Xylella quello che c’è da sapere. In fretta. Perché tutta l’Italia potrebbe essere colpita
15 aprile 2015
Due giorni fa sono state
abbattute le prime piante aggredite dalla patologia che viene chiamata
disseccamento rapido dell’olivo, genericamente riferita dai media,
emergenza Xylella. Molto è stato detto a (s)proposito di questo batterio
che sta decimando alberi centenari (anzi le manifestazioni più gravi si
osservano sulle piante di grandi dimensioni, pluricentenarie): dalle
teorie complottiste, ai vagheggiamenti di guru ambientalisti e i rimedi
di ciarlatani pronti a trovare il loro tornaconto nella tragedia dei
coltivatori pugliesi. Per capirci qualcosa abbiamo interpellato un
esperto di patologia vegetale che è stato anche il fondatore del Centro
di Studio sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee del CNR
diventato ora Istituto di Protezione Sostenibile delle Piante. Il
professor Giovanni Paolo Martelli del Dipartimento di
Scienza del Suolo, della Pianta e degli Alimenti, dell’università di
Bari, guida il team in prima linea nella conoscenza e strategia di lotta
all’allarme Xylella. E’ un gruppo multidisciplinare con competenze
micologiche, batteriologiche e virologiche la cui autorevolezza è
riconosciuta internazionalmente. A questo fine hanno unito le forze e
lavorano in simbiosi i ricercatori dell’Università di Bari con quelli
dell’unità organizzativa di Bari del CNR.
1) Alberi centenari che si disseccano,
foglie che marciscono, fusto si sfalda. La colpa è della Xylella
fastidiosa che strozza il sistema vascolare della pianta. Ho letto che
l’aggressione è l’effetto combinato di 3 fattori. E’ così?
No. Fu questa la prima ipotesi
emersa dalle osservazioni effettuate nell’autunno del 2013 quando
affrontammo il problema. Ora riteniamo che: (i) la Xylella sia il
principale agente della moria, (ii) che i funghi, quando presenti (è
raro trovarli negli impianti giovani (15-20 anni o giù di li) possano aggravare gli effetti della infezione della Xylella (iii) che la Zeuzera (lepidottero endemico nella zona) non c’entri per niente.
2) Il protocollo europeo richiede di
estirpare gli alberi infetti e quelli presenti nel raggio di 200metri
per formare una fascia-cuscinetto di sicurezza circostante. E’ l’unica
via possibile? Non esistono cure al disseccamento?
Non esistono cure.
L’estirpazione delle piante infette e di quelle circostanti (200 metri
di raggio sono eccessivi, mi dicono che il Ministero Agricoltura. stia
“negoziando” un raggio di 100 metri) è una misura che tende a contenere
l’infezione ma non la elimina. La Xylella fastidiosa è un
patogeno da quarantena ritenuto tra i più pericolosi dall’OEPP
(Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante) inserito nella
lista di proscrizione A1. Come tale, secondo la Direttiva comunitaria
2000/29/CE, essa va eradicata (Art.16 della Direttiva di cui sopra).
L’eradicazione prevede l’eliminazione di tutte le fonti di inoculo
che, nel caso del Salento, includono l’olivo.
3) Francia, Spagna e Grecia premono per
un intervento rapido. Non tutti sono convinti dell’estirpazione.
Qualcuno propone soluzioni alternative per limitare i danno, per esempio
il controllo integrato dei 3 fattori con a)uso di pesticidi
b)somministrazione di N-acetilcisteina c) arature del terreno. Che cosa
ne pensa?
Un intervento rapido è essenziale.
Quale però? Al momento il più urgente è il contenimento della malattia
all’interno della zone infetta. Un intervento integrato non è utile per
i motivi specificati al punto 1. Non si potrà prescindere
dall’eliminazione degli olivi infetti come ho appena detto. Questi
comunque saranno destinati a morire in mancanza di mezzi di cura (non
ne esistono purtroppo). Tra le cose da fare abbiamo in programma il
saggio dell’effetto della N-acetilcisteina (NAC), tenendo a mente che i
risultati promettenti ottenuti in Brasile su agrumi non è detto che
risultino tali anche su olivo. Noi, naturalmente, lo speriamo.
Rimane comunque il fatto che la NAC rompe i legami (= ponti) disolfuro
che stabilizzano le proteine del biofilm batterico che
viene fluidificato, favorendo così il passaggio della linfa grezza. Ne
deriva una remissione più o meno estesa dei sintomi, la pianta se ne
avvantaggia tornando a produrre (anche se non ai livelli ante infezione)
ma rimane infetta. Arature del terreno? Si, al momento opportuno (in
questo periodo) per uccidere gli stadi larvali del vettore presenti
sulla vegetazione spontanea.
4) Gestire l’emergenza è una cosa ma per
un intervento preventivo le tecniche transgeniche potrebbero essere di
aiuto (a prescindere dal fatto che in Italia sono vietate)?
Meglio dimenticare le piante GM. A
parte la perdurante ostilità dei Paesi comunitari (piccole eccezioni,
Spagna, Portogallo, Romania, Republica Ceca e Slovacchia) si è ancora
molto lontani da questo approccio. Tentativi sono in corso negli USA per
trasformare piante di vite con una molecola segnale che, semplificando,
blocca la moltiplicazione di Xylella.
5) La Xylella Fastidiosa aggredisce solo ulivi o anche altre varietà vegetali?
L’EFSA (European Food Security
Agency) su commissione della UE ha prodotto una lista di 309 specie di
piante appartenenti a 193 generi diversi ospiti conclamati di una o più
della 4 sottospecie si Xylella conosciute (X. fastidiosa
fastidiosa, Xf multiplex, Xf sandyi; Xf pauca). Nella zona infetta
abbiamo identificato per il momento altri 10 ospiti colpiti dalla
Xylella, tra cui l’oleandro, il mandorlo, il ciliegio, la Polygala
myrtifolia…
6) Quando sono comparsi i primi focolai? Dove?
Vicino Gallipoli, presumibilmente tra il 2008 ed il 2010
7) Che cosa si è fatto fino ad oggi ?
Noi abbiamo scoperto la causa
principale se non unica della malattia, caratterizzato l’agente e le
modalità con cui esso si diffonde. Non è poco in meno di un anno da
quando abbiamo affrontato problema. Gli interventi di eradicazione e di
contenimento hanno dovuto attendere la messa a punto di un piano di
contenimento della malattia e di intervento contro i vettori varato da
un Commissario straordinario che si è insediato pochi mesi addietro e
che sta operando tra difficoltà di ogni genere.
8) Qual è origine geografica del
batterio? Come si pensa sia arrivato nelle Puglie? La magistratura ha
aperto delle indagini. Qualcuno avanza ipotesi complottistiche di
bio-terrorismo…
Il batterio che infetta l’olivo e
gli altri ospiti nel Salento è un ceppo di Xylella
fastidiosa subsp.pauca molto particolare, geneticamente identico ad un
ceppo batterico presente in Costa Rica. E’ assai probabile che sia
arrivato di lì, forse con piante ornamentali che sono finite in uno dei
vivai dell’otrantino. Ora che il problema Xylella è esploso sono
iniziati dei controlli nei punti di ingresso (Olanda soprattutto per
le piante ornamentali) e Xf pauca è stata intercettata in una dozzina e
più di lotti di piante di caffè ornamentali di provenienza costaricana
ed onduregna. Ancorché il ceppo batterico intercettato è simile ma non
identico a quello salentino, rimane il fatto che è lecito pensare che
negli anni centinaia o migliaia di piante infette siano entrate in
Europa. Sfortuna ha voluto che un ceppo batterico cattivo sia arrivate
in Salento, dove ha trovato le condizioni climatiche ottimali per il suo
attecchimento, un ospite suscettibile e molto diffuso (olivo) ed un
vettore efficiente (Philaenus spumarius volgarmente noto come
sputacchina intermedia). La UE, che non ha un sistema di intercettamento
efficiente, e non l’Italia è responsabile del guaio che ci è caduto
addosso.
L’intervento della magistratura
ordinaria è conseguente ad una denuncia avanzate da un gruppo di
sedicenti ambientalisti, mentre la magistratura amministrativa è
intervenuta per l’esposto di un proprietario che non ha gradito che i
suoi olivi (infetti) fossero abbattuti. Il TAR di Lecce ha dovuto
passare la pratica al TAR Lazio per motivi di competenza ma quatto non
ha fermato l’inizio dell’abbattimento degli olivi (ben pochi, solo 7)
tra le proteste che avrà visto in TV. Complotti internazionali orditi
da multinazionali? Bio terrorismo? Favole, per non dire fandonie. Così
come è una fandonia che il batterio sia sfuggito dai laboratori
dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Valenzano (Bari) che nel 2010
aveva organizzato un corso di aggiornamento sulla Xylella. Questo è il
risultato della inclinazione dietrologia di questo felice Paese.
9) Mai stati precedenti casi in Italia? Altrove?
No, in Italia no. Altrove: Kossovo
(vite) e Turchia (mandorlo) una diecina di anni addietro (entrambe
meriterebbero verifica), Iran recentemente, Libano e India (segnalazioni
probabilmente errate).
10) La malattia non estende in modo
omogeneo sul territorio: ci sono anche in zone anche limitrofe uliveti
colpiti e altri affatto. Possibile?
Si, è possibile. I focolai di
infezione hanno una distribuzione a “macchie di pelle di leopardo”. Ciò è
dovuto principalmente al trasporto passivo e certamente non voluto
dei vettori infettivi con le macchine agricole, le autovetture e gli
stessi agricoltori sui loro abiti. Ci si creda o no!!
11) Nessuno è ai ripari? La Xylella fastidiosa potrebbe colpire tutta la penisola? Nell’arco di quanto tempo?
Teoricamente, molto teoricamente si.
Ma questo non avverrà se si darà corso e si terranno in vita le
misure di contenimento, di prevenzione e l’immediata e drastica
rimozione delle piante infette nel caso di reperimento di nuovi focolai
lontani dalle aree contaminate. La sorveglianza del territorio è
devoluta ai Servizi fitosanitari regionali che devono anche predisporre
gli interventi scena alcun indugio, ma anche agli agricoltori che, nel
loro interesse, dovrebbero segnalare immediatamente i casi sospetti.
Facciano fare le analisi, a loro non costano nulla.
12) Il Corpo Forestale ha definito la
situazione fuori controllo. Però solo l’1% delle piante sui 9/11 milioni
di ulivi presenti nelle Puglie. Allarmismo? Esagerazione mediatica?
Si e no. La situazione non è ancora
fuori controllo ma lo sarà se non ci si muove, anche con le misure
dolorose che gli agricoltori lamentano. Si stima che la totalità delle
aree strettamente olivicole colpite (tutti i focolai noti, presi
nell’insieme) ammonti a circa 9000 ettari. Se così fosse si tratterebbe
di circa un milione di piante.
13) Francia ha imposto il blocco
all’import di tutti i prodotti ortofrutticoli dalle Puglie. Ragionevole?
Potrebbe degenerare in un divieto più esteso?
Irragionevole, ed è bene che
l’Italia reagisca subito nelle sedi opportune. E’ mia impressione che i
nostri eurodeputati si siano mossi poco o, se lo hanno fatto, non con
la dovuta energia. Di voci da Bruxelles non ne ho sentite. Ma forse ero
distratto
14) Bisogna rassegnarci che Xylella sia una condanna a morte del simbolo identitario delle Puglie?
E’ un guaio per il basso Salento e
molte piante salteranno. Si può temere un territorio localmente
deturpato (in certe zone lo è già) ma non pensare all’intera regione.
Torno a ripetere: interventi urgenti di contenimento, con buona pace
del “contra” ad oggi costo e loro accoliti.
15) L’opinione pubblica e in particolare i coltivatori sono disorientati. Di chi la colpa?
Il disorientamento sarebbe assai
minore se, aggiornando l’iscrizione mussoliniana che campeggia all’EUR
sul Palazzo della Civiltà Italiana, il nostro non fosse un popolo di
santi, poeti, navigatori….. xylellologi, dietrologi e guaritori.
6 commenti su “Xylella quello che c’è da sapere. In fretta. Perché tutta l’Italia potrebbe essere colpita”
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[…] Martelli dell’Università di Bari e pubblicata sul blog “Contro l’Italia dei No” al sito http://www.controlitaliadeino.it/xylella-quello-che-ce-da-sapere-in-fretta-perche-tutta-litalia-potr…. In tale intervista si evidenzia fra l’altro che allo stato attuale delle conoscenze è possibile […]
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8 marzo 2014
http://www.trameindivenire.it/efsa-dixit-simu-santoni/
Faccio presente che una volta gli alberi si curavano anche chirurgicamente, asportando le parti marcite dei tronchi e dei rami più grossi. Da qui la forma sofferta e contorta di molte piante centenarie. La mia impressione è che il problema sia vecchio. Quello che c’è di nuovo è che nessuno oramai si sogna più di curare gli ulivi (e i terreni) come si faceva una volta. Il motivo è semplice: produrre un litro di olio d’oliva costa molto di più che produrre un litro di vino. Ma comprare un litro di olio costa meno che comprare un litro di vino. E c’è persino dell’acqua minerale che costa di più di un litro di olio d’oliva. A che pro far intervenire un chirurgo per curare una pianta che non ripaga poi le spese sostenute?
Tutto qua.
Se quindi l’ulivo non ripaga più facciamola finita: sostituiamolo con altro senza dare la colpa a batteri e a mosche che probabilmente esistono da quando l’uomo e l’ulivo non erano ancora nati.