sabato 25 ottobre 2014

Report del simposio internazionale di Gallipoli a cura del Dottore Agronomo Cristian Casili




È terminato da qualche giorno il simposio internazionale che a Gallipoli ha visto la partecipazione di ricercatori provenienti da più paesi, Brasile, Messico, Stati Uniti e Argentina dove Xylella fastidiosa è studiata da anni su colture diverse dall’ulivo (vite e agrumi in primis) E’ già tempo di iniziare a buttare giù qualche considerazione. Il grande attore protagonista del convegno è stato un insetto che appartiene alla famiglia Aphrophoridae, Philaenus spumarius, meglio noto come sputacchina della dimensione di circa 5 mm. E’ emerso che questo insetto è il principale vettore del batterio Xylella fastidiosa sub. pauca negli oliveti salentini. Questo insetto, provvisto di un rostro, una sorta di siringa, acquisisce il batterio attraverso punture nei vasi xilematici di una pianta infetta per poi inocularlo in una sana. Così descritto, P. spumarius da sempre innocuo per le colture agrarie, sembrerebbe un mostro. A chiusura dei lavori del simposio, ho raccolto alcuni esemplari di Philaenus s. in un uliveto con segni di disseccamento per farli vedere alla comitiva giunta dal Costa Brada (lussuoso hotel gallipolino) dove si è svolto il simposio. E’ un insetto che compie scatti velocissimi e voli di poche decine di metri. Dicevamo essere un insetto innocuo per le colture agrarie, tuttavia la sua colpa più grande è ospitare nel suo apparato boccale colonie di Xylella fastiosa. La sua polifagia lo porta ad essere presente ovunque su moltissime specie vegetali comprese molte essenze ornamentali da giardino. Questo suo comportamento naturalmente rende difficile se non impossibile pensare di poterne controllare le popolazioni attraverso l’utilizzo di fitofarmaci che si sono già dimostrati fallimentari negli Stati Uniti. E’ quindi inutile cercare di utilizzare questi palliativi nel controllo delle popolazioni di Philaenus s. che ci esporrebbero, e questo è sicuro, ad un devastante impatto ambientale, oltre a ridurre un ecosistema già semplificato a causa di indiscriminate pratiche agricole come il diserbo chimico. Gli organi di controllo europei e nazionali devono prendere atto di questo ed eliminare dai protocolli di quarantena l’utilizzo di sostanze chimiche nocive. Più sensata a mio avviso la lavorazione meccanica del terreno con fresature da eseguire nel periodo primaverile durante il quale l’insetto si trova sul suolo allo stadio di neanide oltre alle continue operazioni di potatura da eseguire correttamente e con scrupolosità. Operazioni colturali tradizionali queste la cui bontà ed efficacia è stata confermata durante il convegno dai ricercatori brasiliani ed americani. La politica a tutte le latitudini deve prendere atto che lo stato fitosanitario dell’olivicoltura salentina è frutto di un decennio di gestione fallimentare delle politiche agricole, dove il mercato dell’olio extravergine di oliva è stato alterato dall’importazione di "finti" oli extravergini o peggio ancora di oli deodorati e rettificati che ne hanno abbattuto il prezzo, ma soprattutto al mancato rispetto delle norme di condizionalità frutto di un reddito che non garantisce più agli agricoltori di condurre gli oliveti come il buon padre di famiglia. Del resto il Prof. Nigro ed altri, intervenuti nel convegno, hanno messo in evidenza la debilitazione dei nostri ulivi causata da Zeuzera pyrina e da funghi del genere Phaeoacremonium et altri a seguito di scarsi interventi agronomici di cura. Fattori debilitanti, che come più volte abbiamo ripetuto ( a tal riguardo ricordo quello che dissi al national geographic nel 2013) hanno permesso a Xylella fastidiosa di avere un ruolo all’interno del complesso rapido del disseccamento dell’olivo. Gli stessi scienziati hanno confermato che Xylella preferisce piante di ulivo centenarie piuttosto che le giovani, poiché le prime, appunto, sono già debilitate da funghi ed insetti. E’ poi impensabile e va eliminata anche in extrema ratio la possibilità di introdurre varietà geneticamente resistenti di ulivo. Il patrimonio olivicolo pugliese è unico, e gli ecotipi salentini vanno difesi fino alla fine. Vedo associazioni di categoria e tecnici buttare già le mani avanti verso una riconversione varietale del nostro patrimonio olivicolo che è storico, culturale e paesaggistico. Del resto ci hanno già abituati a questo becero modus operandi che, vedi il caso dell’espianto dei vigneti, si è dimostrato fallimentare. L’Unione europea, la EPPO (organizzazione intergovernativa responsabile della cooperazione europea nel settore fitosanitario), il Ministero, comitati scientifici etc. devono prendere atto delle fallimentari azioni di controllo di Xylella f. e dei suoi vettori negli Stati uniti, in Brasile e nelle altre nazioni, e puntare nel caso degli olivi del Salento ad un ritorno immediato alla corretta coltivazione dei campi che oggi più che mai deve essere scrupolosa e senza soluzione di continuità. Per fare ciò occorre dare subito dignità ad un settore che è stato svenduto dalla politica alle multinazionali che ne hanno controllato il mercato e le produzioni. Diamo subito un reddito dignitoso agli olivicoltori salentini mettendoli in condizione di ritornare a curare un patrimonio olivicolo che non è solo produttivo ma è soprattutto la pelle del nostro paesaggio.

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