Le case delle farfalle grazie al gelso
di Antonio Bruno*
Una leggenda narra che la quiete del baco da seta non è altro che il preludio dell'inquietudine della sua farfalla.
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Il gelso introdotto da Ludovico il Moro duca di Milano dal 1494 al 1500 può vivere fino a 150 anni e deriva da “celsa” e da “morus”. Era il 1628quand nel podere di Renzo, oltre la vigna, crescevano anche i gelsi.
Il Gelso un albero originario della Cina e dell’India.
Nel VI sec d.C l’allevamento del baco da seta iniziò nell’Europa orientale, sotto l’imperatore Giustiniano. In Italia l’allevamento del filugello iniziò nel XII° sec per merito di Ruggero II, re delle Due Sicilie. Pertanto già nel Basso Medio Evo possiamo parlare di allevamento del baco da seta.
Nel 1906 era presente nel territorio del nostro Salento leccese l’albero del gelso. I primi bachi che furono introdotti in Italia si nutrirono del gelso nero poiché la foglia è un sano e sostanzioso alimento per questo insetto.
Abbiamo invece notizie di quando è stata importato il Gelso bianco ovvero Moris alba che appunto arrivò nel nostro paese nel 1434.
Ma come si riproduce la pianta del gelso? Dei vari modi adottati il più sicuro è quello per seme.
Forse qualcuno si rimboccherà le maniche e ora come allora produrrà le foglie di gelso per costruire la Casa delle Farfalle del Salento leccese.
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Che fine hanno fatto i gelsi? Forse li hanno fatti fuori tutti per le proteste di quelli che in agosto non sopportavano le more che cadono per terra rendendola appiccicosa e coperta da vespe e mosconi, lo hanno ridotti in legna prima e in cenere poi. Eppure ce n’erano tra l’800 e il 900 nel Salento leccese. Il gelso è un albero che può raggiungere i 10 m di altezza, il fusto è eretto e molto ramificato con una chioma espansa.
Ma dire gelso è dire la morbida e accogliente seta. La Via della Seta è nata nel II secolo avanti Cristo, quando a seguito di certi eventi politici e militari la seta, grande segreto dei cinesi, ha cominciato a muoversi verso Ovest, ed è durata anzitutto fino a verso il 400 dopo Cristo, allorché, dice la leggenda, una principessa cinese riuscì a trafugare verso il Turkestan le uova del baco, nascondendole fra i capelli. Dopo un po' esse arrivarono in Persia, e da lì due intraprendenti monaci mandati in missione da Giustiano le portarono avventurosamente a Costantinopoli, dando inizio alla produzione della seta anche nell'Occidente. La Via della Seta era tecnicamente finita in quanto tale, ma su di essa continuarono a viaggiare merci preziose, nei due sensi. Essa, in tutte le sue ramificazioni, divenne parte dell'immenso reticolo delle Vie Commerciali. E da allora è rimasta tale, anche se sembra mostrare un'interessante e inquietante tendenza a trasformarsi in percorso di gasdotti e oleodotti dall'Asia Centrale verso l'Europa in una direzione e verso la Cina nell'altra. Percorrer la via della seta significa andare proprio a cercare le diversità per farne tesoro e trarne motivo di arricchimento e rinnovamento, non soltanto per se stessi ma per tutta la cultura a cui si appartiene.
Una leggenda narra che la quiete del baco da seta non è altro che il preludio dell'inquietudine della sua farfalla.
Il gelso può vivere fino a 150 anni.
Murun deriva probabilmente dal latino “morus” che a sua volta deriva dal celtico “mor” : nero (color del frutto). I Romani lo chiamavano “morus celsa” : moro alto, in contrapposizione alla mora di rovo. Dunque gelso deriva da “celsa” e da “morus”. I due nomi sono usati da sempre per definire l’albero. Tant’è che Dante usa la parola “gelso” nel XXVII canto del Purgatorio.
E per rimanere nei ricordi letterari : Renzo e Lucia erano due operai della seta. Era il 1628. E nel podere di Renzo, oltre la vigna, crescevano anche i gelsi.
Prima fu diffuso per il suo legno adatto a lavori d’intarsio e tornitura e successivamente per il frutto, poi per l’allevamento del baco da seta. Il Gelso un albero originario della Cina e dell’India.
I testi sono discordanti su quale dei due fu importato per primo. Chi dice il gelso bianco, chi dice il gelso nero. Anche sull’epoca d’introduzione in Italia i testi differiscono. L’albero era già noto in epoca romana. Di questa pianta parlano scrittori e poeti latini, da Orazio a Plinio, e la si trova anche raffigurata nelle pitture di Pompei. Sicuramente si capì solo tardi, nell’Alto Medio Evo, che il gelso era fondamentale per nutrire i bachi da seta. Nel VI sec d.C l’allevamento del baco da seta iniziò nell’Europa orientale, sotto l’imperatore Giustiniano. In Spagna arrivò per mezzo degli Arabi. In Italia l’allevamento iniziò nel XII° sec per merito di Ruggero II, re delle Due Sicilie. Dalla Sicilia si estese all’Italia meridionale e centrale e verso il ‘300 all’Italia settentrionale. Pertanto già nel Basso Medio Evo possiamo parlare di allevamento del baco da seta.
Ci voleva una grande quantità di foglie di gelso che questi insetti “divoravano” prima di rinchiudersi nei bozzoli. Ci voleva anche un enorme lavoro e dei disagi che la bachicoltura comportava per i contadini di quel tempo: basti dire che quasi tutti i locali della casa venivano occupati dai graticci sui quali era posta la foglia per i voracissimi bachi!
In compenso, proprio per il lauto guadagno che se ne traeva dalla vendita, i bozzoli di seta costituivano una delle maggiori fonti di ricchezza per le popolazioni rurali. Tuttavia, ancor prima degli anni 50, la bachicoltura andò sempre più diminuendo fino a cessare del tutto.
Nel 1906 era presente nel territorio del nostro Salento leccese l’albero del gelso. Tutti ci siamo macchiati le mani con il Gelso nero ovvero Morus Nigra, la coltivazione di questo albero avviene da tempi antichissimi e il merito di questa longevità nella coltivazione è tutto da attribuirsi ai frutti saporiti. Nel 1906 invece quest’albero era presente solo in alcune province dell’Italia Meridionale.
I primi bachi che furono introdotti in Italia si nutrirono del gelso nero poiché la foglia è un sano e sostanzioso alimento per questo insetto.
Ma come si riproduce la pianta del gelso? Dei vari modi adottati il più sicuro è quello per seme. Per mettere in pratica la semina del gelso bisogna raccogliere da una pianta robusta di Gelso le more mature, potrete subito accorgervi che basta una lieve scossa all’albero per farle cadere. Poi si prendono le more e si spremono sott’acqua contenuta in un recipiente adatto. In questo modo la polpa va via e i semi staccati vanno a fondo, a quel punto si effettuano lavaggi continui sino a quando l’acqua rimane limpida.
I semi vanno poi asciugati all’ombra e vanno conservati in un ambiente secco in dei sacchetti di carta o ancora meglio se mescolati con sabbia fina e poi mettendo questo miscuglio in vasi di latta che poi vanno chiusi.
A un volume di due litri corrisponde il peso di due chilogrammi. Da tenere presente che ci vogliono da 500 a 600 acini per ottenere un grammo di seme e quindi moltiplicando per mille per farne un chilo ci vogliono 500.000 o 600.000 acini di gelso.
Il terreno sui cui seminare i semi di Gelso deve essere ben soleggiato e ben lavorato almeno sino alla profondità di 30 o 40 centimetri. Bisogna avere l’accortezza di eliminare radici, sassi, pezzi di legno e subito dopo si concima preferibilmente con concime organico.
La semina può essere fatta in primavera ed in estate dopo aver raccolto i frutti.
Nel nostro clima la semina del Gelso può essere eseguita con successo sia in aprile che in luglio. Il terreno deve essere diviso in aiuole larghe un metro tra le quali si lasciano dei passaggi di un metro per permettere il passaggio dell’operatore. Quindi si eseguono dei piccoli solchi longitudinali distanti 10 centimetri uno dall’altro e li si depone il seme cercando di essere costanti nel cederlo per poi ricoprire il solco con della terra fina o ancora meglio spandendovi sopra paglia triturata o foglie secche per proteggere ancora di più i semi.
La quantità di seme da utilizzare è di 4 o 5 grammi di seme per metro quadrato e dalle prove fatte solo il 50% poi germoglia.
Si pratica l’irrigazione almeno ogni due giorni e dopo 15 o 20 giorni in funzione della temperatura nascono le piantine. Si sospende allora l’irrigazione per riprenderla solo in caso di siccità prolungata.
Se dovesse accadere che spuntino un maggior numero di piantine bisognerà diradarle dopo la comparsa delle prime tre foglioline facendo in modo che il risultato sia di avere alla fine dell’intervento di diradamento le piantine alla distanza ognuna dall’altra di non meno di sei centimetri.
Nella primavera successiva dalle piante ottenute dal semenzaio si scelgono le migliori che sono quelle che hanno raggiunto la grossezza di una cannuccia d’oca e si trapiantano. Le altre si lasciano nel vivaio tagliandole con le forbici a fior di terra.
Il terreno che dovrà ospitare le piante di Gelso dovrà essere lavorato alla profondità di 50 – 70 centimetri. Alle piantine che vengono levate dal semenzaio con la vanga si taglia il fittone (che è la radice predominante che sprofonda quasi perpendicolarmente nel terreno) il taglio deve avvenire a circa 15 centimetri dal colletto, e sopra al colletto si lasciano solo due o tre gemme. Conviene prima del trapianto immergere le radici in una poltiglia formata da acqua, sterco vaccino e terra argillosa.
Si scavano delle fossette di circa 20 centimetri e si piantano i gelsi alla distanza che va da 50 centimetri a un metro a secondo dell’uso che si intende fare.
Quando le gemme lasciate cominciano a germogliare si lascia crescere solo la gemma di prolungamento mentre le laterali che si sono fatte legnose si tagliano alla base.
Nei primi giorni se la stagione decorre siccitosa allora bisogna intervenire con l’irrigazione, dopo di ciò basterà fare qualche lavorazione superficiale.
All’inizio del secondo anno dell’impianto i gelsi si cimano allo stesso modo di come si è fatto nel primo anno, in questo modo si otterrà la cosiddetta ASTA che verrà tagliata all’altezza che si desidera e lasciando i primi tre o quattro getti più alti cominciando quindi a formare il PALCO.
Ma il gelso può anche costituire una bella siepe. Possono essere utilizzate a tale scopo le parti di terreno non altrimenti utilizzate e queste danno luogo a una foglia che è precoce per la sfogliatura.
Le siepi possono essere eseguite in vari modi. Uno di questi è più rapido e si effettua scavando una fossetta profonda circa 40 centimetri e larga 60, si dispongono le piantine alla distanza do 25 centimetri una dall’altra avendo l’accortezza che anziché disporle tutte verticali si inclinano una in un senso e una in un altro senso ad un angolo di 45 gradi, ciò forma un reticolato che funziona da riparo.
I punti in cui le piantine si incontrano vanno legati con vimini o con filo di ferro e in seguito in quel punto le piante si saldano insieme.
Fatto questo si tagliano tutti i gelsi all’altezza di circa un metro e si assicurano ad uno o due fili di ferro.
Nell’anno successivo si ripete la stessa operazione con prolungamenti dei rami superiori e i rami più bassi si piegano in uno o nell’altro senso in maniera tale di riempire i varchi. In genere in questo modo la siepe viene innalzata dai 20 ai 30 centimetri ogni anno sino a raggiungere l’altezza stabilita.
L’impianto del gelso può essere realizzato a ceppaia. Tale soluzioni comporta la raccolta delle foglie in tempi più rapidi. L’appezzamento che dovrà ospitare la ceppaia va lavorato a 50 o 60 centimetri e concimato, il terreno va spianato per bene e fatto ciò si scavano delle piccole fosse una distante dall’altra due metri e in queste si piantano i gelsi alla distanza di un metro e mezzo uno dall’altro.
Le piante che vengono poste a dimora sono di due anni e provenienti dal vivaio. Le piante da preferire sono quelle che hanno le foglie non troppo frastagliate. Fatto questo si tagliano quasi al piede.
Nella primavera del secondo anno si recidono i rami formatisi all’altezza di circa 20 centimetri da terra in questo modo la parte inferiore di ogni pianta formerà un piccolo CASTELLO o PALCO vicino al suolo.
Nello stesso anno si svilupperanno da ciascun cornetto nuove gemme che daranno altrettanti rami. In tal modo ogni pianta assumerà l’aspetto di un cespuglio.
Il gelso può essere allevato anche ad alto fusto quando ciò avviene ecco che viene piantato in filari oppure anche isolato. Nel caso dei filari si devono preparare delle fosse continue, nel secondo caso basteranno delle buche.
Si piantano dentro alle fosse o alle buche i gelsi stando attenti che il COLLETTO, che è quel punto o sezione orizzontale che separa il fusto dalle radici, rimanga fuori dal suolo alcuni centimetri in maniera tale che dopo le lavorazioni rimanga in superficie.
Finito di piantare si pratica la prima potatura tagliando le tre branche del palo a circa 35 centimetri.
Durante l’estate da questi tre rami si sviluppano dei ramoscelli e in seguito nella primavera si procede alla seconda potatura lasciando due rami (i migliori) per ogni branca e tagliando a circa 30 centimetri.
Si ottiene in tal modo il cosiddetto vaso. Si continua negli anni successivi la stessa operazione fino al quarto anno in pratica sino a che il castello avrà 24 rami e solo allora inizia la potatura di produzione.
Tutte queste notizie possono esservi utili perché si sta producendo una nuova versione del kit didattico per l’allevamento del baco da seta, per realizzare allevamenti. Il kit per l’allevamento dei bachi comprende sempre la dieta artificiale (composta di gelso ed altre sostanze naturali) che ne permetterà l’allevamento anche fuori dal periodo primaverile estivo, potendo svolgere l’esperienza anche d’inverno e senza essere costretti a lunghe ricerche o/e selezioni di foglie di gelso.
La campagna europea per la tutela delle farfalle e del loro ambiate naturale è stata promossa fin dal 1991 dagli Amici della Terra Italia ONLUS. La Butterfly Arc da anni ha inventato nuovi modi di fare museo dal vivo ed è nota soprattutto per le Case delle Farfalle
Oggi, nel mondo esistono oltre 500 importanti iniziative museali viventi, chiamate “Case delle Farfalle”. Esse propongono farfalle vive e libere di volare in grandi giardini ricostruiti apposta per loro, dove i visitatori possono provare la straordinaria esperienza di un contatto diretto con questi meravigliosi animali. Le Casa delle Farfalle sono sorte prima in Inghilterra nei primi anni ‘80, si sono poi diffuse in Europa e nel mondo, trovando un particolare successo negli Stati Uniti. Queste iniziative, per originalità ed innovazione possono essere paragonate ad altri importanti progetti che hanno caratterizzato il progresso e la civiltà umana nel campo delle scienze naturali, come la nascita dei primi orti botanici, avvenuta nel ‘500 avvenuta a Padova. In provincia di Padova, a Montegrotto Terme, è sorta una delle prime Case delle Farfalle al mondo: la Butterfly Arc.
A Tuglie in Provincia di Lecce c’è il Museo della civiltà contadina del Salento e in cui si può fare l'attività legata ai bachi da seta il cui allevamento può essere proseguito in classe con i progetti Penelope e Moralba sull’utilizzo della lana, seta, cotone, lino, ecc. e sulla coltivazione del gelso bianco e riproduzione di razze locali per baco da seta..
Adesso forse qualcuno si rimboccherà le maniche e ora come allora produrrà le foglie di gelso per costruire la Casa delle Farfalle del Salento leccese magari a Tuglie.
Ma c’è un pericolo: dopo 1500 anni la bachicoltura italiana, ora, rischia di scomparire.
Due le cause principali: da una parte la Cina che di fatto monopolizza la produzione attraverso la politica dei prezzi, grazie al basso costo della manodopera; dall’altra parte l’utilizzo illegale in Italia del fenoxicarb, una sostanza usata per combattere gli insetti parassiti dei meli (per deriva si deposita sulle foglie di gelso e non permette l’imbozzolamento delle larve del baco da seta), hanno ridotto gli allevamenti a poche unità. In tutti i paesi produttori di seta questo prodotto è stato bandito. Purtroppo in Italia i controlli non sono sufficienti e tali da scoraggiarne l’utilizzo; inoltre il prodotto risulta molto attivo anche a basse dosi ed è stato studiato che con il fenomeno di deriva può arrivare ad oltre 40 Km di distanza dal punto nel quale è stato irrorato.
La bachicoltura ha avuto più volte crisi anche molto gravi come quella causata nell’800 da una epidemia dovuta ad un fungo parassita capace di distruggere interi allevamenti passando da una generazione all’altra. Fu un microbiologo italiano, Agostino Bassi, a scoprirne la causa e i rimedi. Il libro “Seta” di Alessandro Baricco narra la storia di un uomo che si reca ben quattro volte nel lontano Giappone per acquistare le minuscole uova di bachi da seta in quanto gli allevamenti europei prima e quelli del vicino Oriente poi, sono stati attaccati dalle epidemie e le uova sono ormai diventate inutilizzabili.
Oggi il baco da seta sta assumendo di nuovo una notevole importanza in quanto se ne sta studiando l’utilizzo come “bioreattore” per la produzione di proteine da usare in farmacologia ed è inoltre considerato, insieme alle api, una “sentinella ambientale”. Per tutti questi motivi è urgente che nel Salento leccese si faccia al più presto la “Casa delle farfalle” perché anche mia figlia ha diritto ad assistere alle primavere della mia infanzia, perché quelle erano completamente inondate da prati fioriti di margherite e dai voli di milioni di farfalle.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Rosanna Franzetti LA COLTURA DEL GELSO E L’ALLEVAMENTO DEL BACO DA SETA A MALGESSO
Agricoltura Salentina del 15 febbraio 1906
Iris Fontanari Il GELSO, la pianta del prezioso “baco da seta”
Enzo Moretto DALLA STORIA MILLENARIA DEL BACO DA SETA ALLE CASE DELLE FARFALLE
Olga Grasselli La ricerca in Italia sul baco da seta
Marco Devecchi Salviamo i gelsi! Una preziosa memoria storica del paesaggio artigiano
Lo Muzio Luisa Giardino Fiorito - Potatura per il restauro di un filare storico di gelsi
STELLA GAETANO Memoria sulla preferenza da darsi alla foglia del gelso delle Filippine per l’allevamento de’ bachi da seta, del 1839;
di Antonio Bruno*
Una leggenda narra che la quiete del baco da seta non è altro che il preludio dell'inquietudine della sua farfalla.
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Il gelso introdotto da Ludovico il Moro duca di Milano dal 1494 al 1500 può vivere fino a 150 anni e deriva da “celsa” e da “morus”. Era il 1628quand nel podere di Renzo, oltre la vigna, crescevano anche i gelsi.
Il Gelso un albero originario della Cina e dell’India.
Nel VI sec d.C l’allevamento del baco da seta iniziò nell’Europa orientale, sotto l’imperatore Giustiniano. In Italia l’allevamento del filugello iniziò nel XII° sec per merito di Ruggero II, re delle Due Sicilie. Pertanto già nel Basso Medio Evo possiamo parlare di allevamento del baco da seta.
Nel 1906 era presente nel territorio del nostro Salento leccese l’albero del gelso. I primi bachi che furono introdotti in Italia si nutrirono del gelso nero poiché la foglia è un sano e sostanzioso alimento per questo insetto.
Abbiamo invece notizie di quando è stata importato il Gelso bianco ovvero Moris alba che appunto arrivò nel nostro paese nel 1434.
Ma come si riproduce la pianta del gelso? Dei vari modi adottati il più sicuro è quello per seme.
Forse qualcuno si rimboccherà le maniche e ora come allora produrrà le foglie di gelso per costruire la Casa delle Farfalle del Salento leccese.
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Che fine hanno fatto i gelsi? Forse li hanno fatti fuori tutti per le proteste di quelli che in agosto non sopportavano le more che cadono per terra rendendola appiccicosa e coperta da vespe e mosconi, lo hanno ridotti in legna prima e in cenere poi. Eppure ce n’erano tra l’800 e il 900 nel Salento leccese. Il gelso è un albero che può raggiungere i 10 m di altezza, il fusto è eretto e molto ramificato con una chioma espansa.
Ma dire gelso è dire la morbida e accogliente seta. La Via della Seta è nata nel II secolo avanti Cristo, quando a seguito di certi eventi politici e militari la seta, grande segreto dei cinesi, ha cominciato a muoversi verso Ovest, ed è durata anzitutto fino a verso il 400 dopo Cristo, allorché, dice la leggenda, una principessa cinese riuscì a trafugare verso il Turkestan le uova del baco, nascondendole fra i capelli. Dopo un po' esse arrivarono in Persia, e da lì due intraprendenti monaci mandati in missione da Giustiano le portarono avventurosamente a Costantinopoli, dando inizio alla produzione della seta anche nell'Occidente. La Via della Seta era tecnicamente finita in quanto tale, ma su di essa continuarono a viaggiare merci preziose, nei due sensi. Essa, in tutte le sue ramificazioni, divenne parte dell'immenso reticolo delle Vie Commerciali. E da allora è rimasta tale, anche se sembra mostrare un'interessante e inquietante tendenza a trasformarsi in percorso di gasdotti e oleodotti dall'Asia Centrale verso l'Europa in una direzione e verso la Cina nell'altra. Percorrer la via della seta significa andare proprio a cercare le diversità per farne tesoro e trarne motivo di arricchimento e rinnovamento, non soltanto per se stessi ma per tutta la cultura a cui si appartiene.
Una leggenda narra che la quiete del baco da seta non è altro che il preludio dell'inquietudine della sua farfalla.
Il gelso può vivere fino a 150 anni.
Murun deriva probabilmente dal latino “morus” che a sua volta deriva dal celtico “mor” : nero (color del frutto). I Romani lo chiamavano “morus celsa” : moro alto, in contrapposizione alla mora di rovo. Dunque gelso deriva da “celsa” e da “morus”. I due nomi sono usati da sempre per definire l’albero. Tant’è che Dante usa la parola “gelso” nel XXVII canto del Purgatorio.
E per rimanere nei ricordi letterari : Renzo e Lucia erano due operai della seta. Era il 1628. E nel podere di Renzo, oltre la vigna, crescevano anche i gelsi.
Prima fu diffuso per il suo legno adatto a lavori d’intarsio e tornitura e successivamente per il frutto, poi per l’allevamento del baco da seta. Il Gelso un albero originario della Cina e dell’India.
I testi sono discordanti su quale dei due fu importato per primo. Chi dice il gelso bianco, chi dice il gelso nero. Anche sull’epoca d’introduzione in Italia i testi differiscono. L’albero era già noto in epoca romana. Di questa pianta parlano scrittori e poeti latini, da Orazio a Plinio, e la si trova anche raffigurata nelle pitture di Pompei. Sicuramente si capì solo tardi, nell’Alto Medio Evo, che il gelso era fondamentale per nutrire i bachi da seta. Nel VI sec d.C l’allevamento del baco da seta iniziò nell’Europa orientale, sotto l’imperatore Giustiniano. In Spagna arrivò per mezzo degli Arabi. In Italia l’allevamento iniziò nel XII° sec per merito di Ruggero II, re delle Due Sicilie. Dalla Sicilia si estese all’Italia meridionale e centrale e verso il ‘300 all’Italia settentrionale. Pertanto già nel Basso Medio Evo possiamo parlare di allevamento del baco da seta.
Ci voleva una grande quantità di foglie di gelso che questi insetti “divoravano” prima di rinchiudersi nei bozzoli. Ci voleva anche un enorme lavoro e dei disagi che la bachicoltura comportava per i contadini di quel tempo: basti dire che quasi tutti i locali della casa venivano occupati dai graticci sui quali era posta la foglia per i voracissimi bachi!
In compenso, proprio per il lauto guadagno che se ne traeva dalla vendita, i bozzoli di seta costituivano una delle maggiori fonti di ricchezza per le popolazioni rurali. Tuttavia, ancor prima degli anni 50, la bachicoltura andò sempre più diminuendo fino a cessare del tutto.
Nel 1906 era presente nel territorio del nostro Salento leccese l’albero del gelso. Tutti ci siamo macchiati le mani con il Gelso nero ovvero Morus Nigra, la coltivazione di questo albero avviene da tempi antichissimi e il merito di questa longevità nella coltivazione è tutto da attribuirsi ai frutti saporiti. Nel 1906 invece quest’albero era presente solo in alcune province dell’Italia Meridionale.
I primi bachi che furono introdotti in Italia si nutrirono del gelso nero poiché la foglia è un sano e sostanzioso alimento per questo insetto.
Ma come si riproduce la pianta del gelso? Dei vari modi adottati il più sicuro è quello per seme. Per mettere in pratica la semina del gelso bisogna raccogliere da una pianta robusta di Gelso le more mature, potrete subito accorgervi che basta una lieve scossa all’albero per farle cadere. Poi si prendono le more e si spremono sott’acqua contenuta in un recipiente adatto. In questo modo la polpa va via e i semi staccati vanno a fondo, a quel punto si effettuano lavaggi continui sino a quando l’acqua rimane limpida.
I semi vanno poi asciugati all’ombra e vanno conservati in un ambiente secco in dei sacchetti di carta o ancora meglio se mescolati con sabbia fina e poi mettendo questo miscuglio in vasi di latta che poi vanno chiusi.
A un volume di due litri corrisponde il peso di due chilogrammi. Da tenere presente che ci vogliono da 500 a 600 acini per ottenere un grammo di seme e quindi moltiplicando per mille per farne un chilo ci vogliono 500.000 o 600.000 acini di gelso.
Il terreno sui cui seminare i semi di Gelso deve essere ben soleggiato e ben lavorato almeno sino alla profondità di 30 o 40 centimetri. Bisogna avere l’accortezza di eliminare radici, sassi, pezzi di legno e subito dopo si concima preferibilmente con concime organico.
La semina può essere fatta in primavera ed in estate dopo aver raccolto i frutti.
Nel nostro clima la semina del Gelso può essere eseguita con successo sia in aprile che in luglio. Il terreno deve essere diviso in aiuole larghe un metro tra le quali si lasciano dei passaggi di un metro per permettere il passaggio dell’operatore. Quindi si eseguono dei piccoli solchi longitudinali distanti 10 centimetri uno dall’altro e li si depone il seme cercando di essere costanti nel cederlo per poi ricoprire il solco con della terra fina o ancora meglio spandendovi sopra paglia triturata o foglie secche per proteggere ancora di più i semi.
La quantità di seme da utilizzare è di 4 o 5 grammi di seme per metro quadrato e dalle prove fatte solo il 50% poi germoglia.
Si pratica l’irrigazione almeno ogni due giorni e dopo 15 o 20 giorni in funzione della temperatura nascono le piantine. Si sospende allora l’irrigazione per riprenderla solo in caso di siccità prolungata.
Se dovesse accadere che spuntino un maggior numero di piantine bisognerà diradarle dopo la comparsa delle prime tre foglioline facendo in modo che il risultato sia di avere alla fine dell’intervento di diradamento le piantine alla distanza ognuna dall’altra di non meno di sei centimetri.
Nella primavera successiva dalle piante ottenute dal semenzaio si scelgono le migliori che sono quelle che hanno raggiunto la grossezza di una cannuccia d’oca e si trapiantano. Le altre si lasciano nel vivaio tagliandole con le forbici a fior di terra.
Il terreno che dovrà ospitare le piante di Gelso dovrà essere lavorato alla profondità di 50 – 70 centimetri. Alle piantine che vengono levate dal semenzaio con la vanga si taglia il fittone (che è la radice predominante che sprofonda quasi perpendicolarmente nel terreno) il taglio deve avvenire a circa 15 centimetri dal colletto, e sopra al colletto si lasciano solo due o tre gemme. Conviene prima del trapianto immergere le radici in una poltiglia formata da acqua, sterco vaccino e terra argillosa.
Si scavano delle fossette di circa 20 centimetri e si piantano i gelsi alla distanza che va da 50 centimetri a un metro a secondo dell’uso che si intende fare.
Quando le gemme lasciate cominciano a germogliare si lascia crescere solo la gemma di prolungamento mentre le laterali che si sono fatte legnose si tagliano alla base.
Nei primi giorni se la stagione decorre siccitosa allora bisogna intervenire con l’irrigazione, dopo di ciò basterà fare qualche lavorazione superficiale.
All’inizio del secondo anno dell’impianto i gelsi si cimano allo stesso modo di come si è fatto nel primo anno, in questo modo si otterrà la cosiddetta ASTA che verrà tagliata all’altezza che si desidera e lasciando i primi tre o quattro getti più alti cominciando quindi a formare il PALCO.
Ma il gelso può anche costituire una bella siepe. Possono essere utilizzate a tale scopo le parti di terreno non altrimenti utilizzate e queste danno luogo a una foglia che è precoce per la sfogliatura.
Le siepi possono essere eseguite in vari modi. Uno di questi è più rapido e si effettua scavando una fossetta profonda circa 40 centimetri e larga 60, si dispongono le piantine alla distanza do 25 centimetri una dall’altra avendo l’accortezza che anziché disporle tutte verticali si inclinano una in un senso e una in un altro senso ad un angolo di 45 gradi, ciò forma un reticolato che funziona da riparo.
I punti in cui le piantine si incontrano vanno legati con vimini o con filo di ferro e in seguito in quel punto le piante si saldano insieme.
Fatto questo si tagliano tutti i gelsi all’altezza di circa un metro e si assicurano ad uno o due fili di ferro.
Nell’anno successivo si ripete la stessa operazione con prolungamenti dei rami superiori e i rami più bassi si piegano in uno o nell’altro senso in maniera tale di riempire i varchi. In genere in questo modo la siepe viene innalzata dai 20 ai 30 centimetri ogni anno sino a raggiungere l’altezza stabilita.
L’impianto del gelso può essere realizzato a ceppaia. Tale soluzioni comporta la raccolta delle foglie in tempi più rapidi. L’appezzamento che dovrà ospitare la ceppaia va lavorato a 50 o 60 centimetri e concimato, il terreno va spianato per bene e fatto ciò si scavano delle piccole fosse una distante dall’altra due metri e in queste si piantano i gelsi alla distanza di un metro e mezzo uno dall’altro.
Le piante che vengono poste a dimora sono di due anni e provenienti dal vivaio. Le piante da preferire sono quelle che hanno le foglie non troppo frastagliate. Fatto questo si tagliano quasi al piede.
Nella primavera del secondo anno si recidono i rami formatisi all’altezza di circa 20 centimetri da terra in questo modo la parte inferiore di ogni pianta formerà un piccolo CASTELLO o PALCO vicino al suolo.
Nello stesso anno si svilupperanno da ciascun cornetto nuove gemme che daranno altrettanti rami. In tal modo ogni pianta assumerà l’aspetto di un cespuglio.
Il gelso può essere allevato anche ad alto fusto quando ciò avviene ecco che viene piantato in filari oppure anche isolato. Nel caso dei filari si devono preparare delle fosse continue, nel secondo caso basteranno delle buche.
Si piantano dentro alle fosse o alle buche i gelsi stando attenti che il COLLETTO, che è quel punto o sezione orizzontale che separa il fusto dalle radici, rimanga fuori dal suolo alcuni centimetri in maniera tale che dopo le lavorazioni rimanga in superficie.
Finito di piantare si pratica la prima potatura tagliando le tre branche del palo a circa 35 centimetri.
Durante l’estate da questi tre rami si sviluppano dei ramoscelli e in seguito nella primavera si procede alla seconda potatura lasciando due rami (i migliori) per ogni branca e tagliando a circa 30 centimetri.
Si ottiene in tal modo il cosiddetto vaso. Si continua negli anni successivi la stessa operazione fino al quarto anno in pratica sino a che il castello avrà 24 rami e solo allora inizia la potatura di produzione.
Tutte queste notizie possono esservi utili perché si sta producendo una nuova versione del kit didattico per l’allevamento del baco da seta, per realizzare allevamenti. Il kit per l’allevamento dei bachi comprende sempre la dieta artificiale (composta di gelso ed altre sostanze naturali) che ne permetterà l’allevamento anche fuori dal periodo primaverile estivo, potendo svolgere l’esperienza anche d’inverno e senza essere costretti a lunghe ricerche o/e selezioni di foglie di gelso.
La campagna europea per la tutela delle farfalle e del loro ambiate naturale è stata promossa fin dal 1991 dagli Amici della Terra Italia ONLUS. La Butterfly Arc da anni ha inventato nuovi modi di fare museo dal vivo ed è nota soprattutto per le Case delle Farfalle
Oggi, nel mondo esistono oltre 500 importanti iniziative museali viventi, chiamate “Case delle Farfalle”. Esse propongono farfalle vive e libere di volare in grandi giardini ricostruiti apposta per loro, dove i visitatori possono provare la straordinaria esperienza di un contatto diretto con questi meravigliosi animali. Le Casa delle Farfalle sono sorte prima in Inghilterra nei primi anni ‘80, si sono poi diffuse in Europa e nel mondo, trovando un particolare successo negli Stati Uniti. Queste iniziative, per originalità ed innovazione possono essere paragonate ad altri importanti progetti che hanno caratterizzato il progresso e la civiltà umana nel campo delle scienze naturali, come la nascita dei primi orti botanici, avvenuta nel ‘500 avvenuta a Padova. In provincia di Padova, a Montegrotto Terme, è sorta una delle prime Case delle Farfalle al mondo: la Butterfly Arc.
A Tuglie in Provincia di Lecce c’è il Museo della civiltà contadina del Salento e in cui si può fare l'attività legata ai bachi da seta il cui allevamento può essere proseguito in classe con i progetti Penelope e Moralba sull’utilizzo della lana, seta, cotone, lino, ecc. e sulla coltivazione del gelso bianco e riproduzione di razze locali per baco da seta..
Adesso forse qualcuno si rimboccherà le maniche e ora come allora produrrà le foglie di gelso per costruire la Casa delle Farfalle del Salento leccese magari a Tuglie.
Ma c’è un pericolo: dopo 1500 anni la bachicoltura italiana, ora, rischia di scomparire.
Due le cause principali: da una parte la Cina che di fatto monopolizza la produzione attraverso la politica dei prezzi, grazie al basso costo della manodopera; dall’altra parte l’utilizzo illegale in Italia del fenoxicarb, una sostanza usata per combattere gli insetti parassiti dei meli (per deriva si deposita sulle foglie di gelso e non permette l’imbozzolamento delle larve del baco da seta), hanno ridotto gli allevamenti a poche unità. In tutti i paesi produttori di seta questo prodotto è stato bandito. Purtroppo in Italia i controlli non sono sufficienti e tali da scoraggiarne l’utilizzo; inoltre il prodotto risulta molto attivo anche a basse dosi ed è stato studiato che con il fenomeno di deriva può arrivare ad oltre 40 Km di distanza dal punto nel quale è stato irrorato.
La bachicoltura ha avuto più volte crisi anche molto gravi come quella causata nell’800 da una epidemia dovuta ad un fungo parassita capace di distruggere interi allevamenti passando da una generazione all’altra. Fu un microbiologo italiano, Agostino Bassi, a scoprirne la causa e i rimedi. Il libro “Seta” di Alessandro Baricco narra la storia di un uomo che si reca ben quattro volte nel lontano Giappone per acquistare le minuscole uova di bachi da seta in quanto gli allevamenti europei prima e quelli del vicino Oriente poi, sono stati attaccati dalle epidemie e le uova sono ormai diventate inutilizzabili.
Oggi il baco da seta sta assumendo di nuovo una notevole importanza in quanto se ne sta studiando l’utilizzo come “bioreattore” per la produzione di proteine da usare in farmacologia ed è inoltre considerato, insieme alle api, una “sentinella ambientale”. Per tutti questi motivi è urgente che nel Salento leccese si faccia al più presto la “Casa delle farfalle” perché anche mia figlia ha diritto ad assistere alle primavere della mia infanzia, perché quelle erano completamente inondate da prati fioriti di margherite e dai voli di milioni di farfalle.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Rosanna Franzetti LA COLTURA DEL GELSO E L’ALLEVAMENTO DEL BACO DA SETA A MALGESSO
Agricoltura Salentina del 15 febbraio 1906
Iris Fontanari Il GELSO, la pianta del prezioso “baco da seta”
Enzo Moretto DALLA STORIA MILLENARIA DEL BACO DA SETA ALLE CASE DELLE FARFALLE
Olga Grasselli La ricerca in Italia sul baco da seta
Marco Devecchi Salviamo i gelsi! Una preziosa memoria storica del paesaggio artigiano
Lo Muzio Luisa Giardino Fiorito - Potatura per il restauro di un filare storico di gelsi
STELLA GAETANO Memoria sulla preferenza da darsi alla foglia del gelso delle Filippine per l’allevamento de’ bachi da seta, del 1839;
Pratica molto intetressante si potrebbe ricostruire nelle are dov'è disponibile l'acqua reflua depurata
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