venerdì 1 novembre 2024

"Polvere e Memoria: Storie in Bianco e Nero dai Campi"

 


"Polvere e Memoria: Storie in Bianco e Nero dai Campi"

Di Antonio Bruno

Negli anni ’60, c'era un esercito di uomini e donne che si piegava a un ritmo lento, quello della terra, quello dei calli che crescevano come rughe sulle mani, quello del sole che bruciava come un unico testimone, silenzioso e complice. E c'era qualcuno, con una macchina fotografica, che si chinava anche lui, per ricordarli uno per uno. Perché certe storie non basta ascoltarle: bisogna portarsele dentro, o finiranno per cadere nel dimenticatoio di un tramonto.

Giuseppe, Mario, Ferdinando... Sembrano nomi qualunque, eppure sono stati occhi, polmoni, battiti in mezzo al sudore. Loro non volevano solo raccontare; volevano accendere una luce che non si sarebbe più spenta. Non scattavano foto, ma attimi sospesi, quelli in cui anche un sorriso stanco diventa epico, quelli in cui le mani dei braccianti — ruvide, graffiate, consumate — sembrano voler dire “Siamo ancora qui”. E in ogni scatto c’era la forza di un sogno, uno di quelli che non ti fanno dormire, perché se lo fanno svanire al primo battito di ciglia.

Loro vedevano bellezza anche nelle pieghe delle camicie sudate, nel pane diviso, nella polvere che copriva i volti come un velo antico, in quella fatica che sembrava sempre uguale, ma che ogni giorno urlava con un suono diverso. Palumbo, Dondero, Scianna non avevano bisogno di parole; sapevano che un’immagine a volte dice tutto ciò che la voce non riesce a pronunciare. Hanno camminato in mezzo ai campi per rendere onore a chi non aveva palco, ma solo terra sotto i piedi e cielo sopra la testa.

Oggi le loro foto sono ancora lì, potenti, instancabili. Sono il nostro specchio, il nostro memento, il nostro sussurro di umiltà. Guardiamo quelle facce e ci chiediamo come abbiamo potuto dimenticarle, come abbiamo fatto a pensare che la vita vera fosse altrove. E invece eccola lì, la vita, tra la polvere e il sudore, tra un sorriso e un sopracciglio inarcato. E forse, proprio grazie a loro, possiamo ricordarci che ogni storia, anche quella più nascosta, ha il diritto di restare in piedi, di essere vista, di essere respirata.

Dove c'era polvere, ora c'è memoria.

Antonio Bruno

Le Tradizioni, come la Lingua, Vivono e Lottano con Noi


 Le Tradizioni, come la Lingua, Vivono e Lottano con Noi

Le tradizioni popolari, diciamolo, sono come la lingua. Se continuiamo a parlare italiano nel 2024, usiamo un codice comune, un modo per capirci tutti. Ma se cominciassimo a parlare in latino, quanti ci capirebbero? Pochi, pochissimi! Le tradizioni, invece, rimangono in vita proprio perché sono come una lingua che si evolve, che si adatta ma resta radicata. Prendiamo, ad esempio, la fiera di Ognissanti di Carpignano Salentino.
Eh sì, in questo borgo del Salento, che incontri se da Martano prendi la strada per Otranto, ogni anno si celebra questa fiera millenaria. Parliamo di una tradizione che affonda le sue radici nell’anno Mille! Allora, i contadini si scambiavano semi, bestiame e attrezzi agricoli e tutto avveniva intorno alla chiesa di San Cosimo, vicino al casale di Carbieno, in un punto strategico perché lì si fermavano per cambiare i cavalli prima di raggiungere Otranto.
E oggi? Beh, oggi io ci arrivo con la macchina, senza cavallo, ma con la stessa curiosità e la voglia di immergermi in questa atmosfera unica. Mi sembra di sentirli, i cittadini di Carpignano, che gridano: “La fiera è viva e lotta con noi!”, come dicevano un tempo i partigiani.
Anche oggi trovi gli attrezzi agricoli e il bestiame, ma il paese si trasforma. Ci sono bancarelle ovunque, un vero e proprio caos ordinato, un po' come i letti a castello nelle case affollate di una volta. E poi c’è questa leggenda metropolitana che circola tra i visitatori: pare che qualcuno, tra i più arditi, si introduca nelle case dei Carpignanesi e gli abitanti, senza batter ciglio, gli vendano tutto ciò che c’è dentro per poi comprare un arredamento nuovo. Sarà vero? Chissà!
Ci trovi persone da ogni dove: dai paesi vicini, dal resto del Salento e, oserei dire, dal Globo terracqueo. Io alla fiera ci vado dal 2005, quando un signore molto malato, ricoverato con me, decise di firmare per essere dimesso contro il parere dei medici, solo per non perdersi quell’edizione. Era la millesima e cinque, oggi siamo alla millesima e ventiquattresima. E, credetemi, sembra non sia passato un giorno.

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sul dibattito sugli abbattimenti dei lupi in Italia

 


Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sul dibattito sugli abbattimenti dei lupi in Italia

Dottor Bruno, qual è la sua opinione sull’approvazione dell’emendamento al disegno di legge Montagna, che consente gli abbattimenti controllati dei lupi?

Dott. Antonio Bruno: "L’introduzione dell’emendamento ha sollevato molte questioni, non solo in termini di tutela dell’agricoltura, ma anche rispetto alla conservazione ambientale e alla biodiversità. Comprendo le preoccupazioni degli allevatori per i danni causati dai lupi al bestiame, ma è fondamentale considerare anche il ruolo ecologico del lupo come regolatore naturale delle specie, come i cinghiali, che altrimenti diventano invasivi e difficili da gestire."

In Salento, qual è la situazione della popolazione dei lupi e dei danni associati alla loro presenza?

Dott. Antonio Bruno: "Secondo i dati dell’ASL di Lecce, parliamo di una popolazione di pochi lupi, e i danni al bestiame sono stati riscontrati in un numero limitato di casi, pari a circa lo 0,3% sugli animali censiti. Il lupo sta gradualmente tornando nel Salento dopo decenni di assenza, e alcune iniziative locali si sono impegnate a monitorarne la presenza e a promuovere una convivenza sostenibile tra questo predatore e le comunità umane."

Le associazioni ambientaliste hanno fortemente criticato l’emendamento, temendo un rischio di eradicazione della specie dal territorio italiano. Condivide questa preoccupazione?

Dott. Antonio Bruno: "Sì, questa è una preoccupazione legittima. L'Unione Europea protegge il lupo come specie, e l'emendamento potrebbe esporre l'Italia a violazioni della direttiva Habitat. Mentre gli allevatori necessitano di tutele per il loro bestiame, dobbiamo essere cauti nel modificare l'equilibrio ecologico. Eradicare un predatore come il lupo potrebbe portare a un aumento incontrollato di altre specie, come cinghiali e cervi, con effetti negativi per l’ambiente e per l’economia rurale."

C’è chi sostiene che i lupi non trovino, nelle aree antropizzate del Salento, le condizioni adatte per coesistere con le altre specie e le attività umane. È d’accordo?

Dott. Antonio Bruno: "Il Salento è sicuramente una zona molto antropizzata e, in queste condizioni, è più complesso garantire un habitat adeguato ai grandi predatori. Tuttavia, ciò non significa che si debba ricorrere agli abbattimenti: si potrebbero sperimentare metodi non letali, come i recinti protettivi o l’introduzione di cani da guardia. In molti altri Paesi, l’uso di soluzioni preventive ha ridotto le predazioni senza compromettere l’equilibrio naturale."

Dal punto di vista agronomico, qual è il ruolo del lupo nell’ecosistema e che impatto ha sulla biodiversità del territorio?

Dott. Antonio Bruno: "Il lupo è un predatore apicale che svolge una funzione di regolazione delle specie erbivore, come i cinghiali, contribuendo a mantenere l’equilibrio della biodiversità. Se interveniamo riducendo la popolazione di lupi, rischiamo di alterare profondamente questo equilibrio. La ‘semplificazione’ della biodiversità, cioè la riduzione del numero di specie, rende l’ecosistema più vulnerabile, come abbiamo visto con l’invasione della Xylella, che ha devastato gli ulivi del Salento."

Cosa pensa della gestione degli abbattimenti in altre nazioni europee? Potrebbe essere un modello per l’Italia?

Dott. Antonio Bruno: "Gli esperimenti di abbattimenti controllati in Paesi come la Francia hanno spesso avuto risultati limitati. Eliminare alcuni esemplari senza un piano specifico spesso destabilizza il branco, che, privo del lupo Alfa, tende a disperdersi e a cercare cibo in maniera disordinata, causando ulteriori problemi. Non si tratta semplicemente di rimuovere qualche animale: la gestione del lupo è complessa e richiede un piano basato su dati scientifici e studi ecologici."

Quale soluzione propone per trovare un equilibrio tra la tutela degli allevatori e quella dell’ecosistema?

Dott. Antonio Bruno: "Il dialogo è essenziale per trovare soluzioni che rispondano alle esigenze di tutte le parti coinvolte. Credo che sia possibile mettere in atto strategie di difesa non letali e prevedere dei rimborsi economici per i danni subiti dagli allevatori. A livello locale, bisognerebbe proseguire i monitoraggi come quello del progetto ‘Hic Sunt Lupi’ e coinvolgere agricoltori e cittadini per costruire una convivenza più armoniosa. Solo così, potremo garantire la protezione del lupo e la sostenibilità delle attività agricole nel lungo periodo."

Grazie per il suo tempo, Dottor Bruno. Un ultimo commento?

Dott. Antonio Bruno: "Dobbiamo ricordare che l’equilibrio della natura è delicato, e ogni intervento umano lascia delle tracce. È necessario lavorare insieme per trovare soluzioni sostenibili che rispettino l’ecosistema e, al contempo, sostengano le comunità agricole. È un lavoro complesso, ma anche una sfida che non possiamo ignorare."