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Dati forniti dal collega Dott. Francesco Dionigi Tarantino |
“Senza gli ulivi, il Salento rischia il deserto”
di Antonio Bruno Dottore in Scienze Agrarie
C’è un dato che mi ha colpito. Il 6 giugno 2025,
a Maglie, nel cuore del Salento, una colonnina meteorologica ha registrato 11
gradi centigradi alle cinque minuti dopo la mezzanotte, e 35 gradi poco dopo
mezzogiorno. Un’escursione termica di quasi 24 gradi in meno di dodici ore.
Roba da Sahara, verrebbe da dire. Solo che non siamo in Tunisia, ma in
provincia di Lecce, a due passi dal mare Adriatico.
Ora, qualcuno potrà anche dire che è solo un
dato, un giorno anomalo. Ma non è così. Lo dicono i numeri, lo dice la scienza,
lo dice anche il buon senso. E soprattutto, lo dicono gli alberi. O meglio: lo dice la loro assenza.
In Puglia, negli ultimi anni, sono scomparsi 9 milioni di ulivi secolari. Un
patrimonio distrutto dalla Xylella, una tragedia per l’agricoltura e il
paesaggio, certo. Ma anche una perdita ambientale gravissima. Gli ulivi non
erano solo “cartoline” o “poesie rurali”, ma difensori del clima: le loro chiome facevano ombra,
mitigavano il caldo, trattenevano l’umidità, rallentavano il vento. Erano
climatizzatori naturali, silenziosi, efficaci, generosi.
Senza quegli alberi, oggi il Salento è più
secco, più caldo, più fragile. Lecce ha guadagnato mezzo grado in meno di
vent’anni. Le piogge sono diminuite di oltre 120 millimetri. I giorni caldi
aumentano, i temporali si fanno più rari ma più violenti. E il termometro
impazzisce.
Non parliamo poi del mondo. Il 2022 è stato
l’anno più caldo di sempre in quasi tutte le città italiane. Maggio 2024 è
stato il maggio più caldo mai registrato sulla Terra. E non stiamo parlando di
dati da laboratorio, ma della nostra vita quotidiana: la macchina che scotta, il sonno che manca, la vigna che non
fruttifica più.
Qualche tempo fa, il Segretario Generale
dell’ONU, Antonio Guterres, ha detto una frase che mi è rimasta impressa: «Siamo il meteorite che sta sterminando noi
stessi». Ecco, mi pare che ci stia proprio bene. Perché a furia di
asfaltare, sradicare, costruire senza pensare, abbiamo tolto la pelle al territorio. E adesso brucia. E
noi con lui.
Non sono un ambientalista militante, ma credo
nei fatti. E i fatti dicono che serve un
cambio di rotta. Serve piantare alberi, non solo parole. Serve fermare
le emissioni, non solo denunciarle. Serve educare, investire, proteggere.
Serve, insomma, prendere sul serio il
clima, come se fosse un figlio che respira male, non un titolo da
telegiornale.
E in tutto questo, il Salento non può più
aspettare. Non può diventare un deserto, né dell’ambiente, né dell’anima. Gli
ulivi non torneranno più come prima, ma il rispetto per la terra sì. Magari,
ripartendo proprio da lì: una pianta alla
volta, una scelta alla volta. E magari, con un po’ più di amore.
– Antonio
Bruno Dottore in Scienze Agrarie
Il cambiamento climatico in Puglia e l’impatto della perdita degli ulivi secolari: il caso di Maglie, 6 giugno 2025
di Antonio Bruno Dottore in Scienze Agrarie
Il 6 giugno 2025 una stazione meteorologica a Maglie, in provincia di Lecce, ha registrato una temperatura minima di 11,02 °C alle 00:05 e una massima di 35 °C alle 12:17. Un’escursione termica di quasi 24 gradi in poche ore. Questo fenomeno non è solo eccezionale, ma indica una crescente desertificazione climatica che richiama le escursioni tipiche dei climi aridi e desertici, come quelli sahariani.
L’impatto della scomparsa degli ulivi secolari
Un elemento determinante di questa trasformazione è la scomparsa di circa 9 milioni di ulivi secolari in Salento, decimati dalla Xylella fastidiosa. Gli ulivi, oltre al loro valore agricolo, erano veri e propri regolatori microclimatici. Le loro chiome estese fornivano ombra, rallentavano il riscaldamento del suolo durante il giorno e trattenevano l’umidità notturna, contribuendo a mitigare le escursioni termiche. La loro perdita ha comportato una riduzione della capacità del territorio di “tamponare” gli sbalzi termici, rendendo le temperature estive più roventi e quelle notturne più fredde.
Il contesto globale del cambiamento climatico
L’estremizzazione climatica registrata a Maglie si inserisce in un quadro più ampio. Il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato nella maggior parte dei capoluoghi pugliesi, e la tendenza è in costante crescita. Il mese di maggio 2024 è stato il più caldo di sempre a livello globale, confermando l’accelerazione del cambiamento climatico.
Le parole del Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, in occasione della Giornata mondiale del clima, sono emblematiche: «Siamo il meteorite che sta sterminando noi stessi». Questo richiamo alla responsabilità collettiva evidenzia come l’attività antropogenica — dalla deforestazione alla combustione di idrocarburi — stia alterando radicalmente gli equilibri climatici del pianeta.
Dati e tendenze in Puglia
In Puglia, l’aumento delle temperature medie annue è evidente: Lecce è passata da 17,5 °C nel 2006 a 18 °C nel 2022, mentre Taranto ha toccato i 19,2 °C. Parallelamente, si è registrato un calo drastico delle precipitazioni: Lecce ha perso oltre 120 mm di pioggia annua rispetto alla media 2006-2015. L’aumento dei “giorni estivi”, cioè con temperatura massima superiore ai 25 °C, contribuisce a una percezione quotidiana sempre più torrido-arida del clima.
Il confronto con casi di studio internazionali
Situazioni simili si osservano anche in altre aree mediterranee. In Spagna, la deforestazione causata da incendi e urbanizzazione ha favorito escursioni termiche intense, in particolare in Andalusia e Catalogna. Uno studio condotto dall’Universidad de Zaragoza (2019) ha evidenziato che la rimozione di copertura arborea aumenta la temperatura diurna fino a 4 °C nelle aree rurali.
In California, la perdita di copertura vegetale dovuta agli incendi boschivi (spesso legati al cambiamento climatico) ha avuto effetti simili, esacerbando le ondate di calore e modificando i microclimi urbani. I dati del California Climate Tracker mostrano che città come Sacramento hanno registrato un aumento medio di 2,5 °C negli ultimi due decenni.
Soluzioni: riforestazione e politiche sostenibili
La ricercatrice Paola Mercogliano, del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), ha sottolineato che l’origine del riscaldamento globale è antropogenica, ovvero legata all’azione dell’uomo. La soluzione deve quindi essere sistemica: riduzione delle emissioni, economia circolare, energie rinnovabili e, soprattutto, riforestazione climatica.
Il caso di Maglie mostra come la perdita di vegetazione, in particolare quella autoctona e secolare, rappresenti un danno non solo paesaggistico o agricolo, ma climatico. Ripristinare il patrimonio arboreo, magari con specie resistenti alla Xylella e al caldo, diventa un imperativo. Inoltre, la promozione di infrastrutture verdi urbane e rurali può aiutare a riassorbire CO₂ e regolare il microclima.
Conclusioni
L’estremizzazione delle temperature a Maglie non è un evento isolato ma un campanello d’allarme. È l’effetto congiunto del cambiamento climatico globale e delle trasformazioni locali, come la scomparsa degli ulivi secolari. Serve una risposta integrata: politica, scientifica e comunitaria. Senza alberi, il Salento rischia di diventare un deserto — non solo in senso ambientale, ma anche economico e sociale.
Bibliografia
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Istat, “Temperature medie annue dei capoluoghi di provincia”, 2023.
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Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), “Rapporto sul clima in Italia 2022”.
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World Meteorological Organization (WMO), “State of the Global Climate 2024”.
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Universidad de Zaragoza, “Effects of Vegetation Loss on Local Temperature Extremes in Mediterranean Spain”, 2019.
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California Climate Tracker, “Regional Temperature Trends in California (2000–2023)”.
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Mercogliano, P., “Il ruolo dell’uomo nel cambiamento climatico”, intervento CMCC, 2023.
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Guterres, A., Discorso per la Giornata Mondiale del Clima, 2024.
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