giovedì 14 giugno 2012

Verifica agronomica di Brassica oleracea L. var. botrytis cimosa L.

Verifica agronomica di Brassica oleracea L. var. botrytis cimosa L.


R. Accogli, S. Marchiori (Orto Botanico - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali (Di.S.Te.B.A.) dell'Università degli Studi di Lecce.)
Foto.1 Mugnulu leccese

Introduzione

Tra i programmi attivati dall'Orto Botanico di Lecce per la conservazione ex situ della biodiversità vegetale, grande interesse suscita nell'opinione pubblica la valutazione ed il recupero del germoplasma delle varietà orticole salentine.

Tale attività si trova perfettamente in linea con le direttive conservazionistiche dell'IUCN e della Politica Agraria Comunitaria, quindi con diverse misure e sottomisure di Programmi Operativi Regionali che vengono esplicate sia in Salento che in Puglia. Le nuove richieste di mercato sono sempre più indirizzate ai prodotti locali, che solo le varietà agronomiche tradizionali possono garantire, inoltre, il recupero delle cultivar meglio adattate alle caratteristiche pedologiche e climatiche del Salento, quindi con bassi input di colturali, permette il recupero di tecniche colturali rispettose dell'ambiente e della conservazione dei principi nutritivi. La scelta delle colture da attivare nell'ambito del progetto Co.Al.Ta. ha tenuto conto dell'estrema fragilità di sopravvivenza di alcune varietà locali e della necessità di riproporle non per soddisfare un sentimento nostalgico, ma per una adeguata continuità d'uso dei campi e per ripristinare una produzione agricola che garantisca sulle tavole salentine i sapori ed i principi nutritivi dell'alimentazione locale.

La specie

Brassica oleracea L. var. botrytis L., volgarmente chiamato "mugnulu" (foto 1), è un cavolo broccolo di pregevole qualità, utilizzato per alcuni piatti tradizionali della cucina salentina, coltivato in tutto il territorio della provincia di Lecce.

Dal punto di vista sistematico, potrebbe essere incluso nella categoria dei cavoli broccoli, quindi ortaggio a produzione tipicamente invernale, molto simile al cavolfiore anche nella composizione chimica (Ciufolini, 1988).
Tab. 1 Germoplasma di brassica conservato in Banca semi

È una coltura erbacea che viene coltivata in Orto Botanico già da tre anni, provvedendo al suo rinnovo annuale, come consigliano le tecniche colturali adottate a livello locale; infatti, è una specie biennale, ma per avere un prodotto migliore, ne viene consigliato il rinnovo.

Le piante possono raggiungere altezze di 120 – 150 cm, per un diametro della porzione vegetativa di 80-100 cm.; sono fogliose fin dalla base, con fusto robusto che si ramifica solo nella porzione superiore.

Le foglie sono persistenti, lunghe sino a 40-50 cm, larghe 15-20 cm, lirate, con margine ondulato e lamina gibbosa; il picciolo è assai robusto e si continua in una pronunciata nervatura mediana. La lamina fogliare è di colore verde glauco, mentre il caule ed i piccioli sono di color verde chiaro.

I fiori sono bianchi, disposti su un racemo che si allunga molto lentamente, perciò lungo l'asse si possono susseguire tutti gli stadi riproduttivi, dal bocciolo al fiore, alla siliqua.

Quando la cultivar non è ben selezionata, in coltura compaiono piante dai fiori gialli, molto probabilmente risultato di ibridazioni con specie affini.

Il prodotto edúle è rappresentato dalle infiorescenze o "cime": la più grossa è quella situata all'apice del caule primario, le secondarie si sviluppano all'ascella delle foglie e sono più piccole. Per favorire la formazione delle "cime" secondarie, le tecniche colturali impongono l'asportazione di quella dell'apice centrale, quando non è ancora ben ingrossata.

Le indagini sulla coltivazione di questa varietà hanno interessato tutto il territorio della provincia di Lecce, ma senza un censimento specifico. Si è accertato che la coltura del cavolo, denominato in maniera differente a seconda dei comprensori (spuntature leccesi, múgnuli, cáulu paesanu, cóvulu), è assai ricorrente in provincia, ma sempre con un'estensione ridotta, da 1 a 5 are al massimo. Infatti, la sua coltivazione viene effettuata solo per il consumo familiare, in quanto il prodotto è difficilmente commerciabile, perchè facilmente deperibile, non si lascia trasformare dall'industria conserviera, quindi non ha mercato. In quanto tale, la sua coltivazione sembra essere motivata da un attaccamento ad una tradizione non solo colturale, ma anche alimentare, a carattere familiare.

Tecniche colturali in campo

Dalle testimonianze orali raccolte, si evince il seguente protocollo di coltivazione (Accogli C., Carecci A., Nesca R., Probo R., comunicazioni verbali).

Tra la seconda e la terza decade di settembre, in pieno campo, con terreno ben lavorato, si preparano semenzali larghi 1 m e lunghi a piacere con un letto di letame lavorato ricoperto da uno spessore di terra di circa 3-4 cm.

Si semina a spaglio, si spolvera sopra un sottile strato di terreno agrario, si innaffia e si copre con paglia per evitare eccessiva evaporazione e sbalzi di temperatura.

Dopo 4-5 settimane, quando le piantine hanno raggiunto altezza di 15-20 cm, si trapiantano in filari a distanza di 50-60 cm; la distanza interfilare è di 70-80 cm.

L'irrigazione deve essere frequente nelle prime settimane del trapianto ma, quando la pianta è ormai affrancata, solo se necessario.

Coltivazione di Brassica oleracea L. var. botrytis L. in Orto Botanico nell'ambito del progetto Co.Al.Ta.

La coltivazione in Orto Botanico di tale varietà era già stata effettuata negli anni passati, ma solo a scopo ostensivo, insieme con altre varietà orticole a denominazione e provenienza strettamente salentine.

In merito al cavolo broccolo, nella banca del germoplasma, sono state registrate ben sette accessioni (Tab. 1), delle quali si è voluto testare il potere germinativo delle sementi conservate, soprattutto di quelle delle quali si conosceva l'anno di raccolta.

Tab. 1 Germoplasma di brassica conservato in Banca semi

Materiali e metodi

SEMINA

Per problemi logistici e tecnici, le attività di coltivazione sono iniziate in ritardo rispetto ai protocolli consigliati dalle testimonianze popolari, perciò si è deciso di effettuare la semina in contenitori da poter tenere in ambiente idoneo alla germinazione.

Come substrato di semina è stata realizzata una miscela di terriccio universale e sabbia di fiume nel rapporto 2:1. Sono stati impiegati plateaux alveolati in polistirolo, con fori del diametro di 4,5 cm, collocati poi in serra fredda ed irrigati a seconda delle esigenze (foto 2).

COLTIVAZIONE
Foto.2 Semi di mugnulu leccese


L'area per la messa a dimora delle piantine è stata lavorata con aratura profonda 40 cm. Si tratta di un'area bonificata ed integrata con terreno da riporto circa venti anni fa, ma mai coltivata.

Sono state programmate tre prove, ciascuna su una superficie di 100 m2, distanziate in modo da evitare l'effetto margine sia nei riguardi dell'apporto idrico che dei fertilizzanti.

Nella prima parcella di prova la coltivazione senza alcun trattamento; la seconda con aggiunta di fertilizzante chimico; la terza con aggiunta di ammendante organico ottenuto dal compostaggio di scarti vegetali.

A quattro mesi dal trapianto, nelle tre diverse parcelle di coltura, le piante si presentavano ancora con altezze non apprezzabili e molto variabili, dai 15 ai 50 cm, indipendentemente dal concime utilizzato; alcune hanno raggiunto lo stadio riproduttivo, con formazione di scapi fiorali e quindi di prodotto commestibile.

RACCOLTE

Le raccolte sono iniziate ai primi di marzo (con più di due mesi di ritardo rispetto alle colture nei campi) ed effettuate a distanza di 8-10 giorni, al fine di avere quantitativi apprezzabili del prodotto.

Ad ogni raccolta, è stato registrato il numero di piante che hanno raggiunto lo stadio riproduttivo e la quantità di prodotto ottenuto per tipologia di parcella.

Risultati

Dopo soli 4 giorni dalla semina, era già in atto lo stadio di emergenza, per tutti e tre i campioni prescelti; a 17 giorni, i dati relativi al potere germinativo dei tre campioni potevano erano già definitivi (tab.2). I risultati confermano la capacità della cultivar di mantenere negli anni il potere germinativo, come nel caso del campione D, raccolto nell'anno 2001, mentre l'età del campione C non è stata accertata, come nemmeno quella del campione G, fornita da un secondo coltivatore di Tricase.

Tab. 2 Comparazione del potere germinativo

A 24 giorni dalla semina, i valori del potere germinativo erano immutati e le plantule già nello stadio di 4-6 foglioline con altezza massima dal colletto di 7 cm.

Si evidenziavano attacchi di bruchi sulle lamine fogliari, ma sono stati asportati manualmente, senza far ricorso a fitofarmaci.

Di sicuro, la posizione alquanto riparata delle parcelle colturali, nell'ambito dell'Orto Botanico, ha permesso che la coltura esplicasse il suo ciclo produttivo senza grossi inconvenienti e senza dover ricorrere all'assistenza idrica, nonostante il sopraggiungere delle temperature più elevate. Gli attacchi dei bruchi sono stati contenuti mediante interventi di lotta meccanica, individuando ed asportando direttamente i parassiti e le foglie seriamente danneggiate.

Nell'ambito di ciascuna parcella, non tutte le piante (anche se normalmente sviluppate) hanno raggiunto la fase fenologica riproduttiva (Tab. 3); tale dato non è sicuramente associabile al tipo di concimazione utilizzata, bensì a fattori di risposta intrinseci delle stesse piante.

Equiparabili sono stati i valori delle rese registrate per la parcella di prova e quella con concime minerale, invece il trattamento con ammendante organico non ha dato risultati soddisfacenti, anche se lo sviluppo delle piante non lasciava intendere che ci sarebbe stata alcuna differenza (Tab. 3).

In effetti, tale dato era prevedibile in quanto, secondo le antiche tecniche colturali l'impianto di tale coltura viene spesso riservato alle zone marginali dei coltivi, proprio perché non è eccessivamente esigente di sostanza organica ma soprattutto di elementi minerali.

Rapportando i valori delle rese ottenuti sulle superfici minime coltivate in Orto con quelle in piena aria, possiamo concludere che il risultato migliore è stato quello relativo alla parcella trattata con concime minerale, per la quale, si è registrata una resa di circa 47 q/ha, a seguire quella relativa alla parcella di prova con 41,5 q/ha ed infine quella trattata con concime organico, che ha dato un valore di soli 23,2 q/ha.

La raccolta di prodotto edúle in Orto si è protratta per più di 3 mesi, durante i quali non sono state ripetute le concimazioni e l'assistenza irrigua si è limitata al periodo del trapianto.

La coltura è stata mantenuta per l'anno successivo, ed è ancora in grado di fornire idonei raccolti.

Bibliografia

C. CIUFOLINI, 1988 - L'Orto familiare. Come si coltivano gli ortaggi. REDA Edizioni per l'agricoltura.Roma

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