Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
mercoledì 5 maggio 2010
“Bonificare la bonifica” per impedire la desertificazione e per salvaguardare gli esseri viventi che rischiano l'estinzione.
“Bonificare la bonifica” per impedire la desertificazione e per salvaguardare gli esseri viventi che rischiano l'estinzione.
di Antonio Bruno*
--------------------------------------------
Come noto la salvaguardia delle zone umide fu sancita con la convenzione di Ramsar.
Dalle carte di Domenico De Rossi stampate nel 1714 si evince che le nel Salento leccese le “acque chiuse in depressioni” erano diffuse e temute per le infezioni malariche.
In questa nota è contenuta la proposta di uno studio di fattibilità per un Progetto per la realizzazione di un intervento di riassetto ambientale, fondiario, paesaggistico e naturalistico per la ricostruzione morfologica del Salento leccese.
--------------------------------------------
Come noto la salvaguardia delle zone umide fu sancita il 2 febbraio 1971 dalla convenzione di Ramsar (Iran). In quella sede si stabilì che le zone umide sono ambienti molto particolari ed importanti per l'accumulo delle acque, per il controllo delle alluvioni e della regimazione del flusso dei corsi d'acqua, per l'azione termoregolatrice sul microclima e per l'amplissima varietà di esseri viventi che trovano in queste zone il loro habitat naturale.
E' per questo motivo che mi ha molto incuriosito e meravigliato il Salento leccese che si può osservare nelle carte di Domenico De Rossi stampate nel 1714. Si! Per descrivere ciò che provo mi viene di scrivere la parola “stupore” perchè da quelle carte viene alla luce un Salento leccese a me sconosciuto, pieno di misteri e di suggestioni impressionanti. Io pensavo che le cosiddette “zone umide” fossero presenti solo sulle coste invece ci sono interi territori della nostra provincia all'interno in cui c'era la presenza di acque stagnanti. Dalle aree a nord di San Pietro Galatino (Galatina), fino al territorio meridionale di Cellino San Marco. E' davvero sorprendente sapere che le “acque chiuse in depressioni” erano così diffuse tanto da essere temute per le infezioni malariche.
Luciano Milo in un suo articolo riferisce di altre paludi visibili in una zona al centro di un cerchio ideale, segnato dai paesi di Neuiano (Neviano), Culpazzo (Collepasso), Sourrano (Scorrano), Sanaria (Sanarica), inoltre Taviano aveva uno specchio isolato. Tutti questi paesi, come è facile verificare su una cartina, sono all'interno del Salento leccese.
Anche allora la costa adriatica, proprio di fronte alla città di Lecce, era caratterizzata dalla presenza di grandi acquitrini e paludi.
Ma c'è di più, dalle carte del De Rossi possiamo finalmente vedere emergere le foreste del Salento leccese, infatti i territori che le ospitavano prendevano il loro nome proprio dalla presenza di fitti boschi come ad esempio il caso della località "La Macchia", sopra Craparica (attuale Caprarica), oppure "Il Bosco", tra Sandonaci, Guagnano e San Brancatio (San Pancrazio, Salentino dei nostri giorni). Boschi anche dietro le colline di Matino, fino al territorio di San Demetrio e altri boschi oltre l'Arneo, fino a San Giuliano.
Un salto di 150 anni con la macchina del tempo di “Ritorno al Futuro” il suggestivo film di fantascienza del 1985, diretto negli Stati Uniti da Robert Zemeckis ed interpretato da Michael J. Fox e Christopher Lloyd e ci materializziamo davanti a un uomo che io considero un Extraterrestre per la mole di lavoro e di scritti che ha prodotto, mi riferisco a Cosimo De Giorgi che descrivendo Rocca la località sulla costa adriatica che secondo Galateo (Antonio De Ferrariis, comunemente chiamato “il Galateo” nacque fra il 1444 e il 1448 a Galatone, provincia di Lecce) era il bellissimo emporio dei leccesi, e poi S. Foca che era nota per la sua piccola chiesa e per le case dei marinari in un macchieto (Macchia Mediterranea) di rosmarini, e ancora Specchia Ruggeri, torre normanna, e infine S. Cataldo, l’antico porto Adriano.
Il De Giorgi ci ricorda che ai tempi di Strabone (nato a Amasea, verso il 58 a.C. e morto tra il 21 e il 25 è stato un geografo greco antico) questi posti erano frequentatissimi dai naviganti che salpavano da Otranto per Egnazia!
Il De Giorgi con amarezza riferisce che nel settembre del 1865 poteva osservare solo ruderi informi, circondati da una zona mortifera di paludi.
Cosimo De Giorgi era li per studiare “il fomite di miasmi pestilenziali e della malaria che ammorba questa bella fra le provincie d’Italia” e ciò ci da la conferma che almeno per quei 150 anni il territorio della nostra Provincia non aveva nulla a che vedere con quello che possiamo ammirare adesso.
L'assordante concerto dell'urbanizzazione del Salento leccese impedisce di immaginare tutto quanto ho riportato in questo scritto. Si badi, fatti documentati illustrano un territorio che presenta zone umide ricchissime di esseri viventi e di biodiversità e foreste che inneggiavano alla presenza di ogni tipo di vegetali ed animali.
Tutto questo può essere ricostruito?
Io penso che uno studio di fattibilità vada fatto. Un progetto di questo tipo è già stato realizzato in Veneto in un intervento che è stato considerato di portata storica. In Veneto si è intervenuti nelle lagune del Veneto Orientale che erano state oggetto della Bonifica intesa come prosciugamento delle superfici palustri, rinaturalizzando l'ambiente. In pratica si sono considerati REVERSIBILI gli interventi di bonifica.
Quello che propongo è uno studio di fattibilità per un Progetto per la realizzazione di un intervento di riassetto ambientale, fondiario, paesaggistico e naturalistico per la ricostruzione morfologica del Salento leccese.
Questo progetto dovrebbe prevedere alcune decine di ettari di nuove superfici forestali, pinete che dovrebbero essere convertite in bosco termofilo, chilometri di nuove siepi e filari arborei utilizzando tutta la rete idrografica esistente, bacini di fitodepurazione delle acque agrarie di sgrondo, fasce tampone lungo i principali bacini imbriferi che sono stati bonificati, alcune decine di ettari di superfici lacustri e palustri che si potrebbero essere ottenute con la creazione di bacini riallagati. Infine dopo una attività di monitoraggio della biodiversità si potrebbero finalmente avviare progetti di reintroduzione faunistica il tutto con adeguate strategie di gestione dell'intero complesso dell'ambiente.
La Regione Puglia ha istituito nel Salento leccese numerosi parchi e riserve naturali http://www.salentoviaggi.it/parchi-riserve-naturali-lecce.htm . I Parchi e le riserve naturali sono in tutto 29 (ventinove) per una superficie totale di ettari 4.583 (quattromilacinquecentottantatre) ci sarebbe tutto lo spazio necessario per tornare a vedere alla luce il Salento scomparso. La reversibilità della Bonifica potrebbe essere la soluzione per impedire la desertificazione e per salvaguardare gli esseri viventi che rischiano l'estinzione.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Luciano Milo: Salento 1714
Domenico De Rossi: Carta della penisola salentina 1714, tipografia" in Roma, alla Pace, "con privilegio del Sommo Pontefice"
De Giorgi Cosimo: Conversazioni igieniche I – Le nostre paludi 1869
A. Paolella:La forma dell'ambiente: tecniche di intervento per la ricostruzione morfologica
Francesco Vallerani,Mauro Varotto: Il grigio oltre le siepi: geografie smarrite e racconti del disagio in Veneto
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento