Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
mercoledì 26 maggio 2010
L'Oleificio Sociale di Matino nel 1906 il primo dell'Italia Meridionale
L'Oleificio Sociale di Matino nel 1906 il primo dell'Italia Meridionale
di Antonio Bruno*
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Il 18 febbraio 1906, sotto forma di società anonima cooperativa a capitale illimitato, fu costituto a Matino, nel Salento leccese, il primo Oleificio sociale dell'Italia Meridionale. Gli oli dell'Oleificio Sociale di Matino nei primi del 900 riportavano grandi onorificenze nelle mostre e nelle esposizioni dell'epoca.
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Tanto per rimanere in tema di territorio, di tutela, di tradizione. L'olio che si si estrae dalle olive del Salento leccese non ha bisogno di parole e il suo profumo è noto a chi mette ogni giorno a tavola la sua boccetta. Si perché l'olio si riconosce per il suo profumo, e tu devi cominciare a pensare così, come quando vai in profumeria e acquisti il tuo profumo non tenendo in alcuna considerazione di che colore sia. Così l'olio, ha importanza solo il profumo e il gusto, il colore non ha nessun valore. Nel Salento leccese questo profumo si produce e si produceva alla grande infatti erano attivi 159 oleifici sociali e 210 stabilimenti di molitura privati. Gli acquirenti maggiori dell'Olio del Salento leccese sono rappresentati dai grossisti (56%), industria (20%) e mercato nazionale.
Ma c'è sempre una prima volta. E allora chi è che per la prima volta nel Salento leccese ha costituito un Oleificio cooperativo? Sono notizie che dovremmo sapere perché riguardano donne e uomini del Salento leccese che hanno fatto la storia. Nei primi anni del secolo scorso a Matino, nel Salento leccese, un gruppo di uomini intelligenti e coraggiosi dopo aver costituito un Consorzio Agrario per gli acquisti collettivi fecero sorgere il 18 febbraio 1906, sotto forma di società anonima cooperativa a capitale illimitato, il primo Oleificio sociale dell'Italia Meridionale con un patrimonio sottoscritto di Lire 27.500 e con 13 soci che già nel 1910 erano diventati 24 costituendo un capitale sociale di di Lire 50.200 quasi interamente versato e una riserva di Lire 2.628.
Lo stabilimento sociale utilizzava una superficie di 700 metri quadrati che si sviluppava su tre piani. Al piano più alto, spazioso ed arieggiato c'era l'olivaio per il deposito e la conservazione delle olive su graticci della capacità di poco meno di un quintale ciascuno. Dall'olivaio le olive, dopo essere state lavate, passavano attraverso una tramoggia, nel piano immediatamente inferiore, che era destinato a frantoio. Il frantoio era composto da una vasca a tre macelli per la prima molitura delle olive, poi da una serie di torchietti a mano, attraverso i quali veniva estratto l'olio di prima qualità; a seguire una serie di presse idrauliche da otto pollici. C'era una seconda vasca a due macelli per la rimolitura e due grandi forate, anch'esse a pressione idraulica. L'energia era data da una locomotiva mobile a vapore collocata in un apposita stanza, le presse e le forate erano alimentate da una pompa a sei corpi e regolate da due accumulatori.
Dal frantoio si passava al piano terra destinato a chiaritoio e raffineria dove si lavorava l'olio liberandolo dalle acque di vegetazione coi separatori brevettati Bracci, lavandolo, decantandolo ripetutamente e filtrandolo. Quindi l'olio passava nell'oliario costituito da tanti pozzetti sotterranei rivestiti da mattonelle di vetro e in recipienti provvisori di latta.
Vi erano poi gli uffici e un dormitorio per gli operai. Sotto all'olivaio c'era una scantinato spazioso per deposito di sansa, attrezzi ed altro.
In un corpo di fabbrica isolato e lontano dall'edificio principale era messo “l'inferno” che mediante un canale sotterraneo riceveva le acque madri che dal chiaritoio si scaricavano in una grande vasca e successivamente, per mezzo di sifoni, passavano in altre quattro vasche per disperdersi poi in una vora dopo aver subito una fermentazione di 20 giorni.
Lo stabilimento era in grado di lavorare da 120 a 150 ettolitri di olive al giorno con il solo lavoro diurno.
Gli oli dell'Oleificio Sociale di Matino nei primi del 900 riportavano grandi onorificenze nelle mostre e nelle esposizioni dell'epoca.
L'Oleificio Sociale di Matino pur essendo entrato in funzione in ritardo e con una produzione di olive di annata di scarica nel primo anno lavorò una media di 60 ettolitri di olive al giorno, trasformando 3.177 ettolitri di olive in 408 quintali di olio di tre tipi diversi. Si erano ottenuti inoltre 26,25 quintali di olio d'inferno, un olio molto scadente che si ottiene raccogliendo quello che affiora dalle acque di lavorazione e di lavaggio (in realtà molto poco), dopo averle convogliate tutte insieme in un locale di solito sotterraneo all'oleificio, chiamato, non a caso, "Inferno" e lasciate riposare per alcune settimane. E, come è facile intuire, quest'olio si chiama appunto olio d'inferno che nessuno degli oleifici dell'epoca realizzava perché le acque grasse venivano abbandonate prima ancora di essere totalmente sfruttate. Si sono ottenuti poi 722 quintali di sansa che il Prof. Bracci di Spoleto trovò interamente esaurita con i mezzi meccanici e dopo aver effettuato le analisi chimiche riscontrò la presenza del 9% di grasso.
Nel primo anno di lavorazione l'esercizio finanziario si chiuse con Lire 2.005,50 di utile netto. Nel secondo anno si trasformarono 2.039 ettolitri di olive in 268 quintali di olio, 1.622 quintali di sansa con un utile netto di Lire 5.603,00 e tale utile sussisteva nonostante si fossero messe tra le spese Lire 2.000 per l'ammortamento del locale.
Nella terza annata agraria si lavorarono 2.808 ettolitri di olive ricavando 384 quintali di olio e 658 quintali di sansa.
A Matino gli uomini si mettevano insieme per fare l'olio e realizzavano insieme quell’attimo eterno di storia in cui l’oliva sacrifica se stessa per cedere all’uomo il suo fluido dorato, quel pregiato nutrimento che impreziosisce le tavole fin dalle età più remote: l'olio del profumo e del sapore, l'olio della saggezza e del calore, l'olio della tranquillità e del tepore, l'olio delle morbide chiome, l'olio del Salento leccese, l'olio che ti vuole.
*Dottore Agronomo
Bibliografia
Cosimo Casilli:Lo Sviluppo economico locale: politiche di programmazione e strumenti di incentivazione - Manni Editore.
E. Viola: Cooperazione Rurale. L'oleificio cooperativo di Matino
Aliberti Giovanni:Strutture sociali e classe dirigente nel Mezzogiorno liberale
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