venerdì 26 marzo 2010

A dorso di mulo


A dorso di mulo
di Antonio Bruno*
-------------------------------------------------------------
Abstract Riassunto
Le Masserie nella Puglia sono tante, innumerevoli (oltre 2.000) sono aziende rurali in regime latifondistico basate essenzialmente sulla coltivazione dei campi e sull'allevamento del bestiame, testimonianze fra le più rappresentative del processo di antropizzazione dell'ambiente, percorsi umani che per molti secoli, fino alle soglie del Novecento, hanno avuto un ruolo storico di primaria importanza, nel Salento Leccese sono più piccole per l'assenza del latifondo tipico del nord della Puglia, il pendolarismo così caratteristico dei braccianti salentini che per tradizione hanno sempre preferito abitare nei vicini centri urbani e raggiungere anche a piedi le campagne e i posti di lavoro ha decretato una sparuta presenza di allevamenti di animali nel nostro territorio.
Nel 2000 il numero di aziende zootecniche è estremamente ridotto (inferiore alle 1.750 unità). Nel decennio 1990 - 2000 il settore ha registrato una consistente riduzione del numero di aziende e una rilevante crescita dimensionale delle stesse. Tuttavia la rilevanza delle produzioni di bestiame nell'ambito del sistema economico provinciale risulta essere estremamente marginale.
Nel 1905 l’agricoltura del Salento leccese è in crisi e il Prof. Ferdinando Vallese titolare della Cattedra ambulante di Agricoltura incitava a prendere in seria considerazione lo sviluppo della Zootecnia per uscire dalle secche della crisi.
La questione era di non facile soluzione in quanto il bestiame bovino della Regione Puglia del 1905 aveva l’attitudine al lavoro e non presentava una capacità di rapido ingrasso. Il Prof. Vallese pur essendo a conoscenza di tentativi di incrocio con razze più produttive ad opera degli allevatori del tempo desiderava essere messo nelle condizioni di conoscere ogni singola iniziativa allo scopo di poterla coordinare.
Oggi il settore zootecnico della Puglia è costituito prevalentemente dagli allevamenti bovino, ovino e caprino. L’obiettivo della zootecnica nel dopoguerra è stato quello di elevare la disponibilità di prodotti animali (carne, latte, uova).
-----------------------------------------------------------------

Olivicoltura e viticoltura la facevano da padrone nel Salento leccese nell’800 ma ai primi del 900 ecco che registriamo un interessamento del mondo agricolo nei confronti dell’allevamento degli animali domestici.
Nel Salento leccese ci sono sempre state e ci sono ancora le masserie, dal latino " massae" amalgama, insieme di fondi rustici, che rappresentano uno degli aspetti più singolari e suggestivi dell’ambiente pugliese che come è evidente è paesaggio rurale. Nella Puglia sono tante, innumerevoli (oltre 2.000) sono aziende rurali in regime latifondistico basate essenzialmente sulla coltivazione dei campi e sull'allevamento del bestiame, testimonianze fra le più rappresentative del processo di antropizzazione dell'ambiente, è la svolgimento di un percorso dell’uomo nel corso dei secoli. Le masserie nel Salento Leccese sono più piccole per l'assenza del latifondo tipico del nord della Puglia, e nel nostro territorio già da allora il lavoro era pendolare, infatti i braccianti salentini per tradizione hanno sempre preferito abitare nei vicini centri urbani e raggiungere anche a piedi le campagne e i posti di lavoro la caratteristica delle aziende zootecniche è la presenza costante dell’uomo che accudisce gli animali ed questo uno dei motivi per cui nel Salento leccese vi è una sparuta presenza di allevamenti di animali.
Già nel 2000 si assiste al fenomeno della riduzione del numero di aziende zootecniche (inferiore alle 1.750 unità). Le specie di bestiame maggiormente diffuse nel Salento leccese sono le bovine bufaline e le avicole. E’ evidente che la rilevanza delle produzioni di bestiame nell'ambito del sistema economico provinciale risulta essere estremamente marginale.
Eppure all’università l’insegnamento della zootecnica generale è stato uno dei pilastri della mia formazione, ricordo che era costituito di due parti: una di alimentazione e una di miglioramento genetico in armonia con il concetto che l’individuo (fenotipo) era il risultato dell’interazione fra genotipo e ambiente (paratipo). Ricordo di aver fatto quell’esame il giorno dopo che l’Italia vinse i mondiali in Spagna era il 12 luglio del 1982, fu bello prepararlo e ancora più bello sostenere la prova scritta e quella orale. Adesso non sento più parlare di zootecnia e mi spiace aver fatto quello scritto per le razioni alimentari e per il miglioramento genetico senza poterlo applicare mai a Lecce e nel Salento leccese, avrei potuto dare un contributo per lo sviluppo del settore se qualcuno ne avesse avuto bisogno, se a qualcuno fosse interessato.
Mi ha consolato sapere che già alla fine dell’800 si inizia a pensare a una valorizzazione del bestiame pugliese che, a detta del Prof. Ferdinando Vallese, appare molto interessante all’occhio del visitatore ma che, invece, in quei tempi era utilizzato dal nostro antenato Salentino come la fonte della produzione del letame e per l’aiuto all’effettuazione dei lavori nei campi.
Nel 1905 l’agricoltura del Salento leccese è in crisi e il Prof. Ferdinando Vallese, titolare della Cattedra ambulante di Agricoltura, incitava a prendere in seria considerazione lo sviluppo della Zootecnia per uscire dalle secche della crisi.
La questione era di non facile soluzione in quanto il bestiame bovino della Regione Puglia del 1905 aveva l’attitudine al lavoro e non presentava una capacità di rapido ingrasso. Il Prof. Vallese pur essendo a conoscenza di tentativi di incrocio con razze più produttive ad opera degli allevatori del tempo desiderava essere messo nelle condizioni di conoscere ogni singola iniziativa allo scopo di poterla coordinare.
L’altra questione che pose all’epoca il Prof. Vallese riguardava la produzione di Muli che, come tutti sappiamo, sono l’incrocio tra una cavalla ed un asino stallone. Il Prof. Vallese poneva quindi particolare attenzione agli allevamenti di asini e alle cavalle che erano, come dire, la materia prima disponibile per ottenere i preziosi muli. Per questi motivi ecco che nel 1905 si organizza a Lecce la Mostra Zootecnica provinciale.
Mi chiedo e vi chiedo perché il Prof. Ferdinando Vallese cercava di sviluppare la produzione di muli nel Salento leccese? Ma cosa sono i muli? Nella letteratura del I secolo d.C., Fedro descrive due muli che camminano trasportando i loro rispettivi carichi sul dorso.
L’autore, pur antropomorfizzando i due animali, li evidenzia focalizzando la loro principale funzione: il trasporto. I muli, essendo forti, docili e resistenti, erano considerati validi per il trasporto di carichi molto pesanti per lunghe e brevi distanze, riuscendo a sopportare la fatica anche attraverso terreni montagnosi e desertici.
Sottoposti a sforzi eccezionali, diventavano insostituibili poiché nessun altro animale addomesticato riusciva ad equiparare le loro prestazioni lavorative.
Quando ho letto le cronache del 1905 e la raccomandazione del Prof. Ferdinando Vallese a sviluppare l’allevamento dei cavalli ovvero quello equino per ottenere delle cavalle da far accoppiare a un asino stallone non riuscivo a darmi una spiegazione di tutto quanto affermato. Vi confesso che mi sarebbe sembrato di gran lunga più logico sviluppare l’allevamento ovino che ancora è presente nella nostra terra, che ben si adatta alla disponibilità di foraggio che viene mangiato dalle pecore e dalle capre nelle passeggiate del gregge tra gli ulivi e i seminativi. Ma poi ho capito che il Prof. Vallese pensava alla richiesta di mezzi per l’utilizzo nei trasporti e alla funzione essenziale del mulo. Insomma la vendita del mulo portava molta più ricchezza che quella del cavallo perché c’era un mercato che non aspettava altro che possedere questo incrocio così adatto a trasportare le merci.
Inoltre mi è allo stesso sembrata una raccomandazione singolare quella di ottenere dalle razze di bovini da lavoro degli incroci che potessero dare bovini da ingrasso. E’ noto a tutti quelli che come me hanno padri e madri vissuti ai tempi della guerra, la carenza di carne che caratterizzava il Paese alla fine della seconda guerra mondiale. Basta pensare che il consumo pro capite si aggirava attorno ai 10 kg per anno. La carenza di carne del 1905 doveva essere ancora più sensibile e questa considerazione è stata la risposta alla mia domanda.
Oggi il settore zootecnico della Puglia è costituito prevalentemente dagli allevamenti bovino, ovino e caprino. C’è qualche allevamento di bufali limitatamente ai comuni di Calimera, Cerignola e Manfredonia, qualche allevamento equino sulla Murgia Barese e Tarantina e da considerevoli allevamenti avicoli per lo più concentrati nel foggiano (Bovino, Orsara e Troia).
Ad esempio in uno studio dell’Area Sistema di Casarano e Comuni Associati, con l'adesione dei Comuni di Matino, Presicce e Taurisano, nella proposta progettuale si è analizzata l’attività zootecnica e il collega Antonio Stea è arrivato alla conclusione che è modesta, le aziende sono quasi tutte a conduzione familiare e spesso risultano senza autorizzazioni sanitarie e addirittura ci sono casi in cui non vengono rispettati i vincoli imposti dalle normative vigenti.
Le aziende con allevamenti ovini, caprini, equini rappresentano circa l’8,65% del totale provinciale mentre questa percentuale scende a circa il 6% per le aziende con allevamenti bovini, bufalini e suini.
Le ricerche e gli studi a mia disposizione danno questo quadro desolato degli allevamenti nella Provincia di Lecce ma la consapevolezza che stiamo vivendo un momento di grande evoluzione delle produzioni agricole ed in particolare di quelle zootecniche, mi fa scrivere vibratamente e con forza a chi decide le politiche di sviluppo del Salento leccese che è fondamentale favorire il trasferimento delle conoscenze scientifiche ai settori operativi e professionali che maggiormente sono coinvolti nel processo produttivo.
C’è la necessità che le produzioni animali siano sempre più adeguate alle evoluzioni richieste dal mercato e dai recenti orientamenti del consumatore. Ma per ritornare alle raccomandazioni del Prof. Ferdinando Vallese del 1905 c’è da sottolineare che in quel periodo era posto in essere il rispetto del “Benessere Animale” e basta sfogliare le cronache e visitare qualche allevamento per essere consapevoli che in questo settore c’è molto da fare perché c’è grande interesse al settore della Etologia Applicata e del Benessere Animale.
L’altra questione all’attenzione di noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali è la tendenza orientata ad ottenere alimenti con più elevate caratteristiche di qualità, di salubrità e di sicurezza. L’obiettivo della zootecnica nel dopoguerra è stato quello di elevare la disponibilità di prodotti animali (carne, latte, uova).
Più di recente si è cominciato ad approfondire il concetto di qualità dei prodotti e molti studi si sono proposti di conoscere meglio non solo le caratteristiche chimiche, organolettiche, reologiche e nutrizionali dei vari alimenti, ma anche la loro provenienza, i trattamenti a cui vengono sottoposti gli animali ed il percorso dell’intera filiera produttiva.
In grande rilievo la necessità di correggere alcuni comportamenti alimentari dell’uomo responsabili di malattie dismetaboliche. Si dovrà allora abbandonare l’uso di indicazioni generalizzate per suggerire diete rispondenti ai reali fabbisogni dell’individuo che variano in funzione dell’età, del sesso, del peso corporeo, dell’attività fisica e intellettuale svolta e ancora con lo stato di salute.
La politica alimentare dovrà basarsi inoltre su una maggiore conoscenza delle caratteristiche quali-quantitative dei cibi e degli effetti che i singoli principi nutrizionali esercitano sul benessere e sulla salute dell’uomo.
E grazie alla zootecnia ogni giorno all’alba e poi al tramonto si ripete il rito millenario della mungitura. E con un sistema capillare su gomma, nel giro di poche ore, il freschissimo latte delle stalle di Puglia raggiunge i 318 caseifici della regione. E’ dalle mani sapienti di 20 casari della Provincia di Lecce artigiani che, generazione dopo generazione, viene tramandato quel sapere antico da cui ci arrivano mozzarelle e fior di latte, scamorze e burrate, caciocavallo e cacioricotta, ricotta fresca e tante altre bontà diventate simbolo dell’eccellenza gastronomica pugliese. E’ auspicabile la presenza del Dottore Agronomo e del Dottore forestale che attraverso la consulenza agli allevatori su quali strutture utilizzare, comprese le aree dedicate all’esercizio ed al libero movimento, l’alimentazione generale e degli animali durante la gestazione ed il parto, le misure igienico-sanitarie, la riproduzione e le condizioni di trasporto e macellazione e il trattamento dei reflui zootecnici. Lo scrivo a chiare lettere per fare sapere a voi che avete avuto la pazienza di leggermi sin qui che attraverso l’azione professionale competente e sapiente dei medici della terra si raggiunge l’obiettivo di fornire agli operatori del biologico un servizio innovativo concepito, elaborato e validato a livello europeo e in tal modo realizzare nel terzo millennio il progetto del Prof. Ferdinando Vallese che non vedrà la realizzazione del suo sogno di allevare equini per ottenere muli: perché il trasporto nell’occidente civilizzato, in questo periodo della vita dell’uomo sulla terra, non si fa più a dorso di mulo.
*Dottore Agronomo

Bibliografia
Agricoltura salentina del 15 marzo 1905
Michele Di Gerio bovis, equi, asini e muli nelle “res mancipi” di Gaio ed il loro ruolo economico nella Roma antica
INEA Opuscolo divulgativo Zootecnia Puglia
IL BENESSERE DEI SUINI E DELLE BOVINE DA LATTE: PUNTI CRITICI E VALUTAZIONE IN ALLEVAMENTO
Antonio Stea OltreBaSA21 Settore Agricoltura
Mario Bonsembiante Storia e prospettive del Dipartimento di Scienze Zootecniche
Salvatore Basile ALLEVAMENTO BIOLOGICO DEI BOVINI DA CARNE
Progetto TRIANET Settore agricolo della Provincia di Lecce
Ass. Allevatori di Taranto - Ass. Allevatori di Bari DOSSIER ZOOTECNIA PUGLIA 2008
Le Masserie “La Gazzetta del Mezzogiorno”

Nessun commento:

Posta un commento