Nella foto raccolta delle olive a Lecce nel 1930
RICORDO DI ATTILIO BIASCOAttilio Biasco nato a Presicce (Lecce) il 27 giugno 1882, ha compiuto la sua vita terrena il 4 giugno 1959 lasciando nel dolore più profondo i familiari, gli amici e quanti ebbero occasione di conoscerlo.
Sostenne l'esame d'ammissione alla Scuola Tecnica di Lecce e frequentò l'Istituto Tecnico meritando l'affetto e la stima dei suoi professori che, in seguito lo ebbero collega nell'insegnamento. Appena laureato, all'Università Agraria di Portici, il Maestro Orazio Comes, allora direttore di quell'Istituto, volle come suo assistente il dott. Biasco che rimase per tre anni con lui, ed ebbe per lui tanta stima e affetto da trattenerlo in casa sua spesso a desinare e a conversare.
Lì ebbe occasione di conoscere gli uomini più illustri di quell'epoca che frequentavano la casa del Maestro che fu contrariato quando il « nostro » manifestò il proposito di accasarsi, perché, diceva che, cambiando carriera, sarebbe stato distrutto il suo luminoso avvenire.
Uomo saggio, onesto fino all'eccesso, tanto da rifiutare i compensi dai clienti che gli sembravano eccessivi; per lui, il lavoro non doveva essere fonte di guadagno, ma solo bene per l'umanità. Vinse per concorso il posto di direttore della Cattedra ambulante di Agricoltura di Lecce che allora aveva giurisdizione sui territori
di Brindisi, Taranto e Lecce. Ebbe così la conoscenza precisa di gran parte del suolo e degli uomini di Puglia che lo ebbero consigliere appassionato, savio, premuroso, sapiente. Il suo nome era noto ovunque e molti stranieri si rivolgevano a lui chiedendo i suoi studi, le sue pubblicazioni ed i suoi consigli che si avevano
sempre senza corrispettivo e con assoluta semplicità. L'umiltà era la caratteristica del suo carattere: la serietà e la fermezza nello studio di ogni problema agricolo lo tenevano curvo sui libri sino a tarda ora, soddisfacendo così il gran desiderio di migliorare la propria preparazione professionale ed approfondendo nel contempo la conoscenza dei terreni. Curò la pubblicazione di un periodico della Cattedra (dalla testata L'Agricoltura Salentina ») largamente apprezzato, sul quale dibatteva i vari problemi dell'agricoltura e rispondeva ai quesiti proposti dagli agricoltori.
Considerò la professione come una missione mirante a migliorare uomo e terra, per una collaborazione ed una combinazione strumentale sempre più stretta e proficua, in nome della produttività economica.
Egli avvertì fra i primi la necessità che l'Agricoltura gettasse definitivamente dietro le spalle le vecchie strutture di culture antiquate e naturalistiche, ponendosi così al passo con il mondo e con la nuova realtà sociale-economica.
Dal 1925, si occupò, per lungo tempo, con costanza e con fede della irrigazione, ricorrendo spesso per la ricerca delle acque sotterranee, alla opera di un rabdomante emiliano.
I ricordi della sua sensibilità di eccezione e della sua palpitante umanità, lungi dall'essersi sbiaditi, brillano come stelle di esemplare lucentezza, nella mente dei suoi cari e, particolarmente, nella mente di sua moglie, donna Maria, la degna compagna, che di quei ricordi vive!
Nell'emozione del racconto che è più lirico che narrativo, ormai, ella ci ha descritto come il suo Attilio attendesse immancabilmente l'avvicendarsi delle stagione per la sua terra e, in particolare, per gli effetti sulla produttività miracolosa della terra stessa; della gioia che lo inebriava per la prima violetta che rivelava
il sopraggiungere della primavera: « la scoperta della prima violetta, come per privilegio divino, era sempre lui a farla e con essa sempre era come se iniziasse il rito religioso del rinnovarsi della vita ».
Ogni giorno un via vai di amici e di persone che avevano bisogno del suo aiuto e del suo consiglio, si avvicendavano nella sua casa. Mai si compiacque rilevare i difetti altrui; tutti, per lui, erano buoni e sempre, per ognuno, sapeva trovare la maniera come giustificarne gli errori.
A questo proposito si ricorda un fatto: quando usciva da casa con i familiari o da solo, sistematicamente un vecchietto che abitava nei paraggi e che evidentemente ne conosceva l'eccezionale bontà, gli si faceva incontro per riceverne l'immancabile elemosina; poiché era notorio che quel vecchietto era dedito al
vino, a chi gli faceva notare che l'elemosina sarebbe servita ad alimentarne il vizio più che a sollevarlo da bisogno, il « nostro », col sorriso bonario che gli illuminava sempre il viso, rispondeva « Vogliamo privare anche di questa consolazione quel poveretto? è l'unica che gli sia possibile, non gliela neghiamo! »
Abbiamo creduto e crediamo che la maniera più adatta per ricordare il protagonista di tanto valore, di tanta bontà e di tanta semplicità, sia quella di ripresentare qualcuno dei suoi studi-progetto che la maggioranza non conosce, anche se sempre di attualità e così importante da rendere possibile addirittura, con la trasformazione della natura, il benessere delle nostre popolazioni.
Ai rappresentanti della nostra vita pubblica, dunque, l'iniziativa di realizzare sul piano concreto gli studi di Attilio BIASCO che noi andremo presentando nel duplice intento: di ricordarne la personalità umana, la struttura ideologica e l'attività individuale; di contribuire a migliorare la strutturazione sociale - politico
ed economica della nostra gente paziente.
MARIO MOSCARDINO
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