I MUGNULI ovvero i Cavoli del Salento leccese
di ANTONIO BRUNO
Più dolci dei cavoli, più teneri dei broccoli. Sono i
“mugnuli”, delicata verdura che è una esclusività dei salentini. Tanto da
essere ingrediente principale di uno dei piatti più tradizionali del Salento,
la “massa” di San Giuseppe.
I “mugnuli” in realtà sono cavoli broccoli, varietà di
brassica come la B. oleracea L. var. botrytis L. (Cavolfiore) e var. italica
Plenck (broccoli). Questo cavolo broccolo ha una maggiore capacità di resistere
alle avversità tanto da essere definito più rustico rispetto alle altre varietà
ed ha anche una certa diversità della morfologia rispetto agli altri cavoli
broccolo, infatti l’infiorescenza è più piccola e meno compatta, i singoli
fiori sono bianchi, più grandi e con brattee florali più ampie rispetto a
quelle del broccolo.
Conosciuti con il nome di “spuntature leccesi” (ma anche di
“spuriàtu”, “spuntature”, “càulu pòeru” e “caùli paesani”), i “mugnuli” hanno
un sapore più dolce e aromatico rispetto a tutti gli altri cavoli ed è per
questo che i salentini, e solo loro, continuano a consumarlo in gran quantità.
Ci vorrebbe uno studio genetico per stabilire se i “mugnuli”
sono antenati dei cavoli Broccoli o se invece costituiscono uno sviluppo
parallelo. I responsabili del Laboratorio di Botanica sistematica ed Ecologia
vegetale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie ambientali dell’Università
del Salento hanno riscontrato nei “mugnuli” la presenza di indoli ed è per
questo motivo che mangiando questo ortaggio si ottiene di prevenire certi
tumori tipici dell’apparato digerente. Non solo, le donne che allattano il
bambino, consumando “mugnuli”, producono più latte.
Ma cosa significa la parola “mugnuli”? Il professor Armando
Polito ne spiega l’origine facendolo risalire ai “capricci”. Questo
significato, infatti, si potrebbe ricollegare all’antica credenza secondo la
quale chi aveva i capelli vistosamente arricciati era pervaso da misteriose
voglie pungenti. Insomma, siccome la parola capriccio deriverebbe dalla parola
capo e dalla parola riccio, e prendendo atto che la forma di questo ortaggio
ricorda proprio un capo ricciuto, questo ha autorizzato la fantasia del
professor Polito a supporre un uso metaforico del nome dell’ortaggio.
Dei “mugnuli” si possono distinguere nel Salento leccese
almeno tre ecotipi: praecox, major e serotino. Il primo viene chiamato anche
“mugnulettu”, ha uno sviluppo contenuto e viene coltivato in terreni leggeri,
la sua produzione è precoce, limitata, ma organoletticamente gradevole, per
questo motivo viene molto ricercato dagli appassionati di questa verdura. Gli
ecotipi major e serotino, invece, hanno uno sviluppo maggiore; in particolare
il serotino, che è anche più tardivo, viene coltivato in terreni pesanti,
freschi e fertili. Le piante sono folte e di un verde intensissimo.
Dopo aver tagliato ai “mugnuli” la testa principale (a
co-rimbo) crescono molti capi di piccole dimensioni che possono essere tagliati
dalla stessa pianta per uno o due mesi, a secondo di quanta acqua ha a
disposizione la pianta.
Se si vuole coltivarli in giardino o nell’orto, è bene
trapiantarne una piantina allevata prima in semenzaio; la semina deve essere
fatta 20-25 giorni prima del trapianto.
Quando alla metà di luglio o alla metà di ottobre le
piantine giungono all’altezza di 10-20 centimetri, si trapianta; gli agricoltori
utilizzano spesso semine scaglionate per ampliare il periodo di produzione.
Il trapianto viene effettuato in un terreno ben lavorato,
concimato con 7-8 q/ha di concime ternario (ad esempio 11-22-16). Le piante
devono essere poste a una distanza all’interno della riga di 40-50 centimetri e
di 80-100 centimetri fra le righe. Si interviene con solfato di ammonio due
volte: dopo il trapianto e durante la formazione della testa principale.
I “mugnuli” sono piante più resistenti a stress biotici
rispetto agli altri cavoli e per coltivarli non servono erbicidi, poiché i
campi non sono molto grandi, essendo coltivati per l’uso della famiglia e per i
piccoli mercati locali. Alcuni agricoltori usano lasciare le piante di
“mugnuli” per molti anni, anche se il raccolto peggiora qualitativamente con il
tempo. Grazie alla dispersione dei semi a causa del vento, infine, i “mugnuli”
possono essere considerati anche una pianta spontanea.
È il periodo giusto per consumare questa splendida verdura
che è disponibile dalla metà di novembre fino a marzo-aprile. Le ultime
“spuntature leccesi” arrivano giusto in tempo per la “massa” di San Giuseppe,
un piatto tipico di diversi centri del Salento, che si prepara in onore del
santo il 19 marzo.
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