È terminato da qualche giorno il simposio internazionale che
a Gallipoli ha visto la partecipazione di ricercatori provenienti da più paesi,
Brasile, Messico, Stati Uniti e Argentina dove Xylella fastidiosa è studiata da
anni su colture diverse dall’ulivo (vite e agrumi in primis) E’ già tempo di
iniziare a buttare giù qualche considerazione. Il grande attore protagonista
del convegno è stato un insetto che appartiene alla famiglia Aphrophoridae,
Philaenus spumarius, meglio noto come sputacchina della dimensione di circa 5
mm. E’ emerso che questo insetto è il principale vettore del batterio Xylella
fastidiosa sub. pauca negli oliveti salentini. Questo insetto, provvisto di un
rostro, una sorta di siringa, acquisisce il batterio attraverso punture nei
vasi xilematici di una pianta infetta per poi inocularlo in una sana. Così
descritto, P. spumarius da sempre innocuo per le colture agrarie, sembrerebbe
un mostro. A chiusura dei lavori del simposio, ho raccolto alcuni esemplari di
Philaenus s. in un uliveto con segni di disseccamento per farli vedere alla
comitiva giunta dal Costa Brada (lussuoso hotel gallipolino) dove si è svolto
il simposio. E’ un insetto che compie scatti velocissimi e voli di poche decine
di metri. Dicevamo essere un insetto innocuo per le colture agrarie, tuttavia
la sua colpa più grande è ospitare nel suo apparato boccale colonie di Xylella
fastiosa. La sua polifagia lo porta ad essere presente ovunque su moltissime
specie vegetali comprese molte essenze ornamentali da giardino. Questo suo
comportamento naturalmente rende difficile se non impossibile pensare di
poterne controllare le popolazioni attraverso l’utilizzo di fitofarmaci che si
sono già dimostrati fallimentari negli Stati Uniti. E’ quindi inutile cercare
di utilizzare questi palliativi nel controllo delle popolazioni di Philaenus s.
che ci esporrebbero, e questo è sicuro, ad un devastante impatto ambientale,
oltre a ridurre un ecosistema già semplificato a causa di indiscriminate
pratiche agricole come il diserbo chimico. Gli organi di controllo europei e
nazionali devono prendere atto di questo ed eliminare dai protocolli di
quarantena l’utilizzo di sostanze chimiche nocive. Più sensata a mio avviso la
lavorazione meccanica del terreno con fresature da eseguire nel periodo primaverile
durante il quale l’insetto si trova sul suolo allo stadio di neanide oltre alle
continue operazioni di potatura da eseguire correttamente e con scrupolosità.
Operazioni colturali tradizionali queste la cui bontà ed efficacia è stata
confermata durante il convegno dai ricercatori brasiliani ed americani. La
politica a tutte le latitudini deve prendere atto che lo stato fitosanitario
dell’olivicoltura salentina è frutto di un decennio di gestione fallimentare
delle politiche agricole, dove il mercato dell’olio extravergine di oliva è
stato alterato dall’importazione di "finti" oli extravergini o peggio
ancora di oli deodorati e rettificati che ne hanno abbattuto il prezzo, ma
soprattutto al mancato rispetto delle norme di condizionalità frutto di un
reddito che non garantisce più agli agricoltori di condurre gli oliveti come il
buon padre di famiglia. Del resto il Prof. Nigro ed altri, intervenuti nel
convegno, hanno messo in evidenza la debilitazione dei nostri ulivi causata da
Zeuzera pyrina e da funghi del genere Phaeoacremonium et altri a seguito di
scarsi interventi agronomici di cura. Fattori debilitanti, che come più volte
abbiamo ripetuto ( a tal riguardo ricordo quello che dissi al national
geographic nel 2013) hanno permesso a Xylella fastidiosa di avere un ruolo
all’interno del complesso rapido del disseccamento dell’olivo. Gli stessi
scienziati hanno confermato che Xylella preferisce piante di ulivo centenarie
piuttosto che le giovani, poiché le prime, appunto, sono già debilitate da
funghi ed insetti. E’ poi impensabile e va eliminata anche in extrema ratio la
possibilità di introdurre varietà geneticamente resistenti di ulivo. Il
patrimonio olivicolo pugliese è unico, e gli ecotipi salentini vanno difesi
fino alla fine. Vedo associazioni di categoria e tecnici buttare già le mani
avanti verso una riconversione varietale del nostro patrimonio olivicolo che è
storico, culturale e paesaggistico. Del resto ci hanno già abituati a questo
becero modus operandi che, vedi il caso dell’espianto dei vigneti, si è
dimostrato fallimentare. L’Unione europea, la EPPO (organizzazione
intergovernativa responsabile della cooperazione europea nel settore
fitosanitario), il Ministero, comitati scientifici etc. devono prendere atto
delle fallimentari azioni di controllo di Xylella f. e dei suoi vettori negli
Stati uniti, in Brasile e nelle altre nazioni, e puntare nel caso degli olivi
del Salento ad un ritorno immediato alla corretta coltivazione dei campi che
oggi più che mai deve essere scrupolosa e senza soluzione di continuità. Per
fare ciò occorre dare subito dignità ad un settore che è stato svenduto dalla
politica alle multinazionali che ne hanno controllato il mercato e le
produzioni. Diamo subito un reddito dignitoso agli olivicoltori salentini
mettendoli in condizione di ritornare a curare un patrimonio olivicolo che non
è solo produttivo ma è soprattutto la pelle del nostro paesaggio.
Nessun commento:
Posta un commento