venerdì 10 maggio 2019

I Nutricato , la famiglia del Salento leccese del vino naturale (senza aggiunte)




Un sorriso pulito, giovane: sono i giovani della famiglia Nutricato, frizzanti come il mosto che fermenta nella loro cantina. Paolo, uno dei fratelli, ha una voce allegra, che mette di buon umore e che accompagna la descrizione di un’impresa originale e pionieristica. Sono una famiglia allargata perché è della partita il cugino Antonio De Vitis, anche lui con il sorriso di questa Comunità di persone motivate e motivanti perché questi ragazzi, non solo fanno l’impresa per loro stessi ma, con grande entusiasmo, mettono a disposizione di chiunque lo desideri, tutta la loro sapienza fatta di comunità di esseri viventi vegetali e animali che colonizzano le terre a sud est, il paesaggio del Salento che è a rischio desertificazione.
Questi ragazzi hanno toccato con mano il paesaggio che si sviluppa da un terreno pieno di microorganismi che si nutrono di sostanza organica e hanno visto con i loro occhi, che le malattie non si sviluppano più né sulle foglie né sui grappoli delle uve che crescono nei loro vigneti, proprio perché ci sono tanti microorganismi che vivono in comunità, che vivono in armonia, perché si crea l’equilibrio che impedisce a una sola specie di spadroneggiare. Questi giovani siccome hanno provato un sincero stupore quando hanno visto tutto ciò, hanno anche maturato il desiderio che li vede impegnati affinché queste informazioni raggiungano il maggior numero possibile di persone, loro vogliono ardentemente che la nostra terra, il Salento leccese, diventi una fonte inesauribile del bene più prezioso che abbiamo ovvero: la nostra salute.


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Percorro le strade della penisola a sud est che si arrampicano tra oliveti e campi inerbiti per giungere a un paese che mi fa pensare a qualcosa di Sanissimo: si tratta di Supersano, dove strada dopo strada, casa dopo casa, giungo in via Cesare Battisti al civico 177. Quella che vedo è una normale abitazione che ospita la piccola Cantina Supersanum, mentre schiaccio il campanello non posso fare a meno di notare lo stemma che raffigura un’antica anfora romana. Appaiono dalla porta che si affaccia sulla strada Paolo Nutricato e suo cugino Antonio De Vitis che mi aprono la porta, scoprirò poi che si tratta di due dei protagonisti di questa avventura. Mi accolgono con un bel sorriso pulito e mi fanno accomodare in un piccolo office davanti ad una panca che sfoggia la loro produzione di vino.
È Paolo che si prende l’incarico di raccontare la loro storia che è quella di una famiglia. È la storia del nonno Michele che produceva l’uva per il nord e per i francesi ma che si dilettava a imbottigliare il vino. Paolo subito mi dice: << È a mio fratello Gabriele che è venuta la passione del nonno, lui è un agrotecnico che ha studiato Enologia a Cesena e al rientro dei suoi studi ha proposto quest’avventura a me e a mia sorella Sara che è Dottore Agronomo>>. È calmo Paolo mentre racconta della società semplice che decisero di fondare e di suo cugino Antonio De Vitis, che è lì con lui e che interviene << mi sono affiancato con passione a questa bellissima impresa dopo essere tornato da alcune esperienze al nord. Curo la commercializzazione del prodotto e coordino i processi produttivi perché la mia professione è quella dell’ingegnere gestionale.>>

Subito interviene Paolo che continua il racconto: <>. È entusiasta infatti gli occhi di Paolo hanno una bellissima luce quando mi racconta come è riuscito a non aggiungere più lieviti alle sue uve << le nostre alleate sono le vespe! E pensare che noi le ritenevamo nemiche e le scacciavamo dai nostri vigneti >> mi dice con il tono di chi mi sta rivelando un segreto << le vespe sono gli insetti più preziosi per la produzione del vino perché pungono i chicchi d’uva per succhiarne il succo che fermenta al loro interno per poi essere sparso dalle stesse sugli altri acini. Infatti le vespe, pungendo di nuovo l’uva, fanno arrivare i preziosi lieviti naturali sulla buccia dove si moltiplicano. Saranno loro poi che fermentando daranno le caratteristiche al nostro vino>>.
Paolo mi racconta di come nelle sue ricerche in internet si sia imbattuto in Angiolino Maulè di Vicenza << è da lui che ho imparato che la terra e le viti non hanno bisogno di aiuto chimico dall’esterno. È così che abbiamo capito che potevamo produrre un vino semplicemente coltivando la vite senza aggiungere sostanze chimiche, raccogliendo quell’uva che, fermentando nella nostra cantina, ci dona lo stesso vino che producevano gli uomini agli albori della storia dell’umanità.>>
I fratelli Nutricato hanno 5 ettari di vigneto e nel loro terreno non usano né rame, né zolfo e tanto meno calce. Nel loro vigneto non viene impiegato nessun prodotto chimico di sintesi e nessun concime prodotto industrialmente.
Chiedo a Paolo di dirmi del processo produttivo che hanno messo in atto nella loro azienda << Per quanto riguarda le malattie che possono svilupparsi nella vite ho applicato i principi che mi sono stati insegnati dal dott. Massimo Zaccardelli del C.R.A. “Centro di ricerca per l’orticoltura” di Pontecagnano (SA).>> Paolo mi dice che lui produceva del compost con l’aiuto dei lombrichi e che ha fatto analizzare da Zaccardelli questo prodotto. << Dal Centro di ricerca per l’orticoltura ci arrivò la notizia che il nostro compost era ottimo per ottenere la presenza sulle foglie dei nostri vigneti di antagonisti naturali che avrebbero impedito l’insorgere delle malattie della vite>>
Chiedo a Paolo se volesse rivelare la sua ricetta de compost che produce questi organismi antagonisti naturali delle malattie. << Non c’è nessun segreto è tutto disponibile in rete nella piattaforma Progetto Biocompost http://www.progettobiocompost.it/site/ dove è possibile scaricare un manuale che passo per passo dice come produrre il Biocompost, comunque il procedimento che ho messo in atto non prevede altro che nel far maturare il compost di lombrico che produco a temperatura controllata e aggiungendo ossigeno>>


Poi mi racconta dell’incontro con Regula Pedretti che gli ha svelato i segreti dei microorganismi effettivi <>.
Questi giovani professionisti con le loro ricerche, i loro incontri in rete e il loro anelito di far tornare vivo il territorio di un paese che ostenta al Mondo di essere un paese Sanissimo (Super Sano) hanno costruito traiettorie che hanno portato esperienze globali tutte volte a riempire di vita i terreni e le piante della penisola salentina. Il racconto di Paolo è avvincente perché svela il segreto di come far diventare i nostri terreni di nuovo naturali<< La ricetta che ha reso di nuovo vivi i nostri vigneti che da anni non hanno alcun contatto con i prodotti chimici è la seguente e che io chiamo MIX RIGENERANTE: Macerato di fico d’india che si ottiene tagliando le pale di fico d’india in piccoli pezzetti che si faranno fermentare per non meno di 2 ore e non più di 12. Si ottiene così un’acqua collosa che è adesivante e che ha dei microorganismi in grado di rigenerare le foglie; poi il COMPOST TEA ovvero il compost ricavato grazie all’azione dei lombrichi riposto in sacchetti che mi costruisco io dalle reti anti afide dove viene lasciato per 7 – 10 giorni ad una temperatura di 27 °C ottenuta grazie ad un riscaldatore di acquario ed aggiungendo poi i microorganismi efficaci>>
Paolo mi racconta della cura che lui mette in atto per proteggere le sue viti, la peronospora, l’oidio sono funghi che possono far perdere tutta la produzione. Ma Paolo non combatte i funghi, lui attraverso i suoi studi e le sue prove, ha capito che semplicemente basta non lasciarli soli ed indisturbati << aggiungo ai miei vigneti questo MIX RIGENERANTE, metto quei funghi insieme ad altri microrganismi contenuti nel mio mix e, magicamente, quei funghi che potrebbero distruggere tutto il raccolto non sono più temibili>>
Poi Paolo mi dice di quanto producono i loro 5 ettari di vigneto. << Noi produciamo da 20 a 60 quintali di uve per ogni ettaro e siamo pienamente dentro al massimo di produzione consentito ai vigneti dalle cui viti si ottengono vino a denominazione di origine controllata che non deve mai essere superiore a 150 quintali per ettaro.>>
Ma osservo che per ottenere questa produzione ci vuole il concime << certamente, ma non quello chimico! Adesso non usiamo più concimare con nulla, facciamo crescere le leguminose nel vigneto e poi alla fioritura le interriamo. Si tratta dell’antica pratica del sovescio che i nostri nonni utilizzavano per dare la sostanza organica ai terreni quando non era disponibile il letame.>>
Ma prima di arrivare a questo mi dice che per il primo anno hanno utilizzato un compost di lombrico che è possibile trovare in commercio, ne distribuirono 6 quintali ogni ettaro. Poi a settembre, dopo la vendemmia, hanno tagliato le erbe lasciandole sul terreno e così facendo l’hanno coperto favorendo la ritenzione idrica ovvero impedendo che l’acqua evaporasse. Poi anche i sovesci. Insomma qualunque vigneto con 4 – 5 anni di pacciamatura (che consiste nel lasciare sul terreno le erbe spontanee tagliate e i sarmenti della potatura della vite trinciati e con l’apporto di 6 quintali di compost) diviene un vigneto a coltivazione naturale.
Dopo questi 4 – 5 anni non c’è bisogno più del compost, basta la trinciatura dei sarmenti ponendo attenzione che tutto il terreno sia ricoperto anche dalle erbe tagliate e quindi sia pacciamato
I vigneti che danno l’uva che sarà il vino della Cantina supersanum sono 3 ettari di vitigno negroamaro, 1 ettaro di vitigno Malvasia e 1 ettaro di vari vitigni che nel secolo scorso i vignaioli salentini avevano provato e che i fratelli Nutricato hanno raccolto tra gli altri hanno il ciliegino, il sangiovese e il primitivo.
Ma come fate a sapere quando è il tempo della raccolta? Gli chiedo e lui << assaggiamo l’uva e usiamo il rifrattometro per vedere il grado zuccherino. Raccoglieremo al grado zuccherino più o meno alto in funzione del vino che desideriamo produrre.>>
E quando è giunto il giusto grado zuccherino, quando effettuate la vendemmia? chiedo a Paolo <>.
Alla domanda quanto vino produce la cantina Supersanum, lui mi risponde << 80 – 100 quintali di vino>> lo incalzo: ma quanto ne imbottigliate? << circa 8 mila bottiglie tutte imbottigliate da noi a mano, che vendiamo dai 10 ai 16 euro ognuna a seconda della qualità del vino>>
Gli chiedo se ci sono molto acquirenti nel Salento ed è Antonio De Vitis che mi risponde perché è lui che si occupa della commercializzazione. << A Lecce non vendiamo nemmeno una bottiglia, i nostri clienti sono in Canada, negli Sati Uniti, Svizzera, Francia e Germania>>.



Le etichette sono il frutto della collaborazione “artistica” di Stefania Piccino che è la fidanzata di Paolo che si occupa anche del logo e della grafica del loro sito https://cantinasupersanum.com/ .
Questa generazione di Supersano ha avuto la visione di una terra in cui valga la pena di vivere, una terra che ha rispetto per i ritmi della natura, abitata da gente che non immette sostanze chimiche nell’ambiente. Una terra genuina come quella coltivata da nonno Michele che raccoglieva l’uva che costituiva la base sicura dei vini francesi, di quelli piemontesi. Vini di successo! Il vino è tutto nelle loro parole: “nei vini di successo ci sono le mie uve, diceva il nonno, e se i vini francesi e quelli del nord sono venduti a caro prezzo significa che le mie uve sono di grandissimo valore! Non guadagniamo quanto è giusto perché noi non le vinifichiamo per valorizzarle, collegandole alla nostra terra”. Prosegue: “è così che abbiamo deciso di fare il vino, per seguire l’indicazione del nonno”. Sono orgogliosi questi figli del sud est e poi mi portano nella cantina dove sono esposte le bottiglie che contenevano il vino del nonno e dicono: “non si arrese, aveva cominciato a produrre il vino e a imbottigliarlo. Lo faceva solo per la famiglia e per gli amici, ma a ogni bicchiere, corrispondeva un complimento, un attestato alla sua intuizione della qualità delle uve di Supersano e del Salento.”


La terra d’Otranto è generosa, regala ogni anno i suoi frutti alle donne e agli uomini che li consumeranno e i nostri amici stanno raccontando la loro esperienza a tutti quelli che li vogliono ascoltare. Vogliono che si formi la Comunità dei vignaioli di terra d’Otranto perché questa terra sino agli anni 70 del secolo scorso aveva 60mila ettari di vigneto e c’erano stabilimenti vinicoli dappertutto e dai sottoprodotti si distillava l’alcol da cui di producevano rosili e liquori, perché questa terra è la siticulosa  Apulia dove il sole si trasforma in vino e l’amore per l’agricoltura in ricchezza.

Antonio Bruno Dottore Agronomo Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia https://www.unisalento.it/didattica/cosa-studiare/percorsi/-/dettaglio/corso/LB42/viticoltura-ed-enologia

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