"Il germoplasma olivicolo in provincia di Lecce. Studio sul recupero. conservazione, selezione e caratterizzazione del germoplasma di olivo autoctono del Salento"
3.3 La situazione attuale
Ancora oggi, sul territorio amministrativo della provincia di Lecce, la coltivazione dell'olivo è molto diffusa. Dei 170.234 ettari di Superficie Agricola Utilizzabile (S.A.U.), ben 82.500 (48,5%) sono destinati alla colti-vazione dell'olivo che riesce così a ricoprire più dell'80% della superficie complessiva provinciale destinata alle specie arboree (Foto n.2).
Gli oliveti costituiscono un elemento costante del paesaggio agrario del Salento, con una presenza significativa in quasi tutti i comuni e tale da costituire un vero e proprio "bosco di olivi" di circa 9 milioni di piante. Di queste il 60% ha età compresa tra 25 e 100 anni, il 30% di età secolare e/o ultra secolare. mentre la parte rimanente è rappresentata da impianti realizzati negli ultimi 20 anni.
Piante di eccezionale sviluppo, veri monumenti naturali, sono segnalate in letteratura per le loro peculiarità paesaggistiche che caratterizzano questa zona meridionale della Puglia. Ancora oggi, è possibile ammirare, in tutta la loro maestosità, gli olivi rigogliosi di Scorrano, Ruffano, Caprarica di Lecce, Castrì di Lecce, Vernole e Veglie. Di particolare rilievo è l'esemplare della varietà "Ogliarola" esistente in agro di Vernole (Strudà), già menzionato nei testi dell' '800, come pianta di eccezionali dimensioni, conosciuta anche come "l'albero del pastore- (Foto n.3) in quanto il tronco, completamente cavo, assicurava riparo e refrigerio ad un pastore del luogo.
Altra pianta di eccezionale sviluppo e di età plurisecolare, è la "Cellina” situata in agro di Scorrano che presenta un tronco cavo, di dimensioni tali da poter ospitare diverse persone (Foto n.4).
Gli oliveti insistono in un territorio il cui clima risente dell'azione mitigatrice del mare. La temperatura media stagionale è di 14.8 °C, con valori minimi medi di 6.4°C e massimi di 24°C (media trentennale). La piovosità è scarsa (751.36 mm.) e non uniforme, essendo gli eventi piovosi concentrati prevalentemente nel periodo autunnale ed invernale. I venti sono in prevalenza caldi (SE e SW - Scirocco e Libeccio), mentre, nel periodo estivo, prevalgono dai quadranti settentrionali (N e NW - Tramontana e Maestrale). L'orografia del territorio interessato alla coltivazione dell'olivo è prevalentemente pianeggiante con ridotte ondulazioni collinari lungo la dorsale che dalle Murge Tarantine giungono sino al Capo di Leuca (Murge o Serre Salentine).
Dal punto di vista pedologico, la penisola salentina è formata da un basamento del Cretaceo di natura calcarea, ricoperto in buona parte da depositi argillosi, sabbiosi e marnosi del Pliocene e Pleistocene (tufi) e, nell'area di Lecce fino a Maglie e Tricase, anche da tufi calcarci del Miocene (Pietra leccese). Su questi substrati rocciosi si sono originati vari tipi di terreno, privi di orizzonti e quindi di origine autoctona derivati dal disfacimento dei substrati sottostanti e, generalmente, con buona attitudine agronomica. L'oliveto provinciale, anche se apparentemente uniforme, per caratteristiche strutturali (varietà, tecniche di conduzione, età delle piante) ed aspetti pedo-climatici, può essere suddiviso in 3 aree omogenee.
La prima zona può essere individuata nel comprensorio circostante il capoluogo e si sviluppa verso nord-ovest, sino al confine con la provincia di Brindisi (Comuni: Lecce, Arnesano, Campi Salentina, Carmiano, Cavallino, Guagnano, Lizzanello, Monteroni, Novoli, Salice Salentino, Squinzano, Surbo, Trepuzzi e Veglie). La superficie olivicola complessiva è pari a ettari 15.085 per un numero di piante di olivo di circa 1.6 milioni. Dal punto di vista varietale. la presenza di Ogliarola si equivale con la Cellina di Nardò (46%). Le piante. di età variabile, in prevalenza si possono considerare secolari. La densità delle piante per ettaro è pari a 90. (Foto n. 5)
La seconda zona si sviluppa lungo la fascia centrale del territorio provinciale, dallo Jonio sino all'Adriatico (Comuni: Aradeo, Bagnalo, Calimera, Cannole, Caprarica di Lecce, Carpignano Salentino, Castri di Lecce, Castrignano dei Greci, Castro, Copertino, Corigliano d'Otranto, Cursi, Galatina, Galatone, Giuggianello, Giurdignano, Lequile, Leverano, Maglie, Martano, Martignano, Melendugno, Melpignano, Minervino, Muro Leccese, Nardò, Neviano, Ortelle, Otranto. Palmariggi, Poggiardo. Porto Cesareo. San Donato, San Pietro in Lama, Sanarica, Santa Cesarea Terme, Seclì, Sogliano, Soleto, Sternatia, Surano, Uggiano la Chiesa, Vernole e Zollino). La superficie con olivi è pari ad ettari 34.957, con un numero di piante superiore ai 4 milioni. Gli oliveti presentano una densità media di 126 piante per ettaro, che in alcune contrade, si spinge oltre le 150 piante ad ettaro. La varietà prevalente risulta la Cellina di Nardò (52%), seguita dalla Ogliarola (42%). L'età delle piante risulta variabile, con prevalenza di alberi con oltre 60 anni di età e presenza consistente di piante secolari. (Foto n. 6)
La terza zona si estende nell'estremo lembo meridionale della provincia (Comuni: Acquarica del Capo. Alessano, Alezio, Alliste, Andrano, Botrugno, Casarano, Castrignano del Capo, Collepasso, Corsano, Cutrofiano, Diso, Gagliano, Gallipoli, Matino, Melissano, Miggiano, Montesano, Morciano, Nociglia, Parabita, Patù, Presicce, Racale, Ruffano. Salve, San Cassiano, Sannicola, Scorrano, Specchia, Spongano, Supersano, Taurisano, Taviano, Tiggiano, Tricase, Tuglie, Ugento). La superficie complessiva è pari ad ettari 35.527 con un numero di olivi di circa 3,5 milioni. Gli impianti della zona sono caratterizzati da densità medio-alta, con 100 - 115 piante per ettaro. La varietà prevalente è l'Ogliarola (63%) seguita dalla Cellina di Nardò (35%). Gli oliveti risultano molto eterogenei per quanto attiene l'età: prevalgono gli olivi tra 50 e 60 anni di età ma cospicua è anche la presenza di piante secolari ed ultrasecolari. (Foto n. 7)
Il patrimonio olivicolo salentino risulta quindi costituito prevalentemente dalle due varietà autoctone per eccellenza e, solo in modo marginale, da varietà "minori" caratteristiche di altre zone italiane e comunque sempre con diffusione ed importanza limitata. In particolare l'Ogliarola è diffusa sul territorio in ragione del 54% circa, mentre la Cellina in ragione del 41%. Pur essendo entrambe distribuite in modo uniforme in tutto il comprensorio, si nota come la Cellina risulti prevalente al Nord ed al centro della Provincia, mentre la presenza dell'Ogliarola diviene progressivamente più incisiva verso il Sud. La varietà Cellina per caratteristiche di rusticità, resistenza alle avversità climatiche e parassitarie, per costanza produttiva e per qualità organolettiche dell'olio ha progressivamente sostituito l'Ogliarola che, pur esprimendo maggiori rese in olio, presenta più accentuato il fenomeno dell'alternanza produttiva.
In sintesi, oggi, l'oliveto provinciale è strutturato secondo due tipologie: una "tradizionale" e l'altra "specializzata". Quella tradizionale, risalente al cinquecento e/o al seicento, è di tipo più “antico" e riflette le conoscenze di tecnica agronomica dell'epoca. Gli oliveti sono caratterizzati da sesti di impianto irregolari: gli alberi. infatti, erano propagati innestando oleastri spontanei preservati dagli interventi di messa a coltura di terreni macchiosi o boschivi. (Foto n. 8)
A questi impianti, oggi si alternano oliveti tradizionali ma di più recente realizzazione (700 —800), con sesti regolari anche se variabili nelle distanze di impianto. Così, in alcune zone predomina la distanza di 15m x 15m tra le piante, oppure la più razionale 12m x 12m o 10m x 10m, sino a trovare, in alcune zone, oliveti con sesti di impianto particolarmente "stretti'' (7m x 7m) in coincidenza di terreni molto fertili, di condizioni climatiche vantaggiose per esposizione e ventosità e con ordinamenti colturali moderni.
La densità di piante per ettaro, bassa negli oliveti di concezione antica e marginali (75 piante/ha - Foto n. 9) è andata progressivamente aumentando nei nuovi impianti ed appare direttamente correlata alla modernizzazione e specializzazione della coltura.
La forma di allevamento dominante è il vaso con 2 o 3 branche principali. Gli olivi negli impianti più antichi, sono impalcati ad altezze superiori al metro e mezzo e posseggono una chioma che, in genere, assume sviluppo considerevole e, frequentemente, supera i dieci metri di altezza. L'altezza del tronco è indicativa della tecnica agronomica praticata in passato. Gli impianti generalmente non erano specializzati; spesso occupavano terreni non irrigui e, di sovente. erano consociati con altre colture arboree e/o erbacee destinate frequentemente a pascoli. L'altezza del tronco è anche testimonianza della tecnica di propagazione adottata. In genere gli olivi erano innestati su oleastro o su olivastro, oppure, più semplicemente, propagati per magliolo.
Naturalmente a tali tipologie d'impianto. si contrappongono gli oliveti di recente e/o recentissima realizzazione (circa 6.000 ettari), con sesti più contenuti (6m x 6m o più fitti) e con applicazione di tecniche agronomiche sempre più innovative. (Foto n. 10)
In questi casi gli impianti specializzati sono realizzati utilizzando olivi autoradicati ed allevati in contenitore: è presente l'irrigazione, sono preferite forme di allevamento a vaso libero basso e, in genere. l'oliveto è condotto con tecniche avanzate e con meccanizzazione delle pratiche colturali. Tali oliveti sono prevalentemente costituiti da varietà non autoctone, da olio e/o duplice attitudine, a drupa grossa (Leccino, Coratina, Picholine e Nociara). (Foto n. 11)
Nessun commento:
Posta un commento