano
le risorse finanziarie per raggiungere questo obiettivo. Per dimostrare che le
risorse ci sono faccio l’esempio delle risorse necessarie al trasferimento dell’innovazione nella
provincia di Lecce.
La dotazione finanziaria riveniente dall’aiuto diretto per
le 50mila aziende della Provincia di Lecce ammonta a circa 129 milioni di Euro.
Nella provincia ci sono 300 professionisti provvisti di
Laurea Magistrale in Agraria iscritti all’Ordine ognuno dei quali potrebbe fare accedere all’innovazione 166 Aziende
Agricole a lui affidate sino a raggiungere così tutte le 50mila aziende che in
questa provincia beneficiano dell’aiuto diretto.
Il costo dei 300 professionisti si aggira a circa 10milioni
di Euro annui che rappresenterebbe una riduzione dell’aiuto alle Aziende di
circa l’8%.
Secondo la mia opinione questa è la strada da seguire per il
futuro e ti chiedo cose ne pensi poiché nel caso tu sia d’accordo mi metto sin
d’ora a disposizione per un’iniziativa
per sensibilizzare dei decisori politici affinché tale proposta sia messa in
atto.
Antonio Bruno
Alfonso Pascale ha scritto:
Alla vigilia del consiglio agricolo europeo di lunedì, gli
eurodeputati Patrizia Toia e Paolo De Castro espongono sull’Unità le proposte
del PD per la revisione di medio termine della PAC e per il rilancio della
politica agricola nazionale. De Castro sintetizza in quattro parole chiave le
proposte per la nuova PAC: rinnovo
generazionale, modernità, sostenibilità e semplicità. In realtà, tutto è
ricondotto ad una maggiore flessibilità nell’erogazione dei premi per il primo
insediamento giovani, ad una semplificazione delle norme per l’accesso ai
prestiti e l’introduzione di uno strumento di stabilizzazione del reddito
specifico per ogni settore. Troppo poco per rilanciare l’agricoltura.
Bisognerebbe avviare una seria riflessione sull’efficacia degli aiuti diretti e
sullo spostamento di una quota rilevante di risorse da questa voce di spesa
allo sviluppo rurale. L’agricoltura ha un forte bisogno di innovazione.
Andrebbero concentrate molte più risorse in ricerca e formazione e in
animazione territoriale per dar vita a reti locali innovative. Senza una scelta
strategica europea per l’innovazione, non ci potrà essere nemmeno una politica
agricola nazionale. È sicuramente importante la scelta del governo di
cancellare una serie di tasse che hanno gravato finora sugli agricoltori e di
prevedere per i prossimi tre anni la totale decontribuzione a vantaggio dei
nuovi imprenditori under 40. Ma se gli agricoltori non saranno accompagnati nel
diversificare le attività e nell’individuare nuovi prodotti e nuovi mercati guardando
al mondo, non ci sarà futuro per l’agricoltura. Patrizia Toia auspica
giustamente che anche con il futuro governo possa proseguire il coordinamento
con il “sistema Paese” a Bruxelles. Ma tale lavoro avrà senso se sarà
individuata una chiara strategia che tutti possano vedere: uscire dal pantano
assistenzialistico che foraggia burocrazie inutili e costose e puntare con
convinzione e determinazione su risorse umane, sistema della conoscenza e
innovazione sociale. Sull'agricoltura aleggia il vento della rassegnazione e
del declino. Ci vuole davvero uno scossone per produrre cambiamento,
abbandonando i miti e le menzogne dispensate quotidianamente dai media e
passando alla concretezza progettuale nelle comunità-territori con mezzi
adeguati e modalità più semplici.
XYLELLA / ANNUNCIATA UNA CONFERENZA STAMPA DELLA COLDIRETTI: LA SOLUZIONE E’ L’OLIVASTRO?
XYLELLA / ANNUNCIATA UNA CONFERENZA STAMPA DELLA COLDIRETTI: LA SOLUZIONE E’ L’OLIVASTRO?
di Eleonora Ciminiello______Si svolgerà lunedì 12 dicembre 2016 a partire dalle ore 10:30 in agro di Presicce, presso la Masseria del Feudo, sulla provinciale Presicce – Lido Marini, la conferenza stampa in campo indetta da Coldiretti Lecce che ha lo scopo di illustrare l’intuizione dell’imprenditore agricolo Giovanni Melcarne, il quale ha “intercettato” in alcune aree del Capo di Leuca, in piena “zona infetta”, alcuni olivi selvatici che potrebbero essere immuni dal batterio.
Sembra che l’intuizione di Giovanni Melcarne abbia dato vita ad una nuova linea di ricerca realizzata con il Centro Nazione delle Ricerche Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (CNR IPSP) di Bari, l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (IBBR CNR) di Perugia, ai quali si aggiungono l’Università di Bari e il Centro “Basile Caramia”.
Tutti i dettagli dell’intuizione e della ricerca saranno illustrati, nel corso della conferenza stampa, dal presidente di Coldiretti Lecce, Giuseppe Brillante, dal presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno, dal presidente del Consorzio Dop Terra d’Otranto Giovanni Melcarne e da Pierfederico La Notte del Cnr Ipsp di Bari.
Il titolo scelto “Xylella: dagli olivastri anti-batterio una speranza per l’olivicoltura del Salento” lascia intendere che l’intuizione ha puntato gli occhi sugli arbusti selvatici dell’olivo, molto diffusi peraltro in Salento, da utilizzare come “anti-batterio” naturali. L’olivastro è l’olivo non addomesticato dall’uomo, quindi, se fosse in grado di non accogliere nei suoi vasi xylematici il batterio xylella, sarebbe una, seppur piccola, buona notizia.
La vera buona notizia l’avremmo solo quando oltre al batterio si comincerà a descrivere con analisi e dati alla mano la situazione dei terreni e quella delle falde.
Il Salento avrà la sua buona notizia quando oltre a cercare di scovare il batterio si cominceranno a fare analisi chimiche alle piante per comprendere nello specifico cosa va’ e cosa non va’, quando si comincerà a valutare l’agrosistema e l’ecosistema Salento nel suo complesso, e non ci si limiterà a testare la presenza o meno di un batterio o far salti mortali per sconfiggerlo: solo allora sapremo che qualcuno ha cominciato a fare sul serio, muovendosi per scovare la Verità sul Disseccamento Rapido dell’Olivo.
Per il momento ci limitiamo a fare una riflessone ad alta voce: non possiamo non pensare che di questi tempi, quando qualcuno ha un’intuizione o “un’illuminazione” bisogna incrociare le dita, e pregare molto intensamente, Xylella Docet.
Fonte: http://www.leccecronaca.it/index.php/2016/12/10/conferenza-stampa-coldiretti-la-soluzione-e-lolivastro/
Oleastro e Olivastro sono due piante completamente diverse
Antonio Bruno Caro Michele Trotti, non riesco a trovare al distinzione tra OLIVASTRO e OLEASTRO. Potresti chiarirmela? Ti riporto cosa afferma Treccani.it
Michele Trotti Caro
Antonio, il tuo dubbio è più che legittimo atteso che in letteratura
divulgativa, e non solo, spesso si usano i due termini scambievolmente.
La classificazione botanica dell’olivo resta comunque abbastanza
problematica. L’olivo (Olea europaea L.) appartiene
alla famiglia Oleaceae. La famiglia comprende più di 30 generi di cui 8
(Fraxinus, Jasminum, Ligustrum, Olea, Phyllirea, Fontanesia, Syringa e
Forsythia) sono presenti nella flora italiana (Pignatti, 1982). Tra
questi la Phillyrea latifolia è comunemente individuata come
olivastro (genere diverso dall’Olea).
Il genere Olea include 30-35 taxa, considerati specie, subspecie o varietà, di alberi e arbusti sempreverdi, nativi delle zone temperate calde e/o delle regioni tropicali (Taylor, 1945; Green, 2002). Nel genere si annoverano tre sottogeneri: Tetrlpilus, Paniculatae e Olea. Quest’ultimo è suddiviso in due sezioni:
- Ligustroides, con taxa che hanno infiorescenze terminali;
- Olea, con taxa con infiorescenze ascellari o subterminali; a questa sezione appartiene la specie Olea europaea L. che raggruppa forme coltivate e selvatiche dell’olivo (Green, 2002).
La specie può essere considerata un complesso di 6 sottospecie che si differenziano per determinati caratteri morfologici e per una specifica distribuzione geografica (Mazzolani e Altamurara, 1976-77; Besrnard et al., 2002):
- Olea europaea subsp. europaea corrispondente all’olivo del Mediterraneo;
- Olea europaea subsp. cuspidata con taxa del sud-est dell’Africa e Asia;
- Olea europaea subsp. maroccana endemica del sud del Marocco;
- Olea europaea subsp. cerasiformis corrispondente alle forme selvatiche della Macronesia;
- Olea europaea subsp. lapperinei presente nel Sahara e Nord Africa;
- Olea europaea subsp. guanchiaca.
E’ opinione comune a molti, tuttavia, che gli scambi genetici avvenuti tra la forma mediterranea e i rimanenti taxa hanno concorso, molto probabilmente, all’evoluzione dell’olivo attualmente coltivato (Besnard et al., 2001)
Nella subspecie europaea si distinguono due varietà botaniche:
O. e. subsp. europaea var. sylvestris (Mill.) Lehr., l’olivo selvatico o oleaster (comunemente indicato oleastro);
O. e. subspecie europaea var. europaea (communis o sativa), l’olivo coltivato.
La classificazione riportata ha subito nel tempo alcune rivisitazioni. Per eventuali approfondimenti, invito la consultazione del testo “Biologia e fisiologia dell’olivo” di Shimon Lavee in Enciclopledia Mondiale dell’Olivo (C.O.I.) 1996. Un caro saluto.
Il genere Olea include 30-35 taxa, considerati specie, subspecie o varietà, di alberi e arbusti sempreverdi, nativi delle zone temperate calde e/o delle regioni tropicali (Taylor, 1945; Green, 2002). Nel genere si annoverano tre sottogeneri: Tetrlpilus, Paniculatae e Olea. Quest’ultimo è suddiviso in due sezioni:
- Ligustroides, con taxa che hanno infiorescenze terminali;
- Olea, con taxa con infiorescenze ascellari o subterminali; a questa sezione appartiene la specie Olea europaea L. che raggruppa forme coltivate e selvatiche dell’olivo (Green, 2002).
La specie può essere considerata un complesso di 6 sottospecie che si differenziano per determinati caratteri morfologici e per una specifica distribuzione geografica (Mazzolani e Altamurara, 1976-77; Besrnard et al., 2002):
- Olea europaea subsp. europaea corrispondente all’olivo del Mediterraneo;
- Olea europaea subsp. cuspidata con taxa del sud-est dell’Africa e Asia;
- Olea europaea subsp. maroccana endemica del sud del Marocco;
- Olea europaea subsp. cerasiformis corrispondente alle forme selvatiche della Macronesia;
- Olea europaea subsp. lapperinei presente nel Sahara e Nord Africa;
- Olea europaea subsp. guanchiaca.
E’ opinione comune a molti, tuttavia, che gli scambi genetici avvenuti tra la forma mediterranea e i rimanenti taxa hanno concorso, molto probabilmente, all’evoluzione dell’olivo attualmente coltivato (Besnard et al., 2001)
Nella subspecie europaea si distinguono due varietà botaniche:
O. e. subsp. europaea var. sylvestris (Mill.) Lehr., l’olivo selvatico o oleaster (comunemente indicato oleastro);
O. e. subspecie europaea var. europaea (communis o sativa), l’olivo coltivato.
La classificazione riportata ha subito nel tempo alcune rivisitazioni. Per eventuali approfondimenti, invito la consultazione del testo “Biologia e fisiologia dell’olivo” di Shimon Lavee in Enciclopledia Mondiale dell’Olivo (C.O.I.) 1996. Un caro saluto.
Antonio Bruno Fermo
restando l'oleastro: TU SCRIVI [O. e. subsp. europaea var. sylvestris
(Mill.) Lehr., l’olivo selvatico o oleaster (comunemente indicato
oleastro);] quel'è invece L'OLIVASTRO?
Michele Trotti La Phillyrea angustifolia, non appartenente al genere Olea.
Michele Trotti La stessa Treccani si contraddice... http://www.treccani.it/.../olivastro_(Enciclopedia.../
Antonio Bruno ecco perchè la dizione olivastro nel caso specifico di ciò che avvenne in Sardegna è errata
Michele Trotti Ritengo di sì, ma, come dicevo, spesso i due termini sono utilizzati scambievolmente. Altro interessante particolare da notare è che un tempo gli innesti erano alti, in Sardegna come in Puglia. Poi in Puglia si è iniziato a far innesti bassi, come in Toscana, con nesti che sovente radicano soppiantando il soggetto e rendendo di fatto inutile l'innesto. Grazie a te.
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venerdì 9 dicembre 2016
giovedì 8 dicembre 2016
mercoledì 7 dicembre 2016
ORTO RACCOLTO GIARDINO COLTO
ORTO RACCOLTO GIARDINO COLTO
Giovedì 8 Dicembre - Piazza San Giorgio
MELPIGNANO - ore 10,00
ROSSO DI SERA - MERCATINO DEL GIUSTO
Giovedì 8 Dicembre - Piazza San Giorgio
MELPIGNANO - ore 10,00
ROSSO DI SERA - MERCATINO DEL GIUSTO
ORTO RACCOLTO / GIARDINO COLTO
'Orti e Paesaggi Rurali del Salento'
SEMI, CIBO, ALIMENTAZIONE, FIORI, ORTAGGI, TEATRO, MUSICA, DANZA E POESIA
La nostra iniziativa intende proporre una serie di pratiche ecosostenibili per la valorizzazione dei saperi antichi legati al rapporto con la Natura e la Terra che ci dona il cibo per vivere bene.
...
Sarà interessante far scoprire ai giovanissimi il ciclo naturale del cibo, quel cibo naturale di cui ci si è preso cura, nella fase della coltivazione, in quella della preparazione. Parliamo di quel cibo presente ancora nella nostra comunità e nella ‘dieta mediterranea’ patrimonio dell’Umanità. (Salvatore Gervasi )
'Orti e Paesaggi Rurali del Salento'
SEMI, CIBO, ALIMENTAZIONE, FIORI, ORTAGGI, TEATRO, MUSICA, DANZA E POESIA
La nostra iniziativa intende proporre una serie di pratiche ecosostenibili per la valorizzazione dei saperi antichi legati al rapporto con la Natura e la Terra che ci dona il cibo per vivere bene.
...
Sarà interessante far scoprire ai giovanissimi il ciclo naturale del cibo, quel cibo naturale di cui ci si è preso cura, nella fase della coltivazione, in quella della preparazione. Parliamo di quel cibo presente ancora nella nostra comunità e nella ‘dieta mediterranea’ patrimonio dell’Umanità. (Salvatore Gervasi )
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