Un sorriso pulito, giovane: sono i giovani della famiglia
Nutricato, frizzanti come il mosto che fermenta nella loro cantina. Paolo, uno
dei fratelli, ha una voce allegra, che mette di buon umore e che accompagna la
descrizione di un’impresa originale e pionieristica. Sono una famiglia
allargata perché è della partita il cugino Antonio De Vitis, anche lui con il
sorriso di questa Comunità di persone motivate e motivanti perché questi
ragazzi, non solo fanno l’impresa per loro stessi ma, con grande entusiasmo,
mettono a disposizione di chiunque lo desideri, tutta la loro sapienza fatta di
comunità di esseri viventi vegetali e animali che colonizzano le terre a sud
est, il paesaggio del Salento che è a rischio desertificazione.
Questi ragazzi hanno toccato con mano il paesaggio che si
sviluppa da un terreno pieno di microorganismi che si nutrono di sostanza
organica e hanno visto con i loro occhi, che le malattie non si sviluppano più
né sulle foglie né sui grappoli delle uve che crescono nei loro vigneti, proprio
perché ci sono tanti microorganismi che vivono in comunità, che vivono in armonia,
perché si crea l’equilibrio che impedisce a una sola specie di spadroneggiare. Questi
giovani siccome hanno provato un sincero stupore quando hanno visto tutto ciò, hanno
anche maturato il desiderio che li vede impegnati affinché queste informazioni
raggiungano il maggior numero possibile di persone, loro vogliono ardentemente
che la nostra terra, il Salento leccese, diventi una fonte inesauribile del
bene più prezioso che abbiamo ovvero: la nostra salute.
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Percorro le strade della penisola a sud est che si
arrampicano tra oliveti e campi inerbiti per giungere a un paese che mi fa
pensare a qualcosa di Sanissimo: si tratta di Supersano, dove strada dopo
strada, casa dopo casa, giungo in via Cesare Battisti al civico 177. Quella che
vedo è una normale abitazione che ospita la piccola Cantina Supersanum, mentre
schiaccio il campanello non posso fare a meno di notare lo stemma che raffigura
un’antica anfora romana. Appaiono dalla porta che si affaccia sulla strada Paolo
Nutricato e suo cugino Antonio De Vitis che mi aprono la porta, scoprirò poi
che si tratta di due dei protagonisti di questa avventura. Mi accolgono con un
bel sorriso pulito e mi fanno accomodare in un piccolo office davanti ad una
panca che sfoggia la loro produzione di vino.
È Paolo che si prende l’incarico di raccontare la loro
storia che è quella di una famiglia. È la storia del nonno Michele che
produceva l’uva per il nord e per i francesi ma che si dilettava a
imbottigliare il vino. Paolo subito mi dice: << È a mio fratello Gabriele
che è venuta la passione del nonno, lui è un agrotecnico che ha studiato
Enologia a Cesena e al rientro dei suoi studi ha proposto quest’avventura a me
e a mia sorella Sara che è Dottore Agronomo>>. È calmo Paolo mentre
racconta della società semplice che decisero di fondare e di suo cugino Antonio
De Vitis, che è lì con lui e che interviene << mi sono affiancato con
passione a questa bellissima impresa dopo essere tornato da alcune esperienze
al nord. Curo la commercializzazione del prodotto e coordino i processi
produttivi perché la mia professione è quella dell’ingegnere
gestionale.>>
Subito interviene Paolo che continua il racconto: <>. È entusiasta infatti gli occhi di Paolo hanno una bellissima
luce quando mi racconta come è riuscito a non aggiungere più lieviti alle sue
uve << le nostre alleate sono le vespe! E pensare che noi le ritenevamo
nemiche e le scacciavamo dai nostri vigneti >> mi dice con il tono di chi
mi sta rivelando un segreto << le vespe sono gli insetti più preziosi per
la produzione del vino perché pungono i chicchi d’uva per succhiarne il succo
che fermenta al loro interno per poi essere sparso dalle stesse sugli altri
acini. Infatti le vespe, pungendo di nuovo l’uva, fanno arrivare i preziosi
lieviti naturali sulla buccia dove si moltiplicano. Saranno loro poi che
fermentando daranno le caratteristiche al nostro vino>>.
Paolo mi racconta di come nelle sue ricerche in internet si
sia imbattuto in Angiolino Maulè di Vicenza << è da lui che ho imparato
che la terra e le viti non hanno bisogno di aiuto chimico dall’esterno. È così
che abbiamo capito che potevamo produrre un vino semplicemente coltivando la
vite senza aggiungere sostanze chimiche, raccogliendo quell’uva che,
fermentando nella nostra cantina, ci dona lo stesso vino che producevano gli
uomini agli albori della storia dell’umanità.>>
I fratelli Nutricato hanno 5 ettari di vigneto e nel loro
terreno non usano né rame, né zolfo e tanto meno calce. Nel loro vigneto non
viene impiegato nessun prodotto chimico di sintesi e nessun concime prodotto
industrialmente.
Chiedo a Paolo di dirmi del processo produttivo che hanno
messo in atto nella loro azienda << Per quanto riguarda le malattie che
possono svilupparsi nella vite ho applicato i principi che mi sono stati
insegnati dal dott. Massimo Zaccardelli del C.R.A. “Centro di ricerca per
l’orticoltura” di Pontecagnano (SA).>> Paolo mi dice che lui produceva
del compost con l’aiuto dei lombrichi e che ha fatto analizzare da Zaccardelli
questo prodotto. << Dal Centro di ricerca per l’orticoltura ci arrivò la
notizia che il nostro compost era ottimo per ottenere la presenza sulle foglie
dei nostri vigneti di antagonisti naturali che avrebbero impedito l’insorgere
delle malattie della vite>>
Chiedo a Paolo se volesse rivelare la sua ricetta de compost
che produce questi organismi antagonisti naturali delle malattie. << Non c’è
nessun segreto è tutto disponibile in rete nella piattaforma Progetto
Biocompost http://www.progettobiocompost.it/site/
dove è possibile scaricare un manuale che passo per passo dice come produrre il
Biocompost, comunque il procedimento che ho messo in atto non prevede altro che
nel far maturare il compost di lombrico che produco a temperatura controllata e
aggiungendo ossigeno>>
Poi mi racconta dell’incontro con Regula Pedretti che gli ha
svelato i segreti dei microorganismi effettivi <>.
Questi giovani professionisti con le loro ricerche, i loro
incontri in rete e il loro anelito di far tornare vivo il territorio di un
paese che ostenta al Mondo di essere un paese Sanissimo (Super Sano) hanno
costruito traiettorie che hanno portato esperienze globali tutte volte a
riempire di vita i terreni e le piante della penisola salentina. Il racconto di
Paolo è avvincente perché svela il segreto di come far diventare i nostri
terreni di nuovo naturali<< La ricetta che ha reso di nuovo vivi i nostri
vigneti che da anni non hanno alcun contatto con i prodotti chimici è la
seguente e che io chiamo MIX RIGENERANTE: Macerato di fico d’india che si
ottiene tagliando le pale di fico d’india in piccoli pezzetti che si faranno
fermentare per non meno di 2 ore e non più di 12. Si ottiene così un’acqua
collosa che è adesivante e che ha dei microorganismi in grado di rigenerare le
foglie; poi il COMPOST TEA ovvero il compost ricavato grazie all’azione dei
lombrichi riposto in sacchetti che mi costruisco io dalle reti anti afide dove
viene lasciato per 7 – 10 giorni ad una temperatura di 27 °C ottenuta grazie ad
un riscaldatore di acquario ed aggiungendo poi i microorganismi efficaci>>
Paolo mi racconta della cura che lui mette in atto per
proteggere le sue viti, la peronospora, l’oidio sono funghi che possono far
perdere tutta la produzione. Ma Paolo non combatte i funghi, lui attraverso i
suoi studi e le sue prove, ha capito che semplicemente basta non lasciarli soli
ed indisturbati << aggiungo ai miei vigneti questo MIX RIGENERANTE, metto
quei funghi insieme ad altri microrganismi contenuti nel mio mix e,
magicamente, quei funghi che potrebbero distruggere tutto il raccolto non sono più
temibili>>
Poi Paolo mi dice di quanto producono i loro 5 ettari di
vigneto. << Noi produciamo da 20 a 60 quintali di uve per ogni ettaro e
siamo pienamente dentro al massimo di produzione consentito ai vigneti dalle
cui viti si ottengono vino a denominazione di origine controllata che non deve
mai essere superiore a 150 quintali per ettaro.>>
Ma osservo che per ottenere questa produzione ci vuole il
concime << certamente, ma non quello chimico! Adesso non usiamo più
concimare con nulla, facciamo crescere le leguminose nel vigneto e poi alla
fioritura le interriamo. Si tratta dell’antica pratica del sovescio che i
nostri nonni utilizzavano per dare la sostanza organica ai terreni quando non era
disponibile il letame.>>
Ma prima di arrivare a questo mi dice che per il primo anno
hanno utilizzato un compost di lombrico che è possibile trovare in commercio,
ne distribuirono 6 quintali ogni ettaro. Poi a settembre, dopo la vendemmia,
hanno tagliato le erbe lasciandole sul terreno e così facendo l’hanno coperto
favorendo la ritenzione idrica ovvero impedendo che l’acqua evaporasse. Poi
anche i sovesci. Insomma qualunque vigneto con 4 – 5 anni di pacciamatura (che
consiste nel lasciare sul terreno le erbe spontanee tagliate e i sarmenti della
potatura della vite trinciati e con l’apporto di 6 quintali di compost) diviene
un vigneto a coltivazione naturale.
Dopo questi 4 – 5 anni non c’è bisogno più del compost,
basta la trinciatura dei sarmenti ponendo attenzione che tutto il terreno sia
ricoperto anche dalle erbe tagliate e quindi sia pacciamato
I vigneti che danno l’uva che sarà il vino della Cantina
supersanum sono 3 ettari di vitigno negroamaro, 1 ettaro di vitigno Malvasia e
1 ettaro di vari vitigni che nel secolo scorso i vignaioli salentini avevano
provato e che i fratelli Nutricato hanno raccolto tra gli altri hanno il
ciliegino, il sangiovese e il primitivo.
Ma come fate a sapere quando è il tempo della raccolta? Gli
chiedo e lui << assaggiamo l’uva e usiamo il rifrattometro per vedere il
grado zuccherino. Raccoglieremo al grado zuccherino più o meno alto in funzione
del vino che desideriamo produrre.>>
E quando è giunto il giusto grado zuccherino, quando
effettuate la vendemmia? chiedo a Paolo <>.
Alla domanda quanto vino produce la cantina Supersanum, lui
mi risponde << 80 – 100 quintali di vino>> lo incalzo: ma quanto ne
imbottigliate? << circa 8 mila bottiglie tutte imbottigliate da noi a
mano, che vendiamo dai 10 ai 16 euro ognuna a seconda della qualità del
vino>>
Gli chiedo se ci sono molto acquirenti nel Salento ed è
Antonio De Vitis che mi risponde perché è lui che si occupa della
commercializzazione. << A Lecce non vendiamo nemmeno una bottiglia, i
nostri clienti sono in Canada, negli Sati Uniti, Svizzera, Francia e
Germania>>.
Le etichette sono il frutto della collaborazione “artistica”
di Stefania Piccino che è la fidanzata di Paolo che si occupa anche del logo e
della grafica del loro sito https://cantinasupersanum.com/
.
Questa generazione di Supersano ha avuto la visione di una
terra in cui valga la pena di vivere, una terra che ha rispetto per i ritmi
della natura, abitata da gente che non immette sostanze chimiche nell’ambiente.
Una terra genuina come quella coltivata da nonno Michele che raccoglieva l’uva
che costituiva la base sicura dei vini francesi, di quelli piemontesi. Vini di
successo! Il vino è tutto nelle loro parole: “nei vini di successo ci sono le
mie uve, diceva il nonno, e se i vini francesi e quelli del nord sono venduti a
caro prezzo significa che le mie uve sono di grandissimo valore! Non
guadagniamo quanto è giusto perché noi non le vinifichiamo per valorizzarle,
collegandole alla nostra terra”. Prosegue: “è così che abbiamo deciso di fare
il vino, per seguire l’indicazione del nonno”. Sono orgogliosi questi figli del
sud est e poi mi portano nella cantina dove sono esposte le bottiglie che contenevano
il vino del nonno e dicono: “non si arrese, aveva cominciato a produrre il vino
e a imbottigliarlo. Lo faceva solo per la famiglia e per gli amici, ma a ogni
bicchiere, corrispondeva un complimento, un attestato alla sua intuizione della
qualità delle uve di Supersano e del Salento.”
La terra d’Otranto è generosa, regala ogni anno i suoi
frutti alle donne e agli uomini che li consumeranno e i nostri amici stanno
raccontando la loro esperienza a tutti quelli che li vogliono ascoltare.
Vogliono che si formi la Comunità dei vignaioli di terra d’Otranto perché
questa terra sino agli anni 70 del secolo scorso aveva 60mila ettari di vigneto
e c’erano stabilimenti vinicoli dappertutto e dai sottoprodotti si distillava
l’alcol da cui di producevano rosili e liquori, perché questa terra è la
siticulosa Apulia dove il sole si
trasforma in vino e l’amore per l’agricoltura in ricchezza.
Antonio Bruno Dottore Agronomo Esperto in diagnostica urbana
e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia https://www.unisalento.it/didattica/cosa-studiare/percorsi/-/dettaglio/corso/LB42/viticoltura-ed-enologia
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