Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sul progetto di un impianto per la produzione di biometano
Intervistatore: Dottor Bruno, recentemente il progetto di un impianto per la produzione di biometano in località Cafore ha generato un acceso dibattito tra i sindaci dei comuni coinvolti, tra cui Surbo e Lecce, e le comunità locali. Lei, come esperto del settore, quale è la sua opinione su questo progetto?
Dottor Antonio Bruno: Ringrazio per questa opportunità di discussione. Dal punto di vista agronomico e ambientale, un progetto di questo tipo richiede un'analisi dettagliata e attenta del contesto in cui si intende inserirlo, soprattutto in una zona come quella del Salento, caratterizzata da equilibri delicati e da una forte vocazione agricola. In questo caso specifico, il progetto solleva molti dubbi sulla sostenibilità e sulla gestione delle risorse locali.
Intervistatore: Cosa intende per gestione delle risorse locali?
Dottor Antonio Bruno: Mi riferisco soprattutto al consumo di suolo agricolo, che rappresenta una delle criticità principali evidenziate da associazioni come Italia Nostra. Il progetto coinvolgerebbe circa 100 ettari di terreno agricolo, una quantità significativa in una regione già particolarmente interessata dal fenomeno del consumo di suolo. Oltre alla questione della superficie occupata, c’è poi il problema della biomassa: questo impianto richiederebbe un grande afflusso di biomasse che dovrebbero provenire non solo da attività agricole locali, ma anche da altre fonti esterne. Questo potrebbe incidere negativamente sia sulla sostenibilità ambientale, sia sull’equilibrio economico del territorio.
Intervistatore: Alcuni rappresentanti locali e associazioni hanno sottolineato la necessità di una gestione più condivisa dei progetti energetici che incidono sul territorio. Cosa ne pensa?
Dottor Antonio Bruno: È un punto cruciale. Il Salento ha vissuto diverse esperienze di “centralismo metropolitano” che hanno trascurato l’opinione e le esigenze dei comuni più piccoli. Quando si pensa a impianti di questa portata, che richiedono risorse e comportano cambiamenti paesaggistici e ambientali significativi, la partecipazione della comunità è fondamentale. La popolazione locale e le amministrazioni dovrebbero essere coinvolte in ogni fase del processo, dalla progettazione alla valutazione d’impatto, affinché si possano considerare tutte le ricadute a medio e lungo termine. Questo approccio non è solo democratico, ma permette anche di valutare meglio i rischi e le opportunità reali per il territorio.
Intervistatore: Secondo lei, l’impianto in località Cafore potrebbe compromettere l’equilibrio ecologico del territorio?
Dottor Antonio Bruno: Potenzialmente sì. La produzione di biometano ha il vantaggio di sfruttare energie rinnovabili, ma va realizzata con criteri molto stringenti di sostenibilità. Nel caso specifico di Cafore, oltre alla vicinanza a importanti aree agricole e all’abbazia di Santa Maria di Cerrate, c’è la questione del flusso di biomasse richiesto e dei conseguenti impatti ambientali. Se non gestito con attenzione, un progetto del genere potrebbe incidere negativamente su suolo, acque e biodiversità, compromettendo anche attività economiche locali come l’agricoltura e il turismo agrituristico.
Intervistatore: Il sindaco di Lecce, Adriana Poli Bortone, e altri amministratori locali hanno espresso dubbi e cautela riguardo al progetto. Qual è il ruolo dell’amministrazione in situazioni come questa?
Dottor Antonio Bruno: Le amministrazioni comunali hanno la responsabilità di tutelare il territorio e di considerare il benessere a lungo termine delle comunità locali. Il sindaco Poli Bortone ha sottolineato la necessità di ascoltare e valutare prima di prendere una decisione. È fondamentale che le amministrazioni si approccino con trasparenza e con un orientamento all’ascolto, come hanno chiesto il sindaco di Surbo Oronzo Trio e altri rappresentanti locali. Le esperienze passate, come quella della Masseria Ghetta citata da Trio, evidenziano quanto sia importante evitare decisioni calate dall’alto, senza confronto con i comuni interessati.
Intervistatore: Italia Nostra ha espresso una forte opposizione, sostenendo che il progetto non rispetti i principi dell’economia circolare. Cosa significa esattamente questo in un contesto come quello salentino?
Dottor Antonio Bruno: L’economia circolare si basa su un uso sostenibile e locale delle risorse, riducendo sprechi e impatti ambientali. In questo contesto, significa utilizzare sottoprodotti agricoli locali per produrre compost, migliorando la fertilità del suolo senza dover importare biomasse da altre regioni. Invece, se l’impianto si focalizzasse principalmente sulla produzione di energia, con biomasse provenienti da fuori territorio, si tratterebbe di un modello più vicino a quello dell’economia lineare, che si limita a estrarre e consumare risorse senza reintegrarle. Questo è un tema molto importante, soprattutto in un territorio come il Salento, dove il suolo è un patrimonio da preservare.
Intervistatore: Quale potrebbe essere la soluzione per gestire al meglio questo tipo di progetti?
Dottor Antonio Bruno: A mio avviso, la soluzione ideale sarebbe puntare su piccoli impianti che servano esclusivamente gli Ambiti di Raccolta Ottimale (ARO) e che siano dedicati alla produzione di compost. Questo approccio permetterebbe di minimizzare gli impatti ambientali e di valorizzare davvero i sottoprodotti locali. Infine, un maggiore coinvolgimento delle amministrazioni comunali e delle associazioni ambientali locali favorirebbe una pianificazione più armoniosa e condivisa, riducendo le tensioni e migliorando il rapporto tra le città e le aree rurali.
Intervistatore: La ringrazio, Dottor Bruno, per le sue considerazioni approfondite.
Dottor Antonio Bruno: Grazie a voi. Spero che questo dibattito porti a una maggiore consapevolezza sull’importanza di un approccio sostenibile e condiviso per lo sviluppo del nostro territorio.
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