“La terra che piange. Il grido silenzioso della viticoltura”
di Antonio Bruno
Ho sempre pensato che l’Italia fosse un paese che vive tra bellezza e
fatica. E se c’è un mestiere che incarna perfettamente questa doppia verità, è
quello dell’agricoltore. Oggi voglio parlare della viticoltura, e più
precisamente della crisi profonda che sta colpendo i nostri viticoltori,
specialmente nel Sud, in luoghi meravigliosi e feriti come il Salento.
Ho ascoltato un intervento lungo, accorato, per nulla retorico di alcuni
agricoltori e tecnici del settore. Persone che non si riempiono la bocca di
slogan, ma che ogni giorno si sporcano le mani di terra, potano, vendemmiano,
curano la vite come fosse un figlio. E che ora si sentono abbandonati, umiliati
da un mercato che non li premia, da uno Stato che li dimentica e da una società
che guarda altrove.
Oggi un ettaro di vigneto può costare 30 mila euro per essere impiantato, ma
ne vale forse 20 mila sul mercato. I costi di produzione sono aumentati: fitofarmaci,
carburanti, manodopera, macchinari. E il prezzo dell’uva? Crollato anche sotto
i 40 centesimi al chilo. Fatevi due conti. È come se vi dicessero che dovete
aprire un ristorante, comprare tutto a prezzo pieno e poi servire i piatti
praticamente gratis. Ecco, questa è la situazione.
Quello che mi colpisce, però, non sono solo i numeri, ma lo sconforto umano.
Un padre che si dice pentito di aver trasmesso al figlio l'amore per la terra.
Un giovane che sogna di investire, ma è costretto a fermarsi. Non per pigrizia,
non per mancanza di idee, ma perché la matematica, purtroppo, non è
un'opinione.
Nel nostro paese si parla di identità, di territorio, di tradizione. Ma la
verità è che stiamo lasciando marcire nei campi proprio ciò che ci definisce di
più. Il vino italiano, celebrato nel mondo, ha radici nei volti rugosi dei
contadini, nella fatica dell’alba, nelle calli delle mani. Senza quei volti,
quel vino non esisterebbe. E nemmeno la nostra storia.
Cosa fare allora? Intanto smettere di ignorare. La crisi c’è, è reale, ed è
strutturale. Occorre agire su più fronti: calmierare i costi produttivi,
favorire la filiera corta, tutelare la DOP con politiche serie, sostenere i
giovani agricoltori con crediti agevolati veri e non promesse elettorali da
campagna vendemmiale.
E poi, da consumatori, fare una scelta di consapevolezza: quando compriamo
un vino, chiediamoci da dove arriva, chi l’ha fatto, se è il frutto della
speculazione o della passione. Perché un vino può costare poco, ma se costa la
vita di chi l’ha prodotto, forse è troppo caro.
Non è solo questione di soldi. È questione di dignità.
Ho avuto
l’opportunità di seguire un dibattito televisivo sulla crisi del settore
vitivinicolo nel Salento, in particolare nella zona di Guagnano. La
discussione è stata molto accorata e ha descritto in modo soggettivo la difficile
situazione economica dei produttori di uva e vino. Di seguito offro
un'analisi scientifica e oggettiva dei punti chiave toccati nel
dibattito.
Punti chiave emersi e verifica scientifica
Autore: Antonio Bruno
Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze
Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
1. Calo del prezzo dell’uva e aumento dei costi di
produzione
Affermazioni:
- Prezzi dell'uva scesi da 80€/q
a 30–40€/q.
- Costi di produzione fino a
8.000 €/ha.
- Impianto di un vigneto: 30.000
€/ha.
- Vendita di vigneto: 20.000
€/ha.
Verifica:
Questi dati,
seppur riferiti in modo approssimativo e non aggiornati scientificamente, riflettono
una tendenza reale. Secondo ISMEA (2024) e CREA, i costi di
gestione del vigneto (potatura, trattamenti fitosanitari, manodopera,
carburanti, meccanizzazione, ecc.) sono aumentati del 30–40% negli
ultimi 5 anni, complici:
- L’aumento dei prezzi dei
fitofarmaci e dei fertilizzanti (specialmente post-COVID e guerra in
Ucraina).
- Il costo della manodopera.
- I rincari energetici e di
macchinari.
I prezzi
dell’uva sono in forte calo, soprattutto per vini comuni o da
tavola. I vitigni DOP o IGP hanno prezzi migliori, ma non sempre coprono i
costi in zone marginali o con bassa meccanizzazione.
Analisi:
- Non c’è esagerazione nel
denunciare una crisi economica per i piccoli e medi produttori.
- È vero che molte aziende non
riescono a coprire i costi, specie se non integrate nella filiera (es.
senza una propria cantina).
- La vendita dei vigneti sotto
costo è documentata in molte zone italiane, specie in assenza di
valore immobiliare fondiario elevato.
2. Crisi generazionale e fuga dei giovani
dall’agricoltura
Affermazioni:
- I giovani non trovano
sostenibilità economica nella viticoltura.
- I vecchi "sogni"
legati alla campagna non sono più realizzabili.
Verifica:
Secondo Istat
e Coldiretti (2023):
- Solo il 7% delle aziende
agricole italiane è gestito da under 35.
- Il 50% dei giovani abbandona
l’attività agricola entro 5 anni dalla sua apertura se non adeguatamente
supportato.
- I giovani agricoltori chiedono
più accesso a credito, formazione digitale e sbocchi di mercato.
Le cause del
fenomeno sono reali e ben documentate:
- Rischio economico troppo alto.
- Mancanza di politiche efficaci
per la valorizzazione del prodotto agricolo.
- Burocrazia eccessiva.
3. Assenza di supporto politico e istituzionale
Affermazioni:
- Nessuna risposta concreta da
parte delle istituzioni.
- Proteste (come quelle dei
trattori) si sono spente senza esiti.
- Mancano interventi strutturali
come “quote” o aiuti mirati.
Verifica:
- Il governo italiano e l’UE hanno
predisposto fondi nel PSN (Piano Strategico Nazionale PAC 2023–2027),
ma:
- Molti piccoli agricoltori non
vi accedono per
via della complessità amministrativa.
- Il sostegno al reddito spesso non
compensa le perdite legate alla filiera commerciale.
- Il sistema delle "quote
vino" non è mai stato attuato come nel caso del latte.
- Alcune regioni (es. Toscana,
Piemonte) hanno avviato piani di riconversione viticola che non
sono estesi ovunque.
4. Perdita di valore fondiario e rischio
desertificazione agricola
Affermazioni:
- I vigneti perdono valore sul
mercato.
- Terreni agricoli restano
abbandonati.
- Le multinazionali comprano le
aziende locali.
Verifica:
- In molte aree del Sud Italia,
il valore dei terreni agricoli è in calo (Fonte: CREA, 2023).
- Il fenomeno della
“desertificazione agricola” è reale, specialmente dove la
viticoltura non è sostenuta da una filiera commerciale o dal turismo enogastronomico.
- Diverse aziende italiane sono
state effettivamente acquisite da gruppi stranieri (soprattutto
francesi e cinesi), attratti da denominazioni prestigiose ma deboli sul
piano commerciale locale.
5. Qualità del prodotto e competitività internazionale
Affermazioni:
- Il vino del Salento ha qualità
uniche.
- La DOP Salice Salentino è
sottovalutata.
- Bisogna “far vedere che il vino
lo facciamo con questa uva”.
Verifica:
- Il Salento è una zona
riconosciuta per vini di alta qualità, soprattutto Primitivo, Negroamaro, Malvasia.
- Tuttavia, il valore aggiunto
si perde spesso nella filiera, dove il vino viene venduto sfuso o a
intermediari, invece che imbottigliato e promosso in loco.
- La promozione territoriale,
come suggerito, è una strategia efficace, ma serve marketing
organizzato, consorzi attivi e turismo integrato.
Conclusione
AFFERMAZIONI
CORRETTE:
- C'è una crisi reale nel settore
vitivinicolo salentino.
- I prezzi dell’uva sono troppo
bassi rispetto ai costi.
- I giovani non trovano
sostenibilità nell’agricoltura.
- I fondi pubblici non sono
sufficientemente accessibili o risolutivi.
IMPRECISIONI O
VISIONI FUORVIANTI:
- Non c’è evidenza che la crisi
sia “senza precedenti” assoluti: altre crisi gravi (es. anni ’80-’90)
si sono verificate, anche se questa è strutturale e sistemica.
- Il paragone con il metanolo è
improprio: oggi non si tratta di una crisi da scandalo o frode, ma economica
e sistemica.
- L’idea che “non ci sia alcun
supporto” è parzialmente vera, ma va precisato che i fondi
esistono, anche se non ben distribuiti o noti.
Raccomandazioni
basate su evidenza:
- Integrazione verticale: sostenere le aziende a
vinificare, imbottigliare e vendere direttamente.
- Consorzi e promozione
territoriale:
rafforzare le DOP e il marketing territoriale.
- Politiche giovanili mirate: accesso facilitato a credito,
terreni e formazione.
- Digitalizzazione e turismo
enogastronomico come
leve per aumentare il margine.
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