sabato 4 febbraio 2012

Alla ricerca del cibo perduto



L’immagine è tratta dalla "Provincia di Lecce Bozzetti di Viaggio" di Cosimo De Giorgi Lecce Tipolitografia Salentina Fratelli Spacciante tav.f.t. p.160-161 v.II. Vi e' una riproduzione fotomeccanica a cura di Michele Paone Galatina Congedo Editore 1975, quivi la stampa e' elencata nell'ordine delle figure illustrative alla fine del II volume ma e' assente.



Di seguito il testo del seminario tenuto dal Presidente ADAF Lecce Antonio BRUNO il 4 febbraio alle ore 18.00 presso il Castello di Carovigno (BR)



Chi come me si occupa di agricoltura ha preso atto che negli ultimi decenni gli abitanti dei 100 paesi del Salento leccese raramente si sono avventurati nelle campagne per vedere i frutti della terra.

Il fatto è che ciò che vedi con i tuoi occhi non può essere sostituito dall’immaginazione. Se non hai mai visto un castrillo non puoi immaginare il castrillo. Come dici? Non sai cos’è il castrillo? E’ chiaro che non lo sai me lo sono inventato io! Ma se esistesse veramente il castrillo allora l’unico modo che avresti a disposizione per capire cosa sia sarebbe quello di andare a vederlo di persona. E’ così che, dopo che ci hanno detto che quell’albero che era davanti a noi si chiamava olivo, noi in seguito, senza vederlo, siamo riusciti a immaginarlo in maniera corretta, le foglie, i rami e il tronco dell’olivo sono diversi da quelli del pino d’aleppo. E’vero? Se dico olivo tu immagini un albero di olivo e lo fai in maniera corretta se l’hai visto almeno una volta in vita tua e non lo confondi con il pino. Tutto chiaro no?

Tu sei un consumatore! Già! Non lo sapevi? Bene tu che vai al mercato a comprare le pesche o le arance è difficile che ti trovi immerso nella campagna del Salento leccese in un pescheto o in un aranceto. E’ vero? Oppure sei mai stato in un vigneto? Sei mai entrato in un ricovero delle capre o delle pecore? Magari tu che hai la mia età l’avrai fatto quand’eri piccolo, magari eri piccolissimo! Ma i tuoi figli l’hanno fatto? Ecco perché gli ortaggi e la frutta diventano sempre più distanti da noi, non li vediamo sulle piante e quindi siamo costretti a prendere atto che esistono sui banchi della Grande Distribuzione Organizzata o su quelli dei mercati rionali.



Ma lo sai che mi sono chiesto cosa pensi degli ortaggi e della frutta? E lo sai che siccome so che non hai mai visto un campo coltivato o un arboreo io non riesco proprio a immaginare cosa pensi di questo? Perché mi interessa saperlo? Perché noi dottori agronomi sappiamo quello che acquisti ma non sappiamo perché acquisti proprio quell’ortaggio o quella frutta. Non lo sappiamo, non sappiamo le motivazioni che ti fanno acquistare ciò che mangi a tavola ogni giorno e questo è inaccettabile.

Vuoi la prova? Alcuni ricercatori che si occupano delle pere hanno affidato a un istituto di ricerca il compito di fare questa domanda ai consumatori “Le pere migliori sono coltivate nelle regioni del Sud Italia?” si sono dichiarati d’accordo il 62% degli italiani. Ora io no so come hai risposto tu a questa domanda ma ti informo che le pere migliori provengono dalle zone del Nord Italia ed essenzialmente da tre province. Ma l’indagine è andata oltre. Hanno mostrato agli intervistati delle fotografie di pere chiedendogli di dire il nome della varietà della pera. Ebbene il risultato è stato sorprendente solo il 47% è riuscito a riconoscere le pere di varietà Abate Fetel ovvero una varietà di pero ottenuta dall'Abate Fétel nel 1866 in Francia, e ancora peggio è andata per le pere William con il 38% degli intervistati che le ha riconosciute nonostante che questa pera sia sulle nostre tavole da 250 – 300 anni infatti la William è una pera che venne selezionata per la prima volta verso la fine del Settecento in Inghilterra, infine le pere Kaiser sono state riconosciute solo dal 42% degli intervistati. Io mi chiedo e vi chiedo che risultati si avrebbero se l’istituto di indagini demoscopiche avesse chiesto di riconoscere tre automobili diverse. Immaginate una Fiat 500, una BMW e una Ferrari se vi chiedessero se le riconoscete sbagliereste?



Ma affrontiamo l’oro liquido del Salento leccese, già l’olio d’oliva che si consuma in Italia in maniera massiccia ma di cui i consumatori sanno pochissimo. L’Italia è il secondo paese per la produzione di olio d’oliva ma è al primo posto per i consumi di oro liquido anche se la Grecia ha un consumo pro capite superiore al nostro noi quantitativamente consumiamo in totale di più perché noi italiani siamo di più dei greci. Eppure noi non conosciamo l’olio extra vergine di oliva e lo consumiamo in maniera sbagliata.



L’olio extra vergine d’oliva non è conosciuto dagli italiani così come ha fatto emergere una indagine di Astra ricerche. Se si volesse assegnare una pagella al nostro Paese solo il 13% degli abitanti (dai 15 anni in su) sarebbe promosso a pieni voti, il 35% passerebbe con sufficiente mentre il 46% sarebbe rimandato ed il 7% bocciato.



Una sintesi dei risultati dell’indagine Astra per l’Osservatorio Bertolli

Oltre ad una scarsa conoscenza della materia, l'indagine Astra ha fatto emergere anche una serie di luoghi comuni sul mondo dell'olio ancora oggi fortemente radicate in gran parte della popolazione.



Luoghi comuni sbagliati:

1. l'olio di semi è migliore per friggere perché più leggero e digeribile

2. l'olio di oliva apporta più calorie rispetto a quello di semi

3. l'olio va conservato in un'oliera

4. l'olio del frantoio migliore dell'olio industriale

5. l'olio extra vergine che pizzica in gola è acido, quindi di scarsa qualità.



Ecco ribaltate le convinzioni errate

A scanso di ogni possibile equivoco è bene precisare che sono tutte convinzioni errate, infatti:

1. l'olio extra vergine è sempre da preferire in tutte le preparazioni a caldo, inclusa la frittura, non solo perché più resistente alle alte temperature, ma anche perché è più ricco di antiossidanti

2. l'olio di oliva, al pari dell'olio di semi, apporta 9 kcal per grammo

3. conservare l'olio in oliera è un ottimo sistema per farlo diventare rancido

4. la qualità va misurata con parametri di giudizio oggettivi

5. le sensazioni di amaro e piccante che si percepiscono durante l'assaggio sono note assolutamente positive.



I dati che emergono sono preoccupanti e testimoniano la scarsa efficacia delle molte iniziative di promozione e comunicazione avviate fino ad oggi. Insomma, si consuma tanto olio, e l’extra vergine in particolare, ma non lo si conosce a sufficienza. Eppure, a leggere punto per punto i risultati dell’indagine Astra per l'Osservatorio Bertolli, è possibile prendere le dovute contromisure.



La verità è che tu acquisti generalmente i prodotti agroalimentari che poi mangerai senza conoscere le caratteristiche che hanno né tanto meno quelle che dovrebbero avere.

E quindi da cosa sei informato quando acquisti un prodotto agroalimentare che poi mangerai tu e i tuoi figli? Sei informato dal tuo intuito e dal sapere popolare.

Invece nell’acquisto dovremmo essere informati dalle caratteristiche e proprietà organolettiche della frutta che acquistiamo che sono l'insieme delle sue caratteristiche fisiche e chimiche percepite dagli organi di senso e che nel complesso suscitano nella persona delle reazioni emotive più o meno intense. Manifestazioni della percezione delle proprietà organolettiche sono, ad esempio, il piacere, la soddisfazione, il gradimento, l'indifferenza, il disagio, il malessere, la repulsione. Tali sensazioni manifestano una più o meno elevata intensità secondo l'impatto che le proprietà hanno nei confronti della persona. Ma sappiamo quali sono le sostanze che ci sono nella frutta?

Alla domanda di una società di indagini di mercato “Ti fa piacere trovare Vitamina C nella frutta che consumi?” gli italiani hanno risposto nell’88% dei casi che più vitamina C c’è, meglio è! Alle stesse persone è stato chiesto “Ti fa piacere trovare Acido Ascorbico (che fra parentesi è la Vitamina C) nella frutta che consumi?” solo il 21% dice che vuole l’Acido Ascorbico. Poi è stato chiesto “Ti fa piacere trovare Liposomi (I liposomi sono microsfere cave formate da uno o più doppi strati lipidici. Fin dagli anni '70 sono stati utilizzati - in forma sperimentale - come veicoli di farmaci e la comprensione del loro comportamento "in vivo" ha permesso di realizzare studi mirati sul trattamento specifico di determinate patologie) nella frutta che consumi?” Siccome i risommi sono pubblicizzati dalla Garnier e dall’Oreal sostenendo che fanno parte dei prodotti di bellezza il 12% delle signore intervistate sostiene che li vuole nella frutta perché fanno bene.



La pasta italiana è fatta di grano Ucraino e Australiano



La pasta italiana è fatta da farina di grano proveniente dall’Ucraina o Australia e viene detta pasta italiana perché è fabbricata in Italia anche se con farina estera.

Proprio qui vicino al nostro Salento c’è la terra di Bari che nella città capoluogo di regione ha un porto che è uno degli scali più importanti d’Italia!

Dall’Ucraina arriva il grano che con la nave viene trasportato dal Mar Nero a Bari. Quest’anno a Bari c’era una nave enorme che occupava quasi tutta la banchina ed era una nave che conteneva grano australiano. La nave conteneva 55mila tonnellate di grano che per essere trasportato necessita di 1.500 autotreni! La nave australiana era lunga 200 metri, le stive sono sigillate durante la navigazione e vengono aperte solo nel porto di Bari per scaricare il grano. Nella nave ci sono sette stive ognuna delle quali contiene 9mila tonnellate di grano duro. Ci sono voluti dieci giorni per scaricare dalla nave tutto il grano. La nave era partita dall’Australia i primi di maggio 2011 e solo dopo 48 giorni è arrivata a Bari.



Di fronte al banco della frutta fresca scegliamo in base all’aspetto e al prezzo senza sapere cosa rende speciale e diversa dalle altre quella frutta. Infatti se è vero che per fare un buon formaggio serve un ottimo latte e per fare del buon vino serve dell’ottima uva è altrettanto vero che la trasformazione dei prodotti latte e uva può determinare la qualità del formaggio e del vino. Per la frutta non è così! In pratica o si stacca dall’albero di pesco una pesca di qualità oppure se non lo è non vi è nessuna possibilità di farla diventare buona! Quindi per il prodotto fresco tutto quello che si può fare per la qualità si deve fare nei campi. Io mi chiedo e vi chiedo se sapete che la stessa varietà di arancia è diversa se coltivata sul Gargano o nel Salento leccese? Sapete che ci sono delle differenze e quali sono? E se non lo sapete, come fate a fare una scelta consapevole della frutta che è sul bancone? Ecco perché c’è la necessità di informare tutti sulle caratteristiche dei prodotti, sia di quelli locali che di quelli che vengono da altri territori per conoscerli e quindi poter fare dei confronti consapevoli per poi scegliere.



E’ importante anche il rapporto tra valore nutrizionale e prezzo. Alla base della piramide alimentare della Dieta Mediterranea, patrimonio immateriale dell’UNESCO c’è la frutta e la verdura. Lo sapete perché? Perché hanno poche calorie, tanti fattori protettivi e tanta fibra. Quanta frutta e verdura dobbiamo mangiare per stare bene? Proprio quelle che per adesso ancora non ci mangiamo! Tre porzioni di frutta e due di verdura al giorno. Come arrivare a questi consumi? E’ facile per le tre porzioni di frutta basta mangiarla ai pasti principali ovvero colazione, pranzo e cena e utilizzarla come Snake. Se la frutta arrivasse in una forma idonea ai nostri giovani allora li vedremmo preferire la frutta alle varie merendine. Bisogna trasferire l’innovazione rendendo questa frutta conservabile e fruibile anche senza una mamma che ce la prepara. La frutta e gli ortaggi contengono l’80 – 90% di acqua che è migliore di qualsiasi acqua minerale in commercio. Vi faccio riflettere sulla circostanza che il prezzo della frutta e il prezzo dell’acqua se fate i conti che la frutta ha anche gli zuccheri, i Sali minerali e le sostanze protettive ed è naturale ovvero naturalmente funzionale.



Ma è meglio produrre prodotti tipici o prodotti di base?

Quando manca la produzione agricola che cosa succede? Io mi chiedo e vi chiedo: “Possiamo fare parmigiano con latte estero, prosciutto con maiali olandesi o danesi? Insomma per produrre il tipico legato al territorio devi avere anche la materia prima di quel territorio. Ma lo sapete che l’Italia importa il 95% della soia e il 23% del Mais necessario a produrre salumi e formaggi. Il solo costo dell’importazione del Mais vale la metà del valore delle esportazioni di tutti i prodotti tipici. E’ del tutto evidente che il caso del Mais è di grande rilevanza per il mercato agricolo italiano.

Cominciamo con un falso problema che è la contrapposizione tra il prodotto tipico e il prodotto di base. Infatti non c’è contrapposizione ma complementarietà perché altrimenti manca il prodotto tipico.

Il vero problema è potenziare il sistema agricolo e produttivo perché senza l’agricoltura italiana non c’è il Made in Italy agroalimentare. Quindi serve essere competitivi per quanto possibile sulla materia prima, produrre meglio, produrre a costi più bassi con qualità migliore grazie al progresso scientifico e all’innovazione tecnologica perché solo se noi salviamo l’agricoltura di base su quella potremo costruire le eccellenze.



Ma diciamolo con chiarezza per dare prospettiva alla nostra agricoltura è fondamentale accorciare la distanza tra il produttore e il consumatore. Questo è ottenibile soltanto con una comunicazione trasparente che faccia capire a chi compra cosa compra. Tutto questo al fine di ottenere che l’acquisto sia una scelta consapevole.



Bibliografia

Mena Aloia,L'arca olearia http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/3050-chi-la.htm

Nessun commento:

Posta un commento