domenica 12 luglio 2015

I Consorzi di Bonifica rappresentano la centralità del territorio e dell’agricoltura.



Si deve prendere atto che la funzione irrigua di fatto rappresenta anche la multifunzionalità dei consorzi e dell’agricoltura perché senza l’acqua si possono coltivare solo il grano e il miglio invece per le colture che danno più reddito, per gli ortaggi, è essenziale che ci sia la possibilità di usare l’acqua.
La validità dell’istituto consortile fondato sull’autogoverno dei soggetti beneficiari delle azioni svolte in ossequio al principio della sussidiarietà che in sintesi si potrebbe riassumere nella formula: se un ente che sta "più in basso" è capace di fare qualcosa, l’ente che sta "più in alto" deve lasciargli tale compito e sostenerne l’azione.
Gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico non posso essere svolti dai Comuni o dalle Province perché sono compito che può essere svolto con efficacia solo dai Consorzi di Bonifica che si collocano in Europa essendo le uniche strutture in grado di rispondere in pieno al concetto espresso in tutti regolamenti comunitari sull’acqua del bacino idrografico omogeneo.
I Consorzi sulla base del Codice ambientale già fanno moltissimo in Puglia, infatti il Consorzio di Bonifica “Ugento e Li Foggi” gestisce gli impianti di Gallipoli e Casarano con il riuso delle acque e ha predisposto progetti per il riuso delle acque depurate.
I Consorzi di Bonifica potrebbero fare molto in Puglia e nel Salento in tema di fitodepurazione delle acque e sugli usi plurimi. Bisogna comunque guardare oltre, perché la prossima sfida è l’incremento delle risorse idriche disponibili, considerato che, ad oggi, si utilizzano solo 8 dei 300 miliardi di metri cubi d’acqua che, annualmente, piovono in Italia. Per questo, l’A.N.B.I. insiste nel richiedere un Piano nazionale di invasi medio-piccoli collinari e di pianura, cui abbinare nuove opportunità economiche come la produzione microidroelettrica.

Oggi l’ acqua dopo essere stata utilizzata viene depurata e per così dire “buttata” o nella rete idrografica oppure nei campi di spandimento e la parte di essa che non evapora arriva nella falda, e noi attraverso delle pompe, con dispendio enorme di energia, la riportiamo alla luce e la utilizziamo. Ma quest’acqua non potrebbe essere per così dire “conservata” da qualche parte come appunto previsto da Piano nazionale di invasi medio-piccoli collinari e di pianura?

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