Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
domenica 31 ottobre 2010
L’olio del Salento leccese protegge dal cancro e dall’infarto
L’olio del Salento leccese protegge dal cancro e dall’infarto
di Antonio Bruno*
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I polifenoli sono molecole antiossidanti, hanno la capacità o l’abilità di catturare e quindi bloccare i RADICALI LIBERI, chiamati anche “teppisti cellulari” per la loro capacità di attaccare il DNA (provocando le mutazioni genetiche) e i grassi polinsaturi (compreso il colesterolo colesterolo LDL”cattivo”, che in tal modo genera l’aterosclerosi) e l’olio del Salento leccese è ricchissimo di questa sostanza sconosciuta a tutti. In questa nota i motivi che devono informarci nel consumo dell’olio d’oliva del Salento leccese.
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Una telefonata da un amico, dobbiamo parlare di lavoro e lui è in campagna. Mi da appuntamento sulla San Pietro in lama (Le) – Lecce al distributore di benzina. Ci vado e lui arriva con i suoi due figli, mi saluta e insieme andiamo in azienda.
I proprietari abitano in azienda e hanno circa 500 alberi di olivo di 20 anni circa, le varietà sono equamente divise tra leccino, cellina (saracena) e oliarola leccese. Quell’uomo e quella donna che vivono in questo pezzetto di Paesaggio rurale non fanno raccogliere, da quando l’hanno acquistato, tutte le olive, non gli conviene, ecco perché hanno chiamato una squadra di raccolta che in 6 ore hanno messo nelle cassette 20 quintali di olive circa raccolte da ottanta alberi. Avevano racconatato che gli altri anni avevano fatto raccogliere le olive dagli alberi di leccino, quest’anno invece avevano optato per una raccolta dagli alberi di cellina (saracena) e oliarola leccese.
La produzione media degli ottanta alberi è stata di 25 chili ad albero.
Il frantoio mobile noleggiato ha la capacità lavorativa di un quintale di olive ad ora e quindi sono state necessarie 20 ore di lavorazione per molire le olive. Dalla molitura si sono ottenuti 2,5 quintali di olio extra vergine con una resa del 12,5%.
Un dato caratterizzante della olivicoltura del Salento leccese è l’estensione colturale media che è inferiore ai 2 ettari per circa l’ 80% delle aziende con circa il 40% inferiori ad 1 ettaro ed è per questo che l’utilizzo della raccolta meccanizzata è la soluzione che le squadre di raccolta stanno adottando.
La squadra chiamata per raccogliere le olive di questa azienda dispone di un trattore con un compressore e tre pettini con asta telescopica. Il compressore permette di utilizzare i sistemi pneumatici di potatura. Gli agevolatori portati dall’operatore permettono di non utilizzare le scale per raccogliere il prodotto in alto e risultano pienamente compatibili con il criterio di limitare l’altezza delle piante ai 4 metri. Vincoli sulla sicurezza hanno costretto all’abbandono delle scale con il raccoglitore a terra. La squadra che ha lavorato sei ore ha avuto un corrispettivo fatturato di 400 Euro.
Le olive sono state riposte in delle cassette e portate davanti al frantoio mobile disposto davanti al portico dell’abitazione. L’operatore prima di mettere nella tramoggia le olive raccolte provvede alla defogliazione, le olive vengono poi sottoposte in automatico al lavaggio, molitura, gramolazione e quindi alla separazione e al filtraggio. Alla fine si è ottenuto un prodotto che ha stupito il produttore. Infatti avendo negli anni precedenti molito le olive della varietà leccino, che è meno ricca di polifenoli, sostanze che sono tra i componenti più preziosi dell'olio vergine di oliva, si era abituato a un gusto meno amaro dell’olio! Ma c’è da ricordare che l’unico fra i grassi vegetali a essere ricco di polifenoli è l’olio di oliva vergine! Quindi c’è una certezza di provenienza se ci sono i polifenoli, infatti in quel caso è un olio d’oliva vergine o extra. I polifenoli determinano il caratteristico aroma fruttato e il gusto piccante e amaro, e nello stesso tempo, siccome sono dotati di un elevato potere antiossidante, sono un vero e proprio alimento funzionale.
Ma questa capacità antiossidante totale dei poilifenoli che cos’è?
Perché è meglio abbandonare il consumo dell’olio delicato per usare esclusivamente l’olio vergine piccante perché ricco di polifenoli?
Siccome i polifenoli sono molecole antiossidanti, hanno la capacità o l’abilità di catturare e quindi bloccare i RADICALI LIBERI, chiamati anche “teppisti cellulari” per la loro capacità di attaccare il DNA (provocando le mutazioni genetiche) e i grassi polinsaturi (compreso il colesterolo colesterolo LDL”cattivo”, che in tal modo genera l’aterosclerosi).
Quell’olio di ieri è un farmaco venuto fuori dalla terra di un proprietario che invece vuole un prodotto che non gli fa bene o che, per dirla meglio, ha nel contenuto di grassi la sua particolarità. Il mio amico Angelo tentava di spiegare queste cose al proprietario insoddisfatto che non vuole abituare il suo gusto al piccante dei polifenoli che lo proteggerebbero dal cancro e dall’infarto, un proprietario che all’elisir di lunga vita che la sua terra gli dona, e per il quale non chiede in cambio nulla, preferisce il gusto morbido e piatto di un olio non meglio identificato e di provenienza non certa.
Questa è la situazione delle persone del Salento leccese che usano l’olio d’oliva. Uomini e donne di questo territorio non sanno cosa sia un olio genuino che fa strar bene, preferiscono quell’olio che non ha queste caratteristiche e che quindi, potrebbe essere un miscuglio, blend o melange di olii che non sono d’oliva perché l’unico tra i grassi vegetali ad avere i polifenoli è l’olio vergine d’oliva.
Io mi chiedo e chiedo a te che mi leggi come facciamo a fare gustare e apprezzare agli Umbri o ai Toscani che hanno un olio piatto e con pochi polifenoli il nostro olio che invece è ricco ed è un vero e proprio elisir di giovinezza se nemmeno noi del Salento leccese sappiamo cosa sia un olio buono e genuino in quanto quando ci danno l’olio proveniente dall’oliarola leccese o dalla cellina (saracena) senza taglio non riusciamo ad apprezzare il piccante dei polifenoli?
Né è pensabile che siano gli assaggiatori, quei pochi che imparano a distinguere i diversi olii, ad essere gli ambasciatori dell’olio del Salento leccese buono, piccante, saporito e genuino perché molto ricco di polifenoli.
Io, Angelo Amato e tanti altri mangiamo olio piccante ricco di polifenoli, olio del Salento leccese ottenuto dalle piante di oliarola leccese e di celline (saracene), olio genuino! Noi e tanti altri quando ci propongono un olio che non presenta il piccante dei polifenoli, facciamo un atto potentissimo: non l’acquistiamo!
Abbiamo un potere immenso! Acquistare un prodotto è il risultato di un successo di chi lo fabbrica, solo così chi non riesce più a vendere olio povero di polifenoli si metterà a produrre olio buono e genuino com’è l’olio del Salento leccese.
Si tratta di capire, di provare e di acquistare solo l’olio piccante perché così saremo sani, difesi dal cancro e dall’infarto frutto del consumo dei grassi senza i polifenoli.
Un’ultima annotazione circa i costi di produzione tra raccolta e trasformazione l’olio degli amici di San Pietro in Lama è venuto a costare 3 Euro, ora mi chiedo e vi chiedo: come fanno a vendere l’olio nella bottiglia negli Ipermercati a 2,5 Euro? Chieditelo anche tu.
*Dottore Agronomo
sabato 30 ottobre 2010
Salento leccese del gusto a Km Zero!
Salento leccese del gusto a Km Zero!
di Antonio Bruno*
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Venerdì 29 ottobre 2010 presso QUOQUOMUSEO DEL GUSTO a San Cesario di Lecce si è tenuta "La conferenza da tavola". L’evento è stato realizzato dalla COLDIRETTI della Provincia di Lecce con il contributo della Camera di Commercio di Leccee in collaborazione con il Museo del Gusto, “La Matrabanca”, Associazione chef e maitre della penisola salentina e la rivista Qui Salento. In questa nota le suggestioni di un Dottore Agronomo che ha preso parte alla serata.
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A cena ieri sera ospite di Coldiretti Lecce, a San Cesario di Lecce, il paese in cui abito e che amo. C’erano tutti nella via più vecchia e antica del paese intitolata a Sant’Elia, riuniti in un luogo magico senza tempo che fu delle foglie di tabacco oramai scomparse.
In tanti immersi nell’ampio salone fatto di colonne che sostengono le volte a stella che per secoli hanno fatto da cielo a generazioni di “fimmene ca scianu allu tabaccu” (traduzione per i non salentini leccesi: donne che si recavano a lavorare nella fabbrica di tabacchi). Alle donne era riservato il lavoro “alla fabbreca” (fabbrica) in cui le foglie venivano lavorate da quelle mani sapienti istruite dalle “mèscie” (maestre) che tenevano d’occhio quelle ragazze del sud, che lasciavano intravedere gli occhi sempre vispi sotto quel fazzoletto che proteggeva le loro chiome; donne che popolavano una terra illuminata da un sole cocente che crea il giallo senz’acqua e che, nonostante ciò, continua a pullulare di vita attiva e genuina.
Titti Pece ci guida verso quelle preziose pubblicazioni che narrano una storia che è propria delle donne, le stesse che si occupano da sempre dell’alimentazione del Mondo; le donne che hanno creato il Mondo e che continuano a crearlo ogni volta che mettono al mondo un figlio; donna che si prende cura dell’uomo che la protegge e che rappresenta una sicurezza per i suoi figli.
La vita è legata al cibo, alla sapiente ricerca di frutti, di erbe, di semi ma che è anche legata alla loro cottura insieme a quella delle carni; di quegli animali che erano stati catturati dall’uomo che poi, nei millenni, avrebbe imparato a “non ammazzare” per addomesticarli, in modo da farne un aiuto e un alimento.
Titti Pece che mette in scena una narrazione della vita vera, fatta di carne e sangue, di profumi e di odori, una vita a cinque dimensioni nella quale la vista rappresenta la quarta e il gusto la quinta! Capite cos’è accaduto ieri sera? Suggestioni senza soluzione di continuità a San Cesario di Lecce!
Leo Piccinno, presidente della Coldiretti Provinciale di Lecce è molto soddisfatto quando afferma una verità che pochi conoscono: “Gli agricoltori non sono produttori di derrate alimentari. Sono invece produttori di cibo, di benessere, di piacere e di salute”. Ieri sera nella “Conferenza da tavola” di San Cesario di Lecce dei piatti preziosi e gustosi si è occupato Andrea Serravezza, chef salentino, Bocuse d’Or 2010 che con le sue creazioni ci delizia, ci coccola in un esplosione di gusto e di bellezza.
Ma ciò che mi ha colpito di più nella conferenza è stata la lectio magistralis del dott. Dario Stèfano, Assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia con una riflessione sulle opportunità offerte dalla realizzazione di un piano di sviluppo sinergico tra agroalimentare e turismo, tutte e due risorse naturali del nostro territorio. Compito della politica è pianificare e programmare interventi di sviluppo che siano funzionali alle proposte presentate dagli stakeholders. Compito della politica è selezionare quelle proposte che hanno lo sguardo rivolto alla ripresa occupazionale nei settori agroalimentare e turismo che rappresentano il volano dello sviluppo dell’economia del Salento leccese e delle intere Puglie. Già! Chissà perché gli stranieri non conoscono la Puglia ma le Puglie. Avete letto proprio bene gli stranieri sanno perfettamente che non esiste una Puglia sola ma le Puglie!
Ma d’altra parte non "Puglie" ma "Puglia" è la voce accolta nell'art. 131 della Costituzione della Repubblica Italiana. Perciò gli stranieri che ancora oggi preferiscono chiamare la nostra regione con il termine "Puglie" devono avere una ragione ben precisa se continuano a farlo, una ragione che è presente nella coscienza degli abitanti di questa penisola.
Pasolini pensava di raccogliere gli appunti di un suo viaggio in un volume “Le Puglie per il viaggiatore incantato” titolo che lo scrittore romano diede al libro di reportage nei nostri territori. Lo so, voi come me vi starete chiedendo come mai anche lui insiste nel plurale Puglie e non nel singolare Puglia.
Ma anche Ungaretti scrive nei suo otto racconti del viaggio nelle “Puglie” pubblicati sulla Gazzetta del Popolo dal febbraio al settembre del 1934.
Nelle pagine del Nuovo Quotidiano di Puglia del 21 giugno 2010 l'editore Paolo Pagliaro scrive: "La “salentinità” è un sentimento, una condizione psicologica, un privilegiato rapporto d’amore. E' salentina la musica, la moda, la località turistica presa d'assalto, l'industria del vino, i tamburelli della Notte della Taranta, sbarcati anche in Cina. E' salentino il barocco, sono salentini i Negramaro, i Sud Sound System, ed Al Bano. Rodolfo Valentino e Tito Schipa hanno realizzato il sogno americano. E ci sono anche gli stilisti, come Calignano e Capasa. Ci sono i jeans della Meltin'pot che vantano migliaia di clienti da un capo all'altro del globo. Ma il Salento è anche narrazione, quella di Winspeare, che predica la necessità di un “collante culturale” per tenere insieme le Puglie. Si, le Puglie.”
Quante suggestioni! E tutto quanto ieri a San Cesario di Lecce.
Certo che c’erano proprio tutti ieri sera e c’erano le sensibilità, le emozioni e il calore di una terra che si è riunita per partire alla volta del globo, per rivivere questa magia in ogni angolo del Mondo, per stabilire relazioni e per narrare la nostra storia che è quella che i nostri padri ci hanno raccontato e che i nostri figli racconteranno ai loro figli e ai figli dei loro figli. Già! Perché lo sappiamo tutti che è questo l’unico modo che permette di divenire eterni.
*Dottore Agronomo
martedì 26 ottobre 2010
Quale marchio per il Salento leccese?
Quale marchio per il Salento leccese?
di Antonio Bruno*
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Nella Tavola Rotonda di lunedì 25 ottobre 2010 organizzata dal Prof. Luigi De Bellis dell'Università del Salento molte proposte ma nessuna decisione comune su quale marchio sia più funzionale al territorio e alle produzioni del Salento leccese. In questa nota una proposta per superare l'attuale confusione che si traduce in un freno allo sviluppo.
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Ieri sera c'è stata una bellissima Tavola Rotonda organizzata dal Prof. Luigi De Bellis dell'Università del Salento sul tema Come tutelare i prodotti “tipici” che si è tenuta presso la Sala Conferenze del Rettorato. E' accaduto ciò che accade di solito nel Salento leccese ovvero anche in questo caso tutti i partecipanti hanno proposto una loro idea di pianificazione, una diversa dall'altra, tutte con belle intuizioni che rischiano di rimanere patrimonio inespresso e non armonizzato perchè le discussioni, le tavole rotonde, utilissime per partecipare a tutti le idee, non sono lo strumento adeguato per un progetto condiviso.
Il Salento leccese è parte di una società avanzata fortemente pianificata. La pianificazione del territorio del Salento leccese in senso generale ha due direttrici principali, quella economica (il budget, gli incentivi e disincentivi) e quella fisico-territoriale (il quadro delle risorse idriche o delle aree protette, o dei piani regolatori o delle infrastrutture di trasporto).
Voglio sottolineare con forza che le due attività di pianificazione sono decisive per determinare il futuro del Salento leccese compresa la sua “sostenibilità”, la qualità della vita e l’ambiente.
Quanto ho scritto è frutto del mio convincimento di tenere presente in ogni decisione strategica contemporaneamente la dimensione locale e quella globale. Lo so che tu che mi leggi hai già sentito da qualche parte lo slogan ambientalista per eccellenza: “Pensare globalmente, agire localmente” ma secondo la mia opinione lo sviluppo del Salento leccese è strettamente legato alle decisioni che andremo a prendere seguendo le indicazioni metodologiche di questo slogan.
Tutti concordiamo ch il marchio territoriale è uno strumento di garanzia di qualità e di sviluppo locale.
La procedura di registrazione di un marchio ha come scopo prevalente quello di costituire sul segno oggetto di registrazione un diritto di uso esclusivo circoscritto ai prodotti e/o servizi rivendicati ed ai prodotti e/o servizi a questi affini.
Per tornare alla tavola rotonda di Lunedì 15 ottobre 2010 per fare un esempio vi riporto le proposte di marchio territoriale che sono emerse nel dibattito. La prima è quella dell'editore di Telerama dott. Paolo Pagliaro con il suo “Salento doc” che ha sciorinato una serie di dati ricavati da un sondaggio che dimostrano il successo commerciale dell'iniziativa, è stata poi la volta del dott. Francesco Pacella assessore al Turismo e al Marketing Territoriale, con delega all'agricoltura e alle risorse del mare per la Provincia di Lecce che ha proposto l'introduzione delle De. Co. (Denominazioni Comunali d'origine dei prodotti agricoli) infine per non farci mancare nulla l'Assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia dott. Dario Stefano ha rimarcato la necessità di un solo marchio valido per tutti che lui individua in “Prodotti della Puglia”. Chi ha ragione? Chi ha torto? Dalle argomentazioni a sostegno dei vari marchi vengono fuori tutte buone ragioni, ma è del tutto evidente la mancanza di un luogo in cui tutti i portatori di interesse possano confrontarsi per poi confluire in un unico progetto e nel caso specifico un unico marchio che sia condiviso da tutti.
Qui non si tratta di decidere chi comanda, di imporre in maniera prescrittiva l'uso di questo o di quell'altro marchio, c'è invece la necessità di capire cosa si deve fare per stare insieme al fine di decidere ciò che poi potrà essere condiviso da tutti. L'altro giorno in un altro dibattito presso la Masseria Sani di Caprarica di Lecce un Ingegnere che si è definito “proveniente dalla Padania” affermava che presi singolarmente i Padani non hanno nulla di differente da noi meridionali, ma faceva l'esempio di un appuntamento per protestare in difesa dell'agricoltura che, se preso dai Padani alle ore 4 di mattina del giorno X, ha come risultato che tutti, ma proprio tutti, alle 4 di mattina sono presenti per protestare. Invece noi del Salento leccese per decidere un marchio territoriale del territorio Salento leccese abbiamo Telerama che riunisce una parte degli stakeholder ovvero una TV lcale ha individuato alcuni tra i soggetti "portatori di interessi" nei confronti dell'iniziativa economica “Marchio territoriale”, la Provincia di Lecce ne ha raggruppati altri e infine la Regione Puglia altri ancora, alcuni si sono riuniti a gennaio, altri a febbraio e altri stanno ancora aspettando di fare la riunione.
E' questo che fa la differenza! Ma è solo un problema di marchio? E' solo un problema di produrre e vendere di più? Secondo la mia opinione c'è la necessità e l'urgenza di analizzare la problematica “sviluppo sostenibile del Salento leccese”, perchè è sotto gli occhi di tutti che molti tentativi di riportare l’uso dello spazio fisico a criteri ambientali eco-sostenibili e quantificabili, sono legati al concetto di “soglia”, la risorsa minima da non intaccare; un concetto che allargato finisce in qualche modo per comprendere anche quello di “impatto” ambientale e di sviluppo ecocompatibile.
Quindi tutte le idee di pianificazione non possono essere derivate da esigenze esterne al territorio poiché tutto quanto dovrà essere prodotto nel Salento leccese deve essere oggetto di una valutazione etica alla problematica ambientale e sociale partendo da una sostanziale “critica” al modello economico che ha portato alle attuali condizioni.
Io sostengo con assoluta convinzione che alcune piccole mosse “dal basso” potrebbero rilanciare le azioni per uno sviluppo sostenibile e per una maggiore coscienza ecologica.
Per realizzare ciò è necessario prendere in considerazione l'opportunità che offre la progettazione partecipata, quale concreta realizzazione della partecipazione quale via alla sostenibilità, in un processo “a cascata”.
*Dottore Agronomo
lunedì 25 ottobre 2010
Progettazione partecipata della produzione, trasformazione e commercializzazione dell'olio lampante del Salento leccese
Progettazione partecipata della produzione, trasformazione e commercializzazione dell'olio lampante del Salento leccese
di Antonio Bruno*
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Nel Salento leccese prevale quasi ovunque la coltura specializzata dell'olivo, basata sulle varietà Cellina di Nardò (o Saracena) ed Ogliarola salentina e sono ancora molti gli oliveti secolari sui terreni marginali. Le piante secolari sono colossali e maestose, veri monumenti naturali attualmente oggetto d'attenzione e tutela grazie ad una legge regionale anche se da queste piante si produce quasi esclusivamente olio lampante che ha un prezzo di mercato troppo basso per rendere economica la raccolta. In questa nota la proposta di mettere i atto una progettazione partecipata per risolvere tale problema sociale.
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In auto andando in ufficio ascoltavo questa mattina alle 7 e 30 il Giornale radio 3 della Regione Puglia e tra gl altri si è trattato il tema della raccolta delle olive 2010. Il giornalista ha comunicato un dato del prezzo delle olive che a lui sembrava basso ma che invece a me sembrava straordinariamente alto rispetto alle notizie in mio possesso.
Insomma alle 7 e 30 di lunedì 25 ottobre 2010 il Giornale radio 3 della Regione Puglia affermava che il pezzo di un quintale di olive si era attestato intorno ai 30 Euro, invece le notizie in mio possesso danno ad Ugento (Le) un prezzo 15 Euro il prezzo di un quintale di olive raccolte da terra e di 8- 9 euro in agro di Supersano. Il dato relativo al prodotto sano raccolto dall'albero è invece di 20 – 25 Euro al quintale di olive.
Tutto questo accade oggi nel Salento leccese nonostante le prime proiezioni dei principali osservatori economici del settore, dall'Ismea alle Organizzazioni dei produttori, segnalano un potenziale incremento del 10% rispetto all'anno scorso.
Da anni tutti sappiamo che il freno maggiore allo sviluppo del settore dell'olio d'oliva è l'eccessiva frammentazione dei produttori di olive che genera una polverizzazione dell'offerta pagata dai produttori che spuntano i prezzi di cui ho scritto.
L'Unaprol e l'Unapol hanno siglato un accordo per concentrare l'offerta e per rafforzare in questo modo la posizione del produttore.
A livello internazionale c'è un incremento degli acquisti di olio extravergine di oliva secondo i dati Ismea/Nielsen relativi al primo semestre 2010 e questo dato trova conferma tra gli addetti ai lavori del Salento leccese che riescono a vendere tutto l'olio extravergine che si produce.
Ma è opportuno concentrare l'attenzione sulla produzione di olive del Salento leccese e su un dibattito che si è sviluppato con alcuni degli addetti ai lavori per chiedere un tavolo con tutti i portatori d'interesse dell'olivicoltura del Salento leccese da cui dovrebbero scaturire delle decisioni in ordine all'olio lampante che rappresenta l'80% della produzione di questo territorio e che spunta un prezzo troppo basso al punto di spingere a non raccogliere le olive.
L’ agricoltura del Salento leccese quindi basa la sua principale fonte di reddito sulla produzione dell’olio lampante che è un olio di oliva che risulta in origine non commestibile in quanto è proveniente da frutti maturi caduti sul terreno e raccolti spesso dopo molti giorni, che danno un livello di acidità superiore al 2%.
in passato, dal tempo dei romani fino al tempo delle guerre mondiali, quest’ olio alimentava l’ illuminazione stradale (da ciò il nome di lampante), invece oggi viene sottoposto a processi di rettificazione per ridurre l’ acidità ed essere reimmesso nel mercato alimentare come olio di oliva commestibile.
La rettificazione è fatta da industrie che non sono presenti nel Salento leccese e che pagano troppo poco questo olio.
Ma come fare ad evitare che il tavolo sull'olio lampante sia un parolificio senza fine e soprattutto come fare a far cambiare idea agli addetti ai lavori dell'olivicoltura del Salento leccese che vedono i tavoli come fonte di discussioni estenuanti, velleitarie ed inconcludenti?
Nella discussione di cui ho riferito io ho fatto la proposta di avviare le procedure per porre in essere la progettazione partecipata della produzione, trasformazione e commercializzazione dell'olio lampante del Salento leccese.
In pratica secondo la mia opinione si dovrebbe avviare una modalità di collaborazione tra i vari attori sociali della produzione dell'olio lampante del Salento leccese al fine di perseguire un obiettivo sociale e, indirettamente un vantaggio per i partecipanti ad un progetto.
La definizione più condivisa di progettazione partecipata è stata elaborata dal Copenhagen Centre e dal CSR Europee ed indica "persone e organizzazioni provenienti in modo combinato dal pubblico, dalle aziende, dalla società civile che stabiliscono volontarie, mutualistiche e innovative relazioni per raggiungere obiettivi sociali comuni attraverso la combinazione delle loro risorse e competenze". Il concetto "partnership" è connesso ad un'idea di concertazione, più dinamica e focalizzata sui bisogni della comunità e sull'assunzione di responsabilità dei diversi attori sociali anche in ottica di sussidiarietà, welfare mix e responsabilità sociale.
Lo strumento delle partnership si basa sulla convinzione che lo sviluppo non sia materia dei governi e delle amministrazioni ma della comunità e della società civile in primis, e che, nel processo di sviluppo, governi e amministrazioni devono avere il ruolo di facilitazione e di animazione di accordi di collaborazione sul territorio.
Sto facendo la Scuola di Progettazione Partecipata iniziativa, promossa dal Servizio Innovazione della Regione Puglia, finanziata con il P.O. FESR Puglia 2007-2013 e realizzata dal Formez in cui ho potuto toccare con mano che la partecipazione alla progettazione e alla valutazione dei servizi e delle politiche che affrontino e risolvano il problema della commercializzazione dell'olio d'oliva lampante del Salento leccese si può costruire solo a partire dalla connessione con le risorse formali e istituzionali delle esperienze di vita e delle naturali capacità di “fronteggiamento”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi” che i cittadini e le comunità mettono in atto affrontando le diverse evenienze della quotidianità.
Risulta perciò indispensabile dotarsi per la progettazione partecipata della produzione, trasformazione e commercializzazione dell'olio lampante del Salento leccese della di prospettive di lettura adatte alla comprensione delle diverse realtà, delle singole esperienze di vita, della peculiarità delle azioni di problem solving che coinvolgono gli individui, le famiglie, le comunità, le organizzazioni, trasformando questo enorme capitale sociale in risorsa collettiva.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Giornale radio 3 della Regione Puglia del 25 ottobre 2010
Ranieri Filo della Torre: Olivo e olio, Produzione in crescita tirano anche i consumi
Giorgio dell'Orefice: Prove di alleanza nella filiera made in Italy
Alberto Grimelli e Marcello Scoccia Le previsioni sulla campagna olivicola 2010/2011: vince il Medio Oriente http://www.teatronaturale.it/articolo/10032.html
Martano, tavola rotonda. il Salento dall'olio lampante al vero oro http://www.sudnews.it/notizia/35260.html
Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A., Trigilia C., Il capitale sociale. Istruzioni per l'uso. Il Mulino, Bologna, 2001.
Strauss A., Corbin J., Basics of Qualitative Research: Grounded Theory Procedures and Techniques, Sage, Newbury Park.
domenica 24 ottobre 2010
L’Alimentazione sana fa bene alla Terra Madre
L’Alimentazione sana fa bene alla Terra Madre
di Antonio Bruno
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Lunedì 25 ottobre 2010 presso la Sala Conferenze del Rettorato alle ore 17:00 l’Università del Salento ha organizzato, la tavola rotonda "Come tutelare i prodotti “tipici”, sicurezza alimentare ed economica del territorio".
I prodotti tipici sono caratterizzati da un forte legame al territorio, che, se individuato ed adeguatamente valorizzato, può promuoverne la diffusione tanto da generare significative filiere economiche in questa nota alcune considerazioni sulla centralità del cibo nella nostra vita.
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Oggi si parla di cibo, di alimentazione grazie a una sparuta minoranza che riesce a fare davvero tanto rumore, proprio come un albero che cade, anche se c’è una foresta immensa che cresce grazie a noi Dottori Agronomi e Forestali.
Per far funzionare il motore della tua auto vai al distributore di carburante, per camminare, parlare e vivere tu hai la necessità di acquistare il cibo! Inutile quindi tentare di banalizzare ciò che è al centro della nostra vita. I manager che fanno la pausa per la colazione li vedi continuare a parlare di importantissimi affari davanti a un panino o a un piatto tipico del localino che è nei pressi della sede dell’azienda. Tu stesso, che magari non ti occupi dei massimi sistemi, passi la tua giornata intorno ai momenti che dedichi al cibo, agli alimenti che hai scelto personalmente oppure che qualcuno ha scelto per te per poi offrirteli per rimetterti in forma e tornare alle tue occupazioni.
A Torino c’è chi ha messo a punto una manifestazione che si chiama Terra Madre per ricordare a tutti noi, suoi figli, che possiamo continuare a fare tutto quello che facciamo grazie alla terra, ai suoi frutti che vengono donati spontaneamente a tutti, senza distinzione, per vivere, e per ricordare che ti possono aiutare in tutto questo i Medici della Terra, i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali.
Uomini e donne si sono messi insieme a Torino per scrivere un documento che ci racconta la visione umana su energia, educazione, conoscenze tradizionali, diritti, leggi, beni comuni, salute, sistemi sociali, economia, biodiversità insomma tutto questo altro non è che parlare del cibo, di quello che mangiamo ogni giorno, di quello che mangi anche tu che mi leggi.
Uomini e donne si metteranno insieme domani 25 ottobre 2010, presso la Sala Conferenze del Rettorato alle ore 17:00, grazie all’Università del Salento che ha organizzato, la tavola rotonda "Come tutelare i prodotti “tipici”, sicurezza alimentare ed economica del territorio".
L’evento ha lo scopo, da un lato di diffondere la conoscenza dei prodotti tipici del territorio, la loro sicurezza alimentare ed il loro valore salutistico ai fini di una corretta alimentazione; dall’altro a generare un dibattito riguardo l’ideazione e definizione di idee utili a promuovere la tutela dei prodotti tipici del territorio e favorirne la conoscenza e l’acquisto, anche in loco, di quantità sempre maggiori.
I prodotti tipici sono infatti caratterizzati da un forte legame al territorio, che, se individuato ed adeguatamente valorizzato, può promuoverne la diffusione tanto da generare significative filiere economiche.
Inoltre, in relazione al concetto di sicurezza alimentare, i prodotti “tipici” sono la base del patrimonio alimentare del territorio e sono in grado di garantire la salute dei consumatori. Da questo derivano chiare potenzialità ai fini non solo dello sviluppo rurale (con un ritorno alla coltivazione di terreni ora incolti o sottoutilizzati) ma anche ai fini della crescita del turismo enogastronomico.
Allo scopo è auspicabile non la costituzione di sovrastrutture (Consorzi, Distretti, Enti etc.) ma la semplice organizzazione di una rete che consenta alle aziende di valorizzare i propri prodotti migliori sui mercati locali, nazionali ed esteri e di realizzare /organizzare collegialmente funzioni di informazione, promozione, vendita ed esportazione, anche tramite commercio elettronico. In aggiunta il collegamento con il mondo della ristorazione locale e con la rete dei ristoranti italiani all’estero potrà promuovere l'immagine dei prodotti “tipici” e potrà favorire la vendita anche di prodotti di nicchia non disponibili in quantità elevate.
Infine c’è da registrare l’approvazione dello scorso 19 ottobre 2010 da parte della Giunta regionale della Puglia, su proposta dell’Assessore alle Risorse Agroalimentari Dario Stefano, del disegno di legge “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, forestale e zootecnico”. La legge se sarà approvata dovrà tutelare un patrimonio antichissimo di varietà coltivate, di specie forestali e di razze autoctone pugliesi che purtroppo negli ultimi anni sono minacciate di erosione genetica o addirittura a rischio estinzione.
Come noto la tutela della diversità biologica è scientificamente dimostrato essere indispensabile per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi e quindi per fare si che si continuino ad avere i benefici apportati dall’ambiente nel suo complesso alla collettività.
Tutti voi che mi leggete siete invitati domani 25 ottobre 2010 alle ore 17.00 al Rettorato (ex Caserma Roasio nei pressi dell’Ex Convitto Palmieri) per discutere del cibo che mangiamo tutte le giornate della nostra vita per avere buone abitudini all'interno di uno stile di vita sano e per sapere cos’è un'alimentazione varia ed equilibrata. L’iniziativa di domani è adatta per tutta la famiglia ed è per questo che ti aspetto perché anche tu possa contribuire a un cibo buono per te e sostenibile per l’ambiente perché l’alimentazione sana fa bene alla Terra Madre e te lo dice un medico della terra!
venerdì 22 ottobre 2010
Domenica è sempre Domenica
Domenica è sempre Domenica
di Antonio Bruno
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Domenica 24 ottobre c’è la possibilità di vivere una domenica a Caprarica di Lecce un momento importante e unico nel calendario di chiunque abbia a cuore il cibo. La Masseria Stali è il luogo dove si realizza una fitta rete di relazioni nel nome di un cibo sostenibile, che sappia ancora trasmettere gioia, e a cui sia restituito il suo pieno valore.
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Domenica è sempre domenica, cantava il compianto Mario Riva dicendo che si sveglia la città con le campane. L’allegria di quella canzone, che vi invito a riascoltare, la potrete gustare domenica prossima a Caprarica di Lecce presso la Masseria Stali.
Io la domenica la ricordo per le scampagnate con i mie due genitori e le mie sorelle in cinque nella 600 verdina di papà che se ci fosse ancora sarebbe voluto venire certamente a gustare il buono della terra del Salento leccese che sarà disponibile anche a te che mi leggi domenica prossima presso la Masseria Stali.
Insomma per Domenica 24 ottobre c’è la possibilità di vivere una domenica a Caprarica di Lecce, e tu che stai seguendo con i tuoi occhi la linea che si torce per formare le parole sarai sicuramente con noi tutti in Via Cisterna Vecchia accolto, coccolato e vezzeggiato nella Masseria Stali. La Masseria è aperta la mattinata di domenica 24 per la degustazione del prodotti, ed è qui che potrete vivere la relazione tra la vita dell’uomo, il lavoro e la produzione degli alimenti.
Lo sappiamo tutti che il Salento leccese è stato organizzato economicamente e socialmente nelle Masserie che nel Medio Evo furono costruite dai contadini e coloni sulla terra che non era di loro proprietà, su quello che un tempo era il latifondo di cui non è rimasta più nessuna traccia considerato che oggi 200 mila proprietari si dividono i 200 mila ettari della superficie del Salento leccese.
Caprarica di Lecce la cittadina posta a 60 metri d’altezza è sul fianco nord orientale della Serra di Galugnano e la cosa davvero unica e che dalla Masseria Stali la vista di questo rilievo ti farà godere di un panorama mozza fiato!
La Masseria Stali è inserita nella “strada dell’olio” Antica Terra d’Otranto Adriatica che è uno dei percorsi di turismo gastronomico, naturalistico e paesaggistico che la Regione Puglia ha riconosciuto al Salento leccese, la Masseria è immersa negli oliveti secolari, circondata dai tappeti storici insomma è un architettura rurale che è sorta tra siti archeologici e naturalistici.
La cosa che certamente ti suggestionerà al punto che non vedrai l’ora di andare è che nella Masseria Stalli di Caprarica di Lecce è possibile assaporare la forza rustica della cucina e del vino del Salento leccese in armonia con la raffinatezza dei sapori, dei profumi e dei colori della ristorazione di altissimo livello.
Devi venire a Caprarica di Lecce alla Masseria Stali, c’è il viaggio che dura tutto l’anno. Devi venire se vuoi sapere tutto sull’olio e sui prodotti di questa terra. Ho provato una grande emozione nell’attraversare le strade che conducono alla Masseria Stali, la presenza della Serra di Galugnano mi ha fatto divenire cacciatore di piante. Dopo aver assaporato e gustato gli alimenti più buoni del globo potrai fare una passeggiata sui territori incontaminati della serra e scorgere piante che vegetano solo qui, in questo luogo dove la biodiversità c’è e c’è sempre stata.
Una cosa che potrai ammirare andando domenica 24 ottobre alla Masseria Li Stali è la presenza del fotovoltaico in un percorso di autonomia energetica.
Un impianto fotovoltaico per ridurre i costi in bolletta del frantoio della Masseria realizzato ad inseguimento perché il frantoio consuma annualmente 15.000 kWh/anno mentre i per la struttura di accoglienza turistica i Consumi elettrici annuali sono di 10.000 kWh/anno .
L’impianto fotovoltaico ha Potenza elettrica installata di 47 kWp, con una produttività media annua di 90.000 kWh elettrici.
La corrente elettrica prodotta viene venduta e parzialmente c’ un autoconsumo.
La Tariffa incentivante riconosciuta dal GSE è di 0,46 Euro/kWh prodotto.
E’ interessante il tempo di ritorno dell' investimento di 7 anni con finanziamento bancario pari
all'80% dell'investimento.
Un percorso verde quello intrapreso dalla Masseria Stali di Caprarica di lecce, nessun inquinamento proviene dalla Masseria Stali, aria incontaminata, paesaggio suggestivo e caratteristico e cibo buono e raffinato tutto questo a un passo dalla città di Lecce.
La degustazione di Domenica 24 ottobre 2010 è un evento educativo, perché permette di imparare, conoscere, confrontare e informarsi ed è soprattutto una festa, fatta per conoscere ciò che mangiamo e celebrare le persone che sono coinvolte nella produzione del cibo.
Allora che aspetti? Vieni anche tu a Caprarica!
Az. Agr. Piccinno Pantaleo
Via Cisterna Vecchia, Masseria Stali - Caprarica di Lecce
Tel. 0832.822295 - 328.4536869
sabato 9 ottobre 2010
Uscire dal tunnel della “monotonia agricola” per ottenere una nuova Pac
Uscire dal tunnel della “monotonia agricola” per ottenere una nuova Pac
di Antonio Bruno*
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La mia nota sulla Pac ha prodotto due interventi che vengono riportati insieme a una nuova serie di osservazioni e dati. In questa nota si rileva il bisogno di una forte spinta sociale per imporre all'attenzione generale l'emergenza del paesaggio rurale dell'Europa
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Ho ricevuto due scritti che a seguito della mia nota sulla PAC: http://www.viniesapori.net/articolo/senza-una-nuova-pac-ovvero-la-disfatta-del-paesaggio-rurale-0910.html
il primo è del Dott. Alfonso Pascale http://www.alfonsopascale.it/
Caro Dottor Bruno,
le sue considerazioni sono dettate dal buon senso e dovrebbero essere immediatamente recepite dalla politica. Ma purtroppo non ci sono più forze politiche padrone di se stesse; e quelle attuali si lasciano condizionare in ...modo imbarazzante da organizzazioni che rappresentano più le proprie strutture sindacali che gli interessi globali dell'agricoltura italiana. La quale si compone di molteplici soggetti: imprenditori professionali, produttori part time, agricoltori amatoriali, tutti gestori del paesaggio rurale, che è il bene pubblico da salvaguardare.
e il secondo dal Dott. Mario Carminati http://ec2.it/mariocarminati
Il tema del riconoscimento economico agli agricoltori dei servizi "ecosistemici" ,della cura del paesaggio e dei servizi ambientali e paesaggistici alla collettività è un tema antico e complesso: condivido con l'autore la necessità di porre maggiormente l'attenzione a questi temi. Non ho dubbi che l'agricoltura italiana necessiti di progetto oltre che di misure di sostegno. Ad esempio penso che debba essere indagata con maggiore attenzione la relazione tra prodotti agricoli di qualità (a partire dalle piccole produzioni locali italiane che costituiscono uno dei più grandi patrimoni culturali e di biodiversità del mondo) e paesaggio di qualità. Questa riflessione dovrebbe essere estesa alla legge urbanistica nazionale e, di conseguenza, alle normative pianificatorie regionali che, a fronte di uno spaventoso consumo di suolo e di paesaggi, non prevede in maniera esplicita, ad esempio, la figura del dottore agronomo e del dottore forestale all'interno dei gruppi multidisciplinari cui affidare la pianificazione territoriale anche a scala comunale.
Non nascondo la soddisfazione che ho provato per le due note sopra riportate e, nello stesso tempo, non posso fare a meno di rilevare lo stridore tra noi che abbiamo dimostrato il valore economico dei servizi ecosistemici resi dai proprietari del Paesaggio agrario alla collettività chiedendo che lo stesso venga riconosciuto affinchè tali servizi vengano pagati da tutti i cittadini e le dichiarazioni rese dal Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro alla Fiera del Levante durante i lavori della prima conferenza nazionale di ascolto sulla riforma della Politica agricola comunitaria, a cui hanno partecipato oltre allo stesso De Castro, il sottosegretario alle Politiche Agricole Antonio Buonfiglio e i rappresentanti nazionali di tutte le Organizzazioni di Categoria dello scorso settembre 2010. In quella circostanza De Castro ebbe a dire: “ La Pac ridistribuirà le risorse secondo nuovi criteri con effetti enormi sui territori. Non ci sarà più alcun riferimento ai “premi” storici, ma verranno introdotti criteri nuovi di trasparenza, di equità, di giustizia che terranno conto della qualità delle colture e del lavoro.....Siamo tutti impegnati nel riportare al centro della riforma il tema del reddito degli agricoltori, che soffrono più di altri gli effetti di un mercato ancora senza regole. Per questo abbiamo bisogno di un protagonismo nuovo del Sistema Italia”.
La visione del Presidente De Castro prevede una Pac rivolta esclusivamente agli Imprenditori Agricoli professionali. Una visione “monotona” condivisa da gran parte degli addetti ai lavori. Per discutere meglio di questa visione ancora molto diffusa tra “gli addetti ai lacvori” voglio riportare i dati del Rapporto Eiro sulla rappresentatività nel settore agricolo in Italia dell' European Commission, Eurostat, (Community Labour Force Survey – LFS) http://www.eurofound.europa.eu/eiro/studies/tn0608017s/it0608019q_it.htm .
L’ultimo censimento del settore agricolo in Italia (2000) ha registrato circa 2,5 milioni di aziende agricole, con un calo di circa il 14% rispetto al 1990. Nel 2004 se ne registrano 2,2 milioni, e secondo la classificazione Europea, che esclude quelle con meno di un ettaro di Superficie Agricola Utilizzabile, o con produzione di valore inferiore ai 2.500 Euro), sono 1,9 milioni.
Riporto le caratteristiche generali della forza lavoro del settore agricolo:
Numero di aziende agricole nel 1993 3 milioni nel 2004 1,9 milioni;
Forza lavoro complessiva* nel 1993 1,1 milioni di persone nel 2004 990mila persone.
Aggregate sectoral employment as a % of total employment in the economy(Aggregato di occupazione settoriale come% dell'occupazione complessiva nell'economia) nel 1993 il 5,4% e nel 2004 il 4,2%;
Aggregate sectoral employees as a % of the total number of employees in the economy (dipendenti di aggregazione settoriale come% del numero totale di dipendenti per l'economia) nel 2004 si ha il 2,6%.
Il 69% degli occupati, in termini di persone fisiche, in agricoltura è costituito da maschi; il 49% è impiegato al Sud, mentre il restante 51% è distribuito tra Nord (38%) e Centro (13%). Il rapporto tra lavoro agricolo e popolazione è mutato molto rapidamente nel decennio qui considerato. Nel 1994, infatti, vi erano 32 abitanti per ogni unità di lavoro agricola, mentre nel 2004 ve ne sono 46.
Infine il settore dell'agricoltura rappresenta il 2 – 3% del Prodotto interno lordo italiano.
Vi rimando alla lettura di tutti i dati per approfondire le mie affermazioni.
Riporto infine quanto scritto e riportato negli atti dell'ASSEMBLEA del 21 giugno 2010 organizzata dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro sul tema Osservazioni e Proposte “LO STATO DI ATTUAZIONE DELLA NUOVA PAC (Politica Agricola Comune) ED I PSR (Piani di Sviluppo Rurale)” http://www.agrotecnici.it/cnel/nuova%20PAC%20e%20piani%20regionali.pdf
“Il problema del corretto uso del suolo, in un Paese come l’Italia, costretta da una orografia particolare (con molte zone montuose o marginali e le già scarse pianure fortemente antropizzate), è di grande attualità; il consumo di territorio per fini non agricoli non cessa di crescere, complice anche l’assenza di una vera cultura urbanistica, incapace di vedere la campagna diversamente da un “vuoto da riempire”.
L’agricoltura invece opera sul territorio come cosa viva ed esplica potenti effetti positivi: mantiene la fertilità dei suoli, regimenta le acque, previene i dissesti idro-geologici.
Dobbiamo fare uno sforzo di uscire dal tunnel che impedendoci di vedere cosa c'è intorno fissa il nostro sguardo a una visione di un agricoltura italiana fatta “esclusivamente” da persone che lavorano nel settore agricolo in maniera esclusiva o da Imprenditori professionali, che come abbiamo visto sono meno di un milione di persone sui 60 milioni di abitanti del nostro paese.
Dobbiamo tutti uscire dal tunnel delle lamentazioni senza fine, dobbiamo uscire dal tunnel della narrazione di un Italia agricola del primo dopoguerra che oramai non c'è più! I proprietari del Paesaggio agrario Italiano devono alzare la testa e, con la schiena dritta, dire basta! Devono dire basta alla fornitura di servizi gratuiti all'intera collettività! Basta assorbire i gas nocivi presenti nell'aria, basta effettuare la produzione di cibo, basta con la depurazione dei rifiuti organici e basta con l'erogazione di valore ricreativo e culturale che svolgono gli spazi verdi. Sino al 2010 i proprietari del Paesaggio agrario hanno fornito GRATIS questi servizi ecosistemici alla collettività.
Ora i proprietari del Paesaggio agrario non possono più farci questo regalo!
C'è bisogno di una forte spinta sociale per imporre all'attenzione generale questa emergenza: l'emergenza territorio. Imporre! Già perchè Leo Longanesi ricordava a tutti che “Questo è il paese che alle manutenzioni preferisce le inaugurazioni!”.
*Dottore Agronomo
venerdì 8 ottobre 2010
Senza una nuova Pac ovvero la disfatta del Paesaggio rurale
Senza una nuova Pac ovvero la disfatta del Paesaggio rurale
di Antonio Bruno*
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L'8 ottobre a Lecce, in occasione della quarta Conferenza economica, i presidenti diCia-Confederazione italiana agricoltori, da Confagricoltura e da Copagri Giuseppe Politi, Federico Vecchioni, Franco Verrascina hanno sottoscritto un documento unitario sulla Pac post 2013. In questa nota le obiezioni sollevate da un dottore agronomo.
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Tre delle quattro organizzazione delle imprese agricole hanno presentato a Lecce un documento per la Politica Agricola Comune del dopo 2013 che, tutto sommato, ripropone i tre assi della PAC 2007 – 2013 ovvero pagamenti diretti, misure di mercato e assi dello sviluppo locale.
Inoltre secondo Cia, Confagricoltura e Copagri la Pac del dopo 2013 dovrà contenere nuovi e, rispetto ad oggi, più' efficaci strumenti per favorire la ricomposizione fondiaria, il ricambio generazionale e l'ingresso dei giovani in agricoltura.
Il dibattito di Lecce ha decretato la convinzione che la Pac non potrà', da sola, aiutare i produttori agricoli a superare le criticità' della nostra agricoltura ed a valorizzare e consolidare le tante eccellenze ed i punti di forza. A Lecce pare sia stato detto a chiare lettere che i produttori agricoli italiani hanno bisogno di un progetto per l'agricoltura perchè le imprese agricole, soffrono la concorrenza esercitata da paesi che hanno il vantaggio di minori costi produttivi o di più' efficienti dimensioni strutturali ed organizzative.
Scrivo ciò che penso e quindi mi chiedo e chiedo ai produttori delle organizzazioni Cia, Confagricoltura e Copagri sono a conoscenza che le risorse che l'Unione Europea destinerà all'agricoltura dopo il 2013 saranno inferiori a quelle del 2007. Ecco perchè le richieste del documento di Lecce mi sembrano un atto dovuto, nella consapevolezza che non potranno essere soddisfatte.
Un po' come se le organizzazioni convenute a Lecce partissero dalla convinzione di salvare quanto più è possibile dei fondi che vengono da Bruxelles destinati ai produttori agricoli.
Che cosa dire agli agricoltori che già quest’anno si sono visti tagliare risorse per oltre un miliardo di euro, e che hanno subito la soppressione degli interventi per le imprese come la fiscalizzazione degli oneri sociali e il ‘bonus gasolio’?
Possiamo impedire a questi produttori di rivendicare? Io non penso!
Il Prodotto interno lordo dell'agricoltura si è ormai attestato da anni intorno al 2 -3 % e nonostante questo Cia, Confagricoltura e Copagri sostengono che gli interventi di mercato devono continuare ad esser previsti, rafforzandoli notevolmente rispetto alla situazione attuale, al fine di garantire minore volatilità' dei prezzi e maggiore equilibrio tra domanda e offerta, quindi sempre secondo queste organizzazione dei produttori agricoli vanno sostenuti gli investimenti aziendali (innovazione tecnologica), il ricambio generazionale, l'integrazione di filiera e la promozione all'export.
Che altro potevano scrivere i rappresenti dei produttori agricoli? Mi chiedo e vi chiedo se gli imprenditori agricoli, quelli che producono per il mercato, siano i proprietari di tutto il paesaggio agrario nazionale. Per esempio lo sapete che nella provincia di Lecce ci sono la maggior parte di tutti i proprietari delle province pugliesi? Nel Salento leccese ci sono circa 200 mila proprietari! La provincia di Foggia ha solo 80 mila proprietari. Ma dei 200 mila proprietari del Paesaggio agrario solo pochissimi producono per il mercato invece la totalità eroga servizi ecosistemici a tutta la collettività! Molti di questi proprietari del Paesaggio agrario sono costretti all'abbandono e questo accade nel Salento leccese ma anche nelle aree di Montagna dove non è più conveniente coltivare. L'abbandono del territorio comporta l'aumento del rischio idrogeologico e per conseguenza un costo altissimo per la collettività in termini di perdite vite umane e capitali.
L'interesse pubblico dei servizi ecosistemici è ormai pacifico e il messaggio che tento di lanciare è finalizzato a concentrare l’attenzione dei proprietari del Paesaggio rurale che poi è il 95% dell'ambiente dell'Europa si riponga sui “servizi ecosistemici” e sulla relazione tra rischio idrogeologico, conservazione dei servizi ecosistemici ed economia. Nel dibattito sulla PAC, anche quello che si è appena concluso a Lecce, nessuno ha evidenziato il collegamento tra danni al territorio e servizi ecosistemici resi dai proprietari del Paesaggio rurale. Ogni azione politica che
intenda sostenere lo sviluppo sostenibile, sia nel breve che nel lungo periodo, deve riconoscere il valore economico dei servizi ecosistemici.
In letteratura si ritrovano numerose definizioni di servizi ecosistemici (Costanza et al. 1997; Daily
1997; Scott et al. 1998; Luck et al. 2003). Nel contesto della PAC per servizi ecosistemici intendo le
condizioni e i processi attraverso i quali gli ecosistemi del paesaggio rurale e le specie che vi appartengono, sostengono e mantengono la vita umana. Essi sono fondamentali per la vita, ma gravemente minacciati dalle attività umane (Daily 1997; Costanza & Folke 1997; Heal 2000) e dall'abbandono dell'attività di manutenzione dei proprietari del paesaggio rurale europeo.
La mia proposta è quella di calcolare il valore in Euro dei servizi ecosistemici resi alla collettività dal paesaggio agrario in possesso di ogni proprietario e di riconoscere agli stessi un pagamento economico per una parte utilizzando i fondi che invece in questa PAC 2007 – 2013, sono stati utilizzati per i pagamenti disaccoppiati. Le stesse organizzazioni dei beneficiari ritengono che i pagamenti disaccoppiati sono compensativi di una situazione pregressa che concedeva garanzie di prezzo e di mercato. Inoltre il criterio di assegnazione delle risorse economiche, sempre a detta delle stesse organizzazioni dei produttori, non risulta del tutto giustificabile dopo diversi anni di applicazione. Il tutto sarebbe risolto dal pagamento dei servizi ecosostemici a tutti i proprietari del Paesaggio agrario infatti tra i proprietari del paesaggio rurale ci sono anche i produttori agricoli.
I passaggi dovrebbero essere la valutazione annuale dei servizi ecosistemici erogati alla collettività che potrebbero essere pagati ai proprietari in parte con i fondi che prima venivano impiegati per il disaccopiamento e, per la parte restante, direttamente dai cittadini beneficiari dei servizi.
Rinnovo l'invito ad aprire un dibattito su questa proposta perchè c'è necessità di confrontarsi. Mi permetto di suggerire l’approccio partecipativo alla Politica Agricola Comune che implica il coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali nelle diverse fasi, a partire dalla sua ideazione. Mi meraviglia che Dacian Ciolos, nuovo commissario UE all'agricoltura e al Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro non abbiano attivato Processi decisionali inclusivi e di progettazione partecipata alla Politica Agricola Comune 2014 - 2020. Spero che leggano questa mia nota e che concordino sull'utilità di questi strumenti e di conseguenza spero di vederli attivarti al più presto.
Oggi è il 47° anniversario del disastro del Vajont che costò la vita a circa duemila persone: non si dette l'allarme per far allontanare la popolazione e la memoria di quella strage annunciata deve servire da lezione per i disastri che potrebbero continuare in funzione della mancanza di manutenzione del territorio che è per il 95% Paesaggio rurale. Oggi c'è un nuovo pericolo, il pericolo di assistere a alluvioni a ripetizione soltanto perchè si continua a guardare al territorio rurale con gli occhi di mezzo secolo fa, come se fossimo ancora l'Italia del dopo guerra. Le generazioni che ci hanno preceduto prima hanno perso la guerra ma dopo hanno vinto il dopoguerra! Speriamo di non essere ricordati come la generazione che ha assistito impotente alla disfatta del Paesaggio rurale!
*Dottore Agronomo
martedì 5 ottobre 2010
Le alluvioni nel territorio sono il frutto dell'assordante silenzio sulla PAC
Le alluvioni nel territorio sono il frutto dell'assordante silenzio sulla PAC
di Antonio Bruno*
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Nel Salento leccese il 7 e l'8 ottobre si terrà la IV° Conferenza economica promossa dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori. I due temi al centro della discussione sono: La riforma della Pac post 2013 e una nuova politica agraria nazionale. Dal Salento leccese parte una proposta che spero sia oggetto di moltissime obiezioni, gradirei anche degli insulti, insomma accetto tutto fuorché questo assordante silenzio!
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In questi giorni mi frulla nella mente questo acronimo (nome formato con le lettere iniziali di più parole): PAC ovvero Politica Agricola Comunitaria. Sarà perchè l'On.le Paolo De Castro mi ha suggestionato a Bologna quando ha comunicato a noi Delegati del XII Congresso Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali che ha dovuto, suo malgrado prendere atto, dell'assenza di un dibattito sulla PAC post 2013 o forse, sarà che proprio qui a Lecce, i due temi al centro della IV° Conferenza economica promossa dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori il 7 e l'8 ottobre sono: La riforma della Pac post 2013 e una nuova politica agraria nazionale.
Comunque una cosa è certa: nessuno ha idee, nessuno dice la sua, nessuno pare interessarsi a tutto questo.
Eppure la Pac ha costituito e costituisce il principale settore di intervento nell’Unione Europea che rappresenta oggi la principale area commerciale di prodotti agricoli a livello mondiale, per la posizione spesso dominante raggiunta come importatrice ed esportatrice di prodotti agricoli e alimentari.
Noi addetti ai lavori sappiamo che la nascita e impostazione della Pac sono state determinate dalla situazione di arretratezza dell’agricoltura e dai problemi della sicurezza alimentare esistenti nell’immediato dopoguerra.
Nel 1957 si ebbe la firma del Trattato di Roma, con il quale furono definiti gli obiettivi generali di politica agraria. Nell'Articolo 39 del Trattato di Roma si legge della necessità di incrementare la produttività dell’agricoltura, di migliorare il tenore di vita della popolazione agricola attraverso un miglioramento del reddito, di stabilizzare i mercati e di puntare alla sicurezza degli approvvigionamenti.
Ora mi chiedo e vi chiedo se noi italiani e noi europei abbiamo gli stessi obiettivi dopo più di mezzo secolo da quando è stato firmato questo trattato.
Secondo me gli obiettivi del trattato di Roma sono stati largamente raggiunti. Il problema è che, come è noto a tutti i professionisti del settore, il prestigio della professione di agricoltore nella società di inizio XXI secolo è molto basso. Inoltre nelle società più industrializzate la percentuale degli addetti all’agricoltura è molto bassa, rispetto al totale della popolazione che lavora (in Europa deI 5%, in Usa del 2%).
Ma c'è la cronaca di ogni giorno in cui si ricorda che la pioggia caduta con eccezionale abbondanza in questi giorni in Liguria, ha causato allagamenti e smottamenti dei terreni, specie nei terrazzamenti dove vi sono colture di olivi, e ha devastato le coltivazioni orticole (pomodori, zucchine, melanzane, insalate) e gli alberi da frutta. L'acqua ha anche invaso strutture aziendali e in particolare serre. I danni al momento non sono quantificabili, ma risultano comunque elevati. E' noto che l'80% dei comuni della Liguria è considerato a rischio frane e alluvioni, anche per effetto della progressiva cementificazione e dell'abbandono delle campagne, che ha lasciato spazio al degrado aumentando l'instabilità del territorio.
Non è un mistero che il progressivo abbandono del territorio ed il rapido processo di urbanizzazione non è stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque ed è necessario intervenire per invertire una tendenza che mette a rischio la sicurezza idrogeologica del paese. Una situazione aggravata dai cambiamenti climatici, che si manifestano con una frequenza maggiore con cui si verificano eventi atmosferici estremi.
Le affermazioni che ho riportato sono di due categorie professionali degli agricoltori italiani e più precisamente la CIA e la Coldiretti.
Sono questi fatti a dimostrare l'inadeguatezza della PAC: l'abbandono progressivo del territorio? Perché c'è questo abbandono? Ma è ovvio: perchè i conti non quadrano più, non si riesce più ad ottenere un guadagno dall'attività Agricola! Un'ulteriore conferma a tutto questo viene dai dati diffusi dall’Associazione nazionale bonifiche e irrigazione (ANBI) relativi all’evoluzione nazionale della superficie agricola utilizzata (SAU): nel periodo fra il 1990 ed il 2003 la SAU si è ridotta del 20,4% passando da oltre 15 milioni di ettari a poco più 12, con 3 milioni di ettari (10% del territorio
nazionale) conquistati dalla cementificazione o dai processi di abbandono e desertificazione. Approfondire è utile ed è per questo motivo che riporto il calo della SAU nel Lazio (dal 48% al 35% della superficie regionale), nell’Abruzzo (dal 48%al 27%), nella Liguria (dal 17% all’8%), nella Campania (dal 48% al 36%), nella Sardegna (dal 56% al 42%) con un trend che interessa peraltro, anche se in modo disomogeneo, l’intero territorio nazionale.
Ai Liguri doveva essere noto che con una Superficie Agricola utilizzata dell'8% ciò che è accaduto in questi giorni era un “disastro annunciato”.
In due mie precedenti note, prendendo i dati riportati dalla rivista Geo, ho effettuato una stima secondo la quale in totale il Paesaggio rurale del Salento leccese produce “servizi ecosistemici” (del sistema ecologico del Salento Leccese) pari a circa 54 milioni di Euro. In pratica ogni ettaro di Superficie agraria utilizzata del Salento leccese da in media servizi a tutta la collettività per un valore di circa 500 Euro. Significa che ogni ettaro che declina, che non viene coltivato, provoca un danno a tutti noi di 500 euro all'anno.
Siccome noi abitanti del Salento leccese siamo 805.397 abbiamo un beneficio per ognuno di circa 67 Euro.
Per concludere io prometto a tutti voi che mi avete letto che farò avere questa nota a Dacian Ciolos, nuovo commissario UE all'agricoltura e al Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro che altro non è che la mia proposta di calcolare i “servizi ecosistemici” resi dalle aziende agricole dell'Unione Europea il cui valore annuale in Euro potrà essere pagato, per una parte grazie alla nuova PAC e, per la parte restante, singolarmente da tutti i cittadini dell'Unione.
Spero che la mia proposta sia oggetto di moltissime obiezioni, anzi spero di essere investito da una serie di interventi favorevoli, contrari e addirittura gradirei anche degli insulti rivolti alla mia proposta! Insomma accetto tutto fuorché questo assordante silenzio!
Lo spero proprio! Perché la mia è la stessa domanda che la fata dai capelli turchini fece ai dottori per sapere di Pinocchio: "Vorrei sapere da lor signori", disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio, "vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!..." Invece io mi chiedo e vi chiedo: “Vorrei sapere da lor signori se i proprietari del territorio dell'Europa sono morti, oppure sono ancora vivi!”
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Di Michele Manuela: Nascita e sviluppo della Politica Agricola Comunitaria (PAC)
AGRICOLTURA BIOLOGICA a cura Istituto Biologico Italiano
Maltempo, è allarme frane/alluvioni in Liguria http://agricolturaonweb.imagelinenetwork.com/dall-italia-e-dal-mondo/maltempo-e-allarme-franealluvioni-in-liguria-11826.cfm
Disastro maltempo, frane e alluvioni in Liguria e Toscana http://www.montagna.tv/cms/2010/10/05/disastro-maltempo-frane-e-alluvioni-in-liguria-e-toscana/
Loredana De Pretis: La tutela del Paesaggio rurale
Antonio Bruno: Ogni anno un regalo da “Babbo Natale - Paesaggio Rurale” di ben 67 Euro a ogni Salentino leccese http://it.paperblog.com/ogni-anno-un-regalo-da-babbo-natale-paesaggio-rurale-di-ben-67-euro-a-ogni-salentino-leccese-114481/
Carlo Collodi: Le avventure di Pinocchio
lunedì 4 ottobre 2010
domenica 3 ottobre 2010
L’Issopo (Hyssopus officinalis L. ) del Salento leccese
L’Issopo (Hyssopus officinalis L. ) del Salento leccese
di Antonio Bruno*
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L'issopo officinale (Hyssopus officinalis L.) è una pianta aromatica della famiglia delle Lamiaceae
È una pianta erbacea molto antica coltivata per le sue proprietà terapeutiche (espettoranti, digestive) e per gli usi in cucina. In questa nota viene presa in considerazione l’opportunità della sua coltivazione nei territori del Salento leccese
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Dal salmo 51
7 Purificami con issopo, e sarò puro;
lavami, e sarò più bianco della neve.
L’Issopo (Hyssopus officinalis L. ) originario di alcune regioni del nord Africa, dell’Asia occidentale, della Siberia e dell’Europa si è diffuso naturalizzandosi un po’ ovunque, comprese le regioni nord americane. Cresce allo stato spontaneo negli incolti assolati.
Dal latino hyssopu(m), greco hyssopos, di origine semitica. Alcuni autori fanno risalire l’origine del nome all’antico ebraico esob o ezob, con il significato di “erba santa”.
Il Salmo 51 della Bibbia cita l’Issopo che è una pianta che nel libro è citata per undici volte. Gli ebrei la utilizzavano per la purificazione, e questa stessa pianta nella tradizione dei primi cristiani era il simbolo del Battesimo ovvero della purezza.
Plinio cita l’Issopo come rimedio efficace contro i pidocchi ed il prurito della testa; decotto d’Issopo con sterco di gallina, purché bianco, contro il veleno dei funghi; Issopo con sale contro il morso dei serpenti; Issopo con granchi per provocare le mestruazioni
I fiori dell’Issopo sono blu, stesso colore del lapislazzolo. L’uso dei rami di Issopo nelle cerimonie di purificazione è attestato da molti altri richiami del Vecchio Testamento: nelle prescrizioni riguardanti la Pasqua, (Esodo 12, 22); nella purificazione del lebbroso (Levitino 14, 4 ecc.); nell’uso dell’acqua lustrale (Numeri 19, 18 ecc.). Anche nel Vangelo secondo Giovanni (19, 29) nella tragica sequenza finale della crocifissione e morte di Gesù, viene citato l’Issopo: “E i soldati inzuppata una spugna nell’aceto, la posero in cima ad una canna d’issopo, e gliel’accostarono alla bocca.”
Dioscoride, Galeno e Ippocrate utilizzavano l’Issopo che è considerato un buon succedaneo del the. Questa pianta viene citata sempre nella Bibbia come rimedio contro la lebbra; i lebbrosi infatti la sfregavano sulla pelle per liberarsi da questo male. E´ considerata una pianta con proprietà antibiotiche ma soprattutto antiasmatica. L´Issopo è sconsigliato alle donne incinte.
Per distillazione dell'Issopo si ricava un'essenza, il cui effetto sui centri nervosi, studiato da Cadéac e Meunier nel 1891 e da Caujolle nel 1945, può trasformarsi in vere crisi epilettiche.
La semina dell'Issopo va fatta con l'ultimo quarto di luna di marzo e trapiantato dopo un mese ad aprile, sempre nello stesso periodo lunare ma sarebbe meglio trapiantare le giovani piante nella primavera dell'anno seguente. Ancora più facile è provvedere a piantare le barbatelle o schegge di radice in primavera o in autunno, che mettono rapidamente radici.
Nel Salento leccese l'issopo è una pianta che si adatta bene nella terra calcarea, ricca di humus e ben drenata. È una pianta ideale da far crescere tra i gruppi di rocce decorative dei giardini. E’ singolare il fatto che se l'Issopo coltivato diviene molto vigoroso, cambia il colore dei fiori! Spesso in questo caso i suoi fiori azzurri sono sostituiti da corolle bianche o rosee, che comunque conservano la loro attrazione per le api.
I fiori e le foglie secche vengono vendute su internet in buste da 100 grammi al prezzo di 39 euro al chilo! Sarebbe opportuno prendere in considerazione la coltivazione dell'Issopo per venderlo!
La coltivazione rimane sul terreno per cinque anni. Al primo anno di coltivazione l’unico sfalcio permetterà la raccolta di circa 20-30 q/ha di prodotto verde. L’issopo entra in piena produzione dal secondo anno. Le produzioni di massa verde variano fra i 100 e i 150 q/ha a seconda delle tecniche di coltivazione adottate. Il calo verde-secco è di 4 a 1 mentre il calo da pianta fresca a foglie e fiori mondi è di 5-6 a 1. Nella peggiore delle ipotesi si ricavano 35 quintali per ettaro di foglie e fiori secchi che venduti al prezzo di 390 euro al quintale potrebbero garantire un reddito di oltre 10 mila euro per ettaro l’anno.
Ha un sapore di menta un po' amaro e può essere aggiunto alle minestre, alle insalate o alle carni, anche se dovrebbe essere usato con parsimonia poiché il sapore è molto forte. L'issopo entra nella composizione del liquore Chartreuse ed è un ingrediente dell'acqua di Colonia.
Anatole France scrive: «Anacoreti e cenobiti vivevano nell'astinenza, prendendo qualche cibo non prima che il sole fosse tramontato, e tutti i loro pasti si riducevano a puro pane con un po' di sale e d'issopo. Alcuni inoltrandosi nel deserto, cercavano asilo in una caverna o in una tomba e conducevano una vita ancor più singolare.»
Anacoreti e cenobiti facevano una vita sana e naturale e in questo contesto l’unico aroma consentito era l’issopo, per questo motivo sarebbe interessante riprendere in considerazione il suo consumo e la sua coltivazione nel nostro territorio.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Susanne Fischer-Rizzi: Profumi celestiali. Uso delle essenze naturali e loro azione sul corpo e sulla mente
Michel Feuillet:Lessico dei simboli cristiani
Massimo Petrocchi:Il simbolismo delle piante in Rabano Mauro e altri studi di storia medievale
Paulo Costa: Dizionario della lingua italiana: compilato principalmente
Vendita Issopo: http://www.natsabe.it/prodotti/biokyma/erbe---issopo-fiori-e-foglie---100gr.asp?ID=10000000171&L=IT
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: Hyssopus
Hyssopus officinalis L. CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO AGRICOLTURA DI SAVONA
sabato 2 ottobre 2010
Nel Salento leccese li vedi spuntare come ...funghi
Nel Salento leccese li vedi spuntare come ...funghi
di Antonio Bruno*
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In ottobre le condizioni di umidità e di temperatura fanno dei funghi l'alimento più prelibato della stagione. In questa nota alcune notizie su questi esseri viventi unici sopravvissuti all'estinzione della vita sulla Terra risalente a 65 milioni di anni fa nel passaggio fra i periodi del Cretaceo e del Terziario: dinosauri e altri animali si estinsero; piante e altri vegetali scomparvero per un lungo periodo di tempo.
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Ottobre, autunno, le foglie marroni, le piogge ed eccoli venire fuori, spuntare come....funghi pronti per essere raccolti. Oggi il mio amico Franco mi ha portato una cesta di vimini con funghi Russula virescens in massima parte e poi qualche Russula cianoxanta. E che dire delle partenze alla volta dei boschi in Basilicata o Calabria per prendere parte alla scorpacciata autunnale? Le sagre del Fungo spuntano appunto...come....funghi...dappertutto, sono oggetto di veri e propri pellegrinaggi della gente del Salento leccese.
Forse nel nostro DNA c'è ancora la forte presenza dei boschi e delle paludi con la Macchia Mediterranea, ambiente in cui il selvatico fungo lussureggia.
Non sono piante e nemmeno animali, sono funghi! C'è chi rischia la vita per loro e c'è chi la vita l'ha persa per quel buon sapore di bosco, una leccornia che se affrontata con superficialità ha conseguenze disastrose. Quelli che comunemente chiamiamo funghi non sono che una parte del vero fungo. La parte più importante vive sotto terra. Quello che noi raccogliamo come cibo non è che la parte fruttifera.
Nell’economia della vita del Salento leccese i funghi hanno un ruolo estremamente importante. Essi in unione con i batteri rendono possibile il ciclo del carbonio.
Le piante sintetizzano la cellulosa formata da carbonio (C), idrogeno (H), ossigeno (O). Tutta questa grande quantità di cellulosa sarebbe indistruttibile se batteri e funghi non riuscissero a scinderla e a trasformarla di nuovo in acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2).
Ho fatto il corso di raccoglitore di funghi a San Cesario di Lecce perchè , lo Stato e la Regione Puglia hanno regolamentato la raccolta ed il consumo dei funghi epigei spontanei freschi. C'erano i professionisti del Centro di Controllo Micologico (C.C.M.) dell’Area Nord della ASL di Lecce che si trova al viale Don Minzoni 6/8, Palazzo ex Inam, I° piano stanza 66. Il C.C.M. è composto dal responsabile medico Biagio Galante e dai micologi Franco Signore e Rocco Venece. Se raccogliete dei funghi e non avete la certezza diciò che avete raccolto potete andare a trovarli infatti il C.C.M. aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 9.30 numero 0832/215392; fax 0832/215398. La raccolta avviene secondo le modalità previste dalla legge 352/93 e secondo le disposizioni di cui all’art. 2 della L.R. 12/2003; la raccolta è vietata nei casi previsti dall’art. 5 della L.R.12/2003.
Dopo la raccolta gli esperti C.C.M. sono nostra disposizione per evitare intossicazioni anche se non hanno nulla a che vedere con quelli che fanno crescere i funghi in cerchio. Infatti secondo una credenza popolare i funghi che crescono in "cerchio" siano generati da danze notturne di streghe o di gnomi ("cerchio delle streghe").
Noi abbiamo tradizioni che provengono dall'antica Grecia, dove il fungo era considerato simbolo di vita e pertanto divino.
Nella mitologia Perseo, dopo un lungo viaggio, trovandosi stanco ed assetato, si poté rifocillare con dell'acqua raccolta all'interno del cappello di un fungo; per questo motivo decise di fondare in quel posto una nuova città che chiamò Micene (dal greco mykés = fungo), dando vita alla civiltà micenea.
Nella Roma antica il fungo, pur apprezzatissimo per le sue qualità culinarie (ad esempio l'Amanita caesarea), diventò anche simbolo di morte, ed infatti il termine fungus indicherebbe "portatore di morte" (dal latino funus = morte e ago = porto, portare).
Molti personaggi famosi hanno trovato la morte per colpa dei funghi ed è quasi certo che nella maggioranza dei casi si sia trattato di funghi dell'Amanita Phalloides (funghi mortali). Esempi: tutta la famiglia di Euripide, gli imperatori romani Claudio e Britannico, Papa Clemente VII, la vedova dello Zar Alessio. Studi effettuati dagli specialisti V. Pavlovna e R. Gordon Wasson affermano addirittura che la morte dell'imperatore Claudio sia stata provocata dall'inserimento nel suo piatto di ovuli di un esemplare di Amanita Phalloides (funghi mortali) da parte di Agrippina, che voleva in questo modo favorire la ascesa al trono di Nerone. Fece scalpore, nel primo Novecento, il 'caso Girard', un assicuratore che intestava a suo favore delle polizze sulla vita di vari conoscenti e poi li avvelenava con la Amanita Phalloides (funghi mortali); per fortuna non sempre gli andò bene poichè allora non si conosceva l'Amanita Citrina (funghi pessimi) e, in molti casi, somministrò alle sue vittime questa specie innocua. I suoi delitti vennero smascherati grazie alla autopsia di una vittima.
C'è la notizia di un esemplare di fungo di 100 milioni di anni fa in vendita al prezzo di 100.000 dollari. Il fungo scoperto in un blocco di ambra da Ron Buckley, cacciatore di fossili, è risultato essere il più antico finora ritrovato e viene ceduto su e-Bay.
Gli unici sopravvissuti all'estinzione della vita sulla Terra risalente a 65 milioni di anni fa sarebbero dei funghi primordiali, loro sono sopravvissuti perchè si adattano bene alle condizioni estreme, se vogliamo gustarli senza conseguenze allora dobbiamo essere molto cauti e soprattutto in caso di dubbi consultare gli esperti del C.C.M.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Francesca PASTORE: Sapori d'autunno, ecco come raccogliere i funghi in tutta tranquillità http://www.quotidianodipuglia.it/articolo.php?id=121090
Giovanni D’AGATA: RACCOLTA FUNGHI: MIGLIAIA DI RACCOGLITORI IMPROVVISATI http://parcodeinebrodi.blogspot.com/2010/09/raccolta-funghi-migliaia-di.html
http://www.la-piazza.it/funghi/Legge_rgionale_25_agosto_2003-n.12.pdf
Bruno Cetto I FUNGHI DAL VERO Saturnia
G. D’Antuono R. Tomasi I FUNGHI VELENOSI TOSSICOLOGIA MICOLOGICA TERAPIA CLINICA Edagricole
Riccardo Mazza FUNGHI COMMESTIBILI E VELENOSI A CONFRONTO Fabbri Editori
Nando Togni Filiberti F. I FUNGHI FRESCHI,SECCHI E CONSERVATI NELLA PRATICA ISPETTIVA edagricole
Karl Kob I PRINCIPALI FUNGHI VELENOSI E LE INTOSSICAZIONI” Anno 1992
Emidio Borghi IL CONTROLLO SANITARIO DEI FUNGHI CONSERVATI Edizioni G.E.M.A.
ORELLANINA:UN METODO SEMPLICE PER LA SUA DETERMINAZIONE NEI CARPOFORI R.Poder&E.Feifel Istituto di Microbiologia dell’Università di Inssbuck
Emidio Borghi Filippo Galli Luigi Rinaldi I FUNGHI PORCINI SECCHI Centro Studi per La Flora Mediterranea
Dr Giacomo Lazzari NOZIONI DI TOSSICOLOGIA MICOLOGICA
Flamer R. – Horak E. “Giftpilze-Pilzgifte” edizioni Kosmos
Andrea B. Alessandro B. Alessandro.C INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEI FUNGHI Editrice IL LIBRO
Bedry R et Brief Report Wild-Mushroom Intoxication as a cause of Rhabdomyolysis. N. Engl j Med 2001
Pelizzari V. & Moser M. –Non protein Amino-acids as toxic principle in species of Amanita –Pagine di micologia
venerdì 1 ottobre 2010
Ogni anno un regalo da “Babbo Natale - Paesaggio Rurale” di ben 67 Euro a ogni Salentino leccese
Ogni anno un regalo da “Babbo Natale - Paesaggio Rurale” di ben 67 Euro a ogni Salentino leccese
di Antonio Bruno*
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Il prodotto interno lordo verde (P.I.L. verde) è un indice di sviluppo economico che tiene conto delle conseguenze ambientali. Ogni anno io, come tutti quelli che abitano nel Salento leccese, riceviamo un regalo di 67 euro pro capite dal Paesaggio rurale di questo territorio. Io mi chiedo e ti chiedo: i proprietari del Paesaggio rurale hanno la barba bianca e sono vestiti di rosso come Babbo Natale? Insomma è giusto farsi regalare un servizio da chi lavora ogni giorno per renderlo a tutto il territorio? In questa nota viene spiegato in che modo si realizza questo.
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Il Salento leccese, panorami da sogno, paesaggi incantevoli, vegetazione e animali che popolano il territorio, tutti questi argomenti sono sempre più apprezzati da tutti noi. Eppure anche nel nostro territorio il Dio danaro e la logica dell'economia identificano i luoghi della produzione della ricchezza con gli antri scuri delle fabbriche dell'energia e le ciminiere che inquinano.
Non ci sono nel territorio del Salento leccese luoghi di produzione simili a giardini con corsi d'acqua e profumi flagranti, non c'è una fabbrica di ricchezza che è un prato odoroso pieno zeppo di fiori di campo. I luoghi del territorio, quelli in cui vivono piante e animali, l'economia li ha relegati a materiale romantico, ispirazione per i poeti e gli scrittori, o tuttalpiù per la produzione della ricchezza in qualità di splendida cornice nella quale far trascorrere a facoltosi ed esotici visitatori, serate romantiche o vacanze costosissime ed esclusive! Tutto sino a quando non è accaduto ciò che sto per raccontarvi.
Ma cos'è accaduto che ha reso possibile invece quantificare la massa di danaro, di ricchezza che proviene dagli alberi, dalle piante, dai prati in fiore e dagli animali alle persone umane del Salento leccese? Si, si! Soldi, hai capito proprio bene! Ti ricordi Pinocchio che con il gatto e la volpe andarono nel campo dei miracoli per seminare i quattro Zecchini d'oro regalati da Mangiafuoco a Pinocchio con la prospettiva che dopo la notte sarebbero venuti fuori alberi pieni zeppi di monete d'oro? Oggi quella che fu un favola è divenuta una realtà! Da alberi, piante, fiori e animali spuntano monete d'oro a volontà, ricchezza vera, una cascata d'oro nella quale tu potrai tuffarti proprio come fa Paperon de Paperoni nel suo deposito a prova di banda bassotti!
Platone riconobbe il legame indissolubile che lega la vita umana alle piante e agli animali. In greco antico le parole oikonomìa (economia) e oikologos (ecologia) si trovano sullo stesso piano semantico, indicando lo studio e la gestione dell’oikos, cioè della casa, dell’ambiente di vita, dell’ecosistema.
E da allora dobbiamo attendere Robert Costanza che fa una ricerca incentrata sull’ipotesi che esista un rapporto, non solo possibile ma proficuo, tra ecologia ed economia. Il nostro economista USA ha trovato questo rapporto operando su scale spaziali e temporali vaste. Questa armonia teorica si fonda, tra l’altro, su modelli di simulazione del paesaggio, analisi dell’energia e dei materiali utilizzabili all’interno di un sistema economico-ecologico, sulla valutazione dell’impatto dei servizi in un ecosistema, sull'investimento in biodiversità, sulla trasformazione dei trasporti e sullo sviluppo del capitale naturale.
Complicato vero? Sembra arabo. Ti capisco, c'è un codice tra gli studiosi che serve a far si che si comprendano solo tra di loro. E poi ci sono io che traduco dall'”arabo dello scienziato”. In pratica si tratta di capire quanto costa alla collettività il “consumo” delle piante e degli animali che quando non vengono reintegrati provocano “disfunzioni” e, nello stesso tempo, i metodi per non arrivare a consumare il paesaggio delle piante e degli animali reintegrando ciò che si sottrae. Anche se sono stato volutamente approssimativo penso di essere riuscito a rendere l'idea.
I lavori di Robert Costanza sono citati in più di 1700 articoli scientifici e di lui hanno ripetutamente scritto Newsweek, US News and World Report, the Economist, the New York Times, Science, Nature, National Geographic.
Insieme ad Hermann Daly, Robert Costanza è stato il primo a elaborare un’unità di misura per il lavoro svolto ogni anno da boschi e foreste su un dato territorio: il Piv (Prodotto Interno Verde), in contrapposizione al Pil (Prodotto interno lordo). Il prodotto interno lordo verde (P.I.L. verde) è un indice di sviluppo economico che tiene conto delle conseguenze ambientali dello sviluppo economico a differenza del Prodotto Interno Lordo (PIL) che è il valore complessivo dei beni e servizi prodotti all'interno di un Paese, in un certo intervallo di tempo (solitamente l'anno) e destinati ad usi finali (consumi finali, investimenti, esportazioni nette).
Io mi chiedo e ti chiedo: sai qual'è il prodotto interno lordo verde (P.I.L. verde) del Salento Leccese? Quali sono le conseguenze della sottrazione di suolo per produrre energia? E le conseguenze per gli impianti a biomassa lo conosci? C'è stato qualcuno che si è preoccupato di mettere a punto questo indice per far comprendere in maniera chiara e sintetica quali sono le conseguenze ambientali di ogni attività economica del Salento leccese? E come facciamo a misurare il PIL verde del Salento leccese? Intanto mi chiedo e ti chiedo: c'è stata qualche Istituzione o persona fisica che ha misurato il PIL verde del Salento leccese? C'è qualcuno che ha fatto il calcolo del PIL verde del Salento leccese sottraendo dal Prodotto Interno lordo il deprezzamento capitale artificiale (capitale fabbricato dall'uomo), il deprezzamento capitale naturale, le spese difensive ambientali finali e la stima degrado ambientale residuo?
Qual'è il Capitale Naturale del Salento leccese? La natura e l'ambiente del nostro territorio è il Paesaggio Agrario: oliveti, vigneti, coltivazioni di grano, verdure, legumi e poi frutteti e pascoli. Questo capitale naturale del Salento leccese subisce un attacco da parte di noi tutti!
Da una elaborazione dei dati del Censimento dell'Agricoltura del 2000 la Superficie Agraria Utilizzata (SAU) del Salento leccese è di Ettari 152.284. Ora c'è da capire quanto vale in termini economici, l'attività' di questo capitale naturale del Salento leccese. Attraverso i dati di uno studio pubblicato nel 2009 dalla rivista "Geo" è possibile determinare il valore economico delle funzioni svolte dal Paesaggio rurale che è il capitale naturale del Salento leccese.
Tutti siamo a conoscenza dell'allarme continuo per i livelli di CO2 nell'aria, risulta fondamentale la capacita' dei nostri boschi di olivo di assorbire i gas nocivi presenti nell'aria: un vero e proprio 'lavoro' che potenzialmente si aggira intorno ai 169,4 euro per ettaro ogni anno e, siccome il Salento leccese ha 8 milioni e 834mila alberi di olivo su una superficie di ettari 85.456, ecco che essi producono un assorbimento di CO2 pari a un valore di 14 milioni e 500 mila di Euro.
Ma non finisce qui. lo studio della rivista Geo è ricco di ben altre 'attività' economiche'.
Cominciamo con la valutazione della produzione di cibo, che vale all'incirca 96,2 euro per ettaro, con la produzione di altri 14 milioni di Euro, poi c'è la depurazione dei rifiuti organici che ammonta a 167 euro per ettaro/anno con un totale di 25 milioni e mezzo di Euro all'anno. Ma c'è anche il valore ricreativo e culturale che svolgono gli spazi verdi del Salento leccese: basti dire che questa voce, sempre dallo studio di Geo, vale 73,1 euro per ettaro ogni anno.
Ma anche a voler trascurare quest'ultima voce, in totale il Paesaggio rurale del Salento leccese produce servizi ecosistemici (del sistema ecologico del Salento Leccese) pari a circa 54 milioni di Euro.
In pratica ogni ettaro di Superficie agraria utilizzata del Salento leccese da in media servizi a tutta la collettività per un valore di circa 500 Euro, significa che ogni ettaro che declina, che non viene coltivato, provoca un danno a tutti noi di 500 euro all'anno.
Siccome noi abitanti del Salento leccese siamo 805.397 abbiamo un beneficio per ognuno di circa 67 Euro.
Io mi chiedo e ti chiedo: i proprietari del Paesaggio rurale hanno la barba bianca e sono vestiti di rosso come Babbo Natale? Insomma è giusto farsi regalare un servizio da chi lavora ogni giorno per renderlo a tutto il territorio e quindi a ognuno di noi?
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Carlo Collodi : Pinocchio ritrova la Volpe e il Gatto, e va con loro a seminare le quattro monete nel Campo de' miracoli.
Konrad Gaiser La dottrina non scritta di Platone: studi sulla fondazione sistematica e storica delle scienze nella scuola platonica
Robert Costanza: The value of the world's ecosystem services and natural capital http://www.uvm.edu/giee/publications/Nature_Paper.pdf
Robert Costanza http://www.uvm.edu/giee/?Page=about/Robert_Costanza.html&SM=about/about_menu.html
Mercedes Bresso: Per un’economia ecologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994
Annalisa Cicerchia: Leggeri sulla terra, l’impronta ecologica nella vita quotidiana,Franco Angeli, Milano 2004
Fiorenzo Martini – Giovanna Garrone:ELEMENTI DI MACROECONOMIA AMBIENTALE
Ambiente: vale sei miliardi di euro il Pil verde italiano per le attività di boschi e foreste: http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/Ambiente-vale-sei-mld-il-Pil-verde-italiano-per-le-attivita-di-boschi-e-foreste_47709750.html
Geo http://www.geomondo.it/default.aspx
ISTAT 2005 elaborazione su dati del Censimento Agricoltura 2000
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